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STORIA
DELLA
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FRA
. CHILI, IL PERÙ E LA BOLIVIA
dell' avvoca ro
rOMMASO CAI\ ANO
CON CNA CARTA GEOGRAFICA
1 ORINO
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1882
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X STORIA "^^
DELLA
GUERRA D'AMERICA
FRA
IL CfflLI. IL PERÙ E LA BOLIVIA
deix'avvocato
TOMMASO CAIVANO
CON UNA CARTA GEOGRAFICA
TORINO '■* ^
ERMANNO LOESCHER
ROMA - FIRENZE
1882
PROPRIETÀ LXTTERARU
Diritti di riproduiient t Iradtaieiu riiervati
- Fircnu, Tip. deU'ARc dilU Stam[M, Vii Pindol
ALLA
MIA DILETTISSIMA FIGLIA
BLANCA-LUISA
PREFAZIONE
noi europei, per la generalità
meno, l'America, quella del Sud
rincipalmente, è sempre il nuovo
londo; ossia un qualche cosa
di lontano e d'ignoto, d'incomprensibile, di
fantastico, di cui siamo predisposti a cre-
dere tutto quello che ci si dica, per quanto
ci appaia e sia in realtà strano ed assurdo ;
un paese infine, di cui abbiamo poca o nes-
suna stima, e che perciò nessuno si sorprende
di trovare ora nobile e grande, ora piccolo,
triviale, meschino, ridicolo.
PREFAZIONE
E tutto ciò perche e un paese che poco
o malamente si conosce ; perchè generalmente
l'America non è nota che per le insulse e
false relazioni che ventilano al loro ritorno
in patria i più rozzi e volgari emigranti eu-
ropei ; i quali, nulla realmente conoscendo di
essa, nella quale vissero più o meno da quei
tapini che erano, desiderosi di darsi una certa
importanza coi loro racconti, o inventano
assurde fole che spacciano come altrettante
verità, ovvero parlano ingenuamente, alla
rinfusa, di cose che videro appena e male, e
che non seppero né potevano comprendere.
Nondimeno, scoperta da ben oltre quattro
secoli, è già un pezzo che l'America ha ces-
sato di essere un paese nuovo. Essa ha, con
poche differenze, il medesimo organismo so-
ciale della nostra vecchia Europa, le mede-
sime abitudini, le medesime virtù ed i me-
desimi vizi, salvo la gradazione più o meno
manifesta di questa o quell'altra speciale
abitudine o costumanza, di questa o quell'al-
tra qualità buona o cattiva.
PREFAZIONE
Nel SUO insieme, l'America non è che un
semplice riflesso dell' Europa ; ed era ben natu-
rale, anzi necessario che cosi e non altrimenti
fosse, tenuto calcolo delle intime e continue
relazioni che essa ha ed ha sempre avuto col-
r Europa, fino dall'epoca della sua discoperta.
^Questa odierna civiltà, di cui l'Europa è
giustamente tanto fiera, e che dovè crearsi
da se con un lavorio necessariamente lento
e faticoso, l' America l' ebbe tutta beli' e fatta,
e senza che le costasse fatica alcuna, importata
qual essa fu dalla stessa Europa; e se in qual-
che sua parte la si trova più o meno svisata o
incompleta, è per ciò appunto che trapiantata
colà tutta d' un pezzo, non ebbe il tempo suf-
ficiente di andar man mano preparando gli
animi dapprima, per quindi posarsi su solida
base. Come tutte le cose fatte alla lesta, l' as-
similazione non potè riuscire uniforme e com-
pleta a primo getto, e rimasero qua e là dei
vuoti, delle false pieghe che il tempo ed il
lavoro proprio dell'esperienza andranno a
poco a poco colmando e raddrizzando.
IO PREFAZIONE
L'immigrazione europea, i libri e gli in-
segnanti europei, e le frequenti visite che gli
americani fecero e fanno sempre all'Europa,
sia per semplice svago e curiosità di vedere,
sia per educarsi ed istruirsi nei collegi e
nelle università europee, furono da gran
tempo e sono oggi ancora le tre grandi cor-
renti, per mezzo delle quali la civiltà europea
si diffuse e si diffonde giornalmente nelle
vaste regioni dell'America; sicché per col-
locarsi alla stessa altezza, o press' a poco,
dei popoli europei, quei d'America non do-
verono fare altro che educarsi alla scuola di
quelli.
Per poter convenientemente seguire e com-
prendere lo svolgimento della Guerra del
Pacifico in tutte le sue diverse fasi, princi-
piando dalle cause che la originarono, bisogna
quindi cominciare innanzi tutto col fare mag-
giore stima di quella che generalmente si fa
in Europa delle repubbliche belligeranti; e
smettere una volta per sempre l' erronea pre-
venzione che sia lecito di accettare come
PREFAZIONE 1 1
possibile e come vero tutto quanto di più
strano ed inverosimile si dica di esse.
La Guerra del Pacifico offre aspetti com-
pletamente diversi ed opposti, secondo il di-
\erso punto di vista nel quale si collochi
l'osservatore.
Per colui che solo si arresta alla super-
ficie delle cose, che si contenta di leggere da
lontano le spesso erronee relazioni dei gior-
nali sui movimenti e gli scontri degli eser-
citi combattenti, senza occuparsi d' altro, non
è che un semplice cattivo giuoco infantile,
nel quale hanno trovato posto a vicenda
piccole scene di valore, di audacia, di cru-
deltà, di insipienza, d' inettezza, di confusione.
Per chi poi sereno e riflessivo si faccia a
studiare le cause generali e le speciali dei
singoli avvenimenti, la cosa muta completa-
mente d' aspetto ; e si troverà che la Guerra
del Pacifico contiene in se grandi e positivi
insegnamenti, che i popoli tutti di Europa
e d' America farebbero bene a non dimenti-
care giammai.
12 PREFAZIONE
Noi che abitammo per più anni 1^ America,
che avemmo occasione di conoscere e stu-
diare intimamente i paesi dei quali siamo
per parlare, che li visitammo ancora una
volta con animo attento e investigatore du-
rante lo scorso periodo della loro lunga e
funesta guerra, non ancora spenta del tutto;
noi che abbiamo potuto apprendere da vicino
e quasi toccar con mano la grande impor-
tanza che quei paesi hanno ed avranno ogni
giorno di più per V Europa, per i tanti suoi
figli che questa vi ha e vi manda tutti gli anni,
e pei tanti e cosi gravi interessi commerciali
che esistono fra ambi i continenti e che il
tempo è chiamato ad allargare e rafforzare
continuamente, abbiamo fede di rendere non
lieve servigio a tutti coloro cui le cose d'Ame-
rica sono a cuore, riferendo in succinto, ma
con tutta esattezza e verità, la storia della guerra
che ha desolato e desola quelle contrade.
Diverse e complicate quali sono le cause
da cui nacque il conflitto fra le tre repub-
bliche, andrebbe assi errato colui che credesse
PREFAZIONE 13
di vederle in delerminati avvenimenti più o
meno incidentali e prossimi alla rottura delle
ostilità. Esse scaturiscono invece da una serie
di fatti e prossimi e remoti, di cui bisogna
cercar la fonte nel carattere, nelle tendenze
e nelle speciali condizioni di ciascuno dei tre
paesi; e solamente colla scorta di un accu-
rato esame della vita sociale, economica e
politica di quelli, di qualcuno principalmente,
puossi arrivare alla conoscenza certa e sicura
di dette cause. Questo appunto è quello che
noi ci proponiamo di fare nei primi quattro
capitoli del presente lavoro, dopo di aver
discorso dei semplici pretesti del momento,
solo per convincerci della loro insussistenza,
che a prima vista potrebbero prendere il posto
di quelle.
Nei capitoli restanti ci occuperemo della
guerra propriamente detta, senza farci troppo
distrarre dagli spesso insignificanti movimenti
degli eserciti, per concentrare di preferenza la
nostra attenzione sui veri fattori delle vittorie
e delle disfatte.
14 PREFAZIONE
E poiché la guerra non può dirsi defini-
tivamente terminata per anco, non ancora
essendo apparso il Trattato di pace che deve
chiudere la trista sua epoca, porremo ter-
mine per ora alla nostra Storia colla resa
di Lima.
Saranno poi argomento ad altro volume
gli avvenimenti posteriori alla resa di Lima
fino alla conclusione del trattato di pace,
nonché la nuova sorte che verrà fatta a quei
paesi dall'esito finale della guerra, e il pro-
babile loro avvenire.
Picerno, aprile 1882.
Avv. Tommaso Caivano.
#
causs della guerra fra !l chiù
E La BOLIVIA
SOHMARIO
I. Maoifesto del Governo del Chili per l'occupazione di uds
ptrte del territotio boliTinno e Contro-Maaifesto delta Bo-
Imi. - Limiti delle Colonie spagonoU fino al iSio. - Silua-
lionc del deferto boliviano di Atacam» fra il Perù e il Chili -
Piove storiche e geDgrafiche del confine del Chili al fiume
Papoio 0 Salato, glui^ta il princìpio AeW uli peisidclis ameri-
Caao. - L' Atacama fa legittimamente posseduto dalla Kolivia
fino al 1842. -• Come il Chili nsurpò tina parte del deserto
di Atacama nel 1S42, - Vane rimostranie della Bolivia e
pnmo Trattato di confini. - Società fra il Chili e la Bolivia
togli utili di esportazione del guano e dei minerali, a vantag-
ffo del Chili. - Nuovo Trattato del 1874 e 1875, pure vantag-
pma al Chili. - g. z. Il governo illegale di Melgareio concede
l'oso di una parte del deserto di Atacama alla Seàtdad Esplo-
tiétra. - L'Assemblea Naiionale anoutla gli alti di Melga-
lejotqubtionie richiaini che ne nascono con le Società succeue
CAUSE DELLA GUERRA
alla prima. - TraDsazione ed imposta di i
n^one. - La Soctetì ricorre al Chili. ~ Negoziati Ira la Bo-
livia ed il Chili. - Quittioae dell' arbitrato. - Negata dalla
Società Esploladora \ imposla arretrata, la Bolivia dichiara re-
scissa la Ttansuione, e decreta che sia reso libero il terreno
occupato. - La Societ.\ non se De richiama ai Tribunali. — Il
Chili dichiara rotto il Trattalo di confine: immediata occupa-
lione d'Anlofagssta. - Come il ChiI! ia giustificn. - La Bolivia
DOD provoca il Chili nelle trattative coq la Società. - Ragione
dell' occupanione d'Aiitofagasla. — Il titolo specioso di riiren-
dkatisiu non regge, pcichi il Cbin non ebbe mai il dominio
di quella regione.
L Manifesto del i8 febbraio 1879, col
quale il Ministro degli Affari Esteri del
ChiPi esponeva alle Nazioni amiche i mo-
tivi che avevano in Jotto il suo Governo a
rompere le amichevoli relazioni col Go-
verno di Bolivia, comincia colle seguenti parole: « Il 12
del presente mese S. E. il Presidente della Repubblica
ordinò che alcune forze nazionali si trasferissero sulla
costa del deserto di Atacama, per rivendicare ùd occu-
pare in nome del Chili, i territorii che possedeva prima
di conchiudere con la Bolivia i Trattati di limiti del 1 866
e del 1874 * « Cinquanta ore più tardi (il i4 febbraio)
la legge chilena imperava in quella regione, ponendo
sotto la sua protezione gì' interessi chileni e stranieri,
senza spargere una sola goccia di sangue.... d
Il Contro-Manifesto che a sua volta dirigeva alle Po-
tenze amiche, in marzo dello stesso anno, il Ministro
degli Affari Esteri di Bolivia, principia: « 1 gravi avve-
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 17
nimenti del i4 febbraio ultimo, di tanta importanza
pel Continente Americano, mi pongono nella penosa
necessità di dirigermi alla S. V. per manifestarle l' in-
giustizia e V oltraggiarne violenza con che il Governo
del Chili occupò a mano armata la parte del litorale
boliviano compreso fra i gradi 23 e 24 di latitudine
australe, impossessandosi delle importanti località di An-
tofagasca, Mejiliones e Caracoles, tre fonti di ricchezza
pei loro prodotti naturali di salnitro, guano, metalli di
argento e di rame, ed altro.... L' aggressione del Chili
in piena pace, senza previa dichiarazione di guerra né
altro tramite, e pendenti ancora le trattative iniziate
in questa città dal signor Incaricato d'Affari del Governo
chileno, non poteva che sorprendere il mio Governo e
trovarlo in una completa imprevisione.... »
§1
PRIME ORIGINI
Quando nel primo quarto del secolo, le diverse Co-
Ionie delPAmerica spagnuola scossero il giogo iberico
per erigersi in Repubbliche indipendenti, ciascuna
di queste accettò come suoi confini naturali, quei
medesimi che nel lungo periodo coloniale erano as-
segnati dalla Spagna alla rispettiva Colonia da cui era
sorta. E poiché l'anno 1810 fu l'ultimo nel quale
la Spagna esercitò incontrastato il suo dominio colo-
niale, le novelle Repubbliche americane adottarono come
loro diritto pubblico, in fatto di limiti. Muti possidetis
i8 CAUSE DELLA GUERRA
del detto anno 1810; secondo il quale, come è detto
dalla Cancelleria di Santiago: « Le Repubbliche ame-
ricane ebbero per limiti, quei medesimi che corrispon-
devano alle delimitazioni coloniali da cui si forma-
rono (i). »
Le Repubbliche dell'Argentina, del Perù e del Chili,
venute dai Vice-Reami di Buenos-Ayres e del Perù e
dalla Capitanìa Generale del Chili, riconobbero rispet-
tivamente come proprii confini, quelli che tali do-
minii spagnuoli godevano nel 18 io. La Repubblica di
Bolivia, nata posteriormente da due frazioni delle Re-
pubbliche del Perù e dell'Argentina, ossia dei due Vice-
Reami del Perù, e di Buenos-Ayres, ebbe per proprii
limiti al sud, nel versante del Pacifico, quelli dell'an-
tico Vice-Reame del Perù, confinanti coU'antica Capi-
tanìa Generale o Regno del Chili, ed entrò perciò,
rispetto alla Repubblica del Chili, sotto l'impero del
diritto pubblico eimQrìcano déiV uti possidetis dtl 18 io.
Quali erano nel 1810 i limiti che separavano il Vice-
Reame del Perù dal Regno o Capitanìa Generale del
Chili, divenuti dipoi i limili reciproci delle Repubbliche
della Bolivia e del Chili?
Anzitutto conviene qui avvertire che il deserto di
Atacama è una vasta estensione di terra, che si pro-
lunga sulla costa dell'Oceano Pacifico dal fiume Loa
al fiume Salato, fra i paralleli 21® 3o' e 25® 3o' ap-
prossimativamente; e che prende il suo nome dalla
(i) Manifesto del Governo del Chili, 18 febbraio 1879.
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 19
piccola città Boliviana di Atacama, sita al nord del
Loa, in prossimità del deserto.
Le famose Capitolazioni della Corona di Spagna con
i primi conquistatori dell'America del Pacifico, Pizarro
ed Almagro, determinavano che il Vice-Reame del Perù
si estenderebbe fino alla località di Copiapó, da dove
comincerebbe la Capitanìa Generale del Chili; sicché
rimaneva designata la linea che dava principio alla
valle di Copiapó, sita nel grado 27^ di latitudine au-
strale, come ultimo limite reciprocamente delle due
Colonie spagnuole. Questa stessa delimitazione fu ri-
petuta posteriormente dalla Spagna, nella prima prov-
visorie che La-Gasca faceva a favore di Valdivia del
territorio del Chili: ma in seguito, nella seconda jttov-
visione fatta dal medesimo La-Gasca, piacquegli di
estenderne i confini al nord di Copiapó fino al Pa-
poso, miserabile casale posto sulla sponda meridionale
àdFìume Salato; rimanendo perciò WàtixoFiume Salato
oPaposo, che così si chiamò pure, come ultimo limite
rispettivamente delle due Colonie del Perù e del Chili,
che si estendevano P una al nord e l' altra al sud di
esso (i). I>on Pedro de Valdivia, fondatore di Santiago
del Chili, nella lettera colla quale faceva air Impera-
tore Carlo V la relazione della sua spedizione al Chili,
diceva fra le altre cose: « Camminai dal Cuzco fino
alla valle di Copiapó, che è il principio di questa terra,
passato il gran deserto di Atacama (2). »
(i) Questi dati li abbiamo presi dal Manifesto sulla Guerra
della Cancelleria di Bolivia, 31 marzo 1879.
(2) Collez. Docum. Ined. Mendoza, tomo 4, pag. 6.
20 CAUSE DELLA GUERRA
Questa linea di delimitazione non fu mai più in nes-
sun senso modificata dalia Spagna. Anzi, essendo av-
venuto che sulla fine del secolo xviii la Capitanìa Ge-
nerale del Chili fondasse al di là del Fiume Salato,
nel territorio del Vice-Reame del Perù, una stazione
di Missionarii, dipendente dal Vescovado di Santiago^
la Corona di Spagna ordinò, con Real Cedola del io ot-
tobre i8o3, che detto territorio, abusivamente messo
sotto la dipendenza delle Autorità di Santiago, dovesse
reincorporarsi al Vice-Reame del Perù, al quale appar-
teneva, fino al Fiume Salato, o Paposo. 11 Chili non
nega V esistenza di questa Real Cedola : dice solamente,
nel citato Manifesto del i8 febbraio 1879, che essa non
fu eseguita, e che perciò devesi considerare come non
data. Ma ciò non è che una semplice asserzione gra-
tuita, non corroborata da nessuna prova.
Se poi lasciamo da un lato i dati ufficiali per ri-
correre alla storia, troviamo che questa ci parla assai
più chiaro ancora.
Alonso Ovalle, celebre gesuita chileno, nella sua Re-
lazione Storica del Regno del Chili, stampata a Roma
Tanno i64i, dice: a II Regno del Chili comincia nel
25^ grado, ai suoi confini col Perù, dal fiume che chia-
mano Salato. 1 Capit. 8, p. 20.
Il P. Pedro Murillo Valverde della Compagnia di
Gesù, nella sua Geografia Historica, stampata a Madrid
l'anno 1762, scrive: « Il Chili confina colle Charcas ed
il Perù, da cui lo separa il Fiume Salato, che si sca-
rica fra Copiapó e Atacama. » (Cap. g^ p. 3oi). Poco
appresso alla pagina 3i4, soggiunge: « Nella costa dal
FRA IL CHILt E LA BOLIVL\ 21
nord al sud si trova il fiume del sale, o Salato, nel
25"> lai. dove finisce il Chili. »
Don Bernardo Carrasco, Vescovo di Santiago, nella
5ua Lettera Pastorale del 1688, stampata a Lima
Tanno 1764, diceva: t Noi abbiamo visitato personal-
mente tutto il nostro Vescovado, che ha una lunghezza
di oltre 3oo leghe, dall'isola del Maule che è al sud,
fino alla provincia di Copiapó, situata al nord e con-
finante col Perù. >
Antonio Alcedo, nel Diccionario de las Indias Oxci-
dentales, Madrid 1781, cosi si esprime: « Atacama —
provincia e distretto del Perù, al sud, nel quale è
un deserto fino a Copiapó, confina col Regno del
Chili. .
Ecbard, nell'appendice al tomo i^ del Diccionario
GeograficOj edizione di Madrid dell'anno 1795, dice:
• Atacama — deserto dell'America meridionale, nel Re-
gno del Perù, verso quello del Chili. »
J. Pouchet, Dictionnaire Universel de la Géographie
Commercante, Paris 1800, Articolo Chili: f II Chili si
trova limitato al nord dal Fiume Salato, che lo separa
dal Perù.... Dalla Baia di Nostra Signora (dove sbocca
li fiume Salato) che separa il Perù dal Chili, vi sono
nno a Copiapó 33 leghe. »
Juan Mackenna, nella Memoria presentata nel no-
vembre 181 o al Municipio di Santiago, da cui aveva
ricevuto incarico di studiare un Piano di difesa del
Onlìy così parla : « Il Regno del Chili è compreso fra
i gradi 25** 3o' e 53® 3o'. I suoi confini sono i seguenti:
al nord, il deserto di Atacama; al sud.... i Juan Mac-
22 CAUSE DELLA GUKRRA
kenna fu uno dei più illustri fondatori della Repubblica
del Chili, padre del vivente Benjamin Vicufia Mac-
kenna, uno dei più belli ingegni di quel paese.
Melchor Martinez, nella sua Memoria Historìca
sobre la Revolucion de Chile, scritta nel i8i5 per or-
dine del Capitano Generale del Chili, dice: « I limiti
del Chili sono al 25® grado, là dove è il fiume Salato,
e dove comincia il deserto di Atacama. >
Il documento storico di maggiore importanza invo-
cato dal Chili nel Manifesto sulla guerra, è la Carta
sferica delle coste del Onltj rilevata nel 1790 e presen-
tata al Re di Spagna nel 1799 dal Segretario di Stato
per gli Affari di Marina, nella quale i limiti del Chili
trovansi segnati ai gradi 22° e 38**. Ma è da avvertire,
come dice lo stesso suo titolo, che non trattasi se non
di una semplice carta idrografica, il cui unico scopo
è quello di fissare la configurazione delle coste per uso
dei marini; e che perciò, non essendo destinata a se-
gnare i limiti territoriali, se non come un semplice
particolare di nessuna importanza per essa, l'autore
non vi pose nessuna cura, da cui nacque l'errore; er-
rore che implicitamente riconosce lo stesso Chili, poi-
ché i suoi limiti boreali, stando a tale carta, correreb-
bero fino al parallelo 22^, ossia più in là ancora delle
stesse sue pretensioni rivendicatone.
Ma avvi di più: a fronte di questa semplice carta
idrografica trovansi le carte geografiche di maggior
credito, cosi antiche come moderne, che tutte d'ac-
coralo collocano i limiti tra il Perù ed il Chili nel fa-
moso Fiume Salato, da esse tutte posto, colla diffe-
FRA IL CHILt E LA BOLrVL\ 23
reoza di qualche secondo Tuna dall' altra, nel grado 25^
e 2S'' 4o'. Citeremo fra le tante:
La Carta del Chili, pubblicata nel i656 da M. Sam-
son d'Abberville, geografo del Re di Francia.
n grande Atlante Storico di M. Gueudeville, Am-
sterdam 1732.
La Gran Carta di Sud-America, eseguita per ordine
del Re di Spagna da Don Juan Cruz Cano e Olmedilla
nel 1775, generalmente considerata come quasi ufficiale.
Le Carte dell'Istituto Geografico di Weimar, pub-
blicate nel 1809 ^ 1823.
La Gran Carta di Sud-America pubblicata a Londra
da Arrowsmith nel 1810, ossia nell'anno medesimo
dell' uti possidetis americano.
Il grande Atlante Universale di Vandermaelen - Bru-
xelles, 1827. E così tante e tante altre che sarebbe
luogo citare, e che tutte unanimemente pongono al
Fiume Salato i limiti del Chili.
Il deserto di Atacama è un solo e indivisibile terri-
torio. In tutta la sua lunga estensione di quattro gradi
astronomici non vi è un solo fiume, non un semplice
burrone, canale o linea apparente qualsiasi che potesse
servire C9me segnale di qualche sua divisione. Esso
non ha che due soli e meschinissimi fiumi ai suoi
due estremi: il fiume Loa al nord, ed il fiume Pa-
poso o Salado al sud. Il Loa, da dove comincia il
deserto, forma la linea di confine tra il Perù e la Bo-
livia; ed il Paposo o Salado, dove esso deserto termina,
costituì sempre indisputato ed indisputabilmente fino
al i842, la lìnea divisoria tra la Bolivia ed il Chili ;
2. — OiVAKO, Giurra if America.
24 CAUSE DELLA GUERRA
quella stessa linea di confine cioè che, durante la do-
minazione spagnuola, divideva il Vice-Reame del Perù
dalla Capitanìa Generale del Chili. A prescindere an-
che dai documenti ufficiali già menzionati, che pone-
vano nel Vice-Reame del Perù tutto il deserto di Ata-
cama, a qual prò avrebbe dovuto la Spagna dividere
fra le due sue colonie del Perù e del Chili, composte
entrambe di immensi territorii per nove decimi e mezzo
disabitati, una vasta estensione di deserto inabitabile
che non ofifriva nessuna utilità, e che non si prestava
a divisione alcuna? Questa indivisibilità del deserto
di Atacama è tanto certa e patente che, quando più
tardi, per cedere alle pretensioni del Chili oggi rinno-
vate, si pensò dividerlo fra il Chili e la Bolivia, come
diremo appresso, fu necessario ricorrere al cielo per
trovare una linea divisoria, e fissarla nientemeno che in
quella completamente astratta per la terra, di un pa-
rallelo.
Il fìume SalatOf o Paposo, fu adunque fuori di ogni
dubbio la linea di confine data dalla Spagna alle sue
colonie del Perù e del Chili fino al 1810, il cui statu
quo costituisce rwft'j^o^^irfe^t^ adottato dalle Repubbli-
che americane. Ciò è tanto certo che la stessa Repub-
blica del Chili fu la prima a riconoscere un tale ordine
di cose nella Carta fondamentale dello Stato, fin dal
primo suo sorgere alla vita autonomica di Nazione li-
bera e indipendente.
La prima Costituzione della Repubblica del Chili,
dell'anno 1822, dice: t II territorio del Chili conosce
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 25
per limiti naturali, al sud il Capo di Homo, al nord
il deserto di Atacama. >
Seconda Costituzione dell'anno i823: e II territorio
del Chili comprende dal Capo di Homo fino al de-
serto di Atacama. >
Nella Relazione della Commissione che compilò la
Costituzione del 1828 è detto: e La Nazione Chilena
si escende in un vasto territorio limitato al nord dal
deseno di Atacama. »
La Costituzione vigente del i833, dice: e II territo-
rio del Chili si estende dal deserto di Atacama fino
al Capo di Homo. »
Nella sua poco invidiabile qualità di deserto, per se
stesso inabitabile, quello di Atacama non fu altrimenti
considerato, fino al i842, che come un pezzo di terra
maledetta, da cui ognuno era obbligato a fuggire: in
tutta la sua vasta estensione di più gradi geografici, non
ospitava che appena cinque meschinissime borgate, due
nel cosi detto Atacama alto, Calama e Chiuchiù, e tre
ntìSL Atacama basso, che scende al mare, Cobija, Toco-
piUa e Mejillones, poste sulle piccole baie dello stesso
nome: Antofagasta e Caracoles sorsero dipoi. La Re-
pubblica di Bolivia vi esercitò senza contrasto fino
al i842, tutti quegli atti di giurisdizione nazionale
eh' eraoo possibili su di un territorio in massima parte
disabitato; e l'autorità boliviana di San Fedro de Ata-
cama (anticamente San Francisco), borgata posta sul
Loa e capitale della provincia di Atacama, aveva
sotto la sua giurisdizione Calama, Chiuchiù e tutta la
pane di Atacama aliOy mentre dall' altra autorità boli-
26 CAUSE DELLA GUERRA
viana di Cobija dipendevano Tocopilla, Mejillones e
tutto YAtacama basso; sicché il possesso dèi deserto,
quest'unico segno esterno della proprietà, non fu te-
nuto fìno al i842 che dalla sola Bolivia.
Ma ecco che nell'anno i842, dopo la famosa sco-
perta del guano del Perù, che tanta gelosa invidia su-
scitava nei più o meno poveri vicini, una voce, prima
di semplice desiderio, poi di affermazioni più o meno
sicure si diffonde nel Chili, che simili depositi di guano
erano pure in abbondanza su tutta l'arida costa chi-
lena, che da Caldera s* inoltra fìno ai confini di Boli-
via. Il Governo della Repubblica, premuroso sempre di
aumentare le fonti della pubblica ricchezza, non rimase
sordo a questa voce: e spedì prontamente un'apposita
Commissione nei luoghi indicati, onde sapere a che
attenersi.
Questa Commissione, con quello spirito di ricerca e
d'avventura tanto pronunziato del carattere chileno,
partendo da Caldera, andò sempre innanzi su di una
costa disabitata, nella quale nessuno poteva trattenere
i suoi passi, fìno a che ebbe trovato dei depositi di
guano, senza punto curarsi di sapere se il suolo che
calcava era o no chileno : entrata senza contrasto nel
solitario deserto di Atacama, giunse per tal modo
fino al Morrò di Mejillones, nel grado 23° 6' di latitu-
dine australe. E poco più tardi una legge della Re«
pubblica, del 3i ottobre i842, dichiarava proprietà dello
Stato tutti i depositi di guano esistenti sulla costa del
deserto di Atacama; legge alla quale tenne dietro al>
tra che aggiungendo una nuova Provincia alle dodici
FRA IL CHlLt E LA BOLIVIA 27
di cui prima si componeva la Repubblica, creava la
COSI detta Provincia di Atacama.
Il Governo di Bolivia, non appena ne ebbe notizia, re-
clamò vivamente contro l'usurpazione di territorio consu-
mata a suo danno con siffatte leggi, alle quali seguirono
presto le vie di fatto: ne altro poteva fare pel momento;
poiché disgraziatamente per la Bolivia, la situazione to-
pografica del deserto di Atacama è tale da rendere quasi
impossibile la difesa delle sue coste, fuorché dalla parte
del mare, per mezzo di una fiotta. Distanti dal centro della
Repubblica di oltre 200 leghe, delle quali un centinaio e
più di deserto impraticabile e mancante di ogni qualsiasi
risorsa, principalmente d'acqua, un esercito non vi si po-
trebbe recare che con grandi sacrifizi e grandi spese, assai
superiori alle forze della Bolivia. E poiché questa non
aveva allora, come non ebbe mai, neanche il più me-
schino legno da guerra, trovavasi compl^mente im-
potente a difenderlo contro il Chili, il quale sfruttava
alla meglio, sotto la protezione della propria flotta, i
depositi di guano di cui erasi impossessato (i). Limi-
tossi quindi ad avvivare sempre più i suoi reclami di-
plomatici, che la Cancellerìa di Santiago menava con-
tinuamente per le lunghe; fino a che, rigettata da questa
la proposta più volte ripetuta dai Plenipotenziarii boli-
viani di sottomettere la vertenza alla decisione di arbitri,
il Congresso di Bolivia ordinò al Governo con legge del
(i) Dal 1842 al 1857, la sola dogana chilena di Valparaiso,
seaza contare le altre, rilasciò 113 licenze a legni di diverse
nazionalità per caricar guano nelle varie rade della costa del de-
serto di Atacama.
28 CAUSE DELLA GUERRA
25 giugno i863, di dichiarare la guerra al Chili, « per
la commessa usurpazione di territorio dal Papx)so, o
tìume Salato, a Mejillones; » ossia dal grado 25^ 3o' ap-
prossimativamente, fino al 23°.
Questa minaccia di guerra non fu portata ad effetto.
Sopravvennero le complicazioni colla Spagna, che ob-
bligarono le Repubbliche del Pacifico a stringersi in
alleanza fra loro, onde resistere ad un nemico comune;
e sotto r influenza di queste nuove circostanze, furono
riprese le amichevoli trattative fra le Repubbliche di
Bolivia e del Chili; trattative da cui nacque il io ago-
sto i866 un Trattato di limiti che chiuse ogni vertenza
a questo riguardo, determinando il parallelo 2^^ dì la-
titudine meridionale come limite inalterabile fra le due
Repubbliche; sicché fu giuocofòrza al Chili abbando-
nare ogni pretensione e ritirarsi dal territorio compreso
fra i gradi. 24° e 23°, fin dove era corsa la sua usur-
pazione dell'anno 1 842. Nondimeno, non senza ripor-
tare grossi e positivi guadagni esso firmava un tale
Trattato, dovuto piii che altro alla quasi impossibilità
nella quale si trovava la Bolivia di fargli la guerra, ed
alla speciale natura del Governo con cui trattò : il
Governo dittatoriale del generale Melgarejo, nato da
una rivoluzione di quartiere, e che poco o nulla sì
preoccupava dei veri interessi della Nazione (i).
(i) La conclusione di questo Trattato fruttò a Melgarejo la
nomina di Generale di Divisione del Chili, e la protezione del
Governo chileno contro i nemici interni di Bolivia, per mante^
nersi nell'usurpato potere. (Vedi: JULlo Mendez, Rtalidad dil
Equilibrio Hispano- Americano, p. 48.)
FRA IL CHILt E LA BOLIVIA 29
Coli' articolo secondo di questo medesimo Trattato si
stabiliva pure che il Chili e la Bolivia dividerebbero in
pani uguali fra loro i prodotti doganali dell' esporta-
zione del guano e dei minerali estratti dalla zona di
territorio compresa fra i gradi 23^ e 23°; costituendosi
così fra i due paesi una specie di società di utili e
profitti, nella quale ciascuno di essi poneva un grado
del proprio territorio : la Bolivia dal grado 23° al 24°, ed
il Chili dal 24° al 25^
Il Chili adunque, oltre ad aver guadagnato tutto il
territorio compreso fra i gradi 24 e 25, che era pro-
prio ed esclusivo di Bolivia, giusta il principio ame-
ricano dell' uti possideiiSj aveva pure guadagnato per
soprappiù di entrare in società con quella, sui pro-
venti fiscali di tutta la zona del deserto, compresa
fra i gradi 23° e 25°: società nella quale esso non con-
tribuiva se non col grado medesimo di territorio tolto
alla Bolivia, e che era affatto improduttivo, mentre le
ricchezze fino allora scoperte del deserto, erano tutte
situate nel territorio rimasto alla Bolivia fino al grado
24^; sicché il Chili, anche riguardo alla società, rice-
veva senza dare (i).
(i) Il giornale La Tribuna di Buenos-Ayres, nel far la storia
àt\ Trattato del 1866, diceva in un notevole articolo del 27 feb-
braio 1879: « ...Poco lavoro costò l'ammansire Melgarejo e go-
vernarlo con redini d'oro.... Ecco l'origine del Trattato del 1866.
Questo Trattato consegnò al Chili in pieno dominio tre gradi del
littoiale boliviano (stando ai primi limiti chileni fìssati nel grado 27)
con un quarto grado in società di profitti; e così il Chili per-
venne a legalizzare innanzi alla diplomazia, non innanzi alla co-
30 CAUSE DELLA GUERRA
Ma questo strano patto di società, che alcuno fra i
più distinti uomini politici del Chili chiamava V ultima
espressione deW assurdoy divenne fino dai primi mo-
menti, per la sua diffìcile attuazione, una fonte inesau-
ribile di reclami e di discordia fra i due paesi; i quali
convennero finalmente di addivenire ad un nuovo Trat-
tato che riformasse quello del 1866.
Di questo nuovo Trattato, che porta la data dell'ago-
sto 1874, trascriveremo qui gli articoli principali:
€ Art. i^ — Il parallelo del grado 24®, dal mare fino
alla Cordigliera delle Ande nel divortia aquarum, è il
limite fra le Repubbliche di Bolivia e del Chili. >
« Art. 4^ — I dritti di esportazione che s' impongano
sui minerali estratti dalla zona dì terreno, di cui par-
lano gli articoli precedenti (fra i gradi 23° e 25® della
società, in parte mantenuta del Trattato del 1866) non
eccederanno la quota che attualmente si esige; e le
persone, le industrie e i capitali chileni non andranno
soggetti ad altre contribuzioni, quale che sia la loro
classe, oltre quelle che esistono presentemente. La stipu-
lazione contenuta in questo articolo durerà pel termine
di 25 anni. »
Trattato complementare del 1875 : « Art. 2® — Tutte
le questioni a cui dessero luogo la interpetrazione e la
esecuzione del Trattato del 6 agosto 1874, dovranno
sottomettersi ad arbitrato. >
scienza del mondo, la spogliazione dei desiderati quattro gradi....
Questo Trattato fu strappato a Melgarejo in una notte di ubbria-
chezza.... Atacama è storicamente, politicamente e geograficamente
delia Bolivia. »
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 3 i
Come apparisce da sé, questa volta ancora il Chili
sì aggiudicava la parte del leone, assicurando ai suoi
nazionali su di una zona del territorio boliviano, pri-
vilegi che né esso né nessuna Nazione accorda giammai
in casa propria, neppure ai propri figli.
Ma indipendentemente da tutto ciò, sono però da no-
tare due cose essenzialissime in detto Trattato: 1° Che
il limite fra le due Repubbliche è fissato al parallelo 24^
eoa termini netti e precisi, senza fare neanche la ^iù
lontana allusione a dritti veri o supposti di alcuno dei
due paesi sul territorio delF altro: 2® Che i privilegi
accordati ai nazionali chileni sulla zona compresa fra
i paralleli 23^ e 26^ non sono punto una conseguenza
della fissazione del limite in uno anziché in altro punto.
CAUSE OCCASIONALI
Nel settembre 1866, il Governo dittatoriale del ge-
nerale Melgarejo, che allora reggeva i destini della Bo-
livia, fece concessione di cinque leghe di terreno nel
deserto di Atacama, per la elaborazione di salnitro, a
due cittadini chileni. Ossa e Puelma; concessione che fu
seguita nel 1868 da quella a favore della Sociedad explo-
tadora deldesierto de Atacama^ fondata dagli stessi Ossa
e Puelma e del privilegio esclusivo durante i5 anni per
la elaborazione e libera esportazione del salnitro nel de-
serto di Atacama. » Malauguratamente, il Governo di
Melgarejo che aveva fatte tali concessioni, non era un
32 CAUSE DELLA GUERRA
Governo legale; e la concessione stessa del privilegio a
favore della precitata società, fu fatta senza punto assog-
gettarla alle prescrizioni della legge sui privilegi, allora
vigente nella Repubblica; sicché, caduta la Dittatura
Melgarejo, l'Assemblea nazionale decretò, con leggi del-
l'agosto 1871, la nullità di tutti gli atti compiuti dal
caduto Governo illegale, e specialmente poi quella di
tutte le concessioni fatte da Melgarejo senza attenersi al
disposto dalle leggi vigenti, imponendo ai concessionarii
V obbligo di giustificare innanzi ai Tribunali della Re-
pubblica, la legittimità dei diritti acquisiti.
I signori Milbourne e Clark, successori della Sociedad
explotadora, non avendo punto curato dì fare innanzi
ai Tribunali la giustificazione ordinata dalle precitate
leggi, il Governo dichiarò nulle e decadute, con de-
creto del gennaio 1 872, le concessioni fatte alla Sociedad
explotadora dalla dittatura Melgarejo. Si scossero allora ;
e dopo varie loro pratiche infruttuose presso il Governo
di Bolivia, questo accondiscese a stipulare una transa-
zione nel novembre del 1873, colla Compagnia anonima
di salnitro e ferrovia di Antofagasta, succeduta ad essi
Milbourne e Clark.
Per procedere a sififatta transazione, il Governo aveva
agito in virtù di una speciale legge del Congresso, che
lo autorizzava a transigere su tutti i reclami e questioni
pendenti, coW obbligo di darne conto al prossimo Con-
gressOy ossia riserbandosi il diritto di approvare o no il
suo operato. Ma il prossimo Congresso del 1874, alla cui
approvazione fu sottoposta dal Governo la riferita tran-
sazione, un poco perchè distratto in altri lavori più ur-
FRA IL CHILI E LA BOLIVIA 33
genti, ed un poco per la xrattiva sua organizzazione,
(^rto non unico nei Congressi americani) si chiuse
senza prendere su di essa nessuna determinazione, e
senza neanche udire il relativo rapporto della Com-
missione, che fu poi presentato al Congresso susse-
guente; il quale, grazie ai continui rivolgimenti poli-
tici cui va soggetto il paese, si riunì appena nel 1878.
Ceno, il suo voto arrivava con molto ritardo, ma per
caiisa di un ordine di fatti assai comune in America,
di cui un americano non ha punto il diritto di que-
relarsi!
Il Congresso del 1878 adunque, chiamato a discu-
tere l'anzidetta transazione, dettò nel i4 febbraio dello
stesso anno la legge seguente : « Articolo Unico. — Si
approva la transazione conclusa dailV Esecutivo nel
27 novembre 1873, col rappresentante della Compagnia
anonima di salnitro e ferrovia di Antofagastay a condi-
zione di far effettiva una imposta di dieci centesimi,
come minimo, per ogni quintale di salnitro che si
esporta. >
Fra i varii motivi che indussero il Congresso a vo-
tare questa legge, era quello che, essendosi ampliata
la sfera di azione del)a Compagnia colla costruzione
di una ferrovia, che le si permise di portare assai più
oltre del limite primamente accordato, con grave danno
della ferrovia dello Stato che stavasi costruendo in
Mejillones e che dovette abbandonarsi colla perdita di
okre due milioni di pezzi forti già spesi, la scessa Com-
pagnia aveva offerto al Governo di rilasciare a favore
dello Stato, il dieci per cento dei benefici liquidi della
34 CAUSE DELLA GUERRA
intera impresa di salnitro e ferrovia : dieci per cento che
il Congresso convertì e ridusse nei dieci centesimi à^ìm-
posta per ogni quintale di salnitro che si esporterebbe.
Ma dair offerta fatta dalla Compagnia Anonima quando
sollecitava nuovi favori dal Governo, alla legge che or-
dinava la lieve imposta quando già i favori erano stati
ottenuti e dimenticati, la distanza era troppo lunga.
Non appena pubblicata questa legge, e prima ancora
che il Governo si occupasse della sua attuazione, il
Gerente della Compagnia Anonima, senza neanche pro-
muovere una qualsiasi pratica presso le Autorità boli-
viane, invocò immediatamente la protezione del Governo
chileno; il quale, a sua volta, iniziò subito reclamo di-
plomatico presso quello di Bolivia, con Nota del 2 lu-
glio 1878, fondandolo nell'art. 4® del Trattato del 1874,
che vietava al Governo di Bolivia d' imporre maggiori
contribuzioni di quelle allora esistenti sulle persone,
industrie e capitali chileni.
A ciò la Cancelleria di Bolivia rispondeva : Che l'im-
posta dei dieci centesimi cui si riferiva la legge del
i4 febbraio, non era punto una vera imposta di carattere
generale, e perciò tale da cadere sotto il dettato del-
l' art. 4° dell' invocato Trattato; ma di carattere essen-
zialmente privato che usciva dai limiti del Trattato,
poiché non era altro che la condizione, in virtù della
quale il Congresso approvava una convenzione privata,
avvenuta fra il Governo e la Compagnia Anonima; ap-
provazione che il Congresso erasi espressamente riser-
bato di dare o negare, allorché autorizzava il Governo
FRA IL CHiLt E LA BOLIVIA 35
a contrattare colla Compagnia, e senza della quale la
riferita transazione del 1873 non era punto completa:
Che bisognava bene ricordare, che, già colpiti una
prima volta di nullità i dritti che i primi fondatori
della Compagnia Anonima carpirono ad un Governo
illegale, laveria ammessa ai benefìci di una transazione
fu una vera grazia del Congresso Nazionale; e che come
una seconda grazia del medesimo doveva anche con-
siderarsi il lieve gravame di io centesimi, imposto come
unica condizione per approvare una cosidetta transa-
zìooe, che avrebbe potuto e dovuto dichiarare irrita e
nulla, per le enormi ed illegali concessioni che a ti-
tolo gratuito si facevano in essa alla Compagnia; la
quale sfruttava come in casa propria, tutti i ricchi de-
positi di salnitro esistenti in centinaia di chilometri
quadrati di territorio, senza pagare né aver pagato mai
un solo centesimo allo Stato, tranne il dritto di tassa
della prima scrittura: Che in ultimo, anche nella non
ammessa ipotesi che la legge del i4 febbraio dovesse
subordinarsi al disposto dell'art. 4® del Trattato, questo
non si riferiva che a persone, industrie e capitali chi-
leni; e nulla provava che la Compagnia anonima di
salnitro e ferrovìa di Antofagasta fosse una industria
cbilena, riguardante persone o capitali chileni; poiché
nella sua qualità di Compagnia anonima non aveva,
né poteva avere altra nazionalità, secondo una legge
speciale boliviana, oltre quella di Bolivia nei cui re-
gistri era iscritta; e perché essendo composta di azioni
al portatore, nessuno poteva dire in quali mani queste
36 CAUSE DELLA GUERRA
si trovassero, fino a che non venissero legalmente esi-
bite (i).
Ciò nonostante il Gabinetto di Santiago, insistendo
più che mai nei suo reclamo, .scriveva al proprio In-
caricato d'Affari nella Pace, il di 8 novembre, con or-
dine di farla leggere a quel Ministro degli Affari Esteri,
una Nota nella quale si diceva: a Domandi al Governo
di Bolivia la sospensione definitiva di ogni contribu-
zione posteriore al Trattato.... La negativa del Governo
di Bolivia ad una esigenza così giusta come dimostrata,
collocherà il mio nel caso di dichiarare nullo il Trat-
tato di limiti che ci lega con cotesto paese. »
Di fronte a quest' alternativa cosi duramente espressa,
ed il cui secondo estremo era considerato dal Governo
di Bolivia come la più flagrante violazione del Trat-
tato che s'invocava, il quale, ammesso anche che avesse
potuto entrare in giuoco, imponeva il dovere di sotto-
mettere la questione ad arbitrato, e non mai di la-
sciarla alla decisione di una sola delle due Potenze in-
teressate, esso Governo stimò che ragioni di giustizia
e di decoro nazionale gì' imponevano il dovere di non
aderire alla chiesta sospensione; ed il 17 di dicembre
(i) In effetto, la Compagnia anonima di salnitro e ferrovia di
Antofagasta, organizzata completamente alla inglese, si fondò eoo
un capitale di tre milioni di scudi da Edwards e Gibbs — ame^
ricano del nord il primo, inglese il secondo. Solamente nel 1879.
quando già era cominciata la guerra, il capitale sociale fu aumen-
tato di altri due milioni che si divisero in tante azioni da ven-
dersi al pubblico. Questi dati li avemmo da un distinto personaggio
chileno che fu lungamente ministro delle finanze nel suo paese.
FRA IL CHILt E LA BOLIVLV 37
ordinava ai Prefetto di Cobija V esecuzione della pre-
citata legge del i4 febbraio, con ingiunzione di porre ad
effetto V esazione dell* imposta a cominciare dal giorno
della promulgazione di essa legge; sicché il citato Pre-
fetto iniziò il relativo giudizio esecutivo contro la Com-
pagnia, pel pagamento della imposta arretrata dei dieci
centesimi.
In vista di ciò il Governo del Chili diede un passo
indietro; e per mezzo del suo Incaricato d'Affari fece
proporre al Governo di Bolivia, con Nota del 20 gen-
naio 1879, di sottomettere la questione ad arbitrato, sotto
la condizione del previo ritiro dell' ordine di esecuzione
della legge.
Ma in tal frattempo era sopravvenuta una circostanza
che mutava completamente lo stato delle cose. Il rap-
presentante della Compagnia Anonima, per mezzo di
analogo ricorso al Governo di Bolivia e di un atto di
protesta passato innanzi Notaio, si era opposto al giu-
dizio coattivo iniziato contro di lui, dichiarando che
non intendeva riconoscere e che non accettava in nulla
e per nulla la legge del i4 febbraio. Arrivate tali pro-
teste al Governo di Bolivia — prima volta che la Com-
pagnia Anonima si dirigeva a lui su tale argomento —
fece esso il seguente ragionamento : Poiché la Com-
pagnia Anonima, che era una delle parti contrattanti,
non accetta il gravame imposto dalla legge del i4 feb-
braio, detto gravame non può essere obbligatorio per
essa; essendoché la transazione é il risultato della vo"
lontà reciproca delle parti, su tutte e ciascuna delle
dausule del contratto: però mancando il consenso di
38 CAUSE DELLA GUERRA
una delle parti contrattanti su di una clausula essen-
ziale della transazione, questa non è completa, non
esìste: dunque, la transazione del 27 novembre 1873
conclusa dal Governo e modificata dal mandante, ossia
dal Congresso, che si era riserbata la facoltà della re-
visione, rimane di pieno diritto senza effetto, per la non
avvenuta accettazione dalla controparte della modifi-
cazione apportatavi da esso mandante. E fondandosi in
queste ed altre considerazioni di dritto privato interno,
emise il i^ febbraio 1879 il decreto che segue : e Conside-
rando.... Si dichiara rescissa e senza effetti la convenzione
del 27 novembre 1873 fra il Governo e la Compagnia
di salnitro di Antofagasta : in merito di ciò, sospendansi
gli effetti della legge del i4 febbraio 1878. Il Ministro
del ramo darà gli ordini opportuni per la rivendicazione
dei terreni salnitrali occupati dalla Compagnia. »
Come abbiamo detto dianzi, la questione aveva mu-
tato completamente d' aspetto. Sospesa definitivamente,
o meglio tolta di mezzo la legge del i4 febbraio 1878
che creava l' imposta dei i o centesimi, per cui il Ga-
binetto di Santiago aveva inoltrato il suo reclamo di-
plomatico, in seguito al quale aveva primariamente mi-
nacciato di dichiarar rotto il Trattato del 1874, e poi
proposto l'arbitrato — V azione diplomatica del Chili
doveva considerarsi come terminata pacificamente, poi-
ché erasi rimossa la causa che le aveva dato vita, os-
sia la legge del i4 febbraio che ordinava l'imposta;
il che era quanto il Chili domandava.
Sorgeva invece un nuovo e diverso ordine di cose.
Decretata dal Governo di Bolivia la rescissione della
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 39
transazione del 1873 — bene o male che ciò sia, non
tocca a noi il discuterlo — nasceva una questione emi-
nentemente privata, fra il Governo e la Compagnia ano-
nima, ventilabile innanzi i Tribunali di giustizia di Bo-
livia, giusta il disposto delle leggi interne dello Stato.
Alla Compagnia anonima rimaneva una sola via: quella
di reclamare contro il decreto di rescissione dato dal
Governo, innanzi la Corte Suprema di Bolivia, che
r art. Ili della Costituzione della Repubblica chiama
a risolvere tutte le questioni cui dessero luogo i decreti
e risoluzioni del Governo; e solo nel caso di denegata
giustizia, o di notoria ingiustizia per parte della Corte
Suprema, rimaneva aperto l'adito ad un reclamo di-
plomatico ; prima no, poiché avrebbe arrestato ed of-
feso il corso naturale della legislazione interna della
Repubblica.
Né era a temersi che la Compagnia salnitriera sof-
frisse danno alcuno durante e fino al termine del
giudizio che avrebbe potuto e dovuto incoare innanzi
alla Corte Suprema di Bolivia, per reclamare contro il
decreto di rescissione dato dal Governo; poiché nel
frattempo le cose sarebbero necessariamente rimaste,
per solo effetto della legge, nello stato in cui allora si
trovavano. La sola esistenza di un giudizio pendente
sulla legalità del decreto di rescissione, avrebbe collo-
cato il Governo nella impossibilità di procedere ad atto
alcuno contro la Compagnia ed i suoi stabilimenti sai-
niu-ieri.
Contrariamente a tutto ciò, la Compagnia anonima
tacque, e P Incaricato d'Affari del Chili nella pace di-
ì — Caiva!<o, Guerra tt America.
40 CAUSE DELLA GUERRA
resse con data 8 febbraio al Governo di Bolivia una
specie di Nota ultimatum, nella quale lo comminava
a rispondere nel termine di 48 ore, se accettava o no
di sottomettere ad arbitrato la nuova questione sorta
col decreto del i^ febbraio^ che dichiarava la rescissione
della transazione del 1878; nuova questione che non
era virtualmente nata se non da otto giorni appena, e
che non era stata per ancora né discussa, né elevata,
essendoché la riferita Nota comminatoria delP 8 feb-
braio era quella nella quale per la prima volta si par-
lava dì essa.
Il Governo di Bolivia non rispose a siffatta Nota; ed
il giorno 12 dello stesso mese l'Incaricato d'Affari del
Chili dichiarava rotto il Trattato di limiti del 1874.
Strana coincidenza i in quello stesso giorno 1 2, usci-
vano dal porto di Caldera le corazzate chilene, con a
bordo le truppe che il giorno i4 occuparono in nome
del Chili la Città boliviana, Antofagasta, porto princi-
pale e centro di tutto il movimento commerciale del
deserto di Atacama. E diciamo strana coincidenza,
perché non essendovi telegrafo fra la Bolovia ed il Chili,
questa simultaneità di avvenimenti non potè essere af-
fatto r opera di un immediato concerto fra il Gabinetto
di Santiago ed il suo Rappresentante nella pace. O fu
una coincidenza puramente fortuita, o fu l'effetto di
concerti presi assai prima, non a motivo del decreto di
rescissione, non ancora dato dal Governo di Bolivia^
né prevedibile, ma in esecuzione di fini determinati che
dovevano compiersi in ogni evento, qualunque cosa
fosse per succedere.
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 41
Ripetiamo, fra la Bolivia ed il Chili non v*è tele-
grafo. Il telegrafo più prossimo di cui la Bolivia possa
giovarsi per corrispondere col Chili, è quello da Tacna
ad Arica, dove può innestarsi col filo sottomarino che
va a Valparaiso. Ma per portare un dispaccio dalla
Pace a Tacna, una buona staffetta non impiega meno
di cinque giorni, dovendo percorrere 83 leghe di cat-
tivissima ed alpestre strada ; sicché, senza tener conto
dei non improbabili ritardi cui possa dar luogo la spe-
dizione del telegramma da Tacna a Santiago, dovendo
cambiar due volte di linea ed ufficio, in Arica ed in
Valparaiso, un dispaccio spedito dalla Pace non può
arrivare a Santiago, o viceversa, se non nel termine
minimo di cinque giorni.
Or da tutto ciò risulta: i^'Che la Nota dell' 8 feb-
braio, colla quale F Incaricato d'Affari del Chili doman-
dava imperiosamente nel termine perentorio di 48 ore
al Governo dì Bolivia, una risposta definitiva sull'accet-
tazione o no della proposta di sottoporre ad arbitrato la
nuova questione derivante dal decreto del i^ febbraio,
non poteva esser punto il resultato di speciali istru-
zioni ricevute dal suo Governo; perchè, supposto anche
che si fosse fatto uso del telegrafo, i sette giorni decorsi
dal fo all' 8 febbraio non potevano essere sufficienti per
comunicare al suo Governo il decreto del i<> febbraio,
e ricevere le opportune istruzioni ; ciò del resto è tanto
vero, che la stessa Cancelleria di Santiago dichiara nel
suo Manifesto alle Nazioni amiche, di aver ricevuto
il giorno 1 1 appena, il telegramma del proprio Inca-
ricato d'afifari, nel quale le partecipava il riferito de-
42 CAUSE DELLA GUERRA
creto del i» febbraio. — 2'> Che la proposta dell'arbi-
trato fatta dal suddetto Incaricato d'Affari il giorno 8,
non aveva nessun carattere di serietà; poiché am-
messo che il Governo di Bolivia avesse risposto affer-
mativamente nel concessogli termine di 48 ore, ossia
il giorno IO, tale risposta non sarebbe arrivata a San-
tiago che il giorno i5 al più presto; e quindi non
avrebbe affatto impedita l'occupazione militare di An-
tofagasta, consumata dalle truppe chilene il giorno i4,
ed ordinata dal Gabinetto di Santiago in quello stesso
giorno 12, nel quale il suo Rappresentante nella Pace
dichiarava dar per rotto il Trattato del 1874. Cosicché
non riesce affatto possibile il comprendere il vero pen-
siero del Ministro del Chili, quando, dopo aver par-
lato a suo modo del succitato decreto del 1° febbraio
del Governo di Bolivia, dice nel suo manifesto sui mo-
tivi della Guerra: e E tuttavia, dopo questo atto in-
giustificabile, il Ministro chileno, dominando i nobili
impulsi del suo animo, domanda la revoca di esso
decreto e tratta con sollecito impegno (per me{:{0
di una sola Nota di cui non si attese la risposta) per
ottenere che si sottoponga al giudizio di arbitri, senza
essere ascoltato. » Se tutto ciò non fosse costato tanto
e tanto sangue, si direbbe una buffonesca parodia !
Per giustificare l'inusitata violenza dei suoi atti, co-
ronata dalla invasione del territorio boliviano, il Ga-
binetto di Santiago, parlando alle Nazioni amiche nel
citato manifesto del 18 febbraio 1879, dice: a Un te-
legramma ricevuto l'undici del presente dalla Lega^
zione del ChiFi in Bolivia, partecipa al mio Governo
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 43
che quello di Bolivia aveva emesso un decreto che
spogliava la Compagnia chilena di salnitro delle sue
proprietà, e dei suoi diritti, dichiarandosi padrone
esclusivo di quei beni che importano più di sei mi-
iioDi di scudi.... La Cancelleria chilena reclamava e
domandava la sospensione definitiva dei decreti coi
quali si pretendeva espropriare, a titolo d'imposta (i),
r industria ed il capitale chileno, in contravvenzione
al Patto del 1874; ed il Governo di Bolivia sospende
la spogliazione parziale e la ordina in massa, e si di-
chiara padrone e possessore dei beni dei nostri com-
patriotti, non altro invocando che Pavidità ed il suo
potere (2). In presenza di fatti cosi inauditi, che forse
non ha giammai registrato la storia delle Nazioni civili,
non restava se non un solo cammino che ponesse in
salvo gì' interessi chileni e la dignità del paese. S. E. il
Presidente ordinò quindi che alcune forze di mare e di
terra occupassero immediatamente il deserto di Ata-
cama.... Cinquanta ore più tardi la legge chilena im-
perava in quella regione. •
(i) L'imposta di dùci centesimi per ogni quintale di salaitro
che si esportasse. Oggi che il Chili occupa da padrone il deserto
di Atacama, la &mosa Compagnia di salnitro per la quale era
tanto tenero allora, paga a lui, al Chili, l'imposta di uno scudo
e mezzo, ossia di centocinquanta centesimi per ogni quintale di
salnitro; sì come tutti gli altri produttori della stessa merce.
(2) Sarà bene ricordare che per le sue convenzioni col Go-
verno di Bolivia, la Compagnia di cui si parla non aveva la pro-
prietà dei terreni di salnitro, ma il semplice diritto di uso per
quindici anni, dei quali erano già decorsi più che parecchi.
44 CAUSE DELLA GUERRA
Qual esso fosse il decreto spogliatorio che tanto im-
pensieriva il Gabinetto di Santiago, lo sappiamo già;
e bene sarà ripeterlo ancora : « Si dichiara rescissa e
senza effetti la convenzione del 27 novembre 1873
fra il Governo e la Compagnia di salnitro di Amo-
fagasta: in merito di ciò, sospendansi gli effetti della
legge del 1 5 febbraio 1 878. Il Ministro del ramo darà
gli opportuni ordini per la rivendicazione dei terreni
salnitrali occupati dalla Compagnia. »
Questo decreto, come si vede, non era poi tanto ter-
ribile qual vorrebbe farlo credere il Ministro chileno.
La rescissione da esso dichiarata rimaneva per ancora
nella semplice sfera astratta del diritto, nella quale la
Compagnia avrebbe potuto trattenerlo forse per anni
ed anni — cosa assai comune in America — colla ini-
ziazione del rispettivo giudizio innanzi la Corte Su-
prema di Bolivia : né erasi disposto dal Governo pro-
cedimento alcuno di fatto contro la Compagnia, come
farebbe supporre il linguaggio del Ministro del Chili.
La sola misura presa dal Governo di Bolivia, in re-
lazione all' ultimo inciso di esso decreto, consisteva nel
disporre — attesa la delicata situazione creata dal Chili
— che il primo Ministro del suo Gabinetto si portasse
ad Antofagasta in qualità di delegato straordinario, per
entrare in accomodamenti amichevoli colla Com-
pagnia, ed in loro difetto, adottare le misure legali
che fossero del caso. E qui è da avvertire che né il
Ministro delegato erasi tuttavia mosso dalla sua re-
sidenza, né il decreto stesso che dichiarava la rescis-
sione del contratto era per ancora arrivato al Prefetto
FRA IL CHILt E LA BOLIVL\ 45
di Antofagasta, quando avvenne V invasione chilena
del i4. Tanta era la fretta che aveva il Chili di in-
vadere il territorio boliviano di Atacama a qualunque
costo!
La posta che portava al Prefetto del Dipartimento
la comunicazione ufficiale del decreto del i^ febbraio,
non arrivò ad Antofagasta che col vapore del 16 dello
stesso mese : insieme al decreto andavano pure le istru-
zioni che il Ministro delegato dava al Prefetto, sulla
condotta da tenere fino al suo arrivo. Esse erano:
i.^ Far notificare al Gerente della Compagnia ano-
nima il decreto di rescbsione dato il i^ febbraio:
2.0 Soprassedere dal giudizio coattivo iniziato contro
la Compagnia anonima pel pagamanto dell* imposta
di dieci centesimi, già sospesa, e sciogliere il sequestro
praticato a tale effetto.
3.0 Nel caso di protesta od altro reclamo della Com-
pagnia, provvedere come appresso: « Avendo questa
Prefettura avviso ufficiale che il Supremo Governo
invia in questo Dipartimento uno dei suoi Ministri di
Stato in qualità di Delegato straordinario, riservisi il
presente ricorso, per sottometterlo alla considerazione
del detto signor Ministro delegato (i). »
La posta che portava queste istruzioni, insieme al
decreto stesso del i» febbraio, giunse ad Antofagasta,
come s' è detto, col vapore del 16, e venne perciò nelle
mani delle Autorità militari chilene che da due giorni
( 1 ) NotOrManifestQ dtl Mmisiro PUnipotensiario di Bolivia nel
Perù, 15 aprile 1879.
46 CAUSE DELLA GUERRA
si erano impadronite di Antofagasta. Il Gabinetto di
Bolivia ha sfidato quello del Chili a negare, se poteva^
che tali e non altre erano le istruzioni spedite ad An-
tofagasta, invitandolo a mostrare gli Ufficii caduti in
sue mani: e poiché nulla di ciò è stato praticato dal
Governo del Chili, il tenore di queste istruzioni, oltre
ogni altra ragione e la non esistenza di ogni qualsiasi
prova in contrario, deve ritenersi quaP è stato manife-
stato dal Governo di Bolivia.
Da tutto l'anzidetto risulta quindi che le cause della
guerra promossa dal Chili contro la Bolivia, non pos-
sono trovarsi né nella voluta infrazione dell'art. 4 del
Trattato del 1874, perchè la legge del i4 febbraio 1878
che ne faceva da causale o pretesto, era già ritirata
o sospesa definitivamente; né nel posteriore decreto
del i» febbraio 1879. dato anche che fosse stato in-
giusto, a tutela degl' interessi dei suoi connazionali,
perchè non ancora eransi esauriti né intentati i mezzi
legali che la legislazione di Bolivia accordava per com-
batterlo innanzi ai Tribunali ; e perchè infine non erasi
proceduto per parte della Bolivia, né disposto neanche di
procedere, a misura alcuna o via di fatto, che potesse
menomamente compromettere o danneggiare gì' inte-
ressi della Compagnia anonima di salnitro e ferrovia
di Antofagasta.
(1 Governo del Chili aveva da più tempo meditata
e preparata l'usurpazione del territorio boliviano di
Atacama — come lo dicevano anche i preparativi mi-
litari anticipatamente concentrati in Caldera, dove mai
ne ebbe pel passato; — e non aspettava se non una
FRA IL CHILÌ E LA BOUVIA 47
occasione qualunque che gli servisse di pretesto per at-
tuare i suoi progetti. Questa occasione credè di trovarla
dapprima nella nota imposta dei dieci centesimi : mo-
tivo, pel quale inacerbì tanto la discussione diploma-
tica a questo riguardo; discussione che ebbe sempre
a compagna, da principio a fine, la minaccia che ve-
niva dalla presenza di una corazzata chilena, la Bianco-
Encaladay nelle acque della indifesa Antofagasta. E
quando poi vide che un tal pretesto gli sfuggiva di
mano, pel decreto del 1° febbraio che sospendeva de-
finitivamente detta imposta, si afferrò alla supposta
spogliazione ordinata con quel medesimo decreto, ossia
alla rescissione non per anco incominciata a tradursi
in atto della transazione del iSyS: e senza aspettare
che detta questione fossesi pacificamente discussa e
terminata, come certo sarebbe avvenuto, stando ai pre-
cedenti della materia; anzi senza neanche aspettare
che la p^e interessata, la Compagnia anonima, avesse
avuto notìzia di un tale decreto (i), corse in fretta e
furia e si precipitò colle forze già da lungo tempo pre-
parate in Caldera, suU' indifeso territorio nemico, t per
rivendicare ed occupare in nome del Chili, i territori
che possedeva prima di conchiudere con la Bolivia i
Trattati di limiti del t866 e del 1874. » Queste sono
le testuali parole usate dalla Cancelleria chilena nel
(i) Quando il Governo del Chili diede l'ordine di occupare
Antofagasta, il 12 febbraio, la Compagnia anonima non poteva
ancora conoscere, ammenoché per telegramma, il famoso decreto
dato il \^ febbraio nella Pace.
48 CAUSE DELLA GUERRA
Manifesto sui motivi della guerra: e da questa sua
esplicita dichiarazione emerge chiaramente, senza' bi-
sogno di ricorrere ad altro, che non fu già il p)ensiero
di far rispettare i Trattati del 1866 e del 1874, né la
semplice tutela degl' interessi dei nazionali chileni che
la spinse ad invadere il territorio indifeso di Bolivia;
ma il deliberato proposito di impadronirsi a titolo di
rivendicas{ione di una parte del territorio boliviano;
del che troveremo altre e più sicure prove nel corso
di questa narrazione.
Quale poi sia il valore che puossi e devesi dare alla
invocata rivendicazione^ abbiamo già visto nel fare la
storia dei limiti che dividono le due Repubbliche.
Il deserto di Atacama non appartenne mai al Chili,
né prima del 181 o, quando questo paese era una sem-
plice Colonia spagnuola, sotto il nome di Regno o
Capitanìa Generale del Chili; né dopo siffatta epoca,
quando divenne Repubblica indipendente. Esso appar-
tenne sempre di dritto e di fatto alla circoscrizione
politica che oggi costituisce la Repubblica di Bolivia,
eccetto unicamente il corto periodo di tempo decorso
dal i842 al 1866, nel quale fu occupato in parte dal
Chili per un abuso di forza, ed a cui pose termine
il Trattato di limiti del 1866, che fissava definitiva-
mente nel 24^ parallelo il limite rispettivo delle due
Repubbliche. E questo Trattato del 1866, riconfer-
mato da quello del 1874, regalava al Chili, come si
sa, tutta la parte del deserto che corre dal grado 24®
al grado 25^ o 25^ 3o', nella quale la Bolivia aveva
FRA IL CHILÌ E LA BOLIVIA 49
dei diritti indisputabili non mai messi in dubbio fino
al i842 (i).
Rivendicare importa ricuperare ciò che legittima-
mente è proprio, e di cui fu abbandonato o perduto
immeritamente il giusto possesso. Ma il deserto di Ata-
cama, fino al parallelo 24^ per lo meno, non fu mai
del Chili ; quindi sarebbe un colossale assurdo il chia-
mare rivendicazione l'acquisto di una cosa di cui mai
si fu padroni. Ciò è tanto vero, che lo stesso Chili non
ha punto detto che intendeva rivendicare territorii che
un tempo furono suoi; no, perchè sa che non lo fu-
rono oaai. Dice invece : a I territorii che possedeva
prima di concludere con la Bolivia i Trattati di limiti
del 1866 e del 1874, 0 riferendosi al possesso materiale
che col solo uso delia forza si procurò dal i842 al 1866.
Ma chi non sa, che ciò che fu illegittimamente pos*
seduto, si considera come non posseduto mai in quanto
agli effetti giuridici del possesso? Da un delitto potrà
nascere una responsabilità, ma giamniai un diritto.
Supposto anche che il dominio del deserto di Ata-
cama fosse stato questionabile prima del 1866 fra la
Bolivia ed il Chili, detta questionabilità spari piena-
mente coi Trattati di limiti del 1866 e del 1874, che
/issavano irrevocabilmente nel parallelo 24® i limiti ri-
(i) « Il Chili ha sempre esteso il suo impero e la sua giuri-
sdizione nel nord, fino ai territorio del Paposo e baia di Nostra
Signora » (ossia al limitare del deserto). Lastakria, La Consti'
tucion de CkiU Comendada, Edizione 2^ del 1865, pag. 209. Il
■ignor Lastarria è uno dei più distinti pubblicisti del Chili.
50 CAUSE DELLA GUERRA, ECC.
spettivi delle due Repubbliche, senza riconoscere a fa-
vore di nessuna delle due, sul territorio dell'altra, diritti
anteriori o posteriori a tali Trattati; e per conseguenza
nessuno dei due paesi poteva più, sotto nessuna scusa
o pretesto, dopo tali Trattati, riparlare di diritti e pre-
tensioni sul territorio riconosciuto come proprio del-
l' altro. Se non fosse così, se i Trattati di limiti doves-
sero rimanere eternamente soggetti al capriccio più o
meno scusabile delle Nazioni che li firmarono, il diritto
pubblico internazionale verrebbe meno nella sua stessa
base ; e tutte le Nazioni della terra sarebbero costrette
a vivere sotto una perpetua minaccia di guerra colle
loro vicine.
La pretesa rivendicazione in questo caso, non è che
semplice usurpazione o conquista.
Vedremo più innanzi i veri moventi che spinsero il
Chili su di una via tanto riprovata dalla moderna
civiltà.
II
CAUSE APPARENTI
DELLA GUERRA FRA IL PERÙ ED IL CHILI
SOMMARIO
Il Perù si offre mediatore fra la Bolivia e il Chili - Come fosse
ricevi:to il PleDÌpotenziario peruviano a Valparaiso : docamenti
ufficiali. - Istruzioni date dal Perù al Plenipotenziario per la
mediazione. — Il Chili, cambiata la questione, non accetta i
buoni affici del Perù, se non a condizione di mantenere l' oc-
cnpazione fino al pronunciato degli arbitri. - Il Plenipoten-
ziario, sulla nuova quistione di limiti, non aveva istruzioni. —
Perchè non poteva averle. - É interrogato circa al Trattato
d' alleanza con la Bolivia. — Decreto del Governo della Bo-
iiTia che provvede allo stato di guerra creato dall' invasione
Chilena del tenitorio nazionale. - II Chili lo considera spe-
ciosamente come una prima dichiarazione di guerra, e fa la
parte del provocato. - Don Domingo Santa Maria : sua con-
dotta col Plenipotenziario peruviano. - Il Chili richiede neu-
tralità al Perù : condizioni inaccettabili : negoziati in proposito.
— Il rappresentante del Chili a Lima insiste sulla neutralità :
2 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
riipoiU del governo peraviano. - Sulla lospensivi del Perù,
dDianle i negoziali, il Chili dichiara rotte le amichevoli le-
laiioni. — Su^^tiont e minacele al Perù per la neutralità
imoiediata. - n PI cu {potenti aria del Perù apiega al govcnio
chìleso il concetto del Trattato d' alleanza colla Bolivia. -
Dichiarazione di guerra fatta dal Chili : eccessi del popolo di
Valparaiso. — Dispariti nelle ragioni della di chi a razione dì
guerra addotte dal Governo chileno e dal suo Ministro a Lima.
— Esame dei pretesti della guerra addotti come ragioni dal
Chili. - Perchì ritardasse il Perù a dichiarare la sua neutra-
lità. - Non è vero, come volle !1 Chili, che il Peri non po-
tesse dichiararli neutrale : non gli fii lascialo tempo. - Esame
del Trattato d' alleania. - La condotta del Chili ne giustificava
il disposto. - Gli armamenti del Perù e i soccorsi dati alla
Bolivia faro» pretesti. - Il Perù, anche neutrale, aveva di-
ritto d' armanL — Il Perù non era in condizioni da voler la
appena avuta notizia, nei primi di gen-
aio 1879, della forte tensione delle re-
i zi oni diplomatiche fra il Chili e la 60-
via, il governo del Perù, sollecito di
lantenere inalterata la pace fra ì due
paesi amici e vicini, ordinò ai proprii Rappresentanti in
Bolivia e nel Chili, che al primo affacciarsi di un qual-
siasi indizio di prossima rottura fra le due Repubbliche,
si affrettassero ad interporre i buoni uffici del Perii, e
di cercare con tutti i mezzi possibili l'allontanamento
o la sospensione di qualunque atto ostile.
L'annunzio che al bisogno il Perù avrebbe offerto i
suoi buoni uffici, fatto dall'Incaricato d'affari del Perù
al Presidente del Chili, fu da questi accolto favorevol-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 53
mente. Ma quando sì trattò di tradurli in atto, quando,
saputa la determinazione di occupare Antofagasta, il
Rappresentante peruviano, offrendo i buoni uffici del
suo Governo, domandava alla Cancelleria chilena la
momentanea sospensione degli ordini dati in proposito,
se non altro, pel breve tempo necessario a darne tele-
graficamente avviso al proprio Governo e riceverne
riscontro, gli offerti buoni uffici furono respinti, man-
tenendosi fermi gli ordini di invasione del territorio
boliviano, che già sappiamo con quanta sollecitudine
furono adempiuti.
Ciò nonostante, avvenuta l'occupazione di Antofa-
gasta, il Gabinetto di Lima non volle risparmiarsi
sforzo alcuno per ottenere il ritorno delle buone re-
lazioni fra la Bolivia ed il Chili, e spedi presso il
Governo di questa Repubblica il signor Lavalle in
qualità di Inviato straordinario e Ministro plenipoten-
ziario, air oggetto di offrire l' amichevole medias^ione
del Perù.
Il Plenipotenziario peruviano, partito da Lima il
22 febbraio 1879, arrivò il 4 marzo a Valparaiso, dalla
cut popolazione fu assai malamente ricevuto. La sua
partenza da Lima era stata immediatamente annun-
ziata per telegrafo al Governo del Chili dal proprio
Rappresentante in Lima, insieme allo scopo della sua
missione. Tale notizia fu presto divulgata ; e la popo-
iaziooe di Valparaiso, dove doveva sbarcare il Pleni-
potenziario peruviano, signor Lavalle, per recarsi a San-
tiago, si preparò da parecchi giorni innanzi a riceverlo
nella maniera che fece.
54 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Quale sia stato questo ricevimento ce lo dirà la Nota
ufficiale, data 8 marzo, del Console generale del Perù
in Valparaiso:
a Signor Ministro Ho già anteriormente mani-
festato a V. S. che questa popolazione guardava con pro-
fonda avversione la missione conciliatrice del signor Mi*
nistro Lavalle; che il desiderio della guerra contro il
Perù è veemente in tutti i circoli sociali del Chili, e
che il linguaggio della stampa di Valparaiso e di San-
tiago, rivela la determinazione di compromettere il no-
stro paese nella guerra promossa contro la Bolivia. Gli
istigatori della guerra, temendo che questo Governo
possa cedere alle pacifiche premure della mediazione
peruviana, decisero di spingere il popolo ad oltrag-
giare i Rappresentanti del Perù, e specialmente il no-
stro Plenipotenziario nel giorno del suo arrivo a Val-
paraiso, come mezzo sicuro e spicciativo di rompere
ogni relazione fra il Perù ed il Chili. — Con piena
certezza di questo proposito, mi diressi il giorno 3 ai
signor Intendente di questa provincia, manifestandogli la
enormità dell' ingiuria che si preparava, e domandan-
dogli che facesse conservare al signor Ministro Lavalle
tutto il rispetto dovutogli. Il signor Intendente mi rispose
che aveva già notizia dell'attentato che si pretendeva
commettere; che aveva consigliato ai promotori del
disordine di non porlo nel caso di far sciabolare e
fucilare il popolo; e che mi garantiva che l'oltraggio
non si verificherebbe. — Il giorno 4, fin dalle prime
ore del mattino, da tre a quattromila uomini della più
bassa sfera, si accalcavano sulla spianata e piazza della
FRA IL PERC ed il CHILI 55
Dogana, aspettando lo sbarco del Plenipotenziario pe-
ruviano. Appena si vide approdare il vapore, una co-
lonna di duecento soldati di linea ed una numerosa
compagnia di agenti di polizia segreta, s' introdussero
fra la turba, coprendo il fronte dello sbarcatoio ....
All'una pom. ritornammo dal vapore in compagnia
del Plenipotenziario del Perù (che tutto il personale
del Consolato era andato a ricevere a bordo) e dal
molo eLÌVHótel Central avemmo a camminare fra due
file di guardie di ]X>lizia, stretti ad ogni passo da una
moltitudine nemica e minacciosa, come rei condotti al
patibolo, il signor Ministro Lavalle partì col treno delle
5 pom. per Santiago. — In quella stessa sera ebbe
iaogo il meeting, al quale era stato invitato il popolo
il giorno innanzi, di protesta e indignazione contro la
missione peruviana. Dopo i più grossolani e indecenti
insulti contro il Perù ed i suoi rappresentanti, lan-
ciati da una turba di sei a ottomila persone, gruppi
considerevoli si diressero alV Hotel Central y in cerca
Jel signor Plenipotenziario Lavalle. Saputo là che era
già partito per Santiago, s'incamminarono alla volta
del Consolato, che attaccarono a colpi di pietre,
con gridi di morte contro lo scrivente Essendo
stata nuovamente attaccata la mia casa nella notte
seguente da un piccolo gruppo d* individui che vole-
vano attentare contro la mia persona, e che furono re-
spinti da due persone armate che custodivano il Conso-
lato, risolvetti di trasportare l'officio in altro posto più
centrale della città ... — U Console generale del Perù
L Marquez. »
4. — CajVano, Guerra if America,
56 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
A questo documento è bene aggiungere anche il se-
guente :
« Repubblica del Chili — Ministero degli Affari esteri
— Telegramma ricevuto da Valparaisoil 5 marzo 1879,
jore 12 e 45 di notte — Signor Ministro, Ieri sera
4Kebbe luogo sulla piazza dell* Intendenza il meeting an-
nunziato. Stando a ciò che in parte vidi ed a ciò che
mi si è detto, gli oratori discorsero sulla necessità dì
non accettare la mediazione che suppongono venga ad
offrire il signor Ministro del Perù. Terminati i discorsi, il
popolo si ritirava apparentemente tranquillo. Era im-
possibile prevedere che un gruppo si fermerebbe in-
nanzi alla casa del signor Console generale del Perù, per
emettere gridi di odio e lanciar pietre alla porta. Tro-
va vasi in vicinanza l' aiutante Espindola della guardia
di sicurezza, e corse a proteggere la casa delsig. Console
generale del Perù ; ma siccome il gruppo di gente au-
mentava e non obbediva alle sue intimazioni, lasciò
alcuni soldati di polizia a custodia della porta e corse
a darmi avviso. Mi portai immediatamente alla casa
del signor Console con molti gentiluomini che erano con
me, e trovammo ancora un gruppo considerevole di
gente, però già tranquilla. Le si ingiunse di allonta-
narsi ; e non facendolo subito, domandai un picchetto
di 16 soldati a cavallo, e con ciò la gente si ritirò.
E. Altamirano (Intendente di Valparaiso). »
I gravissimi fatti riferiti in questi documenti, 1' uno
dei quali è delia stessa autorità chilena, dicono chia-
ramente che, prima ancora dell' arrivo del Plenipo-
tenziario peruviano portatore della mediazione, si era
FRA IL PERÙ ED IL CHiLt 57
già formata nel Chili un'atmosfera nemica al Perù, e
che si cercava coi mezzi più violenti di provocarlo ad
un conflitto. Nel Chili, benché paese repubblicano, le
escandescenze popolari non sono punto comuni e fre-
quenti, come negli altri Stati americani. Retto da un
governo forte ed intollerante, per mezzo di una poli*
zia numerosa e bene organizzata, il popolo chileno sa
che non si può muovere, e non sì muove, se non nella
sfera d'azione consentita dal Governo; il quale, se
non si fa nessuno scrupolo di usare a larga mano
dello staffile pei più semplici reati di polizia (i), se
ne fa molto meno ancora di sciabolare e fucilare
ia plebaglia nelle grandi occasioni, secondo la locu-
zione usata dall'Intendente di Valparaiso nella confe-
renza col Console del Perù. Tutto quindi fa supporre
che nei riferiti disordini di Valparaiso che è la seconda
città del Chili, tanto, e politicamente forse più impor-
tante della stessa capitale, le autorità, che già ne erano
informate anticipatamente, fossero più o meno com-
plici della plebaglia posta in fermento. A quale scopo
poi, lo vedremo più tardi.
Il Plenipotenziario peruviano, nondimeno, fu ricevuto
coi maggiori riguardi dal Gabinetto dì Santiago; il
quale non tralasciò punto di lamentare con lui ia ri-
provevole condotta del popolo di Valparaiso, e di far-
gliene le debite scuse.
(i) La pena dello staffile nel Chili è autorizzata dalle leggi
dì polizia, e forma il pane quotidiano dei suoi carceri. S'è visto
finanche dei giornalisti vergognosamente staffilati nelle pubbliche
piazze, sul semplice ordine di un agente superiore di polizia.
58 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Apparentemente terminato questo incidente — seb-
bene la stampa tutta del Chili non smettesse affatto
quel tono acre ed ingiurioso pel Perù, che era Tespres-
sione più o meno fedele della pubblica opinione — il
Plenipotenziario peruviano si affrettò ad esporre, così
al Presidente della Repubblica come al Ministro degli
affari esteri (quando glie ne fu dato campo, dopo sette
giorni), in confidenziali conferenze avute con essi loro
il giorno 1 1 marzo, le prime basi della mediazione che
egli veniva loro ad offrire in nome del Perù, confor-
memente alle istruzioni ricevute dalla propria Cancel-
leria ; le quali dicevano : a Apparendo la occupazione
del liitorale boliviano operata dalle truppe chìlene, come
una conseguenza del decreto emesso dal Governo di Bo-
livia, col quale si rescinde il contratto della Compagnia
di salnitro e ferrovia di Antofagasta ; e non essendo de-
coroso, e perciò possibile, cosi pel Chili come per Bo-
livia, entrare in un qualsiasi accomodamento pacifico,
se prima non venissero rimossi da ambe le parti così
gravi inconvenienti, V. S. proporrà al Governo del
Chili, venendo accettata la mediazione, il ritorno delle
cose allo stato nel quale si trovavano prima degli ul-
timi avvenimenti; ossia: la disoccupazione per parte
del Chili del territorio della Bolivia, semprechè que-
sta Repubblica acconsenta dal suo canto a sospen-
dere il sopradetto decreto di rescissione e la legge del
i4 febbraio 1878, che gravava con una imposta di
dieci centesimi la esportazione di ogni quintale di
salnitro che facesse la Compagnia di Antofagasta ; e
quindi, la conseguente sottomissione di queste que-
FRA IL PERO ED IT. CtìlXA 59
stioni all'arbitrato scelto e costituito da ambo i Go-
verni (i). »
Effettivamente, nella sessione segreta tenuta dal Se-
nato del Chili il 24 marzo 1879, il Ministro chileno
degli affari esteri dichiarava: f La legazione peruviana
ìndica V idea di disoccupare il territorio compreso fra
i paralelli 23* e 24®, di retrotrarre le cose allo stato in
cui si trovavano il i3 febbraio ultimo, e di sottomet-
tere ad arbitrato la questione se la Bolivia ha o no
il diritto di imporre le tasse reclamate. Questa è la
base unica che comprendono le istruzioni del signor
Lavalte. d
Se veramente all'invadere il territorio boliviano, il
Chili non avesse avuto altro scopo che quello di far
rispettare il Trattato del 1874, ch'egli credeva leso
dalla legge boliviana (già sospesa peraltro) che creava
(i) Nota di istruzioDÌ del Miaistro degli affari esteri del Perù,
al Ministro pleDipotenzìario Lavalle.Lima, 22 febbraio 1879.
Al parlare delle basi della mediazione offerta dal Perù, dice
Io storico chileno Barros'Araiia, a pag. 74 della sua Historia
de la Guerra del Pacifico: « Il Rappresentante del Perù offriva
la mediazione del suo Governo, esigendo come primo passo che
il Chili ritirasse le sne truppe da Antofagasta per tranquillizzare
U Bolivia, onde accettasse volentieri i buoni ufHci del media-
tore: conseguentemente il Chili doveva disfare il già fatto, ri»
tirare le sue dichiarazioni e lasciar sussistenti gli atti depreda-
torii della Bolivia (quali non si sa^y prima di sapere, se non altro,
sotto che basi accetterebbe questa Repubblica la mediazione. «
Come si fa la storia nel Chili I Ben è vero che il signor Bar"
^yS'Araua non si dà mai la pena di citare un documento uf-
ficiale.
6o CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
r imposta dei dieci centesimi, e di tutelare grinteressi
della Compagnia salnitriera di Antofagasta, che suppo-
neva ingiustamente minacciati dal decreto di rescis-
sione del I» febbraio; se questi fossero stati i soli mo-
venti della violenza usata contro la Bolivia, le basi della
mediazione offerta dal Perù non avrebbero potuto essere
più lusinghiere pel Chili; poiché sodisfacevano a tutte
le sue esigenze, giuste o non giuste ch'esse fossero,
quali erano quelle d' impedire che la Bolivia praticasse
innovazione alcuna contro il Trattato del 1874, o che
in qualsiasi modo procedesse a danno della Compagnia
salnitriera di Antofagasta, prima che fosse deciso dalFar-
bitrato chi dei due aveva ragione: ed a lui perciò
non doveva costare sacrifizio alcuno il ritirarsi dal ter-
ritorio invaso, poiché sarebbesi ritirato col maggiore
onore, ossia a causa vinta, e dop>o avere ottenuto dal
suo atto di forza tutto quel pieno effetto che se ne ri-
prometteva.
Disgraziatamente, non erano punto queste le inten-
zioni del Chili. E le cose si presentarono al Plenipo-
tenziario peruviano sotto un aspetto completamente di-
verso da quello che era stato previsto dalla Cancelleria
di Lima, nel formulare le istruzioni alle quali doveva
egli attenersi; sicché, come egli scriveva al proprio
Governo da Santiago, con Note del 7, 11 e 1 3 marzo,
la questione non versava più sulle violazioni vere o
false commesse dal Governo boliviano contro i patti
conchiusi col Governo del Chili o con i cittadini chi-
leni; ma sul diritto stesso al territorio occupato cial
Chìri, e che questo reclamava come suo. Dal che na-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 6i
sceva che l'arbitrato proposto dalla mediazione pe-
ruviana doveva ricadere, non più sulla prima questione
— se il Governo della Bolivia aveva o no il diritto di re-
scindere il suo contratto colla Compagnia salnitriera
di Amofagasta, od anche sulF altra anteriore, già finita^
se aveva o no il diritto d'imporre il gravame di dieci
centesimi sopra ogni quintale di salnitro che detta Com-
pagnia esportasse ; — ma invece, su di una questione
tutta nuova proposta dal Chili, se cioè la Bolivia aveva o
no diritto al possesso e dominio del territorio compreso
fra i paralelii 23*^ e 24^ che il Chili aveva fatto e di-
ceva suo; perchè, avendo esso dichiarato nullo e de-
caduto per mancanza di esatto compimento da parte
della Bolivia il Trattato di limiti del 1874, e con questa
l'altro precedente del 1866, considerava retratte le cose
fino allo stato nel quale si trovavano innanzi del primo
Trattato di limiti del 1866.
Il Chili dunque dava di propria autorità come riso-
luta a suo favore la prima questione, se la Bolivia aveva
0 no infranto il Trattato del 1874; dava anche di pro-
pria autorità come nullo e decaduto esso Trattato
del 1874, in seguito alla pretesa infrazione commessane
dalla Bolivia, con una legge che aveva già ritirata ;
e dando, sempre di propria autorità, come inclusa nella
nullità del Trattato del 1874, quella ancora del prece-
dente Trattato di limiti del 1866, col quale si fissavano i
limiti della Bolivia nel parallelo 24°, retrotraeva le cose
allo stato in cui si trovavano prima di questo Trat-
tato del 1866, quando esso pretendeva di esser padrone
del deserto di Atacama fino al paralello 23°, e voleva
62 CAUSE APPARENTI J)ELLA GUERRA
che questo e non altro si dovesse sottoporre ad arbi-
trato : a chi dei due appartenesse la zona del deserto
di Atacama tra i paralleli 23'* e 24°, di cui esso erasi
impossessato a viva forza a titolo di rivendicazione,
se cioè alla Bolivia od al Chili.
Ciò posto, e il Presidente della Repubblica e il Mini-
stro degli affari esteri dichiaravano T uno dopo T altro
al Plenipotenziario La valle, nelle anzidette conferenze
deir 1 1 marzo, che essi non potevano affatto aderire
alle premure del Perù, di retrotrarre le cose fino allo
stato in cui si trovavano il i4 febbraio, prima dello
sbarco delle truppe chilene ad Antofagasta; ossia di di-
soccupare il territorio boliviano, se la Bolivia accon-
sentiva a sospendere gli effetti del decreto di rescissione
del suo contratto colla Compagnia salnitriera di An-
tofagasta, e quelli della precedente legge d'imposta sul
salnitro, per sottomettere tali questioni ad arbitrato;
perchè non era più di ciò di cui ora si trattava. Stando
alla nuova e diversa questione dal Chili posta innanzi,
essi, per far buon viso all'amichevole mediazione del
Perù, non si negavano punto di sottomettere ad arbi-
trato detta nuova questione, a chi cioè si apparte-
nesse il territorio compreso nel grado 23° che le truppe
chilene avevano occupato, ma sotto la condizione sine
qua non che conservasse il Chili il possesso del terri-
torio in questione, fino all'ultimo verdetto degli arbitri.
Trovando dunque che la questione pendente fra il
Chili e la Bolivia non era più quella in vista della
quale il suo Governo lo aveva investito di poteri per
offrire la mediazione del Perù, ma una questione as-
FRA IL PERÙ ED IL CHILI 63
sai più grave e tutta nuova che si affacciava allora
per la prima volta, il Plenipotenziario peruviano non
aveva più facoltà per continuare a trattare sulla me-
diazione col Chili; e doveva sospendere ogni tratta-
tiva, fino a che non fosse stato munito dal proprio
Governo di nuove istruzioni. Effettivamente, ciò di-
chiarava egli al Presidente della Repubblica del Chili
ed al Ministro degli affari esteri, nelle precitate con-
ferenze del dì undici marzo; e da quel momento le
sue relazioni colla Cancelleria chilena non ebbero, od
almeno non dovevano avere, che un carattere pura-
mente confidenziale, fino a quando non gli arrivassero
le nuove istruzioni del suo Governo.
Come poi fosse avvenuto che il Gabinetto di Lima
considerò il conflitto fra il Chili e la Bolivia ben al-
trimenti da quello che era in realtà, dando al suo Rap-
presentante istruzioni insufficienti e che non facevano
al caso, non è difficile spiegare.
Per poter dare le necessarie istruzioni al suo Pleni-
potenziario, che doveva partire e parti il 22 febbraio
alla volta del Chifi, il Gabinetto di Lima interpellò il
giorno 20, circa i motivi dello sbarco delle truppe chi-
Iene sul territorio boliviano, il Ministro Plenipotenzia-
rio del Chili nel Perù; il quale rispondeva evasiva-
mente con Nota del 23, dicendo: a II mio Governo
non tarderà a dirigersi a quelli delle Nazioni amiche,
dando loro conto con una particolareggiata esposizione,
della rottura delle sue amichevoli relazioni con la Boli-
via. In quella esposizione che arriverà a mani di V. E.
non dopo che ad alcun' altra Cancelleria, vedrà V. E.
64 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
incontrovertibilmente dimostrati i motivi dei successi
la cui conoscenza ufficiale è desiderata dal suo Go-
verno (i). • Quando adunque partiva il Plenipotenzia-
rio Lavalle pel Chili, la Cancelleria di Lima ignorava
completamente le pretensioni rivendicaiorie manifestate
più tardi dal Gabinetto di Santiago ; e giudicando da
ciò che solamente era a sua conoscenza fino a quel
momento, ossia dalle questioni' che formarono oggetto
di discussione tra il Chili e la Bolivia, fino all'inva-
sione del territorio boliviano, il conflitto provocato dal
Chili non poteva esser motivato che da quelle mede-
sime questioni; e quindi a quelle e non ad altre po-
tevano e dovevano riferirsi le istruzioni che diede al
proprio Plenipotenziario pel disimpegno della missione
affidatagli.
Al terminare della conferenza del giorno undici, il
ministro degli affari esteri del Chili manifestava pure
al Plenipotenziario peruviano che il suo Governo aveva
notizia, comunque non molto sicura, della esistenza di
un Trattato segreto di alleanza, concluso Tanno 1873,
fra le Repubbliche del Perù e di Bolivia, domandan-
dogli cosa ne fosse di certo; al che il Plenipotenziario
peruviano rispose che ignorava completamente l'esi-
(i^ Questa promessa esposizione, o manifesto della Cancelleria
chilena sui motivi della guerra contro la Bolivia, abbenchè porti
la data del 18 febbraio, non iu però consegnata al Rappresen-
tante del Perù nel Chili, perchè la trasmettesse al proprio Oo-
verno, se non il giorno undici marzoy come risulta dalle relative
Note di trasmissione; sicché solamente arrivò alle mani del Mi-
nistro degli nffari esteri del Perù nella seconda meti di marzo.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 65
stenza di un siffatto Trattato, e che ragioni tutte sue
personali gli facevano credere che non esistesse; ma
che, avendo inteso parlare di un tale Trattato fin dal suo
primo arrivare al Chili, aveva già chiesto infornnazìoni
sul proposito al proprio Governo. Il Trattato però esi-
steva effettivamente fin dall' anno 1873, come diceva il
Ministro chileno; e la Cancelleria di Lima, prevedendo
tale domanda da parte di quella di Santiago — dopo
aver saputo estra-ufficialmente i veri fini della spedi-
zione del Chili contro la Bolivia — aveva già scritto al
proprio Plenipotenziario in data 8 marzo : < E molto
probabile che il Governo del Chili domandi a V. S. se
realmente esiste un Trattato segreto di alleanza fra il
Perù e la Bolivia. Se ciò avviene, V. S. deve manifestare
che realmente il Trattato esiste; ma che se il Chili ri-
tira le sue forze dal littorale boliviano, ciò che forma la
condizione essenziale della nostra mediazione, il Perù
non si vedrebbe obbligato all'adempimento di esso; che
anzi troverebbesi in condizioni di facilitare un accomo*
damento decoroso ed equo fra il Chili e la Bolivia. » Ma
questa Nota, come dice la sua data, non l' aveva ancor
ricevuta il giorno undici il Plenipotenziario Lavalle.
Il 17 marzo, il Gabinetto di Santiago fu informato che
il Presidente di Bolivia aveva dato fuori, colla data del
1® di detto mese, il decreto seguente :
e Considerando : Che il Governo del Chili ha invaso
di fatto il territorio nazionale, senza osservare le regole
del diritto delle genti né le pratiche dei popoli civili,
espellendo violentemente le autorità ed i nazionali resi-
denti nel dipartimento di Cobija: Che il Governo di Bo-
66 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
livia si trova nel dovere di dettare le misure energiche
che esige la situazione, senza però allontanarsi dai prin-
cìpi! consacrati dal diritto pubblico delle Nazioni - De-
creta - Art. 1°: Rimane troncato ogni commercio e co-
municazione colla Repubblica del Chili, mentre dura la
guerra che ha promosso alia Bolivia, An. 2^: I chilent
residenti nel territorio bolivianosaranno obbligati a disoc-
cuparlo nel termine di dieci giorni contati dalla notifica-
zione.... » (seguono altre prescrizioni contro i chilenì).
Questo decreto che, come dice da sé, non fa che det-
tare alcune misure relative allo stato di guerra nel
quale trovavasi già di fatto la Bolivia col Chili, per
la invasione operata da quest'ultimo di una parte del
territorio boliviano, e come testualmente è specificato
in esso, mentre dura la guerra che il Chili ha pro-
mosso alla Bolivia, fu interpetrato dal Chili in una ma-
niera affatto curiosa.
Il Governo del Chili disse che quel decreto conteneva
una dichiarazione di guerra lanciata di moto proprio
dalla Bolivia contro il Chili; che lo stato di guerra
fra il Chili e la Bolivia cominciava allora solamente,
in virtù di quel decreto col quale la hoVivvà provocava
il Chili alla lotta; e che perciò, essendo il Chili Vag-
gredìtOy procedeva ad invadere per rappresaglia il ter-
ritorio dello Stato aggressore, E detto fatto; ordinò
telegraficamente alla squadra ed all'esercito che trenta
giorni prima si erano impadroniti in piena pace di An-
tofagasta, Mejillones e Caracoles con buon altra parte
del territorio boliviano, di invadere ancora ed occu-
pare tutti i porti e terre rimanenti di Bolivia, fino ai
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 67
confini del Perù. E poiché il supposto Stato aggres-
sore, ossia la Bolivia, non aveva nei suoi miseri e lon-
tani porti Tocopilla e Cobija, ultimi che gli rimane-
vano, senonchè appena qualche decina di soldati facienti
da forza di polizia, le corazzate chilene non ebbero che
a presentarsi e sbarcare una compagnia di linea, per
impadronirsene : altre poche compagnie di linea mos-
sero in pari tempo da Caracoles, ed a loro volta im-
padronironsi della borgata interna Calama, posta nel-
rAlto-Atacama; sicché tutto il deserto di Atacama
rimase in poche ore in potere del Chili — ben s'intende,
senza colpo ferire, tranne pochi spari di fucile in Ca-
lama, ove fra mille stenti e privazioni, principalmente
di acqua e di scarpe, eransi rifugiati e raccolti i pochi
soldati boliviani successivamente scacciati da Antofa-
gasta, Mejillones, Caracoles, Tocopilla e Cobija (1).
Il Chili infine, sol perché aveva iniziata una strana
guerra contro la Bolivia, senza precedente dichiara-
zione scritta né verbale, procedendo di sorpresa ad in-
vadere il i4 febbraio il territorio indifeso dell'amico,
sotto pretesto di rivendicare cosa propria; od in altri
termini, sol perché la sua aggressione del i4 febbraio
contro la Bolivia era stata piò o meno proditoria, ri-
teneva che quello non fosse punto un principio di
(i) Nella Histiria de la Guarà del Pacifico, scriUa dallo sto-
rico chileno Diego Barros-Arcuui, coli' aiuto ed ispirazione del
Governo chileno, parlando di questi fatti e del famoso decreto
del Presidente di Bolivia, General Daza, si dice : « Poiché il Ge-
neral Daza aveva dichiarato la guerra al Chili.... circa 500 uo-
mini delle tre armi uscirono da Caracoles ...» p. 68.
68 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
guerra, e neanche semplice provocazione a fatto di tal
genere. Supposto anche, come lontana ipotesi, che il
Chili avesse avuto delle buone ragioni per esercitare
un diritto di rivendicazione su di un territorio che la Bo-
livia possedeva pacificamente, ed il cui dominio erale
stato per ben due volte riconosciuto dallo stesso Chili
— è forse con una brutale invasione di detto territorio
fetta improvvisamente, quando si vive sotto la fede
della pace assicurata dal diritto internazionale, che
esso diritto rivendicatorio può e deve esercitarsi, per
poter poi dire che quella invasione a mano armata del
territorio dell' amico non sia un atto di guerra e della
peggiore di tutte le guerre? (i) Nondimeno il Chili, ar-
mato di una logica araucana tutta propria, diceva che
quella non costituiva né un atto di guerra, né una suffi-
ciente provocazione a fatti di guerra. Chiamava invece
provocazione e dichiarazione di guerra il decreto anzi-
detto del Presidente di Bolivia, la cui diversa natura si
rivela da se a chiunque non sia sfornito di senso co-
mune; e prendeva occasione da quello, per estendere
la sua prima invasione del i4 febbraio a tutto il de-
serto di Atacama, ossia a tutta quella parte del terri-
torio boliviano che aveva in animo di conquistare. Fin
dove possono arrivare lo spirito di prepotenza e l'ac-
ciecamento della passione!
(i) e Secondo le pratiche del diritto interDazionale, può ini-
ziarsi la guerra tanto con una formale dichiarazione, quanto per
mezzo di atti che inequivocamente la stabiliscono. »
Parole del Senatore Vergara nella seduta segreta tenuta dal
Senato chileno il 26 marzo 1879.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 69
E tutto ciò, mentre si ascoltavano e si tenevano a
bada le gestioni della mediazione interposta dal Perù,
per terminare amichevolmente i disaccordi con la Bo-
livia.
Dal giorno 11 al 19 marzo, tra il Plenipotenziario
del Perù e la Cancelleria di Santiago non vi fu nes-
suno scambio di idee, direttamente almeno. Ci spinge
a fare questa riserva la singolare condotta di uno dei
più alti ed influenti personaggi dei circoli politici di
Santiago, D. Domingo Santa Maria, vecchio amico
del Plenipotenziario peruviano, al quale fece visita fìn
dal primo suo arrivo a Santiago, ed alle cui calcagna
stette sempre e continuamente, durante quasi tutto il
tempo della sua permanenza ivi, conversando e discu-
tendo familiarmente con lui sullo scopo della sua mis-
sione e su tutte le più vitali questioni d' attualità. Il
Santa Maria, come più volte piacquegli dichiarare :
a non si mischiava in questi affari che a titolo di
amico del Perù, del Plenipotenziario Lavalle e del si-
gnor Pinto, Presidente del Chili, da cui era espressa-
mente autorizzato a ciò^ ma senza carattere ufficiale
alcuno (i). » Ora, benché non avesse carattere ufficiale
alcuno, V espressa autorizzazione del Presidente del
Chili gli dava per lo meno un certo carattere semi-
ufficiale^ che gli dava facoltà, e fino ad un certo punto
lo obbligava, a far da portavoce fra il Presidente del
ChiB ed il Plenipotenziario del Perù. A ciò, pare, que-
(1) Queste notizie le abbiamo raccolte dalla corrispondenza
nfEdale del Plenipotenziario Lavalle col proprio Governo.
70 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
st* ultimo non badò affatto : e fece assai spesso all'amico
confidenze che non avrebbe mai fatte a persona rive-
stita di carattere ufficiale; come quella, ad esempio, di
cui parla la sua Nota i3 marzo al proprio Governo,
che cioè, avendogli domandato il Santa Maria : « se a
suo credere, e parlandogli francamente da amico ad
amico, il mal esito dei negoziati di cui era incaricato,
darebbe come risultato inevitabile la guerra fra il Perù
ed il Chili, egli rispose senza esitare che sì. »
Noi non supponiamo punto che il Santa Maria, per-
sona altamente rispettabile, abusasse volontariamente
di tali confidenze. Ma comunque sia, il Plenipotenziario
peruviano non avrebbe dovuto giammai dimenticare il
suo carattere semi-ufficiale, e prevedere la non lontana
probabilità che, anche inconsciamente e senza met-
tervi nessuna mala intenzione, poteva egli permettere
qualche volta alP intermediario semi-ufficiale, o auto-
rfffjto, di ascoltare ciò che solo era detto all'amico.
Del resto, il Macchiavelli diceva che in politica non
si hanno amici : forse la sentenza è troppo assoluta.
ma è bene non dimenticarla.
11 19 marzo adunque, il Plenipotenziario peruviano
ebbe una seconda conferenza col Ministro degli Affari
Esteri del Chili, il quale, dopo le più grandi manife-
stazioni di simpatia pel Perù, che arrivarono fino a
fargli dire : e Giammai il Chili dichiarerebbe la guerra
al Perù, e solamente si limiterebbe a difendersi se fosse
aggredito, considerando ciò come la più dolorosa ne-
cessità alla quale potrebbe vedersi esposto » ; e dopo
aver reiterata la prima dichiarazione della iinpos^ibi-
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 71
lità dì disoccupare il littorale boliviano, come base
deir arbitrato proposto dal Perù, non potendo abban-
donare i cittadini chileni che lo abitavano, al dispo-
tismo ed alla perpetua anarchia della Bolivia^ gli ma-
nifestò: i** il disegno del Governo chileno di tentare
colla mediazione del Perù un accomodamento diretto
ed immediato con la Bolivia ; 2° di trasportare i ne-
goziati a Lima, onde amichevolmente potersi discutere
le basi di esso accomodamento con l' intervenzione del
Ministro degli AfiFari Esteri del Perù, tra i Plenipo-
tenziari del Chili e di Bolivia ; S"» che il Plenipoten-
ziario del Chili sarebbe il D. Domingo Santa Maria,
sul quale potrebbe contarsi, comunque non si fosse
ancora deciso ad accettare Pincarico; ^ che bisognava
tenere tutto ciò nel massimo segreto. E qui è da av-
vertire che questo progetto che il Ministro chileno
svolgeva ufficialmente, come entrato già nelle convin-
zioni del suo Governo, era venuto su a poco a poco
nei giorni innanzi, nelle confidenziali discussioni fra
il Plenipotenziario Lavalle ed il suo amico Santa Maria.
Il giorno seguente, 20 marzo, il Plenipotenziario del
Perù ebbe la solita visita del Santa Maria, il quale gli
espose che era stato sollecitato dal Presidente per re-
carsi al Perù, e che aveva risposto affermativamente,
tuttoché fosse un vero sacrifizio per lui l' allontanarsi
in quei momenti da Santiago, unicamente pel suo gran
desiderio di assicurare la pace fra il Chili ed il Perù;
ma che nondimeno temeva fosse già troppo tardi, ed
il suo sacrifizio sterile, poiché l' attitudine del Perù coi
suoi armamenti e colF invio di duemila uomini alla
5. — Caivamo, Gurrra ^America,
72 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
frontiera di Bolivia, era molto sospettosa e minacciante
pel Chili. Comunque sia, si rimase d'accordo che il
Santa Maria partirebbe pel Perù col vapore del 29 dello
stesso mese, se nulla succedeva in contrario nei frat-
tempo.
Il giorno appresso, 21 marzo, ritornò Santa Maria
dal Plenipotenziario Lavalle, per dirgli che, dopo ma-
turo esame ed una lunga conferenza col Presidente della
Repubblica, aveva deciso di non andare al Perù ; per-
chè temeva di arrivar troppo tardi, e non ad altro che
a veder sparare i primi colpi di cannone.
Poco più tardi, nel corso della medesima giornata,
il Plenipotenziario del Perù si recò, precedentemente
invitato, dal Presidente della Repubblica; dal quale,
oltre la conferma di quanto aveagli detto Santa Maria
sul suo disegno di portarsi a Lima, apprese: e Che il
suo più vivo desiderio era la conservazione della pace
col Perù, ed il ritorno, colla mediazione peruviana, a
quella con la Bolivia; ma che l'attitudine del Perù era
molto allarmante; che i suoi uffici di mediatore erano
difficilmente attuabili, mentre sembrava prossimo e di-
sposto a farsi belligerante; e che per il bene della pace
desiderava sapere se il Perù sarebbe neutrale o no nella
guerra fra il Chili e la Bolivia, già dichiarata da que-
sfulHma{i), » A ciò il Plenipotenziario peruviano rispose
che, inviato dal suo Governo per offrire l'amichevole
mediazione del Perù, non aveva ricevuto autorizzazione
(1) Riferendosi al Decreto i® marzo, del Presidente di Boli-
via, di cui abbiamo discorso innanzi.
FRA IL PERO ED IL CHILÌ 73
ne istruzione alcuna per dire quale sarebbe la con-
rotta del suo Governo nel caso in cui non fosse pos-
sibile riuscire ad un amichevole accomodamento fra
il ChiFi e la Bolivia ; e che a suo credere, riteneva :
1", che il Perù non potrebbe giammai fare una dichia-
razione di neutralità a priori^ trattandosi di una guerra
ira vicini nella quale da un momento all'altro potreb-
bero trovarsi compromessi i suoi proprii interessi; 2°, che
solo potrebbe dichiararsi neutrale sotto condi\ione^ ossia
nel caso che il Chili ammettesse delle basi di media-
zione per poterle sottomettere all'accettazione della Boli-
via; e che perciò, avendo il Chili rigettate le basi da
esso presentate a nome del Perù, lo eccitava a pre-
sentarne delle nuove che egli si affretterebbe a tra-
smettere al proprio Governo, nel qual caso forse si de-
ciderebbe quest'ultimo a dichiarare la propria neutralità.
Riprendendo dopo ciò la parola il Presidente del Chili,
soggiunse: «Che pel momento non poteva proporre che
queste basi: i*^, mantenere lo statu quo, ossia l'occu-
pazione militare del Chili nel deserto di Atacama;
2% la retroazione della questione di limiti al punto nel
quale si trovava Tanno 1866; 3^, sottomettere ad un
arbitrato la questione del dominio reale del deserto
di Atacama; ma che però tutto ciò non poteva aver
luogo se non dopo che il Perù si fosse dichiarato neu-
trale. » Basi essenziali erano infine che il Perù dichia-
rasse innanzi tutto la propria neutralità, e che fino alla
decisione degli arbitri, che poteva ritardarsi indefini-
tamente, il Chili rimanesse nel possesso del territorio
che aveva occupato colla forza: occupazione che nei
74 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
giorni anteriori, come s^ è detto, aveva estesa a tutto
il deserto di Atacama fino ai confini del Perù, ossia
molto al di là ancora del grado 23® ove erasi fermato
il i4 febbraio.
Nonostante la inaccettabilità di queste basi, alle quali
la Bolivia non avrebbe dato giammai il proprio assenti-
mento, il Plenipotenziario del Perù aderì a trasmetterle
al proprio Governo in Lima; e fra lui ed il Presidente
Pinto si convenne che sarebbesi trattato telegraficamente,
e che per ovviare qualunque possibile inesattezza da
sua parte, il telegramma sarebbe stato redatto dallo
stesso Presidente, il quale si impegnò a mandargliene la
bozza nel corso della giornata, bozza che non mandò
né quel giorno, né mai (i).
Un passo indietro. 11 Rappresentante del Chili in
Lima, con Nota del 17 marzo, dopo aver parlato dei
preparativi bellici che si stavano facendo dal Governo
del Perù, e dell'invio di una divisione dì 2000 soldati
ad Iquique, nonché dei sentimenti ostili al Chili mani-
festati dalla stampa di Lima, conchiudeva domandando
al Perù la dichiarazione di neutralità, nei seguenti ter-
mini : « Il Governo del Chili, perchè la sua azione sia
più libera rispetto al Governo di Bolivia, crede proprio
di cerff tararsi seriamente se quello di V. E. ha la inten-
zione, come I suoi doveri suggeriscono, di rimanere
neutrale, in presenza degli avvenimenti che hanno avuto
(i) Tutto quanto si riferisce a queste conferenze del 19 e 21,
Io abbiamo ricavato dalle Note Ufficiali del Plenipotenziario pe-
ruviano al proprio Governo, del 20 e 2X marzo.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 75
ed avranno luogo, mentre il Chili difende colle armi
la rioccupazione del territorio littoraie al sud del pa-
ralello 23^ 1
Il Gabinetto di Lima però non aveva ancora rice-
vutO; fino a quel momento, da quello di Santiago nes-
suna partecipazione ufficiale suir occupazione del ter-
ritorio boliviano, avvenuta il i4 febbraio, che per la
prima volta sentiva chiamare rioccupa:{ione del terri-
torio littoraie; sicché a buon diritto non gli era possi-
bile il dichiarare qual sarebbe la sua condotta riguardo
ad avvenimenti di cui non conosceva la vera portata
e significazione (i). E, tra per ciò, tra perchè scosso
dall'altisonante acrimonia che spirava la Nota del Mi-
nistro chileno, rispondevagli che avendo accreditata
presso la Cancelleria di Santiago una Missione spe-
(i) L'Esposizione della CaDcelleria chilena sui fatti del 14 feb-
^o, che solamente fu consegnata al Plenipotenziario del Perii
in Santiago l' undici marzo, per esser rimessa al proprio Governo,
non era ancora, né poteva essergli pervenuta il giorno 17.
II servizio postale tra il Chili ed il Perù è fatto dai vapori
della Compagnia inglese del Pacifico, ì quali da Valparaiso al
Caiiao e viceversa, impiegano ordinariamente dai 9 ai 12 giorni,
secondo il maggiore o minor numero di porti che toccano per
▼ia; e partono, così dal Callao come da Valparaiso, quando una
quando due volte per settimana. Da Santiago a Valparaiso e dal
Callao a Lima, la posta è portata da treni ferroviarii che im-
piegano a percorrere le rispettive distanze, i primi 5 ore, ed i
secondi 30 minuti. A ciò bisogna aggiungere il tempo che di-
vorano r imbarco e lo sbarco nei porti, gli orarii postali, e le
coincidenze tra gli arrivi e partenze, rispettivamente, dei treni e
dei vapori ; più, i giorni che bisogna aspettare (ino alla più pros-
sima partenza di un vapore.
76 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
cialmente incaricata di trattare su tutti gli incideuti
cui potesse dar luogo tale materia, darebbe alla stessa
le debite istruzioni per informare quel Governo sui di-
versi punti contenuti in detta Nota. Ciò per iscritto.
Ma in una conferenza verbale che il Plenipotenziario
chileno ebbe il giorno 20 col Presidente del Perù, que-
sti gli espose: tChe non gli era possibile di formulare
in espressioni precise quale sarebbe più tardi la sua de-
cisione; ghe il suo Governo, legato da più tempo a
quello della Bolivia con un Trattato segreto di alleanza
offensiva e difensiva (i), dovrebbe forzatamente far
causa comune con quel paese, se non si ristabilissero
le relazioni di amicizia fra la Bolivia ed il Chili, o se
il Congresso del Perù, che sarà in breve convocato a
sessioni straordinarie, non autorizzasse il non compi-
mento di detto Trattato.... In conclusione, il suo Go-
verno non avrebbe preso risoluzione alcuna, se non
dopo aver conosciuto 1' esito della Missione affidata
al signor Lavalle (sulla mediazione) e dopo avere inter-
rogato il paese per mezzo del Congresso (2). » In se-
guito di ciò, il giorno seguente, 21 marzo, il Ministro
chileno spediva al proprio Governo in Santiago il se-
guente telegramma: e La mìa Nota morfer^fa doman-
dando dichiarazione neutralità sarà riscontrata oggi.
(i) L'alleanza era semplicemente difensiva, e non offensive,
come erroneamente dice il Ministro chileno avergli assicurato il
Presidente del Perù.
(2) Dalla Nota che il Plenipotenziario del Chili in Lima di-
rigeva al proprio Governo il 22 marzo 1879.
FRA IL PERD ed il CHILÌ 77
Presidente mi espose ieri non potersi decidere, aver
Trattato alleanza con Bolivia, convocar Congresso per
decidere, e incaricar Lavalle spiegarsi con nostro Go-
verno (i). »
Queste spiegazioni che, con Nota del 26 marzo, il
Gabinetto di Lima largamente dava al proprio Pleni-
potenziario in Santiago, perché le comunicasse alla
Cancelleria chilena, non furono punto attese da que-
sta, la quale dichiarò la rottura delle amichevoli re-
lazioni col Perù, prima che detta Nota arrivasse a
Santiago.
Il 24 marzo, il Presidente del Chili ed il Plenipo-
tenziario peruviano ebbero una nuova conferenza, che
il primo iniziò colle parole; Sono profondamente di-
sgustato, perchè termino di prendere alcune misure re-
lative alla guerra col Perù; per poi venir a dire: che
Tattitadine del Perù, il quale si presentava come me-
diatore armato e prossimo a divenire belligerante, di-
mandava una pronta risoluzione da parte sua; che
r opinione pubblica lo premeva a ciò, e che i marini
e uomini di guerra del Chili credevano fosse quello
il momento più opportuno per attaccare il Perù, per
trovarsi questo meno forte del Chili, il che poteva mu-
tare più tardi; ma che in sostanza non essendovi nessuna
causa di guerra fra il Chili ed il Perù, i cui comuni
interessi volevano che andassero sempre d'accordo,
egli non sapeva ()ercbè si dovrebbe arrivare a cosi
dolorosi estremi, e che tutto ciò poteva evitarsi colla
(i) Dalla medesima Nota anteriore.
78 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
• semplice dichiaratone di neutralità per parte del Perù:
che a tale scopo aveva già incaricato il suo Rappresen-
tante in Lima di domandare a quella Cancellerìa sif-
fatta dichiarazione, e che desiderava che questa stessa
domanda fissse anche ripetuta dal Plenipotenziario La-
valle, per mezzo di un telegramma di cui egli mede-
simo avea preparata la bozza scritta, e che diceva:
e La situazione incerta del Perù è un ostacolo insu-
perabile per i negoziati. La dichiarazione di neutralità
tranquillizzerebbe gli spiriti qui, come nel Perù e Bo-
livia. Prof)osizioni che potrebbero essere accettabili
stando gli animi tranquilli, non possono ora discutersi. »
Rispose il Plenipotenziario peruviano, che non trala-
scierebbe di dirigere siffatto telegramma al suo Governo,
onde soddisfare ai desiderii espressi dal Presidente ; ma
che, comunque senza istruzioni speciali a questo ri-
guardo, si credeva nel caso di potergli ripetere ciò che
^ià aveagli detto altra volta, che il Perù non poteva
dichiararsi neutrale come si pretendeva, a priori ed
incondizionatamente y in una guerra fra vicini che po-
tava compromettere da un momento all'altro i proprii
interessi; e che se il Perù aveva assunto il carattere
di mediatore e faceva ogni sforzo per evitare la guerra
fra il Chili e la Bolivia, era appunto perchè, convinto
della impossibilità di mantenersi neutrale, voleva evi-
tare la necessità di divenire belligerante.
Riprese allora a dire il Presidente del Chili: a 1° che
non comprendeva quali fossero i forti motivi che le-
gavano il Perù alia Bolivia; che il Chili gli darebbe
ogni sorta di garanzia, se di alcuna avesse bisogno,
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 79
! —
a causa deir occupazione del littorale boliviano; e che
se per la sua dichiarazione di neutralità, la Bolivia
movesse guerra al Perù, il Perù poteva fare assegna-
mento sull^ aUeanza del Chili e su di un esercito chi-
leno che servirebbe sotto i suoi ordini : 2^ che se scop-
piasse la guerra fra il Chili ed il Perù, non sarebbe
strano che terminasse con una guerra fra il Perù e la
Bolivia, alleata col Chili ; perchè oggi stesso (diceva)
potrebbe ti Chili firmar la pace con la Bolivia^ con danno
del Perù, cosa che egli non farebbe mai ; e che per
evitare la guerra fra il Chili ed il Perù, era necessa*
rio che il P.erù dichiarasse sollecitamente la sua neu-
tralità (i). »
Il giorno seguente, 25 marzo, ritornando su quanto
erasi detto fra lui ed il Plenipotenziario peruviano nel-
r anteriore conferenza, il Presidente del Chili scriveva
air altro la seguente lettera autografa:
t Santiago, 25 marzo 1879 - Signor D. losé Antonio
Lavalle. - Mio stimato Signore - Credo che non sa-
rebbe superfluo il dire che, dichiarata la neutralità, le
negoziazioni potrebbero continuarsi in Lima, dove po-
trebbero trattarsi con maggiore attività che in Santiago.
Credo che dichiarata la neutralità, potremmo ottenere
che Santa Maria si portasse a Lima - A. Pinto. »
Battendo sempre sulla dichiarazione di neutralità del
Perù, che doveva essere il punto di partenza di ogni
trattativa, il Presidente del Chili tornava una seconda
(i) Dalla Nota nf&ciale del Plenipotenziario peruviano al pro-
prio Governo, del 25 marzo.
8o CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
volta sul progetto dei giorni 19, 20 e 21, di far discu-
tere in Litna dal Santa Maria un progetto di amiche-
vole accomodamento con la Bolivia.
Ma stando cosi le cose, il 28 marzo fu riferito ai
Lavalle che il Governo del Chili aveva dato ordine
alla squadra di tenersi pronta per operare al primo
avviso contro i porti e forze navali del Perù.
Il 3i marzo, ricevuta dal proprio Governo una co-
pia del Trattato d'alleanza esistente fra II Perù e la
Bolivia dall' anno 1873, il Plenipotenziario del Perù ne
diede lettura al Ministro degli Affari Esteri del Chili,
facendogli notare, come del resto dalla semplice sua
lettura appariva, che non aveva nessun carattere di
ostilità contro il Chili ; unicamente trattandosi di un
patto generale di alleanza difensiva, più che altro do-
vuto alla necessità di consolidare, in un momento in
cui sembravano pericolanti, le buone relazioni con la
Bolivia, tanto necessarie allo sviluppo commerciale e.i
economico dei due paesi, per la loro rispettiva posi-
zione geografica.
Effettivamente, non potendo servirsi la Bolivia dei
suoi proprii porti, siti sulla costa del deserto di Au-
cama, se non per i soli bisogni di una limitata regione
del paese, è necessariamente obbligata a valersi, per gli
usi commerciali della più gran parte della Repubblica,
dei porti peruviani di Arica e MoUendo. Da ciò con-
tinue difficoltà di ordine daziario fra la Bolivia e il Perù,
ed a volta a volta, tensione di relazioni diplomatiche
e disaccordi più o meno passeggieri, arrivandosi, quando
più quando meno stentatamente, a speciali Trattati do-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 8i
ganali, quasi sempre tardivi rìmedii o cause di scom-
piglio e turbamento degr interessi commerciali di ambo
i paesi. Col Trattato di alleanza si credè porre un ar-
gine a queste frequenti e dannose dissensioni fra le due
Repubbliche, facendole solidali in una sincera e dura-
tura amicizia.
II IO aprile i giornali di Santiago pubblicavano la
notizia che il Governo aveva domandata T autorizza-
zione del Consiglio di Stato per dichiarare la guerra
al Perù. £ quella sera stessa il popolaccio di Valpa-
raiso, sotto gli occhi della polizia che rimase spetta-
trice indifferente, dato V assalto al Consolato del Perù,
ne staccava violentemente lo scudo colle armi di quella
Nazione, prima per romperlo in frantumi sul lastrico
della strada, e poi per farne un auto-da-fè innanzi
alla chiesa della Merced.
In quel medesimo primo giorno di aprile, il Plenipo-
tenziario peruviano si sollecitava a trasmettere una nota
alla Cancelleria chilena, domandandole schiarimenti su
quanto veniva riferito dai giornali intorno alla dichia-
razione di guerra al Perù, con preghiera, in caso af-
fermativo, di rimettergli i suoi passaporti: e rimasta
questa senza risposta, ne dirigeva altra più premurosa
nelle prime ore del 3; nel pomeriggio del qual giorno
riceveva da quel Ministro degli Affari Esteri, colla data
del 2 aprile, la nota seguente :
« La manifestazione fatta in questi giorni al Mini-
stro chileno dal Governo di V. S. che non poteva di-
chiararsi neutrale nella nostra guerra con la Bolivia,
perchè aveva un patto di alleanza difensiva, che V. S.
82 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mi lesse nella conferenza avuta il 3i del passato, ha
fatto comprendere al mio Governo che è impossibile
mantenere relazioni amichevoli con quello del Perù.
Attenendomi alla risposta che V. S. mi diede nella
prima conferenza che avemmo l' undici di marzo ul-
timo, rispondendo alla interrogazione che le feci sopra
la esistenza o no di quel patto, e della quale V. S. mi
assicurò che non aveva notizia, che credeva che non
esistesse.... il mio Governo vede che quello di V. S.
occultando il patto a V. S. ed a questo Governo, si è
collocato in una situazione profondamente irregolare.
U mio Governo si è sorpreso al sapere che quello del
Perù progettasse e sottoscrivesse quel ps^tto, in mo-
menti nei quali manifestava verso il Chili sentimenti
di cordiale amicizia. A questo atto misterioso nel
quale si pattuì la riserva più assoluta, il Governo del
Chili risponde con elevata franchezza, che dichiara
rotte le relazioni col Governo del Perù, e lo consi-
dera belligerante. Neil' inviare a V. S. i suoi passa-
porti.... >
In quel medesimo giorno, 3 aprile, il Ministro Ple-
nipotenziario del Chili in Lima, Joaquin Godoy^ fa-
ceva a nome del proprio Governo altra dichiarazione
di guerra a quello del Perù, e domandava i suoi pas-
saporti. Trascritta come abbiamo già quella fatta dal
Ministro degli Affari Esteri del Chili al Plenipoten-
ziario del Perù, dovrebbe tornare oziosa la trascrizione
di quest'altra: nondimeno, senza regalarla per intero
ai nostri lettori, ne riporteremo gli squarci principali,
tanto per la loro curiosa originalità, come per i diversi
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 83
e nuovi motivi, nei quali lo spiritoso Godoy fonda la
dichiarazione di guerra.
€ Allo scoppio del conflitto che, sen\a provocas^ione
del Governo del Chili e con grande suo dolore, ha
interrotto le amichevoli relazioni che legavano il ChiFi
con la Bolivia, collocando le due Nazioni in istato di
guerra, la più perfetta armonia regnava fra il Chili ed
il Perù.... (i) In questa situazione, naturale era sperare
che la causa del Chili neir indicato conflitto, causUj al
cui lato militano la ragione e la gìusti:{iay la civiltà
e la buona fede (!), avesse trovato nel popolo e nel
Governo del Perù, nobili adesioni ed ardenti simpa-
tie.... Impossibile è per tanto esprimere il sentimento
di maraviglia e di sorpresa, con che il Governo del
ChiFiela Nazione intera hanno preso nota dell'attitudine
assunta dal Perù.... Nessuna precauzione è stata baste-
vole per occultare più a lungo la esistenza del Trattato
segreto di alleanza, che conclusero nel 1873 la Bolivia
ed il Perù (2). Secondo questo patto, conchiuso quando
il Chili riposava nella fiducia che una profonda pace
regnasse nelle sue relazioni con questo paese, con la
Bolivia e con tutte le Nazioni, il Perù rimase formal-
(i) Il Cbilì comincia la guerra ix abtupio contro la Bolivia,
invadendo in piena pace il territorio di quest' altima, ed il suo
Plenipotenziario dice che scoppiò il conflitto senza provocazione del
Governo chileno !
(2) É a ricordare che egli stesso aveva scritto al proprio Go-
verno che il Presidente del Perù gli manifestò 1' esistenza del
Trattato con la Bolivia, la prima volta che se ne presentò 1' oc-
casiooe, neUa conferenza del 20 marzo.
84 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mente obbligato a costituirsi, dato il conflitto oggi esi-
stente, in nemico del Chili, ed a compromettere in suo
danno le sue navi, i suoi eserciti ed i suoi tesori. Non
solo esiste questo impegno contenuto nel patto segreto
del 1873: il Governo dell' infrascritto sa che quello di
V. E. ha cominciato a dargli compimento, sommini-
strando direttamente, sebbene occultamente, a quello
di Bolivia, armi e munizioni da guerra. Profondamente
offeso il Chili dair attitudine del Perù rivelata in que-
sti fatti concreti, potè fin dal principio sconoscere
il carattere di neutrale che pretende di conservare
questa Nazione, e trattarla da nemica.... Non ignora
V. E. che r infrascritto ebbe il dolore di sapere, nelle
avute conferenze, che non otterrebbe dal Governo pe-
ruviano la dichiarazione di neutralità, che era legato
da un patto di alleanza con la Bolivia, e che nessuna
considerazione era tanto potente da indurlo alla rot-
tura di quello (i). Il carattere di belligerante assunto
adunque deliberatamente dal Governo del Perù, col
fatto di essersi negato a fare la dichiarazione di neu-
tralità che gli fu domandata. colPaver dato per fonda-
mento della sua negativa l'esistenza di un'alleanza
avvenuta con uno dei belligeranti, coli' aver sommi-
nistrato a quest' ultimo soccorsi diretti di armi e muni-
zioni, e coir attitudine bellica che rivelano dopo questi
(i) Egli stesso aveva scritto al proprio Governo che il Pre-
sidente del Perù aveagli dichiarato non potersi decidere nella do-
manda di neutralità, se non dopo terminata la missione I^valie
sulla mediazione, e dopo il voto del Congresso.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 85
antecedenti, gli anivi apparecchi che l'infrascritto men-
zionò nel suo citato dispaccio del 17 marzo, e che
hanno continuato e continuano con inusitata solleci-
tudine; tutto questo fa vedere che non è compatibile
colla dignità del Chili il mantenimento di questa Le-
gazione.... L' infrascritto dichiara terminata la sua mis-
sione di pace.... »
Come la semplice loro lettura lo dice, le due dichia-
razioni di guerra, uscite, V una direttamente dalla
Cancelleria chilena, e 1' altra dalla sua Legazione in
Lima, non sono punto uniformi.
La prima che, per la fonte dalla quale emana, ha
diritto ad essere considerata come la più seria, fonda
la dichiarazione di guerra in due motivi: 1°, nell'avere
il Governo peruviano tenuto occulto il Trattato d' al-
leanza che aveva con la Bolivia; 2^, nell' aver sotto-
scritto quel Trattato in momenti nei quali manifestava
sentimenti di cordiale amicizia verso il Chili; dando
con ciò a credere la Cancelleria chilena che riteneva
quel Trattato come un atto ostile al Chili; e che gli
è bastato sapere che un tale trattato esistesse, per an-
dare a viso scoperto contro il Perù, e dichiarargli fran-
camente una guerra, che cercava e preparava segreta-
mente da gran tempo.
Questi però, possiamo dirlo senza tema d'ingannarci,
non furono ì veri motivi che spinsero il Chili a di-
chiarare la guerra al Perù.
Quanto alla pretesa occultazione del Trattato d'al-
leanza, fondata nella risposta negativa data dal Pleni-
potenziario Lavalle, non la si può a buona ragione
86 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
chiamar tale; perchè la Cancelleria di Lima, che spe-
diva un Plenipotenziario col fine speciale di ofifrire la
mediazione del Perù nel conflitto chileno-bollviano,
sorto, come credeva il Perù, a motivo della diversa
intelligenza che il Chili e la Bolivia davano a certi
atti di quest' ultima relativamente ad un Trattato esi-
stente fra di loro, e che non impegnava punto l'alleanza
Perù-boliviana che aveva obbiettivi assai diversi, non
aveva obbligo alcuno di mettere a conoscenza del suo
Plenipotenziario un fatto completamente estraneo alla
sua missione; e molto meno poi, di prevedere che sa*
rebbesi a lui rivolta tale dimanda, e quindi di dargli
le debite istruzioni pel caso in cui ciò avvenisse (i).
Se air accreditare un Plenipotenziario presso una Na-
zione, si dovessero da ciascuna Cancelleria prevedere
(i) Come abbiamo detto innanzi, il Gabinetto di Lima, a cui
quello di Santiago non aveva ancora palesato il vero scopo della
occupazione del littorale boliviano, riteneva, standosi ai prece-
denti, che il Chili non avesse inteso far altro che esercitare una
certa pressione sul Governo della Bolivia, onde ritirasse la legge
del 14 febbraio 1878 ed il Decreto del i® febbraio 1879, che
considerava contrarli al Trattato del 1874; nel qual caso, riti-
rando il Chili le proprie forze dal territorio boliviano, e sospen-
dendo la Bolivia la legge ed il decreto anzidetti fino a che gli
arbitri decidessero chi def due aveva ragione, ciò che costituiva
appunto la base della mediazione offerta dal Perù, 1' alleanza
Perù-boliviana non entrava punto in giuoco. Questa non era che
pei casi di guerre dirette a spogliare una delle due Repubbliche
di una parte del proprio territorio, e per altri casi analoghi espres-
samente indicati; ed il 22 febbraio la Cancelleria di Lima non
sapeva affatto che fossero queste appunto le intenzioni del Chili.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 87
tutte le dimande che gli si potrebbero rivolgere, anche
non pertinenti alla missione di cui è incaricato, sarebbe
tal cosa questa da superare le umane facoltà. Rima-
nendo i Plenipotenziarii in continua corrispondenza coi
proprii Governi, sono sempre in caso di domandare e
ricevere nuove istruzioni a misura che se ne presenta
il bisogno; e nessun Governo si dà per offeso quando
il Rappresentante di una Nazione amica non può ri-
spondere, per mancanza d'istruzioni, ad una interro-
gazione fattagli. Allora solamente comincia la colpa,
quando, trascorso il tempo necessario per domandare
e ricevere le debite istruzioni, la chiesta risposta si
lascia ancora attendere; perchè allora solamente in-
comincia a manifestarsi l'intenzione di non dare gli
schiarimenti chiesti, o, come direbbe la Cancelleria di
Santiago, di occultare ì fatti e circostanze, oggetto della
interpellazione.
Bastava quindi che il Plenipotenziario peruviano
avesse detto, come disse, che non aveva istruzioni del
suo Governo a questo riguardo e che le aveva già chie-
ste, inquantochè* egli stesso aveva inteso parlare di
un tale Trattato nel Chili, perchè il Gabinetto di San-
tiago non se ne desse per offeso, come non se ne diede
allora, e che aspettasse tranquillamente la risposta della
Cancellarìa di Lima. Se il Governo chileno avesse de-
siderato siffatta risposta con urgenza, non aveva che
a sollecitare il Plenipotenziario peruviano, come fece
in altre occasioni, onde dimandasse telegraficamente
al proprio Governo le istruzioni in parola: e non avendo
fatto ciò, doveva bene rassegnarsi ad aspettare i venti
^- — Caivako, Guerra <V America*
88 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
e più giorni necessariì per avere una risposta da Lima
coli' ordinario mezzo della posta. Certo, il Plenipoten-
ziario del Perù, dopo aver detto che mancava dUstru-
zioniy e che le aveva già chieste in previsione di una
interrogazione, fece molto male a spogliarsi della veste
diplomatica ed ufficiale, per entrar a dire le ragioni
tutte sue personali che, ignorando egli l'esistenza di
un tale Trattato, lo portavano a credere che detto Trat-
tato non esistesse affatto. Ma queste spiegazioni pura-
mente personali, ripetiamo, dovute solo alla poca perìzia
nel maneggio degli affari diplomatici ed alla eccessiva
voglia di aggradare, coli' esporre francamente tutto il
proprio pensiero, non mutano per nulla la sostanza della
cosa; né possono essere ragione sufficiente per accu-
sare di doppiezza il Gabinetto di Lima, completamente
estraneo a tali fatti.
Che il Governo del Perù non abbia avuto neanche
per un solo momento l'idea di nascondere l'alleanza
con la Bolivia — alleanza puramente difensiva e per casi
speciali, che in principio supponevasi non aver nulla
che fare col conflitto chileno-boHviano — lo prova il fatto
che, non appena fu interpellato su di essa dal Rap-
presentante chileno in Lima, gli manifestò immedia-
tamente, nonché l'esistenza del Trattato, la natura di
esso, e tutta la portata che poteva avere ; di che è prova
la Nota del Rappresentante chileno, ed il telegramma
che egli spediva al proprio Governo il 21 marzo. Ma
lasciamo ciò, che abbiamo detto anche troppo.
Se il Gabinetto di Santiago avesse dichiarato la guerra
al Perù, più che altro per la sorpresa che gli cagio-
FRA IL PERO ED IL CHILt 89
nava l'avere il Perù sottoscritto quel Trattato con la
Bolivia mentre era in perfetta pace col Chili, come
vorrebbe lasciar credere nel secondo dei due motivi in
esame, tale dichiarazione l'avrebbe fatta non appena
ebbe la prima notizia ufficiale dell' esistenza di esso
Tranato. E poiché questa prima notizia ufficiale l'ebbe
per mezzo del proprio Rappresentante il 21 marzo, non
vediamo perchè avesse dovuto contenere il corruccio
del suo animo, fino al momento in cui questa mede-
sima notizia veni vagli data dal Plenipotenziario peru-
viano il 3i marzo. Forse per attendere, trattandosi di
cosa tanto grave, le spiegazioni che, come gli avvisava
il proprio Rappresentante, doveva dargli sulla domanda
di neutralità quello del Perù ? Ma oltreché in tal caso
non sarebbe stata più né la pretesa occultazione del
patto d'alleanza né la sorpresa che gli cagionava la
notizia della sua esistenza, che decidevanlo a dichiarar
la guerra, è da notarsi che dette spiegazioni non le
attese punto; e che, come dice nelle prime linee la
Nota in esame, si attenne alla semplice manifestazione
fatta al suo Rappresentante in Lima da quel Gabi-
netto. La lettura del Trattato che gli fu fatta dal Pleni-
potenziario peruviano il 3i, non ebbe nessuna influenza.
In ogni modo, quel generoso corruccio che facevalo
irrompere il 3 aprile in una tremenda dichiarazione
di guerra, avrebbe dovuto per lo meno, abbenchè for-
temente contenuto dal 21 al 3 1 marzo^ farlo astenere
da qualunque trattativa col Plenipotenziario peruviano.
Ma noi sappiamo invece che fu precisamente nei dieci
giorni decorsi dal 21 al 3i marzo, quando più attiva-
90 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
mente s'impegnò il Presidente del Chili col Plenipo-
tenziario peruviano, per slegare il Perù dalia Bolivia,
ed ottenere una sua dichiarazione di neutralità incon-
dizionata. Dunque abbiamo piena ragione di dire che
il corruccio provocato dalla pretesa occultazione del
Trattato di alleanza con la Bolivia e dalla notizia stessa
dell'esistenza dì esso Trattato, non fu che un mero
pretesto, e non la causa vera della dichiarazione di
guerra al Perù.
D' altra parte, è pur troppo risaputo che gli uomini
politici del Chili conoscevano l'esistenza e la natura
di questo Trattato, fin dallo stesso anno in cui fu con-
cluso; fatto che rimase pienamente comprovato nella
sessione segreta tenuta dal Senato chileno il 2 aprile 1879,
nella quale si venne a scoprire che, chi più chi meno,
quasi tutti i signori Senatori ne sapevano qualche cosa
da gran tempo; e nella quale il senatore Ybauez di-
chiarava che essendo egli Ministro degli Esteri nel 1873,
seppe r esistenza del Trattato d' alleanza Perù-boliviana
dai Ministri Chileni residenti nel Perù e nella Repub-
blica Argentina, nonché da altre vie ancora, e che fu
appunto in vista di tale notizia che il Gabinetto chi-
leno ordinò allora, nonostante le strettezze finanziarie
della Repubblica, la costruzione delle due forti coraz-
zate chilene Blanco-Encaiada e Lord-Cochrane. A ciò
possiamo aggiungere anche che fu pure nel 1873, dopo
avere appreso la esistenza del Trattato d'alleanza h'a
il Perù e la Bolivia, che il Chili fece acquistare in
Europa dall' allora Colonnello Sotomayor, il forte ar-
mamento militare col quale iniziò la guerra.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 91
La vera cagione della dichiarazione dì guerra po-
trebbe forse trovarsi, comunque non sia là che la ri-
ponga il Gabinetto di Santiago, nelle prime parole della
Nota in esame: e La manifestazione fatta in questi ul-
timi giorni dal Governo di V. S. che non poteva di-
chiararsi neutrale nella nostra guerra con la Bolivia... »
ossia nella negativa del Perù a fare la sollecitata di-
chiarazione di neutralità: motivo che è poi chiaramente
espresso nella dichiaratoria di guerra fatta dal Pieni*
potenziano chileno in Lima. E qui, innanzi tutto, è
egli certo che il Gabinetto di Lima manifestasse al Rap-
presentante chileno che, non poteva dichiararsi neu-
trale nella guerra chileno-bolivianaFLei risposta ce la
darà la stessa Nota del Plenipotenziario del Chili, data
22 marzo, colla quale informava egli il proprio Go-
verno su tale argomento. Essa dice:
«Legazione del Chili nel Perù: Lima 22 marzo 1879-
Signor Ministro - Se come presumo ha ricevuto la mia
precedente comunicazione, V. S. deve conoscere già
in che modo ho proceduto, in adempimento delle sue
istruzioni, per dimandare a questo Governo una im-
mediata dichiarazione di neutralità. La copia che ac-
compagnai alla citata comunicazione, avrà manifestato
a V. S. nei suoi termini testuali il dispaccio che di-
ressi il 17 del corrente, sul particolare, al signor Yri-
goyen, Ministro degli Affari Esteri. Ricevuto questo di-
spaccio la sera del 17, si riunì il giorno seguente il
Consiglio dei Ministri per prenderlo in considerazione ;
però in quella sessione non si giunse a risoluzione al-
cuna. In quella che ebbe luogo il giorno appresso, se le
92 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
notizie che ho non sono inesatte, il signor Yrigoyen pre-
sentò un progetto di risposta in termini di assoluta ne-
gativa alla mia domanda, progetto che non fu accettato,
e che per questa circostanza diede motivo a che il si-
gnor Ministro tentasse dimettersi. Il 20, disponendomi a
parlare con S. E. il General Prado, ricevei un suo invito
collo stesso scopo, ed ebbe luogo la conferenza della quale
passo a dar conto a V. S.... S. E. (il Presidente della Re-
pubblica) mi dichiarò che non gli era possibile formulare
in espressioni precise quale sarebbe più tardi la sua deci-
sione.... che il suo Governo, legato anticipatamente alla
Bolivia con un Trattato segreto di alleanza offensiva (i)
e difensiva, dovrebbe forzatamente far causa comune
con quel paese, se non si ristabilissero le relazioni di
amicizia fra lui ed il Chili, o se il Congresso del Perù,
che sarà convocato straordinariamente, non autorizzi
il non compimento di esso Trattato.... In conclusione,
mi disse che il suo Governo non avrebbe preso riso-
luzione alcuna, se non dopo aver conosciuto V esito
della missione affidata al signor Lavalle, e dopo di
avere interrogato il paese per mezzo del Congresso....
(i) Ciò h inesatto; difensivo solamente, e non offensivo.
Oggi ancora che questo famoso Trattato d' alleanza è stato
pubblicato ai quattro venti in documenti ufficiali ed in giornali,
sicché tutti possono leggerlot e sapere che parla unicamente di
alleanza difensiva^ oggi ancora, ripetiamo, lo storico chileno Barros-
Arana dice nella sua cosidetta Hi storia de la Guerra del Paci-
fico, a pag. 31 e 73, che era un Trattato di alleanza ofiensiva e
difensiva. Questo può dare una idea del modo come si interpre-
tano e riferiscono i fatti nel Chili, e di come si faccia la storia
in quel paese.
FRA IL PERÙ ED IL CHILt 93
Ieri, 21, mi affrettai a dirìgere a V. S. il telegramma
seguente: La mia Nota moderata domandando dichia-
razione neutralità sarà riscontrata oggi. Presidente mi
rispose ieri non potersi decidere, e incaricare Lavalle
spiegarsi con nostro Governo.... J. Godoy. »
Ricevuto il precedente telegramma, il Gabinetto di
Santiago telegrafava il giorno 25 al proprio Rappre-
sentante in Lima: a Dichiarazione neutralità deve ri-
solversi immediatamente in Lima, accompagnata da
sospensione di armamento. Non accettiamo che questo
affare si tratti nel Chili. Domandi manifestazione patto
segreto. Investighi se è approvato dal Congresso, e se il
Governo si risolve ad abrogarlo immediatamente. Con-
ferisca oggi con Presidente e Ministri, e risponda oggi,
e se non fosse possibile, domani. r>
Con Nota del 26 marzo, rispondendo al precedente
telegramma ricevuto il giorno innanzi, il rappresen-
tante chileno scriveva al suo Governo: « Rispetto alla
dichiarazione di neutralità mi hanno risposto, tanto il
signor Presidente come il signor Ministro, che questo
è un atto che il loro Governo non eseguirà, se non
dopo la decisione del Congresso peruviano, recente-
mente convocato pel 24 del prossimo aprile.... Molto
prima che questo ufficio arrivi alle mani di V. S. il
telegramma che mi propongo dirìgerle domani le darà
sufficiente conoscenza dell' affare.... Godoy. >
Questa nota, il Gabinetto di Santiago non la ricevè
che dopo la dichiarazione di guerra al Perù; ma ri-
cevè però il telegramma, è da supporsi almeno, che
gli prometteva il suo Rappresentante.
94 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Queste adunque e non altre sono le manifestazioni
fatte dal Gabinetto di Lima al Ministro chileno; quelle
manifestazioni alle quali si riferisce la Cancellerìa di
Santiago nella precitata dichiarazione di guerra ; e come
si vede, è completamente inesatto che il Governo del
Perù manifestasse in modo assoluto dì non potersi di-
chiarare neutrale^ come asserisce il Gabinetto del Chili.
11 Governo peruviano diceva invece che non poteva
prendere pel momento nessuna determinazione a questo
riguardo; e che non ne prenderebbe una se non in
vista dell' esito definitivo della missione affidata al
Plenipotenziario Lavalle sulla mediazione, e dopo avere
ascoltato il voto delle Camere Legislative, già convo-
cate straordinariamente. Il Governo del Perù, in so-
stanza, dichiarava che non toccava a lui di prendere
una risoluzione di tanta importanza, ma alP unico
potere dello Stato che ne aveva la facoltà, ossia al
Congresso nazionale già convocato a ciò; e che si
riserbava di dare la risposta che il Chili attendeva da
lui, dopo che il Congresso avesse deciso il da farsi.
Perchè non rimanesse dubbio alcuno su tutto ciò,
abbiamo preferito attenerci ai documenti chileni, come
s'è visto.
Dunque non fu nemmeno la dichiarazione del Perù
che non poteva dichiararsi neutrale - dichiarazione
che non fu fatta - quella che spinse il Chili alla guerra.
Andiamo più innanzi ancora. Aveva il Chili il di-
ritto di esigere dal Perù una immediata dichiarazione
di neutralità? Dice Hautefeuille: a I^ dichiarazioni
di neutralità debbono essere spontanee. Nessuna Na-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 95
zione, per potente che sia, può esigerle colla minaccia
0 colla forza. Non v'è dubbio, come osserva Galiani,
che è lecito scandagliare le intenzioni degli altri Stati,
iovestigare sulle loro disposizioni e provocare la ma-
nifestazione della loro volontà ; però è contrario al
diritto l'impiego della violenza per ottenere una di-
chiarazione. Il paese interrogato può rispondere o man-
tenersi in silenzio, secondo Io stimi più conveniente
ai propri interessi, senza che il belligerante abbia mo*
tivo di offendersi per la negativa » Non abbiamo bi-
sogno d' aggiungere, che questa è l'opinione ricevuta
da tutti i migliori pubblicisti.
Nella dichiarazione di guerra, fatta direttamente al
Govemo del Perù dal Plenipotenziario del Chili, si
^^g^^^o ai precedenti, come abbiamo visto, tre nuovi
motivi, che sono : 10 L' esistenza del trattato d'alleanza
con la Bolivia, e secondo il quale, dice il Plenipoten-
ziario chileno, il Perù rimase formalmente obbligato
a costituirsi, dato il conflitto oggi esistente, in nemico
del Chili » ; 2° L' avere il Perù somministrato alla Bo-
livia, dopo la rottura col Chili, soccorsi diretti di armi
e munizioni ; 3^ Gli attivi apparecchi bellici che faceva
il Perù.
Il trattato di alleanza difensiva, sottoscritto il 1873
tra il Perù e la Bolivia, obbligava forse il primo, vo-
lente o no, per esser fedele ai patti, ad abbracciare la
causa della seconda contro il Chili? Dice il trattato :
« Art. i<>: Le alte parti contrattanti (Perù e Bolivia)
si legano ed uniscono per garentire mutuamente la
loro indipendenza, la loro sovranità e la integrità dei
96 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
loro rispettivi territori!, obbligandosi nei termini del
presente trattato a difendersi contro ogni aggressione
straniera, sia di altro o di altri Stati indipendenti, sia
di forze senza bandiera che non obbediscano a nessun
potere riconosciuto. - Art. 2°: L'alleanza sarà effettiva
per conservare i diritti espressi nelP articolo precedente,
in atti di offesa che consistano: i» In atti diretti a
privare alcuna delle alte parti contrattanti di una por-
zione del proprio territorio, con animo di appropriar-
sene il dominio o di cederlo ad altra potenza. 2^ In
atti diretti a sottomettere qualunque delle alte parti
contrattanti a protettorato, vendita o cessione di terri-
torio, od a stabilire su di essa qualsiasi superiorità,
diritto o preminenza che diminuisca od offenda l'eser-
cizio pieno e completo della sua sovranità ed indipen-
denza. - Art. 3^ : Riconoscendo ambe le parti contrat-
tanti, che ogni legittimo atto di alleanza si fonda nella
giustizia, si stabilisce per ciascheduna di esse, rispet-
tivamente, il diritto di decidere se l' offesa ricevuta dal-
l' altra si trova compresa fra le designate nell'articolo
anteriore. - Art. 8«>:Le alte parti contrattanti si obbli-
gano anche a impiegare di preferenza, sempre che sia
possibile, tutti i mezzi concilianti atti ad evitare una
rottura, od a terminare la guerra, se la rottura avesse
avuto luogo, considerando come più efficace l'arbitrato
di una terza potenza. »
Basta la semplice lettura dei precedenti articoli del
Trattato, per comprendere che esso non fu fatto con-
tro il Chili, e che in nessun modo poteva la Bolivia
pretendere che il Perù, in esecuzione del detto Trat-
FRA IL PERO ED IL CHILI 97
tato, si associasse a lei contro il Chili, nel caso in cui
la guerra promossale da quest' ultimo, fosse stata una
guerra giusta, come il Chili doveva credere. L' al-
leanza non era che pei casi di guerra notoriamente in*
giusta contro uno dei due paesi alleati; e per dirlo in
franche parole, per le guerre di conquista, sia di ter-
ritorio, sia di diritti e supremazie, contro uno di essi.
Se dunque il Chili non aveva promosso alla Bolivia
una guerra notoriamente ingiusta ; se il Chili non in-
tendeva di fare contro la Bolivia una condannata guerra
di conquista, esso non aveva nulla da temere dal Perù ;
il quale non si sarebbe trovato per nulla astretto dal suo
Trattato d' alleanza con la Bolivia a prendere le armi
contro il ChiFi.
La Bolivia infatti aveva già inviato in Lima un suo
ministro Plenipotenziario fin dal febbraio, per diman-
dare al Governo del Perù che, in esecuzione del Trat-
tato, dichiarasse arrivato il casus foederis. Ma il Ga-
binetto di Lima, punto accedendo alle istanze della sua
alleata, sospendeva ogni discussione a questo riguardo;
primamente per esaurire tutti i mezzi amichevoli con-
ducenti ad ottenere una pacifica conciliazione della
venenza fra il Chili e la Bolivia, al quale intento of-
fri la propria mediazione ai Governi di ambo i paesi;
ed ia ultimo caso, se la mediazione da lui offerta riu-
scisse infruttuosa, per decidere, in vista dei motivi al-
iegati dal Chili a giustificazione del suo operato sul
territorio boliviano, se veramente era o no obbligato
il Perù, in virtù del Trattato di alleanza, ad associarsi
alla Bolivia contro il Chili.
9» CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Chi invece dichiarò arrivato il casus foederìs (u il
Chili e non il Perà, dichiarando la guerra a quest'ul-
timo, perchè aveva un Trattato d' alleanza con la Bo-
livia. Supposto adunque che questo non fosse stato un
semplice pretesto da sua parte, come gli anteriori, il
Chili si fece giustizia da se, dichiarando implicitamente
che la sua guerra contro la Bolivia era ingiusta, e che
altro non era se non una scandalosa guerra di con-
quista; poiché, come s'è visto, era questo il solo caso
nel quale una guerra contro la Bolivia poteva obbli-
gare il Perù, in virtù dell'antico patto d' alleanza con
quest'ultima, a prendere le armi a suo favore.
D'altra parte poiché, all'aver notizia del Decreto
i^ marzo del Presidente della Bolivia già esaminato
innanzi, aveva il Chili controvertite le parti fra sé e
la Bolivia a mercè della speciosa sua logica, venti-
lando che chi dichiarava e proclamava la guerra fra
i due paesi era la Bolivia e non il Chili ; e poiché nella
sua supposta qualità d'aggredito, si era egli creduto
nel diritto di invadere anche quell'altra parte del de-
serto di Atacama, che aveva rispettata nella sua prima
invasione del i4 febbraio, per esser logico con sé stesso,
bisognava che almeno non considerasse affatto il Perù
come obbligato a far causa comune con quella Bolivia
da lui stranamente presentata come iniziatrice della
guerra; poiché il Trattato non era punto di alleanza
offensiva e difensiva, ma solamente difensiva. Del re-
sto, questa é la sorte di tutti i pretesti o falsi motivi :
quella cioè di menare alle più patenti contradizioni, e
di svelarsi da sé medesimi per ciò che veramente sono.
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 99
Quanto poi al secondo motivo, di avere il Perù som-
ministrato armi e munizioni alla Bolivia, esso fu so-
lennemente smentito dal Ministro degli Affari Esteri del
Perù nella sua Nota di risposta del 4 aprile, nei se-
guenti termini : a L' aTermazione fatta da V. E. che
il Governo dell' infrascritto ha cominciato a dare ese-
cuzione al menzionato Trattato di alleanza difensiva,
somministrando direttamente, comunque occultamente,
armi e munizioni da guerra alla Bolivia, manca asso-
lutamente di fondamento, ed è offensiva alla lealtà
giammai smentita del Perù. » Oltre ciò, è un fatto
pubblico e notorio che noi abbianio appreso personal-
mente sopra luogo da tutti coloro, in massima parte
stranieri assai bene informati, cui abbiamo rivolta tale
interrogazione, che il Perù non somministrò alla Bo-
livia in quel frattempo nessun soccorso di tal genere.
Ma avvi di più ancora: i^Una delle principali ra-
gioni per cui la Bolivia non potè mai avere un discreto
armamento, consiste nelle grandi difficoltà da superare
per introdurlo in un paese perduto dietro la gigante-
sca catena delle Ande , ed anche volendo e potendo il
Perù superare queste grandi difficoltà per fare un
siffatto regalo alla Bolivia, non gli sarebbe riuscito pos-
sibile di nascondere le tante operazioni a tal uopo ne-
cessarie; ciò che avrebbe permesso al Gabinetto chi-
leno, cosi bene informato sempre anche delle più minute
cose, di indicarne una sola almeno; il che non fece.
2^ Mai poteva il Perù prestare armi e munizioni alla
Bolivia, quando non ne aveva neppur per sé; ciò che
conosceva perfettamente il Chili, e mise poi in piena
loo CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
■
evidenza il sopravvenuto suo stato di guerra. 3* Se que-
sti immaginarii soccorsi di armi e munizioni avessero
veramente avuto luogo, non avrebbe certamente omesso
di significarli la Cancelleria chilena, nella dichiara-
zione di guerra che direttamente comunicava al Ple-
nipotenziario peruviano in Santiago: ne si dirà che
questo fatto, sconosciuto al lontano Gabinetto di San-
tiago, poteva invece esser noto al suo Rappresentante
in Lima, e che questi non avesse ancora avuto il tempo
di comunicarglielo; poiché il Plenipotenziario chileno
in Lima diceva invece che era dal suo Governo che
apprendeva tali cose, colle parole : Il Governo deWin-
frascritto sa,...
E qui è bene aggiungere ancora che nella sessione
segreta tenuta dal Senato chileno il 24 marzo 1879, ìi
Ministro degli esteri dichiarava che fino a quel mo-
mento non aveva ricevuto notizia alcuna che accen-
nasse a somministrazioni di armi alla Bolivia per parte
del Perù, e che aveva telegrafato al signor Godoy in
Lima perchè prendesse informazioni su tale proposito.
Riguardo agli apparecchi bellici del Perù, infine, il
Plenipotenziario chileno non entra in nessun partico-
lare; ma si riferisce a quelli esposti anteriormente
nella sua Nota del 17 marzo, nella quale diceva al Mi-
nistro del Perù : a Sono noti gli apparecchi bellici che
ha cominciato a fare il Governo di V. E. fin da che
scoppiò il conflitto chileno-boli Viano: l' esercito ha ri-
cevuto considerevole aumento, prosegue ad aumentarsi,
e si eleva già ad una cifra che sorpassa di molto quelli
che in istato di pace è dimandata dal servizio ordina-
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ loi
rio; una forte divisione (2000 uomini) bene armata e
copiosamente provvista di munizi(»ii, è stata appros-
simata al territorio che probabilmente sarà teatro della
battaglia, che le forze boliviane si dispongono a dare a
quelle del Chili (i); le navi che compogono la squa-
dra peruviana, si concentrano e si preparano come
per aprire una campagna, aumentando acceleratamente
gli equipaggi, rinforzando il loro armamento, imbar-
cando munizioni, viveri e combustibile, e dandosi a
frequenti e non usuali esercizi! ; nuove corazzate sono
state richieste con urgenza alP Europa per ingrossare
la flotta che, durante molti anni di pace internazionale,
si è considerata suiBcientemente potente ; le fortezze
che difendono la piazza del Callao si armano, si prov-
vedono di materiali, esercitano diligentemente la loro
artiglierìa e si apparecchiano, in una parola, a soste-
ner battaglia. »
Questa poetica descrizione del Plenipotenziario chi-
leno dice piuttosto quello che il Perù avrebbe dovuto
lare, anziché quello che realmente fece, come i fatti lo
provarono più tardi. E per avere una giusta misura
dell' attività spiegata dal Perù in tale circostanza, non
abbiamo che a riferire le parole che il medesimo Ple-
nipotenziario chileno scriveva al proprio Governo, con
(i) Il 17 marzo, 1' esercito boliviano che doveva uscire in cam-
pagna, non esisteva ancora. Raggranellati, Dio sa come, un quat-
tromila uomini negli ultimi di marzo e primi di aprile, questo
famoso esercito usciva appena il i 7 aprile dalla Capitale boli-
nana, per non arrivare, come non arrivò mai, al deserto di
Atacama.
IO* CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Nota del i^ marzo: e E alla portata della mia perce-
zione (diceva egli) che il Governo del Perù sta facendo
preparativi bellici, se non con molta attività, con quella
almeno che i suoi scarsi mezzi permettono. > In se-
guito, dopo aver fatta una minuta descrizione delle va-
rie navi che componevano la flotta peruviana, diceva
nella stessa Nqta: e Tutte queste forze però, sono im-
potenti a lottare con probabilità di esito contro la no-
stra squadra, e tale è la coscienza del Governo, fon-
data neir opinione dei suoi più serii marini. >
Ma ammesso anche che i preparativi del Perù fos-
sero stati quali descrive il Plenipotenziario chileno nella
sua Nota del 17 marzo, essi non autorizzavano punto
il Chili a dubitare della neutralità del Perù, che tanto
attivamente s' impegnava perchè si ristabilisse la pace
tra il Chili e la Bolivia.
Prescindendo anche dal diritto che hanno in generale
tutti gli Stati di un medesimo Continente, quando due
o più di essi si trovano in guerra, di armarsi alla me-
glio per poter difendere in caso necessario la propria
neutralità, la speciale condizione del Perù era tale che,
volendo conservare 'detta sua neutralità nella lotta im-
pegnata fra il Chili e la Bolivia, essa non poteva es-
sere altra che quella chiamata neutral'tà armata dalla
scienza internazionale.
Oltrecjbè uno dei belligeranti era suo vicino — cir-
costanza sempre imperiosa, perchè uno Stato neutrale
assicuri i suoi interessi armandosi — a teatro della
guerra era stato prescelto, non solamente il territorio
FRA IL PERC ed il CHILt 103
vici sao vicino, ma quella parte precisamente di esso
territorio che confinava col suo proprio ; sicché la sorte
delle armi fra i due Stati contendenti, doveva decidersi
di confini stessi del Perù, fin dove il Chili aveva pro-
tratta la sua invasione nella seconda metà di marzo.
Aggiungasi a ciò, che queste terre limitrofe dei Perù in
prossimità delle quali doveva ardere la trista face delia
guerra, erano la pane più ricca del territorio peruviano,
ossia il deserto di Tarapacà, Iquique, Pisagua ed i suoi
famosi depositi di salnitro: si aggiunga inoltre chela
popolazione di Iquique era in buona parte composta
da operai chileni e boliviani addetti ai grandi lavori
del salnitro, che da un momento all'altro potevano
promuovere dei seri! disordini fra loro, e si vegga poi
quanta ragione, anzi assoluta necessità aveva il Perù
di armarsi e di bene assicurarsi ai suoi confini. La
pìccola divisione di duemila soldati spedita ad Iquique,
era principalmente destinata a prevenire e contenere
le lotte che gli operai chUeni e boliviani, dato II loro
peculiar carattere, avrebbero quasi sicuramente impe-
gnato fra loro, e che per soprappiu, potevano servire
d'incentivo e di facile pretesto all'entrata sul territo-
rio peruviano di uno o di entrambi gli eserciti com-
t^ttenti al di là del Loa. Chi non sa fin dove talvolta
può lasciarsi trasportare il condottiero di un esercito
invasore^ dallo sviscerato amore pei suoi connazionali
posti a due passi da lui, che con ragione o senza in-
vochino il suo aiuto; massime se questo fortunato con-
dottiero appartenga ad una Nazione che diede sempre
7. — Caivano, Guerra tt America,
I04 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
prove non equivoche di soverchia tenere^^a pei suoi
figli residenti alV estero? {\)
Non è tutto ancora. La Bolivia che trovavasi com-
pletamente sfornita di un buon armamento, la Bolivia
che non ebbe mai un cannone neppure come semplice
oggetto di curiosità, non poteva battersi col Chili senza
prima armarsi qual si conveniva, ponendo da un lato
i suoi vecchi fucili rugginosi di trenta o quaranta anni
fa. Ma un armamento non poteva riceverlo che da due
sole vie: o dair Atlantico, attraversando la Repubblica
Argentina, via assai lunga e difficile, per non dire im-
possibile; ovvero dal Pacifico, sbarcandolo in un porto
del Perù, per poi introdurlo in casa propria passando
pel territorio di quest'ultimo; giacché la costa propria
del deserto di Atacama era tutta in potere del Cbin.
Di una terza via pei confini del Brasile, non è a di-
scorrere neanche.
(i) Il giornale ufficiale del Perù, Ei Peruofto^ pubblicava il
7 marzo la seguente notizia : « É partita oggi una divisione di
soldati pel sud della Repubblica. Due ragioni hanno dettato que-
sta misura al Governo : la naturale previdenza riguardo ad av-
venimenti che potrebbero sopravvenire nelle nostre frontiere, t
la necessità di conservare l'ordine pubblico in alcuni paesi del
sud, dove, giusta le informazioni che il Governo ha ricevuto dij
quelle autorit<^, si comincia a sentire una certa agitazione fra U
colonia chilena e la boliviana. • Al pubblicare posteri ormeoie la
notizia dell'arrivo di tali truppe ad Iquique, lo stesso giornale
ufficiale soggiungeva: « In Iquique e suoi dintorni sono attuai'
mente da dodici a quindicimila fra chileni e boliviani, i quali
laddove mancasse una forza competente, non conterrebbero ■
fatto i loro impeti bellicosi : ecco evitato un primo pericolo. »
FRA IL PERÙ ED Ih CHILÌ 105
La Bolivia, è vero, non aveva marina; ma poteva
dar patenti di corsari, come effettivamente le diede il
26 marzo ; poteva acquistare qualche legno da guerra,
una 0 due corazzate, od anche semplici vapori mer-
cantili armati all'occasione, cose tutte possibili; ed
allora il Perù si sarebbe trovato seriamente minacciato.
La Bolivia avrebbe sicuramente forzato i suoi porti,
per provvedersi di un armamento; ed invece di far
discendere i proprii eserciti fino al teatro della guerra
prescelto dal Chili, attraverso le Cordigliere ed il de-
serto di Atacama, per luoghi quasi assolutamente im-
praticabili e deficienti di tutto, di viveri, di acqua e
foraggi, essa avrebbe preferito la via relativamente fa-
cile e spianata del Perù ; lanciandoli cioè sulla via
usuale da La Paz a Tacna, per poi imbarcarli in Arica,
come fece sempre in tempi di pace col consenso del
Perù, per rinnovare le piccole guarnigioni dei suoi porti
del deserto di Atacama, Antofagasta, Mejillones, Cobija.
In vista di tante e tanto possibili emergenze, chi non
iscorge la necessità pel Perù di tenersi bene armato
per far rispettare la propria neutralità, e mettersi al
coperto da ogni qualsiasi sorpresa, che poteva da un
momento all'altro compromettere i proprii interessi e
la stessa integrità del suolo nazionale?
In ultimo poi bisogna non dimenticare le significan-
tissime parole dette dal medesimo Presidente del Chili
al Plenipotenziario peruviano, nella conferenza del
24 marzo, che cioè : « Oggi stesso potrebbe il Chili
firmar la pace con la Bolivia^ con danno del Perii..,. »
cosa, eoa molto altro di assai peggio ancora, che il
io6 CAUSE APPARENTI DELLA GUERRA
Perù sapeva fìn da gran tempo, come diremo a suo
luogo; e giudichisi da lutto ciò, se poteva il Perù ri-
manersene in una neutralità inerme, in momenti e cir-
costanze in cui tutto era minaccia per lui.
Che il Perù non volesse la guerra, lo dicono abba-
stanza, oltre i grandi e ripetuti sforzi che fece per ri-
stabilire le buone relazioni di armonia fra il Chili e
la Bolivia, il proprio malessere, e la quasi impossibi-
lità materiale e morale nella quale sì trovava di lan-
ciarsi in una impresa di tal genere; al che si aggiunge
che la guerra col Chili, a cui era da ogni parte invi-
tato e provocato, non gli offriva che la più sconfor-
tante prospettiva : quella cioè di aver molto a perdere
in una disfatta, mentre la vittoria anche più completa
non poteva offrirgli nulla di positivo, oltre la sterile sod-
disfazione della vittoria stessa.
Che cosa avrebbe avuto il Perù da domandare al
Chili dopo la vittoria? Nulla: non terre, perchè quelle
del Chili, anche le migliori, sarebbero state per lui
un inutile peso, e perchè non le ha da nessun lato
ai suoi confini; e non danaro nemmeno, perchè sa-
rebbe stato anche troppo se il Chili avesse potuto pa-
gare, dopo anni ed anni, lo strettamente speso nella
guerra ; sicché questa, anche nel più favorevole esito,
non poteva che peggiorare la già tristissima sua posi-
zione economica, senza apportargli vantaggio alcuno.
La guerra, pel Perù, non avrebbe avuto altro scopo,
che quello di comprare a caro prezzo un po' di pace;
e certo non era nei suoi interessi di rompere la pace
che cercava e di cui aveva tanto bisogno, unicamente
FRA IL PERÙ ED IL CHILÌ 107
per averla poi a comprare al prezzo di pesanti e dolo-
rosi sacrifizii.
*
Come assai bene sapeva il Chili, il Perù traversava
in quei momenti uno dei più difficili periodi della
sua vita politica ed economica. I suoi ricchi depositi
di guano erano già da più tempo divenuti per lui,
come esporremo a suo luogo, anziché fonti di risorse,
un sarcasmo ed una soma. I suoi non meno ricchi
depositi di salnitro di Tarapacà - impegnati in piani
economici, che la mala fede di mestatori politici e
commerciali fece completamente rovinosi - correvano
egual sone dei primi. Pieno di debiti - unico risul-
tato positivo dei suoi tesori guaniferi e salnitrali -
senza credito all'estero, e senz' altre risorse all'interno
che le insufficienti rendite doganali ; ridotto da più
anni, per sopperire ai più urgenti bisogni dell'ammi-
nistrazione dello Stato, a ricorrere alla circolazione
forzosa della moneta cartacea, che correva tutti i giorni
a marcia forzata sul cammino della deprezzazione(i);
involto da più anni ancora in una spaventevole crisi
commerciale, che si manifestava a ripetuti e grossi
colpi col fallimento delle più grandi case locali di
commercio, ridotte a tanto dalla sopravvenuta insol-
venza dei numerosi loro debitori - il Perù, economi-
camente parlando, giaceva su di un vero letto di
spine.
(i) Nel marzo 1879, ^' ^S^o sul!' argento era del 90 per cento;
e per le cambiali in oro all' estero, il sol in carta, del valore
nominale di 48 penicchi^ non era calcolato che per 20 ptnicchi
appena.
VERE CAUSE
DELLA DICHIARAZIONE DI GUERRA AL PERÙ
■ I. Pcrchi il Chili volle ad ogni costo la gueira conUo il Perù.
- Il Chili sapeva che il Peiù non era pronto alla guerra. —
Lo stato ecoDomìco del Chili non era florido. - Il Chili volle
pio6ltare delle sfavorevoli condiiioni del Peri. - Superioril.\
delle forze namli del Chili ■ come preparate. — Il Chili ap-
profitta della deboleua ilei Perù iTascuiando ogni uso di pra-
tiche diplomatiche. - A che tendessero le pressioni chilene
per la dichiarazione ioimediata dì neulralilà. — Durezza della
vili dei Chileni e toro governa oligarchico. — Tendenze atta
conqiustjt. — It Chili liceltx i fuorusciti di altre nationi, e ali-
menta le rivalili fra di esse. - Come tentò di inimicare la
Bolivia col Peri ; n qual fine lo facesse. - Antiche asplra-
àoal del ChìIÌ alla conquista. - Il Chili e il generale Que-
»edo e la Bolivia. — Conseguente che sarebbero derivate dalla
Benlralità del Perii. — La guerra intrapresa a danno delln
Bolivia, era in effetlo diretta contro il l'erù. - Doeamenli. -
§ a. La popnlazione chilena si divide in due classe: la classe
Il VERE CAUSE DELLA DICmABAZIONE
media non ha parte importante. - La plebe ì divisa in ptemtt,
iuquilÌHOi, Irabajùdcrcs dt minai, - I pttnti. - Gli mguili-
nes. - I trOajadorei di minat. - Il XKtii. - Prodotti del ChiD.
- L'ArauciDia. — Aumento di popolaiione. — Commercio d'ìm-
portEuioDe e di eiportuioDe. - Maleiiete economico del Chili.
- La produzione dei grani del Chilt e loro esportuioDC. -
l'roduiione del rame. — I Chileoì accorrono io folla nei de-
serti di Tarapacì e di Atacama, - Il Perù prima non cura,
poi riduce a privativa dello Stato I' eipoitaiione del nitro, -
EmigradoDC del ^11/0 chlleno. - Crisi economica del Chili. -
La conquista fu. credula l' unico modo d' uacir dalle stretteuc
- La gelosìa non fìi 1' ultima cauia della guerra. - Pcrchi an-
che le donne chilene acclamasseio alla guerra.
§1
A CHE MIRASSE IL CHILI
abbiamo visto nel capitolo prcce-
nte, mentre il Perù feceva tutti gli
rrzi possibili per ottenere un ravvici-
meiito fra il Chili e la Bolivia, ed
ilare una guerra nella quale presto
o tardi sarebbe stato forse obbligato a prender parte,
il Chili dal suo canto si appigliò a quanti pretesti gli
caddero sotto mano per trascinarlo al pia presto nella
lotta. Perché ahi
Se il Cbiri aveva delle ragioni per temere che il
Perì), frustrati i suoi tentativi di conciliazione, si sa-
rebbe schieralo contro di lui come alleato della Boli-
via, perchè non attese che quello sì decidesse a tanto
da se medesimo?
DI GUERRA AL PERÙ II3
Mercè la sorpresa del i4 febbraio, egli era già in
possesso di quel deserto di Atacama che formava l'og-
geno delle sue aspirazioni, senza che il cannone avesse
tuonato ancora, e senza che il nemico vero, la Boli-
via, si fosse mosso tuttavia a contenderglielo : perchè
dunque precipitò così gli avvenimenti ^ Perchè chiamò
egli stesso a raccolta il naturale ed il possibile difensore
della sua preda, onde si affrettassero a disputargliela ?
All'invadere il deseno boliviano di Atacama, il Chili
era intimamente convinto che se la usurpazione o con-
quista di SI ricco territorio doveva costargli una guerra,
una vera e positi <ra guerra, questa non avrebbe avuto
mai a sostenerla con la Bolivia solaniente, ma con la
Bolivia e il Perù insieme.
Confinata dietro la immensa catena delle Ande, nella
quasi impossibilità di scendere con un esercito sulla
costa del deserto attraverso il proprio territorio, per le
grandi difficoltà topografiche da vincere, e per le ingenti
spese che ciò avrebbe occasionato; senza porti proprii
ne buoni né cattivi, perduti i soli che aveva nel deserto
stesso; senza nessun principio di fiotta, senza armamento,
e deficiente di mezzi per provvedersi di tutto ciò, la Bo-
livia, lasciata sola contro il Chili, o non si sarebbe im-
panata in una guerra, senonchè a parole, ricorrendo
come nella prima usurpazione chilena del i842 ai sem-
plici mezzi diplomatici, o avrebbe opposta al Chili, de-
cìdendosi davvero ad una guerra, una cosi debole resi-
stenza da render certa e sicura la vittoria di quest'ultimo
senza sforzo alcuno, non ad altro servendo un cotal simu-
lacro di lotta armata, che ad assicurar definitivamente a
114 VERE CAUSE DELLA DICHL\R AZIONE
quello il dominio e la proprietà del deserto, se non altro,
a titolo d'indennità di guerra che in nessun altro modo
avrebbe potuto la Bolivia sodisfare. Sicché il Chili
avrebbe avuto in ogni caso partita vinta, rimanendo con
poco o nessun sacrifìzio padrone delP ambito deserto
di Atacama ; e tale era appunto il pensiero del Governo
e del paese.
A convincersi della piena esattezza di quanto diciamo,
basta discorrere su tale argomento con qualunque chi-
leno bene informato, che non abbia V astuzia o la di-
gnità necessaria per saper tacere delle verità poco lu-
singhiere pel proprio paese. Lo scrittore chileno scmi-
uflBciale, Barro^-Arancu, uno dei meglio informati e che
è bene addentro nei pensieri del suo Governo, dopo aver
parlato della invasione del deserto di Atacama comin-
ciata il i4 febbraio e compiuta nella seconda metà di
marzo, scrive : « I chileni rimasero per tal modo pa-
droni di tutto il deserto di Atacama, fino ai confini del
Perù. La guerra con la Bolivia era terminata di fatto.
Il Chili non pretendeva fare una spedizione nelF in-
terno di quel paese, pel solo piacere di fare una cam-
pagna difficoltosissima e senza alcun risultato pratico.
La Bolivia, per parte sua, a causa della singolare con-
figurazione del suo territorio e delle invincibili diffi-
coltà che le opponevano le montagne ed i deserti, non
poteva portare le sue truppe fino al littorale. Questa
situazione sarebbe durata chi sa quanto tempo, senza
l'azione del Perù.... (i) »
(i) Barkos-Arana, Hisloria de la Guerra dil Pacifico, pag. 70»
DI GUERRA AL PERÙ 115
Se la conquista del deserto di Atacama, ripetiamo,
poteva e doveva costargli una guerra, solo avrebbe
avuto il Chili a sostenerla con la Bolivia e il Perù in-
sieme, o meglio col Perù, non potendo considerarsi
la Bolivia che appena una semplice forza coadiu-
vante; poiché mancando di flotta, di armamento e di
danaro, tutte le quali cose doveva fornirle il Perù,
altro non poteva dare, come più tardi fu dimostrato
dai fatti, che un contingente più o meno scarso di uo-
mini, che il Perù doveva armare e vettovagliare. Il
Chili sapeva ciò assai bene quando invase il deserto
di Atacama ; e sapeva pure che assai difficilmente
avrebbe potuto evitare una guerra col Perù: il quale,
a prescindere anche dalla sua alleanza con la Bolivia,
doveva necessariamente vedere nelle tendenze del Chili
e nella violenza colla quale le poneva in pratica, una
gravissima minaccia contro se stesso.
Alla guerra col Perù il Chili si trovava da lungo
tempo preparato e deciso : quindi non gli faceva gran
paura. Nondimeno, potendolo, senza ritirarsi dall' Ata-
cama, l'avrebbe evitata con gioia ; e non già perchè
gli dolesse averlo a nemico e misurarsi con lui. Tutto
al contrario; una guerra col Perù, che terminasse colla
sconfìtta di quest'ultimo, è stato sempre il sogno do-
rato del Chili, fìno dall'epoca della indipendenza; so-
gno dorato che ha rifatto e rivestito con cplori sempre più
brillanti in diverseepoche ed occasioni, dal 1825 al 1879.
Pienamente informato dell' alleanza Perù-boliviana, e
del forte e giustificato interesse che aveva il Perù a
tenerlo lontano dai proprii confini, il Chili sapeva non-
Ii6 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dimeno che il Governo del Perù non voleva la guerra,
alla quale non si sentiva affatto preparato; e che so-
lamente V avrebbe accettata come una dura necessità,
dopo aver messo in opra ogni mezzo per evitarla. Ma
sapeva pure, come senza nessun velo fu detto dallo
stesso Presidènte del Chili al Plenipotenziario peru-
viano, che era quello il miglior momento per misurarsi
contro il Perù (i); il quale trovavasi eccezionalmente
nelle peggiori condizioni possibili, e quindi estrema-
mente debole, come giammai era stato f>er lo addietro,
e come forse giammai più sarebbe tornato ad esser
nell' avvenire : ossia con una squadra poverissima, in-
sufficiente a resistere alla propria che mai fu più flo-
rida; senza esercito, senza armamento, senza mezzi e
senza credito in Europa per procurarseli, e per ultima
lacerato dalle rivalità di partiti, da una guerra civile
latente, pronta a scoppiare da un momento alP altro;
sicché non avrebbe potuto concentrare nella guerra
tutte le forze vive del paese, d'ordinario tanto supe-
riori a quelle del Chili, così materiali come morali (2).
(i) Vedi a pagina 77.
(2) Ascoltiamo a questo proposito la voce dello storico chi-
leno, e saremmo quasi per dire, del Governo chileno :
« Il Perù attraversava in quei momenti (marzo ed aprile 1879)
una situazione poco favorevole per imbarcarsi in avventure di
guerra. A parte le difficoltà finanziarie, ogni giorno più incal-
zantit la pace interna, minacciata poco prima dall' assassìnio del-
l' ex-Presidente Pardo sulle porte del Senato, era così poco so-
lida che il Governo credeva non poter vivere se non sotto il
regime delle facoltà straordinarie e della sospensione della costitu-
zione. » Barros-Arana, Historia de la Guerra del Pacifico, pag. 71
DI GUERRA AL PERÙ 117
Nonostante ciò, e per più che si sentisse per proprio
conto preparato e sicuro del suo fatto, una guerra
contro il Perù non lasciava d' impensierire alquanto il
Chifi. Prevedeva facilmente che, anche andandogli tutto
bene, sarebbe stata una guerra lunga, difficile, dispen-
diosa, e le sue finanze non erano tanto prospere a
segno da promettergli facilmente tutti i fondi di cui
avrebbe avuto bisogno: tutto all'inverso, il paese con-
torcevasi penosamente in una crisi finanziaria comin-
ciata ed in continuo incremento da più anni indietro, e
le casse dello Stato si trovavano in vera penuria. Go-
deva, è vero, di un qualche credito all' estero, per la
puntualità colla quale, in vista dei suoi progetti bel-
lici ed a forza di sacrifìzii e strettezze interne, coprì
sempre gl'interessi del suo debito estemo; e forse non
gli sarebbe riuscito difficile il procurarsi con maggiori
0 minori sacrifizi, le somme necessarie fino ad un
certo punto. Ma era sempre una grossa partita che
avrebbe giuocato(i).
Il fatto ha provato che senza le grandi risorse che
il Chili seppe procurarsi dai ricchi depositi di guano
(i) Tnttochè il Perù non abbia opposto che un' assai debole
resistenza, e che il Chili sia stato accompagnato da una for-
tana di cui è rimasto esso stesso sorpreso e spaventato, sono già
decorsi due anni, e la guerra dura ancora.
A proposito della lunga durata della guerra, che nonostante
le tante vittorie, sta convertendosi in una vera cancrena pel
Chili, U giornale La Nacicti di Valparaiso in un notevole arti-
cob del 7 maggio 18S1 diretto a censurare il Governo chileno
per non aver saputo arrivare ad un trattato di pace dopo la resa
di Lima, dice : « I nostri condottieri si erano imbattuti nella
ii8 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
e di salnitro del Perù, di cui s'impossessò a tempo,
difficilmente avrebbe potuto continuare la guerra fino
alle sue ultime fasi, e molto tneno spiegare tutto quel
lusso di eserciti, armamenti, , trasporti e facilitazioni
di ogni genere, cui in gran parte è debitore delle sue
vittorie. Nel discorso letto al Congresso Nazionale dal
Presidente del Chili, il i^ giugno 1881, troviamo:
< Si sono ottenuti valori considerevoli dalla vendita
dei salnitri di Tarapacà (del Perù) che il Governo fece
elaborare per suo conto fino al 2 ottobre 1880, pro-
cedendo prima per vendite in subasta pubblica, ed
affidandoli poi alla consigna:{ione di una casa rispet-
tabile che ha corrisposto alla fiducia che in essa si
pose.... La esportazione del guano solo ha potuto ef-
fettuarsi limitatamente, non avendo ecceduto fino ad
oggi di quarantamila tonnellate. > Con tutto ciò, ob-
bligato fin dal principio della guerra a ricorrere alla
moneta cartacea di corso forzoso - di cui si trovavano
in circolazione il i® giugno 1881, come apprendiamo
dallo stesso discorso presidenziale, ben venticinque mi-
lioni dì pezzi forti; senza contare inoltre altri i5 o 18 mi-
lioni in buoni del tesoro^ e senza contare neanche t
parecchi milioni messi in circolazione, di moneta d^ ar-
gento di scarso valore (i), o alterata, né le grosse
vittoria senza saper come, e con quella facilità che la fortuna
comunica ai suoi favoriti, crederono che dopo la vittoria colla
quale si erano incontrati a caso, doveva anche presentarsi la pace
a riceverli colle braccia aperte. *
(i) « La fabbricazione di moneta di òassa Ugge, non solo ha sod-
disfatte pienamente le urgenti esigenze del mercato, resistendo
DI GUERRA AL PERO 119
somme impegnate nell' acqubto dell' armamento, e che,
grazie al suo credito in Inghilterra, non ha soddisfatte
ancora (i® giugno 1881) eccettuati piccoli acconti - sif-
fatta moneta fiduciaria era talmente caduta di valore fin
dal principio, che in quello stesso i^ giugno 1881 sof-
friva ancora un aggio del 60 per cento : quando cioè
tTzno già quattro mesi e mezzo che le truppe chilene
occupavano la Capitale del Perù, e che la guerra sempre
felice pel Chili poteva dirsi terminata, almeno per le
spese; mantenendosi in gran j)arte l'esercito di opera-
zione colle imposte di guerra e le rendite doganali del
Perù, come è detto nel medesimo discorso presiden-
ziale anzi citato, nel quale si legge: e Coli' avanzarsi
delle nostre armi, si è andato impiantando il regime
doganale nei territorii occupati, afiSnchè la guerra cer-
casse in se stessa il proprio alimento. >
Onde i nostri lettori possano formarsi un giusto cri-
terio dello stato economico del Chili, prima e dopo
della guerra, ossia fino al i^ giugno 1881, nel quale
questa era da più mesi terminata di fatto, ricorreremo
ancora una volta alla voce ufficiale per eccellenza, al
surriferito discorso del Presidente del Chili, che dice :
< Per valutare con alcuna esattezza la situazione finan-
ziaria della Repubblica, giudico opportuno manifestare
che le entrate ordinarie dello Stato hanno raggiunto
alle Yiolente alterazioni che ha sofferto il cambio, ma ha dato
anche al tesoro nazionale una grossa somma di danaro per si-
stemare le considerevoli spese della guerra. »
Mtm9ria presentata dal Ministro delle Finanze al Congresso
del Chili, nel giugno 1880.
g. — Caivano, Guerra eF America.
120 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONK
nel 1880 (ossia nel secondo anno della guerra) la somma
di 27,992,584 pezzi. E vero che figurano in questa
somma circa 2,3oo,ooo pezzi di entrata eventuale pro-
dotta dalla redenzione dei censi. Figura pure il pro-
dotto della vendita del salnitro (del Perù) per una
somma che eccede i 4,ooo,ooo di pezzi; però questo
prodotto cominciò ad essere sostituito, dall'ottobre, dal
diritto di esportazione che, senza essere inferiore in-
dubitatamente, offre il considerevole vantaggio della fa-
cilità della sua percezione, senza gl'inconvenienti ai
quali sono esposte le operazioni mercantili. La sola
rendita doganale superò di circa 4,ooo,ooo di pezzi
quella dell'anno 1879 (dell'anno in cui cominciò la
guerra) e questo progresso non si è arrestato nell'anno
corrente, essendo degno di notarsi che esso è dovuto
alla estensione dei mercati, all'aumento della produ-
zione ed al conseguente sviluppo dei consumi. > (Con-
seguenze tutte del buon esito della guerra fin dal suo
cominciare).
Dedotti da queste cosidette rendite ordinarie del-
l'anno 1880, lo straordinarissimo prodotto mai più ri-
petibile della redenzione dei censi e quello dei quattro
milioni della vendita del salnitro del Perù, nonché gli
altri quattro milioni di aumento sulle rendite doganali
- dovuto esclusivamente alle dogane tolte alla Boli-
via - dette rendite ordinarie del Chili si riducono ap-
pena a 17 milioni in circa di pezzi forti. Per poter
comprendere e vagliare con giustezza la condotta del
Chili negli avvenimenti che descriviamo, è bene non
dimenticare questi dati statistici.
DI GUERRA AL PERÙ 121
Il Chili adunque, fermo sempre nel proposito di porre
a profitto le eccezionali condizioni del Però, che rende-
vanlo momentaneamente inferiore a lui nella lotta, per
assicurarsi la conquista del ricco deserto di Atacama,
il quale non doveva essere se non il primo passo di
una conquista maggiore, come diremo appresso; e de-
sideroso di esporre sé medesimo al minor numero pos-
sibile di rischi, avrebbe risparmiato volentieri la guerra
al Perù, quale alleato della Bolivia : ma a condizione
che esso, venendo meno alla sua alleanza con que-
st'ultima, avessegli lasciata piena libertà di azione contro
di essa, dichiarandosi neutrale nel conflitto chìleno-boli-
viano ; condotta che avrebbe segnata la rovina del Perù,
e che conseguentemente avrebbe assicurato il trionfo
di tutti i progetti chileni di proprio ingrandimento e
pel presente e per l'avvenire, come vedremo più tardi.
Urgeva però al Chili; per la buona riuscita di que-
sti suoi segreti disegni, che la dichiarazione di neutra-
lità del Perù arrivasse pronta, sollecita, immediata,
onde non dargli tempo di armarsi e di uscire dalle
difficili condizioni del momento, che, fino ad un certo
punto, lo ponevano a sua discrezione; nel qual caso
tutto sarebbe andato perduto per lui.
La principale superiorità del Chili sul Perù veniva
dalla inquestionabìle superiorità della sua flotta su
quella dell'altro: e questa sua superiorità, che era di
una importanza quasi decisiva in una guerra, biso-
gnava non perderla ; bisognava sfruttarla prima che il
Perù la facesse sparire con un aumento assai proba-
bile delle sue forze navali.
122 VERE CAUSE DELLA CttCHIARAZIONE
In una guerra fra i due paesi, sopra immensi terri-
torii in massima parte disabitati, e tutta la cui vita*
lità risiede sulla estesissima spiaggia dell' oceano, in
tanti piccoli e grandi centri separati gli uni dagli
altri da grandi estensioni di arenales, di terreni are-
nari di difficilissimo transito, privi di vegetazione e di
acqua — il movimento degli eserciti con tutte le loro
dipendenze è di una difficoltà e lentezza senza pari e
solo può operarsi vantaggiosamente seguendo la via
dell'oceano che bagna siffatte spiaggie; sicché può
dirsi con ogni sicurezza di apporsi, che F esito dì una
guerra dipende dalle flotte per un settanta per cento
almeno.
Oltre la certezza che nasce dalla semplice conoscenza
dei luoghi, ciò fu pienamente provato dalla guerra
della indipendenza americana contro la Spagna; la
quale, tuttoché avesse più numeroso e migliore eser-
cito delle sue Colonie, si per istruzione, come per di-
sciplina e armamento, non potè più sostenersi, e cam-
minò sempre di disfatta in dis&tta, dal momento che
divenne inferiore a quelle nelle fòrze marittime. Men-
tre la Spagna era obbligata a muovere difficilmente ì
suoi eserciti, con lunghe e faticose marcie, ed a fra*
zionarli assai spesso onde poterli con meno difficoltà
vettovagliare, l' esercitò sempre compatto delle Colonie,
o della indipendenza, approfittava della comodità e ra-
pidità di movimenti che gli offriva la via marittima, per
separarli, coglierli alla spicciolata e tagliarli a pezzi.
La preponderanza militare fra le Repubbliche del
Pacifico risiede nelle forze marittime, e non negli eser-
DI GUERRA AL PERO 123
—■■Il I \ u - - - m—
citL Questo non fu mai un segreto pel Chili, fin dal
suo primo esordire alla vita autonomica ; e poiché il
possesso di questa preponderanza fu sempre una delle
priacipali sue aspirazioni, s'affaticò sempre in tutti i
modi possibili di toglierla al Perù, cui toccava di di-
ritto per la sua maggiore importanza territoriale ed
economica, prima col privarlo di flotta, e poi col crearsi
esso stesso una flotta d' assai superiore. Lo privava una
prima volta di flotta, con un atto di prepotenza (i), in
queir epoca medesima di maggiore fratellanza, in cui
combattevano insieme contro la Spagna le guerre della
comune indipendenza. E posteriormente nel i836, men-
tre il Chili disponevasi segretamente a portar la face
della guerra nel Perù, si prevalse anzi tutto, come atto
preparatorio, della piena pace esistente fra i due paesi,
per sorprendere la flotta del futuro nemico ed impa-
dronirsene (2). Più tardi il ChiFi trovò una via migliore
(1) « Lord Cochrane (ammiraglio della squadra chilena) che
aveva percoiso i porti di Colombia e del Messico per dar la cac-
cia alle naW spagnaole* seppe al ritomo da una spedjsione tanto
penosa quanto sterile, che le dette navi si erano arrese al Perù
Reclamandole come sue, sol perchè le aveva perseguitate inde-
fessamente, s' impossessò a viva forza della nave Venganza, che
si trovava nelle acque di Guayaquil.... ed arrivato al Callao si
impossessò dell'altra nave MonUzuma^ e sostituì alla bandiera
del Pern quella del Chili. >
S. LoKENTE, Historia del Perù, T. i, p. 66.
(2) * La circolare diplomatica nella quale Santa-Cruz (Capo
della Confederazione Perù-boliviana) manifesta i suoi sentimenti
pacifici, è del ao agosto 1836. Immaginisi qual fìx la sua sor-
presa al sapere che nella notte del giorno seguente 11 brigan-
124 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
per preponderare sul Perù nel mare; e costruì con
sacrifizii forse di molto superiori ai proprii mezzi, le
due forti corazzate la Cochrane e la Blanco-Encaladay
che possiede attualmente. Ciò nondimeno non dimen-
ticò del tutto le gesta del 1822 e del i836, come ve-
dremo in appresso.
La flotta del Perù nel marzo 1879, come più volte
s'è detto, era per se stessa dì gran lunga inferiore a
tino Aquiles (legno da guerra chileno) si era impossessato di
tutti i legni da guerra del Perù esistenti nella baia del Callao.
Victorino Garrido era arrivato a quel porto (a bordo àxXVAquiUs)
la mattina del 21 agosto.... ed era passato a visitare il Coman-
dante di marina, per accertarsi dello stato indifeso dei legni pe-
ruviani, e dare con sicurezza 1' assalto notturno che meditava.. .
Alle 12 della notte del 2t agosto 1836, ottanta marinai diretti
dal comandante Angulo (dell'Aquiles) si lanciavano sulla coperta
dei solitarii legni peruviani, e senza nessuna resistenza li condu-
cevano fuori della portata dei cannoni dei castelli. Alle due del
mattino, quel disonorevole attentato, che allora si vantò come
una prodezza eroica, era consumato ; e l' emissario del Chili si
trovava nel caso di ritornare orgoglioso colla sua preda.... «
Bbntamin Vicuna Mackenna (Storico chileno). Don Vùgo
PortaUs. Seconda parte, p. 77 a 79.
« U Aquiles ed il Colocolo, sole navi da guerra che aveva il
Chili, presentaronsi amichevolmente nei porti del Callao e di
Arica, poiché il Perù ed il Chili stavano in pace ; ed i loro Ca-
pitani ed Ufficiali furono ben ricevuti e festeggiati : ma neU'alta
notte, simultaneamente sorprendono nelle loro barche i pochi
uomini che si trovavano a bordo delle navi peruviane disarmate,
e se le portano via. S' impossessarono cosi di tutta la flotta
del Perù. »
PRUVONENA, Memorie e Documenti per la Storia del Perù,
T. I, p. 410.
t)I GUERRA AL PERÙ 12^
quella del Chili, anche indipendentemente dal cattivo
stato nel quale accidentalmente si trovava. Ma il Go-
verno di Lima aveva già dato incarico per acquistare
in Europa una o due corazzate, che potessero tener
fronte a quelle del Chili ; cosa che il Plenipotenziario
cbileno in Lima conosceva pienamente — grazie alla
poca abitudine che si ha in quel paese di saper con-
servare un segreto — e di cui aveva sollecitamente
informato il proprio Governo. Il Perù, è vero, non
aveva né mezzi sp>editi né sufRciente credito, per fere
tale acquisto colla stessa facilità colla quale ne aveva
dato la commissione : ma oltreché non sarebbe stato
punto difficile ottenerli dai fortunati possessori del suo
guano — cui premeva più che ad ogni altro che esso
non soffrisse alcun rovescio, onde potesse conserv^irli
nel possesso del loro grosso tesoro — é pur troppo ri-
saputo che soltanto nella spazzatura delle grandi case
si trova assai spesso più che nello scrigno del povero:
inoltre sarebbe bastato al Perù, come in altre oc-
casioni, feire un appello alle nobili e generose sue
donne, domandando ad ognuna, come soccorso alla pa-
tria in pericolo, il più meschino dei suoi gioielli, per
trovare ad esuberanza i fondi di cui aveva bisogno (i).
A tutto ciò é mestieri aggiungere infine che, uscendo
(i) Quando più tardi, nell' ottobre 1879, il Governo del Perù
e la stampa si rivolsero alle signore peruviane per avere i fondi
necessari! all'acquisto di una corazzata, che grazie alla inettezza
degli uomini di Governo non fu mai comperata, le loro elargi-
xioDÌ ammontarono in meno di 15 giorni alla somma di circa
ni miiwni di lire italiane.
126 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dal campo delle ipotesi, il Rappresentante del ChiTi in
Lima partecipava al proprio Governo con Nota del
i5 marzo, che aveva delle buone ragioni per credere
che un signor Canevaro^ incaricato dal Governo del
Perù di acquistare le corazzate, aveva già trovato in
Parigi, probabilmente dai detentori del guano, i fondi
a tale scopo necessarii.
Premeva quindi al Chili, per non perdere P occa-
sione lungamente attesa e preparata, di non lasciare
al Perù il tempo necessario di migliorare le sue forze
marittime; e quindi di chiamarlo sollecitamente sui
campi di battaglia, se non si decideva immediatamente
a segnare la propria rovina colla dichiarazione della
sua neutralità. Bisognava far presto, onde ottenere so-
prattutto che i Governi neutrali d'Europa, supposto che
il Perù avesse già acquistato le sognate corazzate, non
le lasciassero uscire dai loro porti. L'ora della grande
impresa era suonata; ed il dilemma propostosi dal
Chili non ammetteva mezzi termini: o doveva bat-
tere l' alleanza Perù-boliviana alla spicciolata e per
mezzo de}l' alleanza stessa, dichiarandosi il Perù neu-
trale; o doveva batterla tutta d'un fascio allor allora,
nel solo momento proprio nel quale essa era inferiore
a lui.
Contro questo segreto disegno del Chili da gran
tempo maturato, prima che il Perù assumesse il ca-
rattere di mediatore e prima che quello invadesse il
territorio boliviano, il che fu conseguenza e non causa,
non si elevava che un solo ostacolo : la lentezza delle
forme ammesse dagli usi diplomatici. Ma queste,
DI GUERRA AL PERÙ 127
come s^ è visto, non potevano essere un serio ostacolo
per un paese che non si era fatto scrupolo alcuno di
entrare audacemente in una guerra di conquista, sotto
il più futile dei pretesti, colla invasione del deserto di
Atacama: deserto da cui non volle uscire a nessun
costo, neppur quando la mediazione peruviana gli
offriva di fargli dar causa vinta dalla Bolivia su tutti
i pretesti che mise innanzi per impossessarsene. Per
chi si accontenta di pretesti, questi non fanno mai
difetto.
Il Governo del Chili comprendeva perfettamente il
grande e positivo interesse che aveva il Perù dMmpe-
dire la sua conquista dell' Atacama; e conscio della
▼era condizione del Perù e di tutto quanto si passava
in Lima, sapeva fin dal febbraio, per mezzo del suo
Rappresentante ivi accreditato, che (come questi gli
telegrafava ancora in quel medesimo 4 marzo, in cui il
Plenipotenziario peruviano arrivava a Valparaiso per
offrire la mediazione del suo Governo) « il Governo pe-
raviano aveva timore della guerra; ma che eccitato
dalla opinione pubblica, iaceva apparecchi senza deci*
dersi. » Ed affinchè questo timore della guerra, aumen-
tato dalla quasi certezza ed imminenza del pericolo, si
sovrapponesse ad ogni altra considerazione nell'animo
dei governanti del Perù, preparò sotto mano, o lasciò
preparare, il minaccioso ricevimento che il Plenipoten-
ziario peruviano si ebbe al suo arrivo a Valparaiso,
seguito dal grave attentato contro il Consolato del
Perù; fotti, che da per sé soli ayrebbero forse ba*
stato io altre circostanze a spingere il Perù alla guerra.
128 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Non contento di ciò, sappiamo pure che lo stesso Pre-
sidente del Ghiri ebbe a dire al surriferito Plenipoten-
ziario in due occasioni, e quando appunto più viva-
mente lo sollecitava perchè il Perù dichiarasse la propria
neutralità, che i suoi uomini di guerra lo sollecitavano
ad un rompimento col Perii che consideravano in quei
momenti meno forte del Chili; e poscia : che terminava
di prendere alcune determinas^ioni intomo alla guerra
col Perii, guerra dì cui non era parola ancora, e di cui,
nello stato delle cose e pel carattere di amichevole me-
diatore che aveva assunto ed esercitava con piena buona
fede il Perù, non avrebbe dovuto esser neanche il so-
spetto.
Come abbiamo detto, tutto ciò non aveva che un solo
scopo : quello di esercitare una pressione col timore di
una prossima e certa guerra, nella quale il Perù avrebbe
avuto a soccombere, neir animo del Plenipotenziario pe-
ruviano, e per esso dei governanti del Perù, onde deci-
derli a dare prontamente la chiesta dichiarazione di
neutralità. E per rendere loro ancora più facile il cam-
mino su questa via della neutralità, al timore del pe-
ricolo aggiungeva anche il Governo chileno la lusinga
di mostrarsi animato dalle migliori intenzioni verso la
Bolivia, e principalmente poi verso il Perù, una volta
che questo si fosse dichiarato neutrale. A tale scopo
tendevano: primo, i progetti di amichevole concilia-
zione con la Bolivia, colla mediazione del Perù, messi
innanzi dal Santa-Maria e poi dal Presidente e dal Mi-
nistro degli Affari Esteri, e quindi ritirati bruscamente,
per poi ritornare a parlar di essi come cosa più che
D£ GUERRA AL PERÙ 129
fattibile anzi certa quasi, dopo che il Perù si fosse
dichiarato neutrale, nella calma e tranquillità degli
animi: secondo, le esplicite offerte che spontaneamente
faceva il Presidente del Chili al Plenipotenziario pe-
raviano, di soccorrere il Perù cogli eserciti chileni, nel
caso in cui per la sua dichiarazione di neutralità o per
altro motivo qualunque, dovesse un giorno trovarsi in
guerra con la Bolivia.
In ultimo, a compimento di tutto ciò e della doppia
pressione, del timore e della lusinga, ricorderanno an-
che i nostri lettori la prospettiva di un tradimento da
parte della Bolivia, che il Presidente chileno fece ba-
lenare agli occhi del Plenipotenziario peruviano; ossia
la possibilità che la Bolivia si ponesse d'accordo col
Chili, per procedere insieme contro il Perù.
Tutto ciò, ripetiamo, mirava a stringere il Perù da
tutti i lati, per strappargli una dichiarazione di neu-
tralità nel conflitto chileno-boliviano; dichiarazione
che, come s*è detto innanzi, sarebbe stata la rovina
del Perù.
Per poter comprendere tutta la gravità che avrebbe
avuta pel Perù la dichiarazione di neutralità incondi-
zionata che sollecitava da lui il Chili, bisogna cono-
scere anzitutto certi precedenti indispensabili, che cer-
cheremo di esporre colla maggior brevità possibile.
Come nell'epoca coloniale, la Capitania Generale del
Chili era la più povera Colonia che la Spagna avesse
nelle Americhe — la sola dalla quale non ritraesse al-
cun profìtto e che, non bastando neppure a se stessa,
era invece obbligata a soccorrere ; al quale scopo cu-
I30 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
rava che tutti gli anni le fossero inviati dal Viceré del
Perù trecentomila pezzi forti, che ordinariamente si tra-
smettevano in tanto tabacco — così la Repubblica del
Chili, dopo la indipendenza, fu del pari la più povera
fra le sue consorelle del Pacifico (i).
La povenà che, in un certo stadio della vita del-
l' uomo come dei popoli, è un beneficio — quando cioè
non arrivati ancora a quel grado di civiltà in cui le
ricchezze tendono principalmente a nobilitare le forze
delP anima, aprendo nuovi e più vasti campi alla loro
attività, servirebbero invece ad infiacchirle ed invilirle
sempre più nel lurido pantano di un ozio seminato di
vizii — obbligò i chileni a cercare, in un lavoro assi-
duo e pesante per la poca fertilità del suolo, i mezzi
della giornaliera sussistenza.
E, poiché quando si è obbligati a lavorar bene e
meglio per vivere, non si ha il tempo né i mezzi di
addarsi al triste giuoco delle rivoluzioni ed altri intemi
pettegolezzi, massime se i soli che possono fornire gli
elementi del lavoro, e quindi della vita, sono quei po-
chi appunto nelle cui mani é concentrata tutta la somma
del potere pubblico, come avvenne da principio nel
Chili -la sua popolazione si accostumò di buon'ora ad
una vita ordinata e laboriosa.
Come s' e accennato, la somma del potere pubblico
nel Chili è concentrata in poche mani. Questo è un fatto
(i) Nei primi anni della vita politica del Chili, il bilancio
dello Stato non oltrepassava i 600,000 pezzi, ossia tre milioni
di lire italiane.
DI GUERRA AL PERÙ 131
che nessuno saprebbe negare. Le poche famiglie di
origine spagnuola, che nei tempi coloniali si stabilirono
definitivamente nel Chili, s'impadronirono a tempo
della sola ricchezza che allora offriva il paese : le
terre. Trovatesi perciò, quando fu proclamata la Re-
pubblica, le sole proprietarie del suolo, da cui biso-
gnava procacciarsi col lavoro il pane quotidiano ; ed
oltre a ciò le sole che godessero di una certa civiltà,
il resto della popolazione trovandosi involta in una
quasi barbarie che in gran parte dura tuttavia — non
fìi loro difficile di organizzare ira di esse, sotto il nome
di repubblica, una specie di oligarchia mascherata, che
le stesse cagioni, potentemente coadiuvate da un si-
stema di governo forte ed estremamente rigido, hanno
prolungato fino ad oggi (i).
Liberi dall' incubo dissolvente delle rivoluzioni ende-
miche, i governanti del Chili attesero assiduamente a
migliorare con qualunque mezzo le condizioni del paese.
E scorgendo i vicini Stati continuamente involti in
disordini intemi, su di essi principalmente rivolsero
le loro mire; sapendo bene che, come in generale
(i) Fino air epoca della sua indipendenza, il Chili non ebbe
che un ristrettissimo numero di Scuole elementari, un meschino
Seminario, un ancor più meschino Collegio nei chiostri di un mo-
nastero, ed una piccola Università molto povera di professori,
ad uso esclusivo dei 6gli e discendenti dei coloni spagnuoli ; e
ciò dalla metà appena del secolo XVIII. La prima tipografìa
che salutò il Chili, fu sbarcata nel porto dì Valparaiso Y anno
1812. n Perù ed il Messico invece ebbero tipografie fin dal
secolo XVI.
132 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
avviene di tutti quelli che sono lacerati da fazioni po-
litiche, 1 loro Governi dovevano necessariamente essere
poco curanti dei veri interessi nazionali e sommamente
deboli all'estero.
Prima loro aspirazione fu la preponderanza nel Pa-
cifico, onde assicurare al commercio nazionale, con più
o meno discapito dei vicini, i maggiori vantaggi pos-
sibili; e la prima manifestazione positiva di questa loro
aspirazione successe l'anno iSBy, a motivo della G)n-
federazione Perù-boliviana, creata dal generale Santa-
Cruz. Colto il pretesto che alcuni profughi peruviani
invocavano in Santiago il soccorso del Chili per rì-
staurare la forma del governo patrio, che si diceva com-
promesso dal dispotismo di Santa-Cruz, il Governo
chileno invase due volte il territorio del Perù : prima
con un piccolo esercito che ritornò indietro quasi im-
mediatamente, dopo aver conchiuso col Governo fede-
rale un Trattato di pace che esso disapprovò; e poi con
un esercito più numeroso, composto in parte di pro-
fughi e malcontenti peruviani. Quando questo secondo
esercito sbarcava in prossimità di Lima, trovò che la
Confederazione era stata già disciolta dal Presidente
del Perù, il quale lo invitava perciò a ritirarsi, per
esser cessato il suo scopo, quello almeno sotto il cui
pretesto erasi mosso dal Chili. Nonpertanto, anziché
ritirarsi, esso si battè col piccolo esercito di quest'ul-
timo cui vinse, e che poi incorporò nelle sue file per
battere insieme l' antico esercito della Confederazione,
tuttavia esistente, ossia di Santa-Cruz, e collocare alla
presidenza del Perù il generale Gamarra, capo dei prò-
DI GUERRA AL PERÙ 133
fughi e malcontenti peruviani che avevano invocato
r aiuto chileno.
I veri scopi del Chili in questa guerra erano due : di-
struggere nel suo nascere la Confederazione Perù-boli-
viana, contro la quale non avrebbe potuto mai più lot-
tare una volta che si fosse consolidata, ed esìgere dal
Perù l'abolizione di due leggi che danneggiavano gran-
demente il commercio chileno ; l' una cioè che dichiarava
Anca porto franco, e T altra che imponeva ai bastimenti
commerciali di provenienza europea una doppia tariffa,
che per quanto fosse modica per quelli che arrivavano
ai poni peruviani senza aver fatto scalo in quelli del
Chili, altrenanto era gravosa nel caso contrario : ed al-
lora solamente l'esercito chileno ritornò in patria, quando
ebbe raggiunto entrambi questi due scopi.
D'allora in poi il Chili non lasciò mai più di prendere
una parte molto attiva, sebbene indiretta, negli affari in-
temi del Perù e della Bolivia, fomentando sempre con
tutte le sue fòrze, e quella rivalità fra i due paesi che fu
runico retaggio della estinta Confederazione, e le in-
teme discordie dei partiti con le conseguenti guerre inte-
stine di entrambi.
Dopo il Gamarra, iu sempre nel Chili, dove erano
amorevolmente accolti e secondati nelle loro mire, che
rifugiaronsi costantemente tutti i malcontenti e rivoltosi
così del Perù come della Bolivia. Per non parlare che
dei casi più notevoli, appunto nel Chili, dove poi ricevè
il grado di generale chileno, si rifugiò Panno 1868
fallora colonnello pemviano M. I. Prado, che una ri-
voluzione sbalzava dalla presidenza del Perù, alla quale
134 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
era arrivato per mezzo di una dittatura da lui stesso
due anni innanzi guadagnata sui campi rivoluzionarìL
Fu nel Chili dove si organizzò, colla connivenza e prote-
zione del Governo chileno, e da dove partì Panno 1872
la spedizione del generale boliviano Quevedo, che do-
veva portare e portò per la centesima volta la trista
&ce della rivoluzione nella Repubblica di Bolivia. Fu
nel Chili dove si ricovrò dal 1872 al 1879 l'instanca-
bile rivoluzionario peruviano Nicolas de Pierola; in
quel Chili, dove, sotto gli occhi e col beneplacito delle
autorità locali, organizzò le tante rivoluzioni colle quali
afflisse e sconquassò il Perù, durante quei setti anni,
e che furono una delle principali cause per cui il Perù
si trovasse così disorganizzato e impotente al sorgere
del conflitto chileno-boliviano, nel quale fu per la sola
accidentale impotenza travolto.
Mentre fomentava le discordie interne che dovevano
debilitare sempre più di giorno in giorno il Perù e la
Bolivia, il ChiFi dava pure continuo alimento alla ri-
valità fra i due paesi, che ambi ereditarono dalla effi-
mera loro Confederazione; e ciò per poterli poi battere
a suo bell'agio, sia separatamente, sia colf alleanza ogni
volta di uno dei due, per indi fare lo stesso coll'altro^
onde arrivare al sodisfacimento di tutte le sue aspira-
zioni di molto cresciute per via, e che non furono mai
un mistero per chiunque volle saperle.
Ingigantito dal primo successo della campagna ini-
ziata l'anno 1837, ^^ ^^'^^ °^^ ^^ accontentava più dei
semplici vantaggi commerciali allora ottenuti. Cominciò
la febbre della conquista, per dare uno sfogo ed un la*
DI GUERRA AL PERÙ 135
voro più proficuo alla sua popolazione che intisichiva
sulle proprie terre, ed aumentare insieme le scarse ren-
dite dello Stato; e fu a quella che dedicò tutte le sue
cure. Dopo i fatti già narrati del i842, venne la voglia
d' impadronirsi del ricco deserto boliviano di Atacama.
Più tardi, dopo la scoperta del carbon fossile sotto le nevi
della costa patagonica, sullo stretto di Magellano, fu
assalito da una seconda voglia, non meno tenace ed
ardente, di strappare alla Repubblica Argentina T im-
menso territorio della Patagonia fin allora tenuto da
quella dimenticato. E finalmente, più tardi ancora, messi
gli occhi sui ricchissimi depositi di salnitro del deserto
peruviano di Tarapacà, confinante con quello di Ata-
cama, non potè resistere ad una terza voglia di porlo
all'ombra della bandiera chilena, se non altro, per li-
berarlo dal perpetuo sgoverno del Perù, sì come inten-
deva appropriarsi l'Atacama j?er sottrarlo^ in beneficio
del commercio chileno e straniero, dalla perpetua anar-
chia della Bolivia (i).
La Repubblica della Bolivia, s'è detto più volte, è uno
stragrande territorio posto dietro V immensa catena delle
Ande, nella parte centrale del continente, senz^ altra
uscita al mare che quella pur troppo meschina e in-
felice del deserto di Atacama; sicché pei bisogni di
due terzi almeno del suo commercio è obbligata a va-
lersi del porto peruviano di Arica ; ciò che, fino ad un
(i) Pensiero espresso dal Presidente del Chili il 19 marzo 1879,
al Plenipotenziario del Perù, come si legge nella corrispondenza
officiale di quest'ultimo del 20 marzo 1S79.
', — e AI VANO, Guerra d'America,
136 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
certo punto, la colloca in uno stato di perpetua ser-
vitù verso il Perù; il quale non avrebbe che a negare
il transito sul proprio territorio alla merce boliviana,
perchè quella rimanesse quasi sequestrata in casa sua.
Ed ecco appunto l'arma di cui si servì il Chili dal i842
in poi, per cercar di convertire la Bolivia in acerrima
nemica del Perù.
La Bolivia, dicevano gli uomini politici del ChiFi a
quei di quel paese, ed in ispecie ai rivoluzionarii che
accoglievano e favorivano in casa propria, non già
dello sterile ed inservibile deserto di Atacama ha bi-
sogno, ma della provincia peruviana di Tacna col suo
magnifico porto di Arica; questo è innegabile: chela
Bolivia adunque ceda l'inutile deserto di Atacama al
Chili, e cerchi di acquistare colP appoggio e P alleanza
di quesf ultimo, la provincia peruviana di Tacna col
suo porto di Arica ; ecco la sola, la vera rettificazione
di confini che la giustizia e gì' interessi di Bolivia re-
clamano.
Sarebbe forse difficile rinvenire un solo uomo poli-
tico di Bolivia, che una volta almeno non si sia in-
teso susurrare negli orecchi siffatto progetto da quelli
del Chili; progetto appunto al quale riferivasi il Pre-
sidente del Chili, con una semplice trasposizione dei
verbi potere e volere, quando diceva al Plenipoten-
ziario peruviano, come già sappiamo, che poteva ii
Chili far la pace con la Bolivia a danno del Perù, se
così avesse voluto.
Nondimeno in quel progetto non si manifestava che
una parte solamente delle vere intenzioni del Chili;
DI GUERRA AL PERÙ 137
l'altra, forse la più importante, rimaneva nascosta fra
le pieghe, per mostrarsi quando il Chili e la Bolivia
si sarebbero trovati colle armi alla mano contro il Perù.
Fra il deserto di Atacama, che il Chili diceva apertamente
di voler far suo, e la provincia peruviana di Tacna, che
intendeva dare alla Bolivia, trovasi l'appetitoso deserto
peruviano di Tarapacà, che tanti milioni ha dato, dà e
darà col suo salnitro. Poiché si trattava di rettificare
i confini, non era del caso di lasciare al Perù un pezzo
di territorio che sarebbe rimasto al di là della sua nuova
linea di confine con la Bolivia; e poiché questa, d'altro
non avea bisogno per porsi in comunicazione coU'oceano,
che della sola provincia di Tacna col suo porto di Arica,
veniva in conseguenza che il deserto peruviano di Tara-
pacà, come quello di Atacama popolato di chileni, toc-
cava di diritto al Chili, se non per ragione, per for^a
almeno, come é detto nel motto della divisa della Re-
pubblica, scritto sulla propria moneta: « por la razon
O LA FUERZA. >
Il giornale più autorevole del Chili, El Ferrocarril,
che si stampa in Santiago, scriveva nelle sue colonne
editoriali nel settembre del 1872: a Fra il Chili e la
Bolivia non vi é antagonismo d'interessi, né vi sono
questioni utili di frontiera. Queste questioni esistono
solamente fra la Bolivia ed il Perù. E la Bolivia quella
che può guadagnare, acquistando una parte del litto-
rale peruviano. Al Chili non fa bisogno il littorale di
nessuno (!). Ecco la verità. Perciò, se la Bolivia desidera
rettificare le sue frontierey deve essere nostra alleata e
non nostra nemica^ invece di farsi l'alleata del Perù e
138 VERK CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
la nemica del Chili, che nulla guadagna e nulla perde
se la Bolivia ha dei buoni o cattivi porti, e se sta vicina
o lontana dal mare per fare le sue esportazioni. «
Ecco lo schizzo della politica chilena. Qui appresso
ne vedremo la fotografia.
Nello stesso anno 1872 e nello stesso mese di set-
tembre, un insigne pubblicista boliviano, Julio Mende^y
scriveva nel giornale La Patria di Lima una serie di
dotti articoli sugi* interessi generali dell' America me-
ridionale, e sulle tendenze dei suoi diversi Stati. Da
uno di essi togliamo le parole seguenti : or 11 Chili ha
compreso che passando il fiume PaposOy opera contro
la stabilità della Bolivia e del Perù. La Legazione che
negoziò il Trattato di limiti del 1866 con Melgarejo.
lasciò nell' animo del Dittatore boliviano T incessante
conato di romperla col Perù. Melgarejo terminava gli
accessi delP ubbriachezza (assai frequenti) lanciando la
sua vacillante persona in campagna contro il Perù, in
cerca di quella rettifica\ione di frontiere che il Chili
consiglia alla Bolivia, da che col famoso Trattato di li-
miti del 1866 le tolse il suo territorio ed i suoi tesori.
La erezione delle dittature di Bolivia e del Perù, alla
cui ombra intrigò nel 1866, hanno insegnato al Chili
di omologare la guerra civile in ambo i paesi. Le cro-
ciate partiranno nell'avvenire dal Chili sopra ambo i
centri; ed il motore che deve mutar la scena in Bo-
livia non entrerà in azione, se non dopo aver cambiata
quella che gli sia avversa nel Perù.... La scuola inter-
nazionale che è sorta nel Chili vuole che la Bolivia,
dopo di aver ceduto al Chili il suo deseno di Atacama.
DI GUERRA AL PERÙ 139
si faccia sua alleata per smembrare il Però, onde venga
ad essere il Chili T unico gigante del Pacifico. >
Come si vede, le antiche aspirazioni del Chili, più
0 meno realizzate colla vittoria delle sue armi conqui-
statrici, non erano un segreto per nessuno fin dal 1872;
poiché si discutevano pubblicamente nei giornali da
chileni e boliviani, nel Chili e nel Perù, come la più
semplice cosa del mondo.
In quell'anno 1872, che a quanto sembra fu l'epoca
nella quale le antiche aspirazioni del Chili, vestendo
la loro forma più semplice e determinata, divennero
anche più ardenti e più attive, gli uomini di Governo
del Chili s'affaticarono più che mai in tutti i sensi e
modi, per fare accettare i loro progetti dagli uomini
politici della Bolivia di tutti i partiti : ossia tanto dalla
fazione dominante che aveva nelle mani le redini dello
Stato, quanto dalla fazione avversa, i cui capi, come
al solito, stavano organizzando nel Chili una delle tante
rivoluzioni che insanguinarono la Bolivia - quella stessa
appunto che capitanava il generale Quevedo di cui par-
lammo già.
Non potendo sapersi anticipatamente da parte di chi
rimarrebbe la vittoria nella lotta che era per impegnare
nella Bolivia la rivoluzione, che col favore del Chili
stava preparando in Valparaiso il general Quevedo, i
politicanti chileni crederono prudente trarre separata-
mente neUe loro idee e il Rappresentante ufficiale del
Governo boliviano e il capo della rivoluzione; e ciò
facevano essi tanto per vincere sempre, se era possi-
bile, sia col Governo sia colla rivoluzione, quanto per
I40 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
poter determinare la misura delle simpatie che biso-
gnava accordare a ciascheduno dei due. È questo ud
fatto tanto grave come criterio di moralità politica, che
noi, punto partigiani del sistema delle doppiezze, non
ci saremmo creduti affatto autorizzati a dargli posto
in queste nostre pagine, se oltre le assicurazioni rac-
colte sopra luogo da stimabilissime individualità molto
bene informate, non ne avessimo fra le mani la prova
scritta in documenti di carattere ufficiale, che i no-
stri lettori troveranno in appendice in fondo al pa-
ragrafo. (*)
Gli uomini politici della Bolivia di tutti i partiti,
quei medesimi che invocavano l'aiuto del Chili, per
organizzare le loro guerre intestine, non si prestarono
mai a dividere e secondare i segreti maneggi chileni.
Fedeli ai patti intemazionali, in mezzo a tutti i loro
dissidii interni, essi si studiavano di conservare il pro-
prio, senza mai desiderare V altrui. Ciò però non servì
punto d' esempio ai politicanti chileni, ne valse mai a
farli desistere dalla tanto insidiosa propaganda contro
il Perù: essi che, per collocare il proprio paese al di-
sopra dei vicini nella stima del mondo, menano con-
tinuamente strepitoso vanto dell'assenza in casa loro
di quelle guerre civili che sono la rovina degli altri
- il che per altro non è punto un merito, come si sa,
ma il necessario risultato di un poco invidiabile stato
di cose - non lasciarono mai di tendere agguati alla
moralità internazionale della tanto vilipesa Bolivia; e
le antiche suggestioni dirette ad armare la Bolivia con-
tro il Perù, trovarono ancora la via di far sentire la
DI GUERRA AL PERO 141
loro insidiosa voce, quando già tuonava superbo il can-
none della conquista.
Il progetto di un' alleanza chileno-boliviana, che do-
veva fruttare alla Bolivia non solamente la provincia
di Tacna, ma tutto il dipartimento peruviano di Mo-
quegua, con ì porti di Arica e Islay, era quasi uffi-
cialmente proposto al Presidente della Bolivia, generale
Hilarion Daza, dall' ex-Console del Chili in Bolivia, con
lettere amichevoli dei giorni 8 e 11 aprile 1879. Dette
lettere che i nostri lettori troveranno in appendice (**)
in fine del paragrafo, divennero presto di pubblica ra-
gione, ed il Presidente della Bolivia, onde allontanare
ogni sospetto contro di sé, ne Eaceva trasmettere copia
al Governo del Perù per mezzo della Legazione boli-
viana. E qui è da avvertire: primo, che T ex-Console
chileno Justiniano Sotomayor, autore di dette lettere,
era stretto congiunto di due altri Sotomayor che figu-
ravano, uno massimamente, tra i principali direttori
della politica chilena; secondo, che in queste lettere,
come notava il Plenipotenziario boliviano al rimetterle
al Gabinetto di Lima, all' offrirsi alla Bolivia una parte
del territorio peruviano, si lasciava fuori, e quindi im-
plicitamentCf pel Chili, come dicemmo innanzi, il ricco
deserto peruviano di Tarapacà posto fra l'offerto di-
partimento di Moquegua ed il deserto boliviano di Ata-
cama che il Chili faceva suo; terzo, che detta proposta,
riprodotta nell'aprile 1879, quando già il Perù era stato
trascinato nella guerra a solo titolo di alleato della Bo-
livia, importava per quest' ultima, laddove, affascinata
dal forte guadagno che le si prometteva, P avesse accet-
142 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
tata, non più una combinazione politica più o meno di
mala fede, ma il più iniquo forse di tutti i tradimenti che
giammai insozzarono il mondo.
Ne ciò spaventi i nostri lettori ; perchè di questi tristi
maneggi ne sentiremo ancora a parlare più tardi sui
campi di battaglia, quando una colpevole ritirata del Pre-
sidente della Bolivia, general Daza, colPesercito che aveva
ai suoi ordini, lasciava facilmente vincere al Chili quella
prima battaglia campale di Dolores^ o San Francisco, che
decise dell'esito della guerra.
Le parole più volte ricordate, che il Presidente del
Chili lanciava a brucia pelo sul viso del Plenipotenzia-
rio peruviano, che cioè avrebbe potuto far la pace con
la Bolivia a danno del Perù, se avesse voluto, non erano
adunque che la fedele espressione del principale obbiet-
tivo della politica chilena; solo dovendosi toglier fuori
quel se avesse voluto, poiché non fu la volontà che
mancò mai, ma il potere, per la mancata acquiescenza
da parte della Bolivia.
Ritornando ora alla dichiarazione di neutralità del
Perù, che si instantemente sollecitava il Gabinetto di
Santiago, non è difficile comprendere tutto ciò che sif-
fatta domanda avea di subdolo, per le gravissime con-
seguenze che avrebbe tratte seco a danno del Perù.
Non avendo a lottare che con la sola Bolivia, ripe-
tiamo, la vittoria del Chili sarebbe stata non solo sì-
cura, quanto a buon mercato, con poco o nessun sa-
crifizio cosi di persone come di danaro. Ma non era
questo il solo vantaggio che il Chili pensava trarre
dalla neutralità del Perù, né il più importante. Il vero
DI GUERRA AL PERÙ 143
e principale vantaggio consisteva nell' odio e nel de-
siderio di vendetta, che avrebbe necessariamente inge-
nerato in ogni animo boliviano contro il Perù la neu-
tralità di quest'ultimo, già legato alla Bolivia da un
trattato di alleanza difensiva.
Abbandonata dal Perù, a dispetto dell' antico patto
d^ alleanza, nella lotta disuguale provocata dal Chili,
la Bolivia avrebbe alfine indubitatamente accettato gli
insktenti progetti del Chili - che offerti sulla punta della
spada del vincitore si sarebbero presentati come una ne-
cessità ed una salvazione - di far causa comune con lui
contro il Perù: e certo ne avrebbe avute tutte le ragioni
possibili, tanto per vendicarsi dell' offesa, o meglio del
tradimento di cui sarebbe stata vittima, quanto per ri-
parare con usura, a spese del traditore, il danno per sua
colpa riportato dalla guerra contro il Chili, nella quale
sarebbe stata tanto slealmente lasciata sola.
Relativamente inetta in una guerra contro il Chili,
alleata con quest'ultimo, la Bolivia sarebbe stata di un
gran peso in una guerra contro il Perù, potendo colla
massima facilità invadere le provincie limitrofe di Tacna
diTarapacà,diMoquegua, mentre il Chili oprerebbe per
mare e su questi stessi e sugli altri punti della Repub-
blica; la quale, obbligata a dividere le sue forze ed a
lottare contro nemici di molto superiori in numero,
avrebbe dovuto necessariamente soccombere.
Ecco adunque pienamente spiegata la condotta del
Chifì; e le grandi premure per strappare al Perù una
dichiarazione di neutralità nel suo conflitto con la Bo-
livia; e la precipitazione colla quale lo involse in tale
144 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
conflitto, quando s'accorse che non gli era possibile
avere siffatta dichiarazione colla sollecitudine che de-
siderava, e che forse non T avrebbe avuta mai, senza
prima abbandonare le sue idee di conquista sul de-
serto di Atacama.
La guerra intrapresa dal Chili il i4 febbraio 1879
invadendo il territorio boliviano, era contro il Perù e non
contro la Bolivia. Questo è ed era fin d' allora un fette
pienamente noto nel Chili e fuori. Non avendo potuto
durante lunghi anni decidere la Bolivia ad associarsi
a lui contro il Perù, cercò, o di obbligarvela colla
forza, o di servirsene come pretesto per trascinare il
Perù sui campi di battaglia nella opportuna occasione
in cui questo trovavasi sommamente debole. Il dilemma
posto dal Chili era dei più rigorosi, e non poteva non
riuscire. Aperta la guerra contro la Bolivia in un mo-
mento tanto difficile pel Perù, o questo, vista la propria
impotenza, si asteneva di correre in soccorso della sua
alleata dichiarandosi neutrale, nel qual caso avrebbe
avuto poi necessariamente a lottare contro la Bolivia
e il Chili insieme; o si negava invece a dichiarare la
propria neutralità, ed il Chili lo avrebbe battuto come
alleato della Bolivia, nel solo momento favorevole
nel quale sperava poterlo fare con quasi sicurezza di
esito.
Affinchè siffatto dilemma sortisse tutti i suoi effetti,
bisognava non dare al Perù il tempo di migliorare le
anormali sue condizioni, e sopra tutto di menomamente
rafforzare la sua flotta; e già abbiamo visto come, senza
neppure attendere che il Perù dichiarasse se voleva ri-
DI GUERRA AL PERC 145
maner neutrale o no, bastò che non lo facesse immedia-
tamente come esigeva il Chiri, perchè questo con una
precipitazione senza pari ed appigliandosi ai più futili
pretesti, gli dichiarasse la guerra.
Che la guerra intrapresa a danno della Bolivia fosse
principalmente diretta contro il Perù, come abbiamo
detto, lo prova anche il fatto che il 9 marzo 1879 -
quando cioè regnava ancora la più perfetta pace fra il
Chili ed il Perù, e non erano pur cominciate le trat-
tative sulla mediazione offerta dal Perù, né aveva per
anco chiesto il Chili la sua dichiarazione di neutralità
- il Plenipotenziario chileno in Lima telegrafava già al
suo Governo di sorprendere ed impadronirsi di una
pane della flotta peruviana colla divisione di soldati
che menava ad Iquique. Ciò si legge assai chiaramente
in una Nota ufficiale che colla data del 12 marzo scri-
veva il citato Plenipotenziario del Chili, J. Godoy, al
Ministro degli Afiari Esteri in Santiago; Nota nella quale
si dice : e ....Nel mio telegramma del giorno 9 non potei
prescindere di manifestare a V. S. il concetto che e' in-
teressa assaissimo dì precipitare la soluzione, obbligando
il Perù a pronunziarsi prima che esso stesso consideri
arrivato il momento di pronunziarsi, ossia prima che
completi la organizzazione dei suoi elementi bellici.
Portai la mia idea nel telegramma del 9 fino a credere
conveniente la cattura del trasporto « Limefia • colle
truppe ed armamento che portava a Iquique ; perchè
prevedo che fortificandosi quel porto con un esercito che
può portarsi a quattromila uomini, la sua occupazione
e' imporrà più tardi dei grandi sacrifìzii.... »
146 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Certo, il Plenipotenziario chileno non si sarebbe punto
permesso di scrivere e telegrafare tali cose al suo Go-
verno, quando non era sorta ancora neppure la più
leggiera nube che minacciasse rompere la pace fra il
Chili ed il Perù, tranne le spontanee ingiurìe fattesi in
Valparaiso al Plenipotenziario e Consolato del Perii, se
non avesse pienamente ed ufficialmente saputo che le
intenzioni del suo Governo erano appunto di romperla
ad ogni costo col Perù. La condotta del Plenipotenziario
chileno non sarebbe punto spiegabile senza un precedente
concerto col suo Governo; ciò che mostra da quanto in-
dietro venivano i disegni in così brev'ora sviluppali poi
contro il Perù.
Le parole disopra riportate provano anche quanto
fosse antico e maturo nella politica del Chili il pro-
getto d'impadronirsi di Iquique, ossia del deserto pe-
ruviano di Tarapacà; e provano del pari che non erasi
del tutto dimenticato il modo col quale il Chili sMm-
possesso della flotta peruviana l'anno i836, poiché il
Plenipotenziario Godoy domandavane la ripetizione.
A maggiore intelligenza di quanto s'è detto, è bene di
non omettere la lettura dei seguenti importantissimi
documenti :
(♦) t Legazione di Bolivia nel Perù - Al signor Mi-
nistro degli Affari Esteri del Perii, - LimOj 2 2 apri-
le 1879.
« Riferendomi alle conferenze avute circa i passi
ed insinuazioni del Governo del Chili, afiìnchè la Re-
DI GUERRA AL PERC 147
pubblica di Bolivia strappi al Perù la provincia litto-
rale di Tarapacà ed il dipartimento di Moquegua, an-
nettendosi il Chili il littorale boliviano, le rimetto due
lettere dei signori dott. Mariano D. Munoz e colon-
nello Juan L. Munoz, personaggi rispettabilissimi ed
attori principali nei successi che hanno dato luogo a
una delle tante manifestazioni di quei propositi.... Fra
i tanti altri innumerevoli casi, e prescindendo da quelli
che mi sono personali.... mi limito a ricordare la serie
di identiche insinuazioni fatte alP illustre uomo dì Stato
signor Bustino j Ministro Plenipoteniiario di Bolivia^
dai direttori ufficiali e privati della politica del Chili
Fanno 1872,... •
Z. Flores
Ministro Plenip, di Bolivia.
m
« Al signor D, Zoilo Flores^ Ministro Plenipoten-
^{iario di Bolivia nel Perii, - Lima, 20 aprile 187 g-
« Ho ricevuto la sua stimata Nota nella quale mi
domanda dei dati sulla spedi:[ione organizsata in Val-
paraiso dal signor general Quevedo in agosto 1872,
per occupare il littorale boliviano. Come fui uno dei
capi di quella spedizione, posso darle i ragguagli che
desidera, senza che per questo io creda di mancare ai
miei doveri, essendo stati quei fatti quasi di pubblica
notorietà in Valparaiso. Obbligato il general Quevedo
ad allontanarsi dal Perù ai principii del 1872, se ne
andò al Chili e si stabili in Valparaiso. Avendo riso-
luto di organizzare la spedizione militare cui Ella si
riferisce, chiamò colà tutti gli emigrati risoluti a pren-
148 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
der parte nella campagna che egli si proponeva intra-
prendere nel littorale boliviano, e che doveva servirgli
di base per le sue operazioni militari nell* intemo, col
fine di demolire la dominazione di Morales (Presidente
di Bolivia). A misura che. arrivavano gli emigrati, fui
incaricato nella mia qualità di Colonnello, di organiz-
zare la truppa spedizionaria. Riunito il numero voluto,
negoziato l'armamento e le munizioni, arrivò il mo-
mento d'imbarcarci nel legno a vela MariorLuìsa
comprato espressamente. In queste circostanze fu chia-
mato con urgenza a Santiago il general Quevedo, da
D. Nicomedo Ossa, che gli serviva d' intermediario col
Presidente del Chili signor Errà^uris. Partì in treno
espresso per Santiago e ritornò il giorno appresso, ab-
battuto e disperato, e risoluto a sospendere la spedi-
zione.... Seppi che tutto dipendeva dalV aver gli proposto
il Presidente Erràs^uriSy come condizione del proprio
appoggio nelle sue operazioni, la cessione di una parte
del littorale di Bolivia, offrendogli in cambio di aiu-
tarlo con tutto il potere del Chili nelP acquisto del litto-
rale di Arica ed Iquique (appartenenti al Perù) : propo-
sta che aveva respinto senza vacillare, rinunziando ad
ogni considerazione privata ed allo stesso piano di spe-
dizione, anziché consentire nell' infamia che gli si pre-
poneva. Ore dopo arrivò da Santiago il signor Ossa
ed ebbero una lunga conferenza.... Seppi dal Generale
che il signor Erràzuris aveva ritirato definitivamente
la sua proposta, e che in prova di ciò gì' inviò col si-
gnor Ossa un officio aperto pel signor Intendente di
Valparaiso D. Francisco Echaurrea, nel quale gli or-
DI GUERRA AL PERÙ . 149
dinava che prestasse al Generale il più deciso appoggio,
onde potesse effettuare la sua spedizione, imbarcando
la sua gente e le sue armi. Così si fece eSettivamente,
e potemmo verificare l' imbarco delle armi e di una
parte della gente nella nave Maria-Luisa,.., >
Juan L. Munoz.
< Al signor D. Zoilo Flores^ Ministro Plenipoten-
ziario di Bolivia nel Perii - Lima, 21 aprile iSjg,
e .... In marzo del 1866 fu riconosciuto in La-Pa^
il signor Aniceto Vergara- Albano come Inviato straor-
dinario e Ministro plenipotenziario del Chili in Boli-
vìa, per negoziare V alleanza offerta (contro la Spagna)
e riannodare le conferenze pendenti sopra limiti fra i
due paesi. Sodisfatto il primo scopo, il Plenipotenziario
Vergara-Albano ed io, nella mia qualità di Ministro
degli Affari Esteri, riaprimmo tali conferenze.... Fu du-
rante queste conferenze che ebbi occasione di ascol-
tare dal Rappresentante del Chili la seguente proposta:
< che la Bolivia acconsentisse a spogliarsi di ogni diritto
sulla zona disputata dal paralello 25 fino al Loa, o
almeno fino a Mejillones inclusivamente, sotto la for-
male promessa che il ChiD appoggerebbe la Bolivia
nella maniera più efficace per la occupazione armata
del littorale peruviano fino al Morrò di Sama, in com-
penso di quello che cederebbe al Chili, per essere il
porto dì Arica la sola uscita naturale che Bolivia aveva
sul Pacifico. > Detta proposta mi fu fatta più volte dal
signor Vergara-AIbano, posso dire dalla prima fino al-
l'ultima conferenza, senza avere omesso di farla an-
I50 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
che direttamente al generale Melgarejo (Dittatore) il
cui animo bellicoso cercò di affascinare coli' idea di una
campagna gloriosa che non avevano potuto compiere
i suoi predecessori. Con tenace perseveranza coadiu-
vava Vergara-Albano il suo segretario Carlos Walker-
Martinez, che seppe guadagnarsi le simpatie intime di
Melgarejo, da cui ottenne un brevetto di Maggiore del-
l'esercito, per servirgli da aiutante nella campagna
contro il Perù, a che entrambi lo incitavano. Deve con-
stare questo brevetto nei quadri dell' esercito di quella
epoca.... Posteriormente, trovandomi in missione spe-
ciale in Santiago nei giorni anteriori alla definitiva
conclusione del Trattato di limiti, sottoscritto colà il
IO agosto 1866 dai Plenipotenziarii D. Alvaro Covar-
rubias pel Chili e D. Juan Munoz-Cabrera per la Bolivia,
il signor Covarrubias insistè attivamente nella delimi-
tazione e cambio dì littorali che mi aveva proposto
Vergara-Albano: e non fu solo Covarrubias allora Mi-
nistro degli Affari Esteri del Chili, ma anche molti
altri personaggi notevoli di quella Capitale, che ci sug-
gerivano la stessa idea a Munoz-Cabrera ed a me, in
diversi ragionamenti ; ma tutti nel senso di persuaderci
che il Chili lavorava a favore della Bolivia, e si pro-
poneva unicamente l' equilibrio degli Stati del Pacifico
e la rettificazione più naturale nei limiti dei tre paesi.
Vivono ancora Vergara-Albano, Covarrubias e Walker-
Martinez, come molti altri cui mi riferisco: che mi
smentiscano se possono.... •
Mariano D. Munoz.
DI GUERRA AL PERC 151
(*♦) • Legazione di Bolivia nel Perii - AlP £'.*'^ si-
gnor Ministro degli Affari Esteri del Perii, - Lima,
S maggio 1879.
e In confermazione di quanto ebbi l' onore di assicu-
rare a V. E. rispetto al perseverarne lavoro del Chili
nel senso di unirsi alla Bolivia per smembrare il territo-
rio del Perù, rimetto in copia legalizzata due lettere di-
rette da Santiago colle date degli 8 e 1 1 aprile p. p. al
signor Presidente di Bolivia generale D. Hilarion Daza
dal signor Justiniano Sotomayor, ex-Console del Chili
in Corocoro di Bolivia^ fratello del colonnello Emilio
Sotomayor, attualmente Capo dello Stato Maggiore Ge-
nerale dell'esercito del Chili in campagna contro il
Perù e la Bolivia, e uomo influente nella politica del
ChiR. Mi sia permesso anche di chiamare l'attenzione
di V. E. sulla innovazione che adesso si fo nell'am-
piezza dell'offerta, con che il Chili ha sempre preteso
sedurre la lealtà della Bolivia colla sua sorella ed al-
leata, la Repubblica del Perù; poiché questa offena
reiterata e perseverante ha consistito in aiutare la Bo-
livia a conquistare tutto il territorio peruviano fra il
fiume Lea ed il Morrò di Sama, in cambio della
cessione che la Bolivia dovea fargli del suo littorale
fino al Loa, mentre nelle lettere aggiunte si esclude
da questa offerta la provincia di Tarapacà, e si li-
mita al solo territorio compreso fra i porti di Arica ed
blay.
ft Quanto all' uso che questa legazione fa di tali let-
tere, il cui contenuto ha un carattere di pubblica no-
to. — > Caivano, Gutrra ^America,
152 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
torietà in Bolivia, Chili e Perù, esse escono per loro
natura dalla sfera confidenziale.... »
Z. Flores
Ministro Plenip, di Bolivia.
€ Santiago 8 aprile 1870 - Al signor D. Hilarion
Da^a.
a Stimato amico - Mi trovo qui da un mese, e non
ho bisogno di dirle perchè son venuto. La rottura delle
relazioni fra la Bolivia ed il Chili mi è stata molto
dolorosa; perchè sono stato sempre d'opinione che
non dovrebbero essere in America paesi che coltivas-
sero più strette relazioni di amicizia. Il Perù al con-
trario è il peggior nemico della Bolivia, è quello che
la soffoca sotto il peso delle sue difficoltà doganali, il
Cerbero della libertà industriale e commerciale e, fino
ad un certo punto, politica di Bolivia. Il Chili è il
solo paese che può liberare la Bolivia dal pesante
giogo col quale Topprime il Perù. Il Chili è anche la
nazione che, alleata alla Bolivia, può darle ciò che le
manca per essere una gran nazione, ossia porti pro-
pri! e vie spedite di comunicazione. - Può pensarsi
seriamente in Bolivia di cercare per Cobija ed altri
punti del suo littorale, una uscita pel suo commercio?
Enorme errore. I soli porti naturali di Bolivia sono
Arica, Ilo e MoUendo o Islay. - Alleata al Perù e
facendo la guerra al Chili, che cosa avverrà alla Bo*;
I
li via, se il Chili rimarrà vinto? che cadrà in mano del
Perù, e gemerà come prima sotto il peso delle suej
gabelle. E se il Chili trionfasse, che cosa guadagne-
DI GUERRA AL PERÙ 153
rebbero gli alleati ? Vincitrice o vinta, la Bolivia re-
sterebbe senza porti ed annullata come nazione. Pel
contrario, la Bolivia unita al Chili non avrebbe la
sicurezza di sconfiggere il Perù? - Una cosa ho no-
tato qui fin dal naio arrivo. Non vi è odio alcuno
contro la Bolivia, si sono rispettati i beni e le persone
dei boliviani ; la guerra alla Bolivia non ha commosso
il paese : salvo qualche movimento di truppa, sembra-
vamo stare in pace. Però arrivò il momento di dichia-
rare la guerra al Perù, ed il paese sì alzò in massa
come un solo uomo.... Al Perù faremo guerra a morte;
la Bolivia non possiamo odiarla. - Perchè andiamo
facendo guerre che non ci convengono, e contraendo
alleanze che ci convengono molto meno ancora? Sa-
rebbe ancora tempo di mettere le cose in ordine? Perchè
no ? Adesso o mai deve pensare la Bolivia di conqui-
stare il suo posto di nazione. Dopo di questa guerra
sarebbe tardi già: il Chili vincitore non lo consenti-
rebbe, ammenoché non avesse la Bolivia dalla sua
parte. - L' uomo che darà alla Bolivia la sua indipen-
denza dal Perù, sarà più grande di Bolivar e di Sucre;
perchè quelli le diedero un simulacro di libertà, e
questo le darebbe la vita reale e vera. Era riserbata
a Lei così colossale impresa?
7/ suo affeùonatissimo amico
J. SoTOMAYOR. »
« Santiago 11 aprile 1879 ~ -^^ signor D. Hilarion
Da\a - La Pas[.
« Stimato amico. - In data degli 8 del corrente, mi
presi la libertà di dirigerle una letterina, sottometten-
154 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
dole certe idee che, spero, avranno meritato alcuna
attenzione ; perchè non deve tardar molto ad arrivare
il momento in cui potrebbero esser portate sul terreno
della pratica.... Durante la mia permanenza in Bolivia,
ho sempre manifestato il mio parere che la Bolivia
non ha migliore amico del Chili, né peggior nemico
del Perù. Il Perù opprime la Bolivia colle sue leggi
di transito di dogana; e nel Chili si è visto con do-
lore questo stato di cose, e si sono avute simpatie per
le aspirazioni di un nobile paese^ che lotta invano per
ottenere vie proprie onde porsi in relazione col resto
del mondo. - Per la Bolivia non vi è salvazione, non
vi è avvenire, non vi è speranza di progresso fino a
che non sia padrona di Ilo e Moquegua, Tacna ed
Arica. Che Ella s' immagini la Bolivia in possesso di
questi territori 1 In breve una linea ferrea unirebbe
Tacna a La Paz ; la industria ed il commercio pren-
derebbero un grande sviluppo.... La Bolivia potrebbe
aver marina da guerra e marina mercantile.... L^ al-
leanza col Perù e la disfatta del Chili potrebbero darle
nulla di tutto ciò? Non rimarrebbe la Bolivia più op-
pressa di prima dal Perù ? - Il Perù che è stato sleale
col Chili e con la Bolivia in ripetute occasioni, non
tarderà a dare a Lei qualche motivo di lagnanza che
serva di punto di partenza delV alleanza col Chili,
che non troverebbe grandi difficoltà qui per essere ac-
cettata, secondo Io spirito che ho potuto osservare nella
generalità della popolazione, la quale, se odia il Perù,
ha avuto piuttosto simpatie per la Bolivia. - Con pia-
cere leggerò la risposta che vorrà darmi, onde seguir
DI GUERRA AL PERÙ 155
lavorando per la diffusione della mia idea, dato il caso
di non esser quella sfavorevole.
Il suo affttionatisHmo amico
J. Sotomàyor. >
§11
CENNI SULLO STATO ECONOMICO E SOCIALE DEL CHILI
Dello stato sociale ed economico del Chili abbiamo
detto un poco già: nondimeno, per raggiungere piena-
mente il nostro scopo e penetrare tutta intera la rete
delle cause che spinse il Chili a chiamare sui campi
di battaglia l'alleanza Perù-boliviana, è bene adden-
trarci di più in siffatto studio, che servirà anche a
farci conoscere i caratteri generali del soldato chileno,
di cui avremo a intrattenerci più tardi.
Come abbiamo detto altrove, quando nel primo
quarto del secolo passò il Chili a costituirsi da Co-
lonia spagnola in Repubblica indipendente, la sua po-
polazione si divideva in due sole classi: l'una assai
ristretta dei proprietarii del suolo - ossia degli ha-
cendados e mìneros ~ e l'altra della grande maggio-
ranza nullatenente della popolazione indigena, ossia
della plebe, del roto^ rotto, scamiciato.
La classe media che allora non esisteva se non in
una maniera appena rudimentale, non è sorta vera-
mente che dopo l'epoca della indipendenza; sia dalle
grandi famiglie proprietarie impoverite col tempo, o
156 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
separate da successive divisioni e suddivisioni del pa*
trimonio avito; sia man mano dalla plebe, cominciando
col coprire i piccoli impieghi dello Stato, col crescere
lentamente all'ombra protettrice delle grandi famiglie,
col lavoro iniziale per conto proprio delle piccole mi-
niere, od infine per uno di quei tanti modi di lenta
o subitanea elevazione, che sono comuni a tutti i po-
poli.
Venuta su a poco a poco, questa classe media che
oggi ancora non è molto numerosa né molto innanzi
in civiltà, non disimpegna che una parte molto secon-
daria nella economia della Repubblica. Ne disimpe-
gnerà una più tardi, e forse poco buona per la sua
poca educazione e per la sua scarsa o nessuna base
in una solida proprietà fondiaria, quando essendo più
numerosa vorrà contare anch'essa per qualche cosa
nel maneggio delle grandi faccende dello Stato: e cre-
diamo non andare errati opinando che la guerra dì
cui ci occupiamo, ha probabilmente avvicinato di molto
questo momento, per le molte ambizioni che ha fatto
germogliare, e per la molta gente che ha spostato di
centro, come diremo più tardi; ma pel momento non
ha che una parte molto secondaria, e non occorre
dirne più che tanto.
Della frazione aristocratica - aristocrazia di terre
e di capitali - che governa lo Stato, abbiamo parlato
già. Occupiamoci della plebe.
Lasciando da un lato la plebe delle città e dei porti
commerciali, che con poche differenze è più o meno
la stessa dappertutto, le plebe delle campagne che co*
DI GUERRA AL PERÙ J57
stituisce da sé sola le grande popolazione rurale del
Chili, va divisa in tre grandi categorie : V una dei cosi
detti peoneSj la seconda dei nomati inquilinos^ e la
terza dei trabajadores de minaSj che vanno poi tutte
comprese nella denominazione generale di rotos, in-
sieme alla plebe delle città e dei porti.
I peones sono la personificazione vera del proleta-
riato, secondo la moderna accettazione di questa parola:
più o meno slegati da ogni vincolo di famiglia, senza
domicilio fisso e senza occupazione determinata, vivono
alla giornata dove possono e come possono, abbrac-
ciando precariamente tutti gli uffici che cascano loro
sotto roano, e vaghi di correre continuamente di qua
e di là nella perpetua ricerca di un meglio, che non
arrivano mai, o quasi mai, almeno come regola gene-
rale, a trovare di loro aggradimento. Un paio di grosse
scarpe, un paio di calzoni e una camicia in uno stato
DCtfì sempre lodevole, con al disopra di tutto ciò un
grossolano j70ixc/)0 (specie di coltre con un taglio longi-
tudinale in mezzo, nel quale si passa il collo) che del
resto, colla sola differenza della qualità della stoffa è
il ferraiolo nazionale per eccellenza, cosi del ricco
come del povero; i peones si trovano per ogni dove
sulla superficie del Chili. Della loro educazione mo-
rale non occorre parlare: essa non va più in là di
qualche superstizione cattolica (i) che colla promessa
(i) Bisogna avvertire che il clericalismo, con i suoi insepara-
bili effetti, ignoranza, superstizione e bigottismo, è tra le piaghe
sociali che più fortemente travagliano il Chili.
158 VERE CAUSE DELLA DICHLVRAZIONE
di un facile perdono al prezzo dì alcune ore passate
in chiesa di tanto in tanto, lascia loro la più intera
libertà di azione. Quanto alla educazione intellet-
tuale, essa è completamente nulla nei più, mentre
quella dei rimanenti si riduce alla semplice lettura dì
qualche pagina dì stampa, senza intenderla, grazie alle
scuole primarie disseminate dal Governo in tutta la
Repubblica, massime nell'ultimo decennio.
Inquilinos^ inquilini, sono i bifolchi propriamente
addetti ai lavori dei campi, delle haciendas; e pren-
dono il loro nome dMnquilini dal domicilio stabile che
essi godono nei grossi latifondi ai quali prestano i loro
servigi. Ciascun inquilino riceve temporaneamente dal
proprietario del fondo, il diritto di uso di una piccola
estensione di terreno che può lavorare per proprio
conto, e nel cui centro deve costruire l'umile abita-
zione per sé e p)er la sua famigliuola: spesso, non
sempre, ciò che dipende dagli usi locali e dalla qua-
lità e quantità del terreno - che in ogni caso non
eccede mai di quel tanto appena bastevole a provve-
dere una piccola famigliuola di legumi e verdure -
ha diritto anche alla somministrazione dei buoi per
la sua aratura. In cambio di ciò, T inquilino è tenuto
a prestare al proprietario una determinata quantità di
lavoro non rimunerato, o rimunerato col solo vitto
consistente in due scodelle di fagiuoli ed un pezzo
di pane azzimo, secondo gli usi locali, e ad accorrere
inoltre tutte le volte che è chiamato al lavoro, nel
qual caso riceve un salario giornaliero ordinariamente
assai modico o, come direbbesi, a prezzo ridotto. Questa
DI GUERRA AL PERÙ 1 59
servitù di lavoro chiamata tnquilìnajey inquilinaggio,
è estensiva a tutti i componenti maschili della fami-
glia dell'inquilino, piccoli e grandi.
Un fac-simile degli antichi servi della gleba, gl'in-
quilini vegeuno e muoiono ordinariamente sulle pro-
prietà nelle quali nascono.
Confinato sotto l'umile tetto di paglia o di legno
grossolano mal connesso della misera catapecchia che
Io vide nascere, o di altra non dissimile sorta a fianco
a quella, ristretto alla sola società della sua famiglia e
dei suoi consimili - tranne la domenica che va a goz-
zovigliare alla più vicina bettola, quando ha i mezzi
da farlo - l'inquilino, con poca o nessuna possibilità di
progresso, trasmette al figlio con poca o nessuna differenza
lo stesso stato di semtbarbarie che ereditò dal padre; ed
e forse inferiore al peon medesimo che, se non altro,
cammina e vede.
1 trahajadores de mtnasy lavoratori di miniere, infine,
come il nome stesso lo dice, sono quelli specialmente
addetti ai lavori sommamente difficili e foticosi delle
miniere, che spesso s'inoltrano per più centinaia di
metri di profondità nelle viscere della terra, seguendo
in tutti i sensi le capricciose giravolte della vena me-
tallica. Lavoratore infaticabile, mentre si trova col grosso
piccone di dieci a quindici libbre nella mano, o col pe-
sante fardello di minerale sulle spalle negli scabrosi
andirivieni delle miniere, da cui non esce se non per
consumare in poche ore di orgia infernale le piccole
economie della quindicina o del mese - secondo il pe-
riodo stabilito dall'uso locale per T aggiustamento dei
i6o VERE CAUSE DELLA. DICHIARAZIONE
conti - il minatore è il vero rappresentante dell' uomo-
bruto.
Sia tssopeon, inquilino o trabajador de minas, il roto
chileno è eminentemente lavoratore e sobrio, fino a che
è stretto dal bisogno. Lavora dodici ore al giorno sem-
pre colla medesima buona lena del primo momento, e
si accontenta come unico alimento, di un pezzo di pane
azzimo con qualche scodella dìporotos, fagiuoli, dì cui
abbonda il Chili; ma a patto di poter far baldoria dì
tanto in tanto, sia nelle bettole, sia in jaranasy ossia
feste di famiglia, immergendosi fin dove lo comportano
le forze fisiche, in clamorose orgie che a volte si pro-
lungano per più giorni consecutivi, fino a che abbia
speso l'ultimo centesimo delle sue economie.
Il roto, come regola generale, non è punto eco-
nomo, né pensa mai al domani. Il danaro non ha per
lui che un solo valore ; quello di facilitargli la via della
bettola o della jarana^ dell' orgia : ed è per questo so-
lamente che gli è caro e lo cerca ; escluso ciò non sa-
prebbe che farne: da cui nasce che sia egli sempre po-
vero, assorbendo l'orgia continuamente tutto quello che
guadagna o gli capita fra mano. Fino a che gli rimane
un soldo in tasca, non lavora; e tuttoché abbia degli
altri ed urgenti bisogni da sodisfare, quel soldo è ri-
serbato di preferenza per l' orgia, nella quale consuma
talora delle grosse somme, relativamente parlando, men-
tre la sua famiglia vada coperta di stracci ed egli stesso
sia tutto lacero. Egli non è economo se non per lasciare
all' orgia la più larga parte possibile. Quando due rotos
sono a querela fra loro, cominciano innanzi tutto, prima
DI GUERRA AL PERO i6i
dì venire alle mani, anche neU' ubbriachezza, col to*
gliersi il poncho e la camicia, onde non romperli od
ìnsadiciarli di sangue; e questa economia a spese delle
proprie carni non è fatta, ripetiamo, che a solo ed esclu-
sivo benefìcio dell'orgia.
Questa forte propensione all'orgia, aggiunta alla poca
o nessuna educazione morale, fa sì che il roto prefe-
risca volentieri il furto al lavoro, sempre che può, per
procurarsi i mezzi di sodisfare a tale passione. Ma
a ciò ha pensato e pensa sempre assiduamente la Po-
lizia chìlena; la quale accoppia ad una forte organiz-
zazione, un rigore che forse non sarebbe stato tollerato
in Europa neppure negli Stati più dispotici di una volta.
Il furto, del pari che qualsiasi altra infrazione alle leggi
nazionali, è perseguitato nella persona del roto con una
giustizia più o meno sommaria, che comincia sempre
nei quartieri di polizia con una forte dose di staffilate.
Lo staffile è la prima legge del roto ; è forse la sola
che gli faccia paura. Ciò viene corroborato anche dal-
l'osservazione costante che il roto chileno, tanto do-
cile ed obbediente nel Chili - fatto che nessuno saprebbe
negare - non ha più nessuna di queste due qualità quando
si trova fuori di casa sua, dove non abbia più a temere
la dolorosa pena dello staffile.
U roto non è punto coraggioso, nel vero senso di
questa parola , ma è feroce per indole, o meglio, bru-
tale, e sómmamente spavaldo. Turbolento e facile ad
attaccar briga, se vede che ha da fare con un nemico
che non lo teme, si fa umile e piccino all' istante ; se
poi s'accorge che si ha paura di lui, divenga tracotante
i62 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
e si spinge anche senza cagione fino agli ultimi eccessi,
per semplice millanteria e brutalità. È biscia o tigre,
secondo la qualità del nemico che gli sta a fronte.
Due classi di cui difetta quasi assolutamente il Chili,
e di cui avrebbe gran bisogno, sono quelle dei piccoli
proprietarii rurali che diano da se medesimi valore
alle proprie terre, e dei fittaiuoli agiati che al lavoro
personale aggiungano anche capitali sufficienti, per
coltivare con profitto e bene i molti latifondi dei si-
gnori che abitano la Capitale. Ai vantaggi che ne ri-
porterebbe r agricoltura, si unirebbe V altro assai più
importante d^ ordine sociale, che siffatte classi servi-
rebbero come elemento moralizzatore della grossissima
popolazione rurale, elevandola man mano coli' esempio
e coir influenza che direttamente eserciterebbero su di
essa, dall'attuale sua abiezione.
II Chili non ha manifatture nel vero senso dì questa
parola. Tranne una lavorazione diremmo quasi em-
brionale, di ordine tutf affatto secondario, esso riceve
tutto dall'Europa. Stoffe, tele, stoviglie, cristalli, vetri,
chincaglierie, cana da scrivere e da stampa, macchine,
mobiglia di pregio, strumenti da lavoro, oggetti di lusso
di ogni classe, tutto, tutto riceve d^ Europa. 11 com-
mercio è per nove decimi almeno in mano degli stra-
nieri. Valparaiso, il primo porto ed il centro massimo
del commercio chileno è una vera babilonia in fatto
d'idiomi. Vi si odono tutte le lingue d'Europa, con
predominio notevole della inglese.
I prodotti principali del Chili sono i cereali ed il
rame. E intorno a queste due produzioni che si ag-
gira, per un ottanta per cento almeno, l' attività nazio-
DI GUERRA AL PERÙ 163
naie; ed è su di esse che riposa tutto il commercio
di esportazione della Repubblica. Dipende quindi da
esse sole T equilibrio tanto necessario fra il commercio
di esponazione e quello di importazione.
A cominciare dall' epoca della indipendenza, quando
il Chili non contava neanche un mezzo milione di
abitanti, la sua popolazione indigena è andata rapida-
mente aumentandosi di mano in mano, in una propor-
zione che eccede di molto quella generalmente com-
provata dalla statistica mondiale. Ciò è dipeso e dipende
in massima parte dalla vicinanza àAYAraucania^ po-
polata dai resti di una delle tante tribù selvaggie che
abitavano il territorio estremo dell'America meridio-
nale, e che formarono la prima popolazione indigena
del ChiD, dopo la conquista spagnuola.
Tribù gagliarda, belligera e feroce, quella degli Arau-
cani sostenne continue ed accanite lotte coi conquista-
tori iberici, i quali, comunque arrivassero di tratto in
tratto a sottometterne delle piccole frazioni, non pote-
rono mai domarla per intero. La Repubblica del Chili,
e per necessità di difesa e per impossessarsi delle terre
occupate dai selvaggi Araucani, continuò e continua
contro di essi, forse con maggior costanza ed attività,
la guerra iniziata dai conquistatori spagnuoli, perve-
nendo spesso spesso come quelli, a guadagnare una
parte del loro territorio, ed a ridurre quelli stessi in
frazioni più o meno grandi alla propria obbedienza.
Senz'andar molto lontano, una prova di questo fatto
ce la ofire il discorso letto dal Presidente del Chili al
Congresso nazicmale il i® giugno 1881, del quale ab-
biamo già fotto parola altra volta. « Terminata la cam-
164 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
pagna di Lima - dice il Presidente chileno - e non
essendo possibile licenziare in una volta Tesercito di
riserva, credei che potevano utilizzarsi i servigi dì
questa truppa nelP avanzamento della frontiera che ci
separa dalle tribù dell'Araucania.... In questo momento
si trovano già stabiliti sette nuovi forti.... coi quali è
rimasto sottomesso tutto il territorio che si estende dal
Mediceo al Cautìn.... Stabilita la nostra linea di firon-
tiera sul Cautin^ ed occupati i punti che ho menzio-
nato, la stretta fascia di terra compresa fra questo
fiume ed il Tolten potrà essere sottomessa air impero
delle nostre leggi nel momento che si crederà op-
portuno. »
I selvaggi abitatori dell'Araucania, che dal 1820 fino
ad oggi è andato continuamente sottomettendo il Chin
air impero delle sue leggi, e che sono passati natural-
mente ad ingrossare la sua lunga classe dei ro/o5,
sono quelli adunque che principalmente hanno concorso
ad aumentare cosi rapidamente la popolazione della
Repubblica; la quale, se nel 1820 difficilmente arri-
vava a contare 5oo,ooo abitanti, ne aveva 1,439,120
nel i854, e 2,319,266 nel 1876, come risulta dai censi
praticati nei rispettivi anni.
Com' era di ragione, col rapido aumento di popola-
zione andarono man mano aumentando anche e i suoi
bisogni e la sua attività produttrice : sicché a comin-
ciare dair epoca nella quale il Chili principiò ad avere
una statistica ben formata, ossia dal i843, noi vediamo,
fino al 1873 almeno, un continuo aumento, solamente
intorrotto a salti in qualche anno eccezionale, cosi di
consumo come di produzione ; e perciò, così nel com-
DI GUERRA AL PERÙ
165
mercio di importazione come in quello di esportazione,
che ne sono la più giusta misura.
Prendendo ad esame il primo quinquennio, a comin-
ciare dall'anno i843, il doppio commercio d'importa-
zione ed esportazione ci dà le cifre seguenti :
Anno
Importazione
Esportazione
i844
i845
i846
1847
i848
Pezzi 8,596,674
» 9,104,764
1 io,i49,i36
» 10,068,849
» 8,601,357
6,087,023
7,601,523
8,115,288
8,442,o85
8,353,595
L'anno i854, quando la popolazione del Chili era ar-
rivata già a un milione e mezzo in circa, giusta il censo
di quell'anno, T importazione fu di pezzi 17,428,299 e
l'esportazione di pezzi i4,527,i56.
Nell'ultimo quinquennio anteriore alla guerra, in-
iìne, e quando la popolazione era aumentata ancora di
due terzi approssimativamente, abbiamo:
Anno
Importazione
Esportazione
1874
1875
1876
1877
1878
Pezzi 38,417,729
» 38,1 37,500
9 35,291, o4i
» 29,212,764
» 25,216,554
36,54o,659
35,927,592
37, 848,5 06
29,715,372
31,695,859
I66 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
Come risulta da tutte queste cifre, i bisogni del
Chilì^ in massima, furono sempre superiori alle risorse
fornite dalla sua attività : consumava più di quanto
produceva. Né può servire a distruggere o scemare il
rigore di questa verità, il fatto che negli ultimi tre anni
del quinquennio dal 1873 a tutto il 1878 F importa-
zione sia stata inferiore alla esportazione; perchè non
è punto quest'ultima che abbia aumentato, ma la prima
che ha diminuito, ciò che si spiega assai facilmente,
e che è una prova maggiore del malessere economico
sempre crescente del paese, come or ora vedremo.
Tranne il piccolo aumento del 1876, che non rag-
giunse neanche la cifra della importazione degli anni
anteriori, l'esportazione scemò invece notevolmente
essa stessa negli anni 1877 e 1878; ciò che prova una
diminuzione nella produzione, e quindi nella ricchezza
privata; e se in pari tempo diminuì maggiormente la
importazione, ciò non fu che una semplice conseguenza,
ripetiamo, del malessere economico del paese.
Nei nostri paesi europei, tutti più o meno industriali
e manifatturieri, l'abbassamento della importazione non
è generalmente, salvo casi eccezionali, che conseguenza
del progresso delle proprie industrie e manifatture, ie
quali diminuiscono di altrettanto P entrata dei prodotti
della industria straniera, per quanto più avanzano esse
stesse ed arrivano a sodisfare i bisogni del consumo
interno. Ma ciò non è né potrebbe essere applicabile
al Chifi, il quale, come s'è detto, non ha manifanura
alcuna, e nessun' altra industria di una qualche im-
portanza, tranne quelle delle miniere di rame e della
DI GUERRA AL PERO 167
agricoltura, cui può aggiuog^^i al più, T altra del car-
bon fossile, sebbene di mìnime proporzioni.
Eccetto i prodotti agricoli e quelli delle sue miniere,
ripetiamo, il Chili riceve tutto dall'estero. Quindi T ab-
bassamento della importazione non può spiegarsi che
per mezzo di due sole cause : o perche diminuiscano
in sé stessi i bisogni, o perchè manchino i mezzi di
sodisfarli.
Chiosi i suoi porti alla importazione straniera, la
sua popolazione potrebbe materialmente vivere col pro-
dotto delle sue terre, ma non vivere civilmente. Co-
minciando dalia camicia fino agli abbigliamenti dì
maggior lusso, dal primo all'ultimo strumento ed uten-
sile da lavoro, dal più necessario al più superfluo og-
getto di cui si circonda l'uomo civile, tutto riceve
il ChiPi dall'estero. Ciò posto, per ammettere una dimi-
nuzione di bisogni a questo riguardo, bisognerebbe an-
zitutto ammettere come punto di partenza una dimi-
nuzione di consumazione, dovuta o alla diminuzione
di popolazione, ossia di consumatori, o al retrocedere
di essa popolazione sulla via della civiltà. Ma se da
una parte è provato che la popolazione del Chili au-
menta tutti i giorni straordinariamente, è dall'altra
fborì di dubbio che essa cammina sempre avanti,
sebbene più o meno lentamente, in civiltà e pro-
gresso.
Quindi non sarebbe punto vero né verosimile Pam-
mettere una diminuzione di bisogni ; e la diminuzione
ii consumo che manifesta l'abbassamento della im-
)rtazioney solamente può e deve attribuirsi alla dimi-
ti. — > Cai VA NO, Guerra d^ America,
I
I
|68 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
nuzione dei mezzi necessarìi per sodisfare tali bisogni,
ossia al malessere economico della Repubblica.
Fino a che potè, fino a che ebbe forze vive ed esu-
beranti, o capitali di riserva, visse a loro spese, e pagò
con quelli l'eccesso di consumo che non arrivava a
coprire il prodotto della sua esportazione. In appresso,
come d'ordinario avviene quando si è nella vìa del
benessere, così per gì' individui come per i popoli, che
allora solamente si dà un passo indietro quando si è
da tutti i lati stretti dall' impotenza, esauriti più o meno
i capitali di riserva, le forze vive esuberanti, continuò
ancora a vivere sulla stessa via a spese delle sue forze
virtuali o dell'avvenire, ossia del credito. E quando
anche questa ultima risorsa per se medesima tanto
rovinosa cominciò a venir meno, quando l'impotenza
principiò a stringerlo da tutti i lati, allora fu gioco-
forza ridursi alla privazione; e cominciò ad impor-
tare e quindi a consumar meno, lasciando insodisfaita
di anno in anno una parte sempre maggiore de^suoi
bisogni.
Uscendo dall'ultimo quinquennio che ci ha fornito
i dati per questo esame, troviamo che nell'anno sus-
seguente che fu il primo della guerra, 1879, l'impor-
tazione scese ancora di più, fino a pezzi 22,794,608
appena; sicché arrivò ad essere per oltre due quinti
inferiore a quelle degli anni 1874 e 1876.
Chi non sa che gli anni di guerra, e di una guerra
relativamente colossale, in ispecie per i piccoli paesi,
sono anni di massima economia e privazione? Non-
dimeno, come risulta dai dati statistici summenzionati
DI GUERRA AL PERÙ 169
l'importazione del 1879 non fu che appena di due
milioni e mezzo incirca inferiore a quella del prece-
dente anno di pace 1878, la quale era stata di circa
quattro milioni inferiore a quella del 1877, che a sua
volta fu di oltre sei milioni al disotto della precedente
importazione del 1876, già approssimativamente discesa
di tre milioni da quella del 1875. Ciò prova che quando
sopraggiunse la guerra, che per le immense sue pro-
porzioni necessitò il concorso di tutte le forze del paese,
questo era già arrivato per gradi successivi quasi al
massimo nella scala delle possibili economie e priva-
zioni; sicché furono ben poche quelle che ancora potè
fare, ed inferiori a ciascuna delle precedenti degli an-
teriori anni di pace. Nonpertanto la importazione di
quell'anno fu con poca differenza eguale a quella del-
l'anno 1860, quando la sua popolazione era di un terzo
più o meno inferiore in numero, e quindi in bisogni.
Ora, quindici o vent'anni indietro, i grani del Chili
fornivano quasi senza concorrenza i porti di California,
dell'Australia, del Rio della Piata, del Brasile, del
Perii. Cominciati subitamente a venir meno l'uno
dopo l'altro, di tutti quei porti non eran loro rimasti
negli aitimi tempi che appena quelli del Perù, nei quali
soffrivano per giunta la competenza dei grani di Cali-
fornia. Per trovare una uscita annua a circa duecen-
tocìnquanta milioni dì litri di grano, che è l' ammontare
in cui approssimativamente va calcolata l'eccedenza
della sua produzione, detratto il consumo locale sti-
mato in altri cento milioni^ il Chili ha dovuto ricor-
rere ai lontani porti europei, a quelli principahnente
I70 VERE CAUSE DELL^ DICHIARAZIONE
dell'Inghilterra, dove, oltre la grossa concorrenza locale,
quella degli Stati Uniti non gli lascia godere da qual-
che anno in qua che prezzi relativamente molto mo-
derati, i quali rimangono in buona parte assorbiti dal
forte costo del trasporto. Oltreché producono grano in
assai maggiore quantità e con minore spesa del Chili,
per la miglior qualità delle terre, gii Stati-Uniti sop-
portano d'altra parte anche pel trasporto una spesa
assai minore; per la minor lontananza dai porti di
consumo (i).
Il rame del Chili, fino al 1868 ancora, concorreva
per oltre una metà nel consumo totale che di questa
merce si faceva in Europa. Produceva molto e veiv
deva caro; perchè essendo il maggior produttore im-
poneva la legge al prezzo. D'allora in poi è avvenuto
un mutamento assai notevole: la produzione del rame
essendo aumentata considerevolmente altrove, tanto
I
che la sola Spagna ne produce per quattro volte al-j
meno più del Chili, il suo prezzo è anche disceso dì|
molto. La Barra dì rame chileno che nei mercati
inglesi si vendeva nel 1875 ancora a ottantuna lire
sterline, scese gradatamente di anno in anno, per ari
rivare a sole lire cinquantotto nel 1878.
I risultati di questo doppio ordine di avvenimenti s
fecero presto sentire. Il malessere economico più o meni
(0 Nel 1878 gli Suti-Uniti produssero 150^151.778 cttolib
di grano; produzione che va sempre in aumento, essendo asc^s
nel 1879 A 214,995,718 ettolitri, e nel 1880 ad un sette p<
cento di più dell'anteriore.
Di GUERRA AL PERÙ 171
sopportabile che non aveva mai lasciato di sentirsi in
tutta la Repubblica, si aumentò gradatamente di giorno
in giorno sempre più.
Era l'epoca appunto nella quale la lavorazione del
salnitro, ossia nitrato di soda, nella provincia e deserto
peruviano diTarapacà cominciava ad assumere le grandi
proporzioni, che poi prese definitivamente dal 1870 in
avanti. Eravi lavoro largamente retribuito per tutte le
braccia, e utile collocazione per tutti i capitali. L'oc-
casione non poteva presentarsi più propizia ; e così il
rato come il piccolo capitalista, fuggendo il malessere
del proprio paese, si riversarono a poco per volta nella
vicina costa di Tarapacà. Il gran successo ottenuto
prontamente dai piccoli capitali ebbe tosto un' eco nel
Chili, e chiamò coli' esempio i grossi capitali stranieri
delle case di commercio stabilite a Valparaiso, massi-
mamente inglesi, e che rimanevano più o meno oziosi
per la tisi sempre crescente del commercio ed industrie
locali.
Come nel i842 pel guano, si fecero anche delle sol«
lecite ricerche nel più prossimo deseno boliviano di
Atacama; e, sebbene non nella medesima proporzione
e ricchezza, si trovarono anche là dei depositi di sal-
nitro. Una nuova corrente si formò quindi anche per
l'Atacama; e poiché in ogni chileno v'è sempre la
stoffa del minerò^ tardarono poco a scoprire le ingenti
Tìccbezzc minerali dell'Atacama, che si manifestarono
d' ìixq>rovviso con quel getto^ veramente largo e sor-
prendente per due o tre anni, ddle abbondanti miniere
argentifere di Caracoies.
172 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
La miniera però, lavoro sempre rischioso e più che
altro di fortuna, di pazienza e di sacrifizio personale,
è fatto più per i piccoli che per i grossi capitali; i
quali, amanti come sono di operazioni solide e sicure,
si lasciano più facilmente intimorire dalla probabilità
di un insuccesso, che lusingare dalla sovente rovinosa
speranza di grossi e facili guadagni. Quindi, mentre i
piccoli capitali chileni correvano tutti più o meno a
rompicollo verso Caracoles, che dopo il primo getto
diede più dolori che gioie, il deserto peruviano di Ta-
rapacà rimase sempre il principale obbiettivo dei grossi
capitali europei stabiliti in Valparaiso.
Non prendendo che una parte meramente indiretta
nei lavori di produzione del salnitro, le grandi case
straniere di Valparaiso si concentrarono principalmente
nelle importanti operazioni mercantili cui esso dava
luogo. Colle abilita:(ioni, od anticipazioni di fondi da
esse forniti ai produttori - ciò che dava loro, oltre ai
pingui interessi, il diritto di preferenza a prezzi ridotti
nell' acquisto del salnitro, o quello per lo meno di es-
sere i soli agenti della sua vendita - monopolizzarono
in breve nelle loro mani quasi tutto il salnitro di Ta-
rapacà, la cui piazza commerciale, pel grosso traffico
che di esso si faceva coi mercati europei era, non già
Iquique o qualsiasi altra città peruviana, ma Valpa-
raiso.
A Valparaiso adunque si negoziavano le vendite e
tutte le molteplici contrattazioni cui dava luogo il
gran commercio del salnitro di Tarapacà, si noleggia^
vano e facevano le loro provviste i bastimenti che doi
DI GUERRA AL PERÙ 173
vevano trasportarlo in Europa, si maneggiavano e ri-
maneggiavano le rilevanti somme messe in movimento
da una industria cotanto vasta e produttiva. Il com-
mercio di Valparaiso - da cui dipende la vitalità di tutta
quella popolosa città di centomila abitanti, e la cui
influenza si fa sentire in tutto il movimento commer-
ciale della Repubblica - che giaceva in un languore sem-
pre crescente, cominciò subitamente a rianimarsi, a
rinascere a nuova vita al calore delle innumerevoli
negoziazioni di ogni genere, che si facevano giornal-
mente intorno, ed a motivo di detto salnitro, fino a
che col grande sviluppo preso da questa industria
nel 1870, il suo movimento raggiunse colossali pro-
porzioni, e divenne in breve tempo il secondo porto
del Pacifico ed uno dei più importanti dell'America
meridionale.
Non è a dire la grande influenza che ciò esercitasse
in tutta r economia della piccola Repubblica del Chili,
così privata come pubblica. Molte fortune cadenti
si ristorarono; molte braccia una volta oziose o mal
retribuite, trovarono un lavoro equamente e spesso lar-
gamente ricompensato; e le stesse finanze dello Stato
oe risentirono un sensibile miglioramento. Il deserto
peruviano di Tarapacà, infine, era divenuto una vera
risorsa pel Chili.
Il Però, fin che fu ricco, chiuse gli occhi e lasciò
fare ; senza neppur ricordarsi che Tarapacà era suo, e
sen^a punto accorgersi che lasciava espandersi al difuori
un calore al quale avrebbe potuto e dovuto egli stesso
riscaldarsi. Ma fu ben altrimenti allorché suonata per
174 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
lui P ora dei malanni, sentì il bisogno di fare un ap-
pello a tutte le proprie fonti di vita tenute fin allora
in dispregio.
Quando nel 1873 il Perù sottomise ad estango il
salnitro di Taf apacà, riducendo la sua esportazione a
privativa dello Stato, come esporremo a suo luogo, le
cose mutarono repentinamente e completamente d'aspetto
pel Chil). Tolto il monopolio del salnitro dalle mani delle
grandi case straniere di Valparaiso, questo porto rimase
in un subito privo di tutto quel gran movimenta d'af-
fari, cui siffatto monopolio dava luogo, e ritornò im'aV
tra volta al suo primo languore, alla lenta agonia da
cui esso avealo cacciato alcuni anni indietro; ritomo
che naturalmente assunse caratteri motto più seri! ed
allarmanti, come d'ordinario avviene d'ogni qualsiasi
male, che é sempre peggiore in una seconda sua vi-
sita, quando già il paziente s'era addato a miglior ge-
nere di vita. Gli affari commerciali in generale, che
avevano preso un certo slancio durante i floridi tempi
del salnitro, si trovarono di colpo paralizzati, portando
un sen^bile squilibrio in tutto il commercio della Re-
pubblica ; e si manifestò quasi istantaneamente una di
quelle forti crisi finanziarie da cui un piccolo paese,
povero d'industrie ed obbligato a ricever tutto dal-
l' estero, non può rilevarsi se non con molta difficoltà.
Conseguenza di questa crisi sempre crescente fu ap-
punto la diminuzione sempre continua della impetra-
zione negli anni 1876, 1877 e 1878, senza parlare di
quelli della guerra, come abbiamo visto già. Altra con-
seguenza di questa medesima crisi fu pure la cresciuta
DI GUERRA AL PERÙ 175
emigrazione dd ro/o5 per le vicine Repubbliche della
Bolivia, dd Perù e della Gxifederazione Argentina, ol-
tre le Ande.
Come abbiamo detto innanzi, erano già più anni che
le due industrie prtndpaU del Chili, l'agricola e la me-
taUifera, sofirivano nei mercati esteri di consumo una
tale concorrensa che le fiicevano di anno in anno meno
prcxlimive. L' hacendado ed il minerò^ i proprietarii dei
latifondi e delle miniere, a misura che diminuivano le
loro entrate pd ribasso di prezzo sempre maggiore dei
prodotti delle loro industrie, ribassavano a loro volta
i prezzi della mano d'opera, il già scarso salario dei
lavoraiori dei campi e ddle miniere, del n>io; e questi,
vedendo così spacire gradatamente le piccole economie
destinate all'orgia, all'obbiettivo principale della sua
vita, cominciò a sentirsi troppo mak in casa sua, e
quindi ad espatriare in molto maggior numero.
L'emigrazione del roto chileno, a parlar giusto, ri-
sale fino ai tempi della febbre d' oro di California e
della costruzione ddla via ferrea dell'Istmo di Panama,
dove ne peiì un qualche migliaio. Ma mentre pel pas^
sato erano principalmente i peones, di per se nomadi ed
irrequieti, quelli che aumentavano siffatta emigrazione,
nelF epoca che descrìviamo vi presero parte tutte le di-
verse frazioni del roto^ ossia quelli ancora addetti ai
lavori dei campi e delle miniere, ed in così grandi pro-
porzioni che la crisi economica ne venne di molto ag-
gravata. A cominciare dal 1875, questa emigrazione va
calcolata in ragione di i4 a i5 mila per anno, in me*
dia, ciò che non lascia di essere veramente straordi-
176 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
nario per un piccolo paese qual'è il Chifi, e che ne-
cessariamente doveva esercitare, come in effetto esercitò,
una grande influenza sulla doppia industria agrìcola e
metallurgica della Repubblica. L' hacendado ed il mi-
nerò cominciarono a sentire la penuria e scarsezza della
mano d'opera; ciò che li obbligava a limitare le loro
industrie; da cui, una diminuzione delle loro produ-
zioni, con una diminuzione sempre crescente delle loro
entrate (i).
Una prova di ciò la troviamo nel notevole abbassa*
mento della esponazione negli anni 1877 e 1878^ ab-
bassamento che bisogna considerare sotto un doppio
punto di vista: ossia tanto nel risultato visibile delle
cifre, quanto, e maggiormente ancora, relativamente
al continuo aumento di popolazione verificatosi di anno
in anno nel Chili, come s'è detto innanzi. Se invece
r esportazione del 1876, ossia del secondo anno della
crisi, arrivò non solamente a sostenersi, ma a supe-
rare di qualche poco quella dell' anno anteriore, come
appare dalle cifre disopra riportate, ciò trova la sua
spiegazione in un doppio ordine di fatti : primo, nel
congegno proprio delle surriferite industrie, i cui pro-
dotti di ciascun anno, in buona parte almeno, solo si
trovano pronti per l'esportazione nell'anno susseguente;
e secondariamente nelle riserve di metalli che fieinno
spesso le grosse case incettatrici, per attendere un rialzo
(i) Quando scoppiò la guerra col Perù, trovavansi in questo
paese oltre a 40,000 chileni. (Vedi Barros-Arana, Op. cit.^ pa-
gina 72).
DI GUERRA AL PERÙ 177
di prezzo che a volte vien meno, come successe ap-
punto nel biennio 1875-76; nel qual caso si è obbligati
non di rado ad aggiungere danno a danno, disfacen-
dosi della merce a qualunque prezzo, per la difficoltà
di tenere lungamente oziosi forti capitali.
Si comprende di leggieri che a questa crisi econo-
mica che per tanti versi involgeva tutto il paese, le
casse dello Stato non potevano affatto sfuggire. Furono
anzi le prime a risentirne gli effetti fin dal primo suo
annunziarsi; ossia fin dall'anno i865, nel quale pre-
sentarono un deficit che fu necessario coprire col pro-
dotto di un prestito. A cominciare da detto anno i865,
i bilanci dello Stato per sé stessi scarsissimi, si chiu-
devano tutti gli anni con nuovi deficit, che venivano
metodicamente coperti da nuovi prestiti; i quali, co-
munque di piccole proporzioni presi separatamente, au-
mentavano per via anno per anno, ed in numero ed
in entità, aumentando ogni volta il deficit dell' anno
seguente.
In tutta la serie dei i4 anni decorsi dal i865 al 1878
inclusive, non si contano che appena quattro anni nei
quali si andò esenti da imprestiti; ma due di essi rima-
sero compensati da prestiti maggiori degli anni anteriori
e susseguenti, e gli altri due da quegli anni nei quali
vi fu un doppio prestito, uno intemo e l' altro esterno ;
sicché fra interni ed esterni si arrivò a contrarre nei
detti i4 anni ben iorfici prestiti successivi. L'ammon-
tare dei prestiti interni fino a tutto il 1878 fu di
pezzi 19,318,800; e quello dei prestiti esterni di pezzi
49,023,300 che aggiunti ai 5,8 10,000 di prestiti ante-
178 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
riori formano la cifra complessiva di 54,883,3oo pezzi,
ammontare del debito estemo del Chili nel i® gen-
naio 1879. Qui però è bene avvertire che da questi
55 milioni circa del debito estemo, 35 furono impiegati
nella costruzione di ferrovie attualmente in esercizio.
L'ultimo anno di pace, 1878, nonostante le tante eco-
nomie introdottesi in tutti i rami della pubblica ammi-
nistrazione, si dovè ricorrere a un prestito di 3,960,000
pezzi, per spingere innanzi la pesante barca dello Stato;
ad una cifra che messa in relazione con un bilancio
annuo che arriva appena ai i5 o 17 milioni, era più
che sufficiente per dar da pensare e, se si vuole, per
atterrire gli statisti chileni (i).
Né migliore era d' altra parte la condizione dei Mu-
nicipi!, come lo attesta la Memoria che ti Ministro
(i) Perchè i nostri lettori possano comprendere fino a che
punto il Governo chileno spingeva le sue economie, togliamo
dalla Memoria presentata dal Ministro di giustizia al Congresso
del 1 880, il seguente brano : « Continuano vacanti tm posto
di Ministro (Consigliere) della Corte di Appello della Serena
fin dalt Agosto del 1878, e quello della Giudicatura di Petorca
dal giugno 1879. Comunque al non provvedere iìi\ora ai men-
zionati posti della magistratura si abbia avuto in vista lo scopo
di fare una economia senza danno del servizio pubblico, la dr-
costanza che questo sicUo di cose impone un carico pesante e già
molto duraturo agli avvocati chiamati dalla legge a supplire le
vacanze della Corte della Serena, ed i frequenti reclami d^U
abitanti di Petorca, obbligheranno forse a nominare presto le per-
sone che debbono coprire tali posti. • p. 6. — Come si vede, cv n-
trariamente a quanto asseriva il Ministro, 1* economia era fatta a
discapito del servizio pubblico, e fino dalla metà deU' ultimo anno
di pace 1878.
DI GUERRA AL PERÙ 179
deir Interno presentava al Congresso nazionale del Chili
il i5 giugno 1880; memoria nella quale si legge :
a Attesa la scarsezza dei loro fondi, i Municipii possono
appena attendere, nonostante il soccorso governativo,
a tutti i rami del proprio servizio. Molti di essi sono
gravati da prestiti contratti in altre epoche in beneficio
del mìglioratnento locale, colla speranza di poterli co-
prire col crescente aumento delle loro rendite. Disgra-
ziatamente queste aspettative sono rimaste ordinaria-
mente burlate.... e lo Stato è corso in loro aiuto; al
quale effetto il Congresso ha votato annualmente al-
cune somme nella discussione dei pubblici bilanci. >
Stato, Municipii, commercio, industrie e popolazione,
tutti contorcevansi penosamente al sorger del 1879 fra
strettezze economiche sempre più incalzanti ; e questo
stato di cose da cui si voleva uscire ad ogni costo, fu
una nuova e potente spinta, una delle cause di primo
ordine che decisero il Chili, Governo e popolo, a chiu-
dere la parabola descritta dalla politica nazionale, col-
r unica soluzione da tanto tempo attesa e preparata,
di migliorare le proprie condizioni a spese dei deboli
vicini, Perù e Bolivia.
Mentre ì ricchi deserti di Atacama e di Tarapacà,
si presentavano agli statisti e politicanti chileni come
r unico porto di salute, si per le rovinose finanze dello
Stato, come per V economia generale del paese, il roto
deliziavasi già anticipatamente nella prospettiva del
grosso bottino che avrebbe potuto raccogliere in una
felice scorrerìa sulle ricche terre del Perù; di quel Perù
che non aveva mai perduto per lui l'antica £Eima
i8o VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
di opulenza, e che fra le privazioni della propria mi-
seria avea sempre guardato coli' occhio dell'invidia e
dell' avidità.
Non appena sparsosi il primo rumore di una pro-
babilità di guerra, il roto di oggi ed il roto di ieri -
il piccolo impiegato ed il nullatenente della nascente
classe media - non vedevano più che il Perù nei loro
sogni, ed arrivavano a veri trasporti di gioia ai soli
nomi di Lima e di Chorrillos.
Lima, l'antica città dei Viceré, tutte le cui case
magnatizie si supponevano zeppe di vasellerie di oro
e di argento, come ai tempi delle colonie; Chorrillos,
la fastosa villeggiatura dei signori della Capitale, ove,
oltre alle ricche suppellettili, la fama collocava in ogni
Rancho^ o casa, interminabili cantine ripiene dei più
squisiti vini d'Europa^ infiammarono in un subito tutte
le immaginazioni; ed in tutto il Chili, prima a voce
più o meno bassa, durante il febbraio e marzo 1879,
e poi a voce alta e stridente dopo la dichiarazione di
guerra, non si udivano che queste due parole: A Lima!
a Chorrillos 1
Né erano solamente il roto ed il nullatenente della
classe media, che davano in queste voci. Altri v^eran
pure che a sempre più incitarli su tale via, facevan
coro con essi ; e questi altri stavano in tutte le classi
sociali. La stampa giornalistica di tutte le classi e di
tutti i partiti, cominciando da quella dei preti che era
la più furiosa, non parlava che di ciò.
Lima e Chorrillos furono sempre oggetti di odio, quasi
per ogni chileno. E pur troppo risaputo, che V invidia
DI GUERRA AL PERÙ i8i
e r emulazione sono due passioni che si esercitano quasi
esclusivamente a danno dei più prossimi, sia nello spa-
zio, sia nei vincoli delle relazioni naturali e sociali. Quel
tapino che s' inchina pieno di umile e strisciante rive-
renza innanzi air opulento fasto di persona che non co-
nosce affatto, o di nome appena, arde d'invidia alla
semplice vista della mediocre agiatezza del suo vicino;
ed egli si crederebbe meno infelice, forse felice anche,
sol che gli fosse concesso di vedere V odiato vicino da
cui non ricevè mai offesa alcuna, altrettanto o più ta-
pino di lui medesimo; e comincia a poco a poco ad
odiarlo, a desiderargli dei male, ad affaticarsi per far-
gliene. Quella donna che va in estasi d'ammirazione
al racconto delle gioie che la bontà, la beltà e l'opu-
lenza procurano alle lontane figlie di Eva che giammai
conobbe ed a cui nessun vincolo la unisce, è presa da
un furore che va fino allo spasimo, se apprende che
queste medesime cose riguardino una sua parente, amica
o vicina; essa l'odia di gelosa invidia fin da quel primo
istante, e darebbe tutto quanto ha dì più caro al mondo
per veder distrutta la sua felicità. Fonunatamente, dì
questi uomini e di queste donne, speriamo almeno, non
sia pieno il mondo.
Ecco appunto quel che avveniva nel Chili, rispetto
alla Repubblica vicina e sorella, il Perù, fino dall'epoca
della comune indipendenza. L' antica opulenza del Perù
aumentata di mano in mano, prima col guano e poi
col salnitro, era il dardo che segretamente pungeva la
quasi generalità dei chìleni. Chorrillos, il luogo di de-
lizia per eccellenza dell' alta società di Lima nella sta-
i82 VERE CAUSE DELLA DICHIARAZIONE
giooe dei bagni, era l' incubo doloroso quasi della ge-
neralità delle donne chilene.
Come tutti i giorni aveva occasione d' intenderlo, sia
più o meno velatamente dai numerosi stranieri che vi-
sitavano i diversi paesi dell'America meridionale, sia
senza nessun velame, dai cbileni medesimi, la donna
chilena sapeva di essere meno buona, meno bella, meno
spiritosa della donna limegna; e gelosa dei suoi trionfi
muliebri, non ardeva che di un solo desiderio :' veder
distrutto quel Chorrillos, dove l' invidiata limegna im-
perava durante quattro mesi dell'anno in tutto lo splen-
dore della sua bontà, della sua bellezza e della sua
grazia.
Ecco perchè tutti ad una voce, uomini e donne, non
facevano che ripetere agli orecchi del roto: A Linoa,
a Chorrillos.... a Lima, a Chorrillos! affinchè il rofó,
attratto sempre più dalla doppia illusione del bottino
di Lima e delP orgia di Chorrillos, superasse intrepido
tutti gli ostacoli che trovasse sul suo cammino, ed ar-
rivasse vittorioso a quella Lima ed a quel Chorrillos
che doveva distruggere fino dalle fondamenta, dopo
aver profanato i dorati saloni colle luride scene delle
sue orgie araucane(i).
Ed ecco poste in luce le tante diverse cause per le
quali si comprende e si spiega come avvenne che la
guerra col Perù, abbenchè senza nessuna vera ragione
(i) Chorrillos più non esiste, e Lima fu salvata appena dai-
r influenza di una forsa maggiore} a gran dispetto delle sojda>
tesche chilene, come diremo a suo luogo.
DI GUERRA AL PERÙ 183
ostensibile, fosse pel Chili una guerra eminentemente
nazionale, da tutti desiderata e voluta, e da tutti spinta,
con un ardore ed un odio mai venuti meno, fino agli
ultimi eccessi.
La guerra contro il Perù era pel Qiilì una questione
complessa di bisogni economici, di ambizione, d'invida
gelosia; una guerra di passioni infine, e delle più forti
e violente.
»• — Caitano, Guerra ^America,
IV
IL PER Ò
SOMMARIO
Prime origini delle discordie civili al Perù. - Il Perù ebbe una
civiltà prima della dominazione spagnuola. — Gli Inca, — Come
si formarono le tre razze, causa prima dei mali del Perù. —
Come si mescolarono le razze. — Varietà provenienti dagli
mcrociamenti delle diverse razze. — Popolazione del Perù
distinta per razze, nell' anno 1796. — Famiglie spagnuole sta-
bilite al Perù. — Civiltà e coltura che esse vi portarono. —
Dopo la guerra d' indipendenza si adotta la forma di governo
di repubblica democratica. - Disordini che ne nacquero.' —
Lima e sua popolazione eterogenea. — I pronunciamUntos. -
Il partito militare. - Come e perchè avvengono le rivoluzioni.
- I caidos. " La donna peruviana : sue qualità ed influenza.
~ La marina peruviana : perchè è superiore al soldato di
terra. - Gli affaristi e gì' intriganti. -• Danni derivati allo
Stato dai raggiri degli affaristi. - Il partito civilista, - Cause
che resero vani i tentativi del dvilismo, - Il Presidente Pardo
- L« Banche e la moneta cartacea. - Pieitito allo Stato, t
corso forzato. - Jos^ Simeon Tcjeda. - Il generale Fnda. -
AgitaiioDÌ di ordine sociale. - Assassinio di Manuel Pardo. -
Governo debole ed essatotalo.
KDOci di parlare dello stato econo-
I del Perù in una seconda parte
presente lavoro nella quale tratte-
I del suo avvenire, ci limiteremo
nomento a considerarlo unicamente
sotto i punti di vista sociale e |>olitico, onde cono-
scere le vere sue condizioni al cominciare della guem,
e poter quindi portare un esatto giudizio sull'azione
da esso spiegata in una lotta, nella quale erano ìm- .
pegnati i più vitali suoi interessi. '
Si è tanto parlato, in questi ultimi tempi massima-
mente, delle discordie e delle guerre intestine del Perù, ;
che forse assai difficilmente si troveti fra i nostri let-
tori qualcuno cui tal fotto riesca completamente nuovo.
Ma ciò che i più ignorano o sanno assai imperfetta-
mente, è l'origine e la natura speciale di siSiatta ano-
malìa.
La disunione, ossìa la causa principale e generatrice
di tutte le altre tante da cui ebbero ed hanno origine
il malessere e la debolezza sempre crescente del Perii,
in mezzo ai tanti suoi elementi di prosperità e di forza,
nasce anzitutto dalla mancanza di omogeneità della
sua popolazione; la quale è un aggregato di più razze
diverse che differiscono immensamente fra lorcs e per
carattere, e per aspirazioni.
IL PERÙ 187
Questa strana miscela di razze non è punto un fatto
di ieri. Essa viene da più secoli indietro: dai lontani
tempi cioè della conquista spagnuola, e della lunga
epoca coloniale, durante la quale crebbe e si formò.
Come tutti sanno, quando il famoso conquistatore
spagnuolo, Francisco Pizarro, pose per la prima volta
il piede sul suolo peruviano, non trovò certo una terra
incolta e disabitata, o semplicemente popolata da no-
madi tribù di selvaggi, come avvenne in altre contrade
del nuovo continente.
Il Perù era invece un vasto e popoloso impero, retto
dalla nobile ed antica dinastia degVIncas, che si dice-
vano discendenti del Sole, che avevano una sfarzosa
corte di numerosa e possente aristocrazia, e che ave-
vano elevata la grossa popolazione, che governavano
con un dispotismo benevolo e quasi patriarcale, ad un
grado di civiltà relativamente maraviglioso (i).
Dall'uno all'altro estremo dell'immenso impero de-
gl'Incas erano grandi e fiorenti città, con piazze, pa-
lagi e templi sontuosi e colossali di cui ancora veggonsi
i resti; eranvi scuole per i nobili, fortezze di diverso
genere, e strade militari di più centinaia di leghe, con
numerose case di fermata pei corrieri imperiali, che
mantenevano la Corte in continua relazione colla rete
di funzionarli superiori ed inferiori gerarchicamente
(i) « La stirpe degi'/ncas, che dominò il Perù durante quattro
secoli, fondu un impero vastissimo il cui stato di cultura e la
coi organizzazione sociale e politica hanno causato l' ammirazione
degli storici. •
Mesa y Lkoupart S/oria di America, v. i, pag. 289.
i88 IL PERC
costituiti. Eranvi estesi campi lavorati col sistema d'ir-
rigazione, giardini incantevoli per ricchezza di natura
e d'arte, miniere d'oro, d'argento e di pietre preziose
in continua lavorazione, fra le quali una ricchissima
di lapislazzuli, di cui si sono perdute le traccie, ma di
cui esistono ancora i ricordi. Eranvi fabbriche di sto-
viglie, huacoSy che tanto ricordano i nostri pregiati
avanzi etruschi; fabbriche di tele e di stoffe della finis-
sima lana di vicugna dai vivi e brillanti colorì, che
tanto si rassomigliano alle chinesi, e che oggi ancora
il viaggiatore curioso ed erudito può estrarre da sé
dai secolari cimiteri di quei tempi, oggi ancora popò-
lati di mummie forse meglio conservate delle egiziane,
e con processi certamente migliori e più semplici (i).
Un po' per forza, un po' per tradimento, come quello
a danno dell' ultimo Inca Atahualpa - tradimento che,
comunque benedetto dall'avida stola del frate dome-
nicano Valverde, rimarrà sempre nella memoria dei
popoli come una offesa all' umanità - il conquistatore
distrusse ogni cosa; ed il docile, laborioso e civile peru-
viano dell' impero Inca, divenne tosto l'Indio turbolento,
infingardo ed abbrutito della colonia spagnuola.
L'indigeno ridotto a servitù e lo spagnuolo conqui-
statore fattosi padrone, formarono le due prime razze
diverse: ed il male non sarebbe stato poi tanto, se le
cose fossero rimaste lì. Ma la feracità del suolo che
dava ad esuberanza quanto gli si domandava, fece
venir voglia di aumentare i prodotti coli' aumento delle
(i) Vedi l'appendice (*) in fondo al capitolo.
IL PERÙ 189
braccia che doveaD procacciarli, e non pago del servo
divenuto pigro, il conquistatore trasse al Però lo schiavo
negro dalle coste africane: quindi una terza razza;
e cominciò di qui il vero male.
Le due prime razze, la spagnuola e l' indigena, che
col tempo si sarebbero a poco a poco amalgamate in-
sieme e fuse runa neil' altra, si divisero ancor maggior-
mente runa dall'altra, allorché una terza razza d' assai
inferiore moralmente e troppo diversa nella esteriorità
fìsica, si pose in mezzo a loro. La differenza di razza,
che nel primo caso sarebbe rimasta inavvertita - nes-
suna delle due essendo inferiore all'altra nell'origine,
perchè entrambe libere, e non essendovi affatto fra
loro tale diversità nelle parvenze fìsiche da non dovere
sparire facilmente dopo i primi incrociamenti - si raf-
forzò sollecitamente allorquando, intromessasi fra loro
una terza razza colla quale ogni fusione era per sé stessa
degradante, e che lasciava lunghe traccie che non pote-
vano sparire se non a capo di molte generazioni, eb-
bero luogo i primi incrociamenti di questo genere.
I^ prima delle due razze principali che cominciò ad
incrociarsi colla razza schiava dei negri, fu ritenuta dal-
r altra come indegna della propria alleanza; e nacque
così l'idea delia diversità di razza come elemento di di-
visione, che prima non esisteva, fra la spagnuola e l'in-
digena ; fra queste due razze primitive, destinate a fon-
dersi intimamente P una nelF altra, e che già avevano
percorso un gran cammino su questa via, coi nume-
rosi matrimonii avvenuti fra spagnuoli ed indigeni ap-
partenenti alla nobile e lunga aristocrazia Inca.
I90 IL PERÙ
Compera ben naturale, i primi incrociamenti colla
razza nera si fecero dalla parte più rozza ed incivile
della razza indigena, la quale, compresa tutta intera
di fronte alla spagnuola nella riprovazione attiratasi
dalla più abbietta sua frazione, si separò sempre più
da quella, accrescendo e rafforzando così sempre più
l'odio che la conquista avea lasciato nel suo animo;
odio, che la lunga azione del tempo non ha potuto
distruggere interamente, e che solo è pervenuta a mi-
tigare, trasformandolo in una sorda rivalità, che i me-
statori politici hanno assai spesso ravvivata, massime
durante l'attuale epoca repubblicana, per servirsene
come arma e strumento della loro personale ambizione.
Né questo è tutto. Sebbene la razza negra, rimasta
nello stato di schiavitù fino al i854, non abbia potuto
giammai rilevarsi dalla propria degradazione per pre-
tendere di rivaleggiare colle altre due, fu però ancora
causa prima, sebbene indiretta, di un nuovo elemento
di discordia e di una nuova rivalità, per mezzo della
libera e numerosa razza che nacque dai suoi molte-
plici e successivi incrociamenti, ossia della così detta
raj^a mista, o dei meticcL
Classificare distintamente tutte le diverse tìnte o ra-
mificazioni di questa ra^a mista - confuso prodotto dì
tanti e così diversi in crociamenti - sarebbe opera tanto
difficile da divenire quasi impossibile. E qui è bene
avvertire anzitutto che lo spagnuolo istesso, vinta man
mano la sua prima ripugnanza, non rimase affatto estra-
neo col tempo a questi incrociamenti cdla razza nera:
se lo spagnuolo di sangue blu non discese se non ra-
IL PERÙ 191
raxnente fino ad essa, non avvenne affatto lo stesso a
quello delle ultime classi sociali ; ed occorse spesso a
lui medesimo, per dritto o per rovescio, di lasciarsi
sedurre dalle particolari attrattive di una discendenza
africana di seconda, terza o quarta edizione.
Tutti sanno che, dato un primo ed unico incrocia-
mento della razza bianca colla nera, i segni caratte-
ristici di quest'ultima non spariscono che lentamente
dalla prima fino alla quinta o sesta generazione; senza
parlare dell' atavismo, ossia del possibile ritorno di ve-
stigi africani, anche quando erano già spariti del tutto
precedentemente. Dicasi lo stesso di un primo ed unico
incrociamento con essa razza nera, fatto dalla razza
indigena; i cui prodotti portano con sé certe differenze
da quelli dell'incrociamento bianco-nero, che non isfug-
gono certo ad un occhio esercitato, sebbene passino
inavvertite innanzi agli altri. Ciò nasce dalle origina-
rie differenze delle razze europee da quella indigena
del Perù ; la quale si diversifica da quelle pel note-
vole abbronzamento del colorito, per la rozza ampiezza
del viso e della cintura, per l'eleganza e piccolezza
delle estremità, per la somma morbidezza e soavità
della cute indipendentemente da ogni influenza atmo-
sferica, e pei lunghi ed abbondanti capelli di un nero
'ebano deciso.
A queste differenze, estensibili in diverso grado a
più generazioni discendenti da un primo incrociamento
delle razze europee ed indigena colla negra, bisogna
ora aggiungere quelle proprie dei diversi e molteplici
incrociamenti fra loro di questi svariati frutti degl'in-
192 IL PERÙ
crociamenti primarii e secondarli, e solo cosi puossi
arrivare in certo qual modo a darsi ragione delle tante
diverse varietà che compongono la famiglia, o se vuoisi,
il genere delle raf^é miste, ZambOy sgambo prietOy
^ambo cloro, {ambo cholo, mulatto, quarterone, chino
(che qui non vuol dir punto chinese) chino cholo, chino
claro, e via via, sono tutti nomi in massima parte in*
traducibili, dei molteplici e confusi prodotti degl' incro-
ciamenti primarii e secondarli, che, come dicemmo in-
nanzi, formano altrettante varietà diverse e distinte fra
loro, le quali vanno poi tutte insieme comprese sotto
il nome generico di razze miste o meticci.
Or bene, questa eterogenea razza di meticci, che, in-
dipendentemente anche da altre cause di cui parleremo
or ora, cerca di nascondere la propria origine più o
meno africana col lustro di un'alta posizione sociale,
sovrapponendosi alle due razze primitive, alla spa-
gnuolO'Creola ed alla indigena, costituì una terza razza
rivale, quella appunto che essendo la più turbolenta
e la più pretendente di tutte, concorse maggiormente a
mantenere sempre acceso il fuoco della discordia e
della rivalità fra tutte e tre.
Dalla Memoria o relazione del Viceré di Spagna
Don Francisco Gii de Taboada y Lemos, appren-
diamo che, secondo il censo fatto da lui praticare
Tanno 1796, ultimo del suo governo, la popolazione del
Perù si componeva In quelF epoca di 1,076,122 abitanti,
classificati come appresso: 1 35,755 spagnuoli-creoli,
608,894 indigeni, 244,436 meticci, 4 1,2 5 6 negri liberi,
4o,336 negri schiavi, 2,217 religiosi e 1,261 religiose.
IL PERO 193
Le tre razze, spagnuolo-creola, indigena e meticcia,
erano adunque già formate nel 1796, ossia 25 anni
prima della proclamazione della Repubblica indipen-
dente del Perù; e fu appunto su quelle basi che essa
si organizzò. Un censo così esatto e particolareggiato
come quello del 1796 non si è mai più avuto in ap-
presso; nondimeno, stando a quello praticato nel 1876,
che dà una popolazione di 2,699,106 abitanti, pare che
dette razze serbino fra loro, approssimativamente al-
meno, la seguente proporzione : cinque decimi la razza
indigena, tre la razza mista o meticcia, e due la spa-
gnuolo-creola o bianca; ossia la medesima relazione,
con lieve differenza, nella quale si trovavano l'anno 1796.
Molti, se non i più degli spagnuoli che durante il re-
gime coloniale si stabilirono nel Perù, appartenevano
alle migliori classi sociali. Nobili ammiseriti e cadetti
poveri delle grandi famiglie di Spagna sollecitavano
con istanza dal Governo patrio le onorevoli e lucrose
cariche del Vicereame del Perù, onde dorare i loro
blasoni; e non pochi di essi, allorché venivano rimossi
dai loro uffici per cedere il posto ad altri che si tro-
vavano in eguali condizioni, dispiacenti di abbandonare
le delizie della vita peruviana, che offrivano larga-
mente la mitezza del clima e le ricchezze assai facili
ad acquistare, anziché ritornare in patria, vi si stabi-
livano definitivamente, dandosi alle ricche industrie del-
l' agricoltura e delle miniere, che a loro non costavano
altra fatica, fuor quella di comandare; poiché quelli che
lavoravano erano lo schiavo negro e V indigeno più o
meno servo. La prova di questo fatto si riscontra fa-
194 ìL perù
cilmente oggi ancora nelle più antiche famiglie peru-
viane, fra le quali si trovano i più grandi nomi dì
Spagna ; e non solo di rami collaterali, ma ben anche
di tronchi principali che sparirono dalla madre patria
iberica.
In un registro ufficiale degli ultimi anni del regime
coloniale, troviamo che, a cominciare dalP epoca della
conquista, eransi definitivamente stabiliti nel Vicereame
del Perù, creando famiglie che divennero e rimasero
peruviane, un Duca, 46 Marchesi e 35 G)nti dì Spa-
gna, oltre un estesissimo numero di cadetti senza tìtolo
delle più antiche case solarle gas, ossia nobili (i).
Questi magnati della immigrazione spagnuola sce-
glievano ordinariamente a loro residenza la Capitale
del vicereame, ossia Lima, come dice anche nella sua
(i) e Gli alberi generosi della nobiltà più chiara di Europa
hanno esteso i loro nobilissimi rami nel Perù, che avendo le ra-
dici in Castiglia danno fiori in Lima. >
D. FRANasco DE EcHAVB Y Assù, Caballero de la Orden de
Santiago, La Estnlla de Urna, stampato in Anversa, l'anno i6S&|
e La nobiltà della città di Lima ha nelle sue vene quanto san*
gue gloriosamente illustre conservarono le montagne di Castig
nella invasione africana, per rifare col suo valore ciò che ave
perduto per sua incuria, e ristabilire la monarchia spagnuola né
ingiurie del tempo e dell' invidia. Non vi ^ tronco di casa grai
o titolata di Spagna che non riconosca rami legittimi della s
radice nelle famiglie di quel nuovo regno, nel quale si arricc'
rono con gloriosi trofei e con grandissimi maiorascati e
dite. *
Don Antonio de Montalvo, naturai de SevìUa, Ei Sci
Ptrùy stampato in Roma 1' anno 1683.
i
IL PERÙ 195
citata Memoria il Viceré de Taboada y Lemos, colle
seguenti parole : e Siccome Lima fìi dalla sua fonda-
zione, verso l'anno i533, la capitale di questo esteso
impero e la sede dei suoi Viceré, si riunirono in essa
come nel suo centro, non solamente i primi conqui-
statori del Perù e loro discendenti, e quelli cbe ven-
nero d^ Europa colle onorifiche occupazioni di Magi-
strati e di Giudici per amministrar la giustizia, ma
quelli ancora che desiderosi di prender parte nelle im-
mense ricchezze di questo regno, solcano i mari ani-
mando V industria ed il commercio (cap. III). »
Educata alla migliore civiltà di Spagna, questa gente
non poteva affarsi a vivere fra le tenebre della barbane,
come quella che piò o meno assoluta regnava nelle
altre Coionie americane, e si occupò con tutta la sua
potenza, che non era poca, e nella Cone dei Re di
Spagna e presso il Governo locale, per la creazione
di numerosi istituti d* istruzione ; sicché Lima ebbe a
godere di buon'ora di questi ed altri molti elementi
di diffusione della civiltà. Ebbe prima due Collegi im-
piantati sul sistema dei migliori di Spagna, e poi
nel i53i una Università dal nome di S. Marco, con i5
cattedre, che divenne presto famosa, accorrendosi ad
essa da tutte le altre pani dell'America meridionale.
Nel lySSebbeunpiccolo anfiteatro anatomico, e nel 1796
un'Accademia nautica. Nel 1791 vide fondarsi da una
società di letterati peruviani il giornale intitolato El
Mercurio Peruano, che si occupava principalmente di
scienze e letteratura, e che trovò un'eco di simpatia
fino in Europa; e nel 1793 vide sorgere anche un se-
196 IL PERÙ
•
condo giornale, polìtico-notiziario, La Gajeia de Lima:
sicché la sua civiltà correva, con corta differenza, di
pari passo con quella d'Europa, alla cui luce s^in-
formava.
La popolazione del Perù, adunque, o meglio di Lima,
godeva già di una certa istruzione e civiltà fino dai
tempi delle colonie; e contava fìra i suoi figli non
pochi uomini veramente eminenti per sapere e dot-
trina, di cui rimane ancor vivo il ricordo, quando tutti
gli altri paesi d'America, eccetto il Messico, langui-
vano ancora nelle tenebre di una barbarie piò o meno
profonda.
Venute le guerre della indipendenza americana, e
proclamatasi questa, dove prima, dove dopo, in tutte
le antiche G>lonie del Continente, il Perù adottò come
legge fondamentale dello Stato la forma democratica
più assoluta, concedendo così in diritto come in fatto
a tutte le diverse razze e classi indistintamente, meno
la schiava, la stessa somma di diritti politici; ciò che
non stava affatto in relazione col diverso grado di ci-
viltà delle medesime, e che fu l'effetto di due dif-
ferenti cause : della mitezza di carattere della razza
bianca, o spagnuolo-creola snervata dalle mollezze del-
l'opulenza, come osservava il Viceré de Taboada y Le-
mos nel 1796, la quale non si affaticò punto a fer
valere sulle altre, come nel Chili, la preponderanza
che le davano le sue ricchezze e la sua maggiore ci-
viltà ; e della prevalente opinione dei non pochi lette-
rati dottrinari di Lima, i quali, guidati dalla semplice
illusione dei principii, com' é proprio dei dottrinari di
IL PERÙ r97
tutti i tempi e luoghi, senza punto tener calcolo della
loro maggiore o minore applicabilità secondo il grado
di civiltà dei popoli, credevano trovare nella somma
libertà ed uguaglianza di una Repubblica democratica
per eccellenza, la fonte più certa e sicura di prosperità
e progresso.
Le crociate, si nel Perù come in Bolivia, Venezuela
e Colombia, contro le tendenze più o meno monar-
chiche di Bolivar e di San Martin, che furono i prin-
cipali e veri fattori della indipendenza americana, mos-
sero e furono ardentemente alimentate sempre dai
dottrinari di Lima. Nondimeno è fuori di dubbio che
una saggia monarchia rappresentativa, come quella che
SI felicemente regge i destini della nostra Italia, sa-
rebbe stata P àncora di salute di tutti questi paesi, li-
berandoli dalla quasi continua anarchia e sgoverno,
che furono le sole conseguenze del loro esagerato e
male inteso liberalismo.
I dottrinari di Lima però tardarono assai poco a
raccogliere il frutto delle loro illusioni. Seminate in
terreno non ancor preparato a riceverle, fra uomini e
razze per civiltà disuguali, la somma libertà e la somma
uguaglianza si convertirono presto in somma licenza
ed in sommo disordine. Sorsero immantinenti le am-
bizioni smodate della feccia, cui tennero dietro le ri-
voluzioni sempre più incalzanti ; ed essi, i dottrinari,
furono i primi a percorrere più volte il triste cammino
deir esilio.
La po^lazione di Lima nel 1796, come si rileva dal
censo praticato in quell' anno, ascendeva a 62,627 abi-
198 IL PERÙ
tanti, non compresi ì sobborghi, ed era così divisa:
spagnuoli-creoU 17,21 5; indigeni 3i 19; negri 89601 razza
mista o meticci 23,333. La razza mista era quindi la
preponderante per numero: e poiché tutto fa supporre,
argomentando anche da quello che succede oggigiorno,
che la stessa proporzione esistesse pure ai tempi della
proclamazione della Repubblica^ risulta che la citata
ra^!(a mista era allora, come prima e dopo, la più
numerosa nella capitale.
Quali poi fossero le tendenze e le aspirazioni di que-
sta razza mbta e di tutte le altre, ce lo dice la dianzi
citata Memoria del Viceré de Taboada y Lemos, colle
seguenti parole: « Gli spagnuoli originarli del Perù sono
amanti del fasto e dell' opulenza ; T indio o indigeno è
frugale, più per la sua rozzezza e mancanza di civiltà
che per carattere; il negro e le razze miste sembrano
animati dai medesimi sentimenti della prima classe, alla
quale procurano aggradare colla loro servitù ed uti-
lità (cap. I). » Giudicando da quanto oggi stesso avviene,
il Viceré di cui abbiamo riferito le parole, non poteva
lasciarci un ritratto morale più fedele, nella sua elo-
quente brevità, della tanto eterogenea popolazione di
Lima.
La razza mista o dei meticci, mentre aveva la stessa
tendenza al fasto ed all' opulenza della spagnuolo-creola,
era però obbligata a soffocarla dentro di sé, per la dop-
pia ragione della sua povertà e della soggezione neUa
quale era tenuta dal regime coloniale; e si acconten-
tava, per sodisfarla in parte almeno, di quel poco lusso
riflesso che poteva godere all'ombra delle grandi fa-
IL PERÙ 199
miglie spagnuolo-creole, in cambio della sua obbedienza
ed attaccamento. Per avere un' idea, se non altro, ap-
prossimativa, della vita fastosa che si faceva allora in
Lima, basti sapere, come apprendiamo dalla citata
Memoria vicereale, che vi erano ben i4oo vetture par-
ticolari, tra carrozze e calessi, che affollavano giornal-
mente i pubblici passeggi.
Venuta la Repubblica, e divenuta la razza dei me-
ticci civilmente e politicamente uguale alla bianca o
creola, più non si accontentò del poco fasto riflesso che
poteva venirle da questa a forza di strisciare ai suoi
piedi. Volle invece affrancarsi completamente da essa
e sovrapporsele, tanto per rifarsi della sua passata umi-
liazione e disperderne le traccie, quanto per godere di
un fasto proprio e di una propria opulenza. E poiché
trovava a ciò un invincibile impedimento nella propria
povertà, non vide per arrivarvi sollecitamente che un
solo mezzo: quello di impossessarsi della direzione della
nascente Repubblica, scalando, or coU'astuzia ed or colla
forza, i primi posti dello Stato. Di astuzia non era punto
sfornita^ grazie alla naturale sveltezza di spirito di cui
è generalmente dotata, ed alla semi-civiltà cui era ar-
rivata e per la sua servile familiarità colla razza prin-
cipale, e per le tante vie d' incivilimento e d'istruzione
che offriva la capitale del Vicereame, come s' è visto.
Di forza non mancava neanche, e assolutamente per
esser la razza preponderante di numero in Lima, e re-
lativamente per la mitezza di carattere e quasi abban-
dono della propria supremazia fatto dalla razza bianca
o creola.
fj. — Cai VANO, Guerra «t America.
200 IL PERÙ
Lima che^qual capitale del vicereame, esercitava una
grande influenza su tutto il Perù durante il regime co-
loniale, continuò ad esercitarla egualmente quando da
capitale del vicereame passò ad essere la capitale della
Repubblica: e certo non senza ragione, perchè era là
dove, oltre i grandi dignitari e le prime amministra-
zioni dello Stato, si trovava concentrato tutto quanto
vantava di meglio il paese. Conseguentemente non fu
difficile agli ambiziosi meticci di Lima l'acquistare una
certa influenza sui loro congeneri sparsi per tutta la
Repubblica, nonché sulla numerosa razza indigena che
durante il regime coloniale era stata la più maltrattata,
e colla quale la propria razza aveva maggiore dime-
stichezza ed affinità della creola, a causa di trovarlesi
assai più vicina per la parità di condizione che cor-
reva fra loro. Ed uscendo il grosso delle milizie della
Repubblica, com'era naturale, dalle ultime razzò e classi
sociali, fu ai meticci di Lima assai facile iniziare il
tristo sistema delle rivoluzioni di quartiere, dei pronun-
ciamiéntos di battaglioni, da cui cominciarono quasi
sempre le innumerevoli rivoluzioni del Perù.
Dopo il primo esempio dato dai meticci, venne la
volta della razza indigena; ed or Tuna or l'altra di
queste due razze, or tutte e due più o meno fuse in-
sieme, non lasciarono mai più l'intrapreso cammino
delle rivoluzioni, sia per servire ad aspirazioni di razze,
sia, sotto il pretesto o no di quelle, per servire a interessi
ed ambizioni personali, ciò che avvenne il più sovente.
Sia adunque come strumento di rivoluzione, sia come
elemento di ordine per soffocarla o vincerla, il soldato
IL PERO 20 1
divenne l'arbitro del potere pubblico; e nacque cosi
fino dall' instaurarsi della Repubblica il così detto par-
tito militare: partito sui-generis, che meglio conver-
rebbe chiamare partito di potere e di rivoluzione, es-
sendo stato mai sempre diviso in due grandi frazioni,
una delle quali era al potere (i), mentre P altra lavo-
rava a scalzarla e faceva la rivoluzione.
Questo fatto che un medesimo partito si occupi co-
stantemente a far la guerra a sé stesso - ciò che di-
sgraziatamente non è senza esempio in altri paesi più
antichi in civiltà, e che il lettore italiano, sia esso de-
stro 0 sinistro^ può facilmente indovinare - nasce dal
carattere tutto personale di esso partito; ossia dal vizio
fondamentale di ubbidire non alla forza di una idea o
principio, come il nome di partito vorrebbe dire, ma a
quella invece di semplici interessi individuali, i quali
furono sempre i soli suoi fattori, come brevemente spie-
gheremo.
Scoppiata una rivoluzione col pronunciamiento o sol-
levazione di uno o più battaglioni, il capo di essa si
dedica immediatamente alla organizzazione di un eser-
cito più o meno numeroso, capace di combattere quello
rimasto fedele al Governo; ed avendo 0 no dei mili-
tari alla mano, crea nel circolo de'suoi amici e di
tutti gli sfaccendati che immediatamente gli corrono
i' intomo colla speranza di farsi uno stato, un quadro
(i) Solamente bisogna fare una eccezione riguardo al qua-
rìennio corso dall'agosto 1872 all'agosto 1876, nel quale la
'residenxa della Repubblica fu tenuta da nn non militare.
202 IL PERC
sempre abbondante di ufficiali d'occasione; i quali,
onde assicurarsi le spalline a si buon prezzo ricevute,
si danno con sollecito ardore a reclutare nelle cam-
pagne fra le più basse classi sociali, sia colle buone
sia colla forza, i battaglioni ed i reggimenti che deb-
bono comandare. Formato così l'esercito della rivolu-
zione, se questa trionfa, rimane esso l'esercito dello
Stato; e gli ufficiali improvvisati fra gli amici vecchi
o del momento del rivoluzionario vincitore, sono in-
corporati definitivamente ne' quadri della ufficialità
dello Stato.
In cambio di ciò, gli ufficiali che erano prima in
servizio, e che appartenevano all'esercito del Governo
rimasto vinto, sono mandati alle loro rispettive case
nella qualità di indefinidoSy comunemente detti caidos,
caduti, con una parte di soldo. Questi però non aspi-
rano che a ritornare in attività di servizio, per godere
un'altra volta di tutto il soldo del loro grado; ed alla
prima occasione favorevole che si presenta, corrono
sotto le armi, e formano prestamente un esercito nel
quale prendono anzitutto posto gli amici del preten-
dente che batte a raccolta, non altrimenti che si formò
l'esercito una volta della rivoluzione e poi del Governo
che debbono combattere; i cui ufficiali, se perdenti,
passano a lor volta allo stato di caidos^ per quindi
rimettersi a lor volta in una nuova rivoluzione.
Queste ripetute rivoluzioni che si succedono con
poca distanza l'una dall'altra, ognuna delle quali
crea un gran numero di nuovi ufficiali presi dalle
classi agricole ed operaie, e dei nulla facteuti o dì-
IL PERÙ 203
soccupati, che gli uni dopo gli altri vanno tutti man
mano ad ingrossare la lunga fila degV indefinidos^ o
caidoSj per poi in parte risorgere e cadere a vicenda
nelle successive rivoluzioni, tanno si che oltre gli
ufficiali in servizio, vi sia sempre in tutta la Repub-
blica, e massimamente in Lima, un numero dieci
e dodici volte maggiore di caidos; i quali, vivendo
completamente oziosi col piccolo soldo di indefinidos
che lor paga lo Stato, mentre da una parte gravano
enormemente i bilanci del pubblico erario, sono dal-
Taltra sempre disposti ad entrare in rivoluzione, a
solo scopo di guadagnare l'attività di servizio e far
carriera. Si trovano perciò sempre pronti al primo grido
di rivolta lanciato da un Generale o Colonnello caido
com'essi, che ha dei mezzi proprii o d'altrui per or-
ganizzare una rivoluzione, ed abbracciano la sua causa
che non è d'ordinario se non puramente personale,
per motivi anch'essi del tutto proprii ed individuali.
E sono questi appunto, tutti questi ufficiali, che stanno
continuamente a giuocar l'altalena fra loro, e le cui
file s'ingrossano tutti i giorni, quelli che formano il
così detto partito militare; partito dissolvente e disor-
ganizzatore, composto in massima parte di gente senza
mestiere, abituata a vivere a spese dello Stato, senza
fede politica, fannuUona e pretendente, cui ogni pretesto
è buono per sollevare la bandiera della rivoluzione, e
che mantiene sempre accesa la rivalità delle razze, onde
servirsene come strumento di sua ambizione.
Senza la sinistra influenza di questo strano e guasto
militarismo, è fuor di dubbio che a poco a poco sa-
204 IL PERD
rebbe avvenuta col tempo, se non una piena e com-
pleta fusione fra le diverse razze, almeno un'armonia
sempre crescente e apportatrice di una non lontana
fusione; poiché eccetto la smodata ambizione di pochi,
militari ed altri di cui parleremo or ora, col conse-
guente seguito di vizi che porta seco, il carattere del
peruviano, a qualunque razza e classe esso appar-
tenga, è generalmente buono e generoso: qualità che
esso deve principalmente alla benefica influenza che
esercita su di lui la madre, la sposa, la figlia, la donna
peruviana infine, che insieme alle doti fisiche, raccoglie
in sé qualità morali di prim' ordine, tanto per intelli-
genza e coltura di mente, quanto per nobiltà di animo
e delicata squisitezza di sentimenti.
Sia essa creola, indigena o meticcia, e quale che
sia la classe sociale nella quale si trovi, la donna peru-
viana è quasi sempre superiore all'uomo peruviano
che le sta a fianco: capace di ogni virtù, che sovente
spinge fino all'abnegazione, essa è continuamente in-
tenta a migliorare ed ingentilire il morale deir elemento
maschile. A corroborare siffatto principio, oltre la gior-
naliera osservazione diretta, sorge anche quella indi-
retta; la quale mostra che tutti coloro i quali si so-
vrapposero alle influenze di famiglia, o per eccezione
ebbero cattiva madre o cattiva moglie, sono senza
contrasto poco di buono.
I cattivi abiti ed i deplorevoli effetti del militarismo
non sono punto sconosciuti nel Perù; ne si lasciò mai
di declamare contro di essi. Ciò è tanto vero, che co-
munque la carriera militare fosse stata considerala
IL PERÙ 205
sempre, per ragioni di &tto, come la sola che poteva
portare alla suprema magistratura dello Stato, da essa
sola, fuorché pochi casi, essendo usciti sempre i Pre-
sidenti della Repubblica ; pure è stata ed è sempre la
carriera meno stimata nel Perù, da cui rifuggivano con
orrore, salvo rare eccezioni, tutti i figli di famiglie rag-
guardevoli, e tuni coloro in generale che facevano una
certa stima di sé.
Succede per la carriera militare nel Perù, qualche
cosa di peggio che per quella ecclesiastica in molte
Provincie d'Italia, massime nelle meridionali, ove caduta
qual essa trovasi in completo dispregio, solo é abbrac-
ciata dalle più umili classi sociali, come scalino di
relativo miglioramento di condizione.
Ciò però non é riferibile che alla sola ufficialità del-
l'esercito propriamente detto; poiché riguardo a quella
della marina é tutf altra cosa. Gli ufficiali di marina
dovendo avere una speciale istruzione acquistata da
giovani nei collegi ed in apposite scuole, e non poten-
dosi così facilmente improvvisare come quelli di terra
col semplice porsi alla cintura una spada che non si
sa maneggiare, non potevano uscire e non uscirono
mai se non dal seno della miglior razza e classe
sociale; sicché non sono punto da confondere cogli
altri da cui li divide tutto un abisso, come se ne
ebbero le prove nella presente guerra. Negli ufficiali
di marina si trovò invece istruzione, coraggio e pa-
triottismo vero, non di parole; e certo assai diverso
sarebbe stato l'esito della guerra, se avessero avuto
una buona o almeno discreta Sotta da comandare.
2o6 IL PERÙ
Per quella legge naturale di concatenazione di av-
venimenti, per cui succede che uno ne tragga altri
dietro di sé, che senza di quello forse non avrebbero
avuto ragione di essere, a fianco al militarismo sorse
man mano un circolo di affaristi politici, che con esso
faceva causa comune e ne divideva le sorti, con esso
cadendo e risorgendo per frazioni, secondo il vario al-
ternare delle campagne elettorali o rivoluzionarie.
Divenuto il supremo potere dello Stato quasi patri-
monio di militari più o meno fortunati nei campi rivo-
luzionarii, gli ambiziosi non militari ricorsero alla par-
tigianeria politica per avvicinarsi al soglio presidenziale
o dittatoriale, e goderne i favori. Dopo aver concorso a
preparare il terreno alla rivoluzione, sia colla opposi-
zione al Governo nelle Camere legislative, sia sommi-
nistrando fondi per le armi, sia colla stampa, colUiti-
trigo o colla cospirazione, questi affaristi politici si
slanciavano poi come sciacalli affamati addosso al trion-
fatore arrivato al potere, sia per dividerlo con lui in
qualità di ministri od altro, sia per sollecitar grossi
favori; ed al passeggiero capo dello Stato che aveva
trionfato col loro aiuto più o meno efficace, un po'per
gratitudine e principalmente per timore di vederli en-
trare in nuovi piani rivoluzionarii contro di lui, era
giuocoforza subire la loro legge. Di qui le grandi mal-
versazioni dei fondi pubblici e le tante operazioni finan-
ziarie a danno dello Stato, fatte sempre, a loro dire,
ad esclusivo benefìzio dell' azienda pubblica ; poiché, a
sentirli parlare, sono sempre là a sacrificarsi per la
giustizia, pel bene pubblico e per quanto v'ha di più
IL PERÙ 207
sacro al mondo. Del resto, questo predicar sempre
a squarciagola giustizia, lealtà, abnegazione e via via,
al tempo stesso che sono più che mai occupati a fare
orrendo scempio di tutto ciò, è proprio di tutti gl'in-
triganti di tutti i tempi e luoghi ; sicché non può arre-
car meraviglia ad alcuno.
Timorosi di veder abbattuto da un momento alPal-
tro il Governo amico da cui potevano tutto ottenere,
questi mestatori politici del circolo della partigianeria
avevano sempre gran fretta di porre a profìtto la loro
influenza, onde sfruttarla in tutti i sensi e modi prima
che il buon momento scappasse. Patrocinavano quindi,
senza neppur guardarlo, il primo grande affare che uno
speculatore qualunque poneva loro fra mani: e non
mirando che al proprio interesse ed alla necessità di
far presto, spesso, per guadagnare essi una miserabile
frazione di dieci o venti, facevano perdere allo Stato
cento e mille in una rovinosa operazione finanziaria,
che altri dopo di loro, e per le medesime cagioni, peg-
gioravano ancora di più.
Questa, in poche parole, è la storia di tutto il gran
movimento economico del Governo peruviano, salvo
poche eccezioni, per tutto ciò che riguarda prestiti,
opere pubbliche e alienazioni di beni nazionali. E que-
sta in succinto la storia del guano; di questo enorme
tesoro che il Perù ha visto gradatamente sparire con
poco o nessun profìtto suo, per andare ad arricchire
i grandi speculatori stranieri ; i quali altro non dove-
ron fare per impossessarsene, che lasciarne cadere delle
meschine particelle nelle mani di qualche mestatore
2o8 IL PERO
politico del circolo della partigianeria : e questa è pure
la storia della febbre ferroviaria che divorò tanti e
tanti milioni, nonché quella del salnitro di Tarapacà,
da cui il Perù non ha ritratto che debiti.
Il danno arrecato al paese da questo circolo di affa-
risti politici portato su dal militarismo, è indubitata-
mente assai maggiore di quello operato direttamente
dal militarismo stesso; il quale, venuto dai più mo-
desti strati dell'organismo sociale, e sfornito di ogni
autorità morale, non si sarebbe fatto sentire che pei
soli danni materiali delle rivoluzioni, relativamente in-
significanti, se arrivato alla testa del Governo avesse
trovato sempre nella classe civile ed istruita, di cui
non poteva dispensarsi, come non se ne dispensò quasi
mai per le faccende della pubblica amministrazione,
ministri e consiglieri integerrimi unicamente obbedienti
ai veri interessi del paese ed alla voce del proprio do-
vere. Tenendo detta classe civile, come in realtà tenne
quasi sempre, la direzione dei pubblici affari, sotto la
supremazia più o meno nominale del generale o co-
lonnello postosi a capo della Repubblica, avrebbe po-
tuto assai facilmente imprimere una buona direzione
alla barca dello Stato e mantenerla coi suoi sforzi sem-
pre a galla in mezzo alle ripetute e momentanee oscil-
lazioni delle rivoluzioni ; i cui effetti diretti ed imme-
diati non ad altro sarebbonsi ridotti, oltre il sacrificio
delle poche somme spese dalla rivoluzione, che a mu-
tare la persona rivestita apparentemente dell'autorità
suprema^ insieme al cambio della ufficialità preposta
al comando dell'esercito.
IL PERO 209
Disgraziatamente, questo posto che doveva essere
Decapato dalla parte più sana della miglior classe so-
ciale, fa preso d'assalto, salvo rare e lodevoli ecce-
zioni (i), negli ultimi venti anni massimamente, da
quella sua frazione appunto che non ne era affatto de^
gna; ossia dal succitato circolo della partigianeria po-
litica, composto d' insaziabili affaristi reclutati in tutte
le razze e classi sociali, ed il cui nucleo principale
usciva appunto da essa classe migliore, artificialmente
ingrossata negli ultimi tempi da non pochi figli di for-
tunati commerciantucci stranieri, che a solo scopo di ar-
ruolarsi in detto circolo di alti affaristi, rinunziarono
alla nazionalità patema, ottando quella peruviana, cui
dava loro diritto il fatto della nascita sul suolo della
Repubblica.
Il partito militare ed il circolo affine della partigia-
neria politica sono adunque, indipendentemente dalla
differenza delle razze che ne fu la prima causa, le due
piaghe sociali del Perù. Vere piaghe cancerose, il mi-
litarismo e r affarismo lo hanno roso e lo roderanno
sempre fino a lasciarlo cadavere, se un Governo forte
e intransigente non perviene a infrenarli ed a mora-
lizzarli, tenendoli lontani dal potere e da ogni inter-
vento, «ia diretto sia indiretto, nel maneggio delle pub-
bliche faccende.
(i) Lcdevolissime eccezioni furono, per esempio, i dotti e in-
tegerrimi magistrati D. Juan Antonio Ribeyro, D. Eusebio Sanchez,
D. Teodoro Larosa ed altri che in diverse epoche furono chiamati
a reggere i più importanti ministeri del Perù. Ma l'atmosfera gover-
nativa era tanto viziata, che nessuno di essi potè resistervi a lungo.
2IO IL PERÙ
Una volta distrutti o condannati all'impotenza questi
due elementi di disorganamento sociale - il militari-
smo e V affarismo - non sarebbe punto difficile alia
parte sana ed eminentemente ris]3ettabile della società
peruviana, che esiste numerosa, e che le succitate cause
tennero quasi sempre lontano dalla direzione dello Stato,
di far disparire a poco a poco ogni rivalità di razza,
e di portare il Perù a quel grado di prosperità e di
grandezza, cui per tanti versi è chiamato.
Un tentativo di riforma in questo senso fu già por-
tato ad atto una volta nel 1872, dal così detto j^jrtì/o
civilista^ per contrapposizione al militarismo. La lotta
fu lunga ed aspra ; e terminò colla vittoria del civi-
lismo^ dalle cui file usci il Presidente della Repubblica
nella persona del distinto cittadino Don Manuel Pardo,
uomo pieno d' ingegno e di buon volere (che cono-
scemmo personalmente) e soprattutto di una specchiata
integrità.
Disgraziatamente, tre cause diverse concorsero non
solo a frustrare i buoni effetti che siffatto tentativo
doveva produrre, ma a renderlo forse più dannoso
che utile:
i^ Nel momento in cui il Presidente Pardo assunse
nelle sue mani le redini dello Stato, le pubbliche finanze
si trovavano già in una piena bancarotta, solo masche-
rata fin allora dai mille rovinosi sotterfugi cui si era
ricorso dalla precedente amministrazione: sicché non
appena mise egli mano a fare una situazione netta, ed
a porre un limite ai tanti disastrosi ripieghi che au-
mentavano ogni giorno le deplorevoli sue condizioni,
IL PERÙ 211
apparvero queste in un subito come la più tremenda
realtà agli occhi della Nazione che si credeva nuotare
neir oro, e che rimase perplessa tra l' incredulità e lo
sbalordimento, prendendo da ciò occasione i perpetui
rivoltosi, per far credere al pubblico ignorante che tutto
il male veniva da lui. Durante i cinquant' anni di pre-
sidenza militare, dicevano essi, sapevamo di esser ricchi
e lo eravamo difatto, poiché tutti o quasi vivevamo
dello Stato: oggi che è venuto il civilismo al potere,
invece delle passate ricchezze non abbiamo che debiti
e povertà; dunque il civilismo è la nostra rovina, e
bisogna rovesciarlo. Ciò cagionò a Pardo una forte
impopolarità nelle classi inferiori, e le tante rivoluzioni
da cui fu tormentato.
Né ciò deve far meraviglia ad alcuno ; poiché sono
queste ordinariamente le conseguenze di tutte le cat-
tive eredità. L' antecessore che tutto dilapidò, nascon-
dendo la rovina cui si andava incontro, era pel volgo
una cima d^ uomo ; mentre V erede che soffre e lavora,
mettendo una sosta alle dilapidazioni per arrestare la
corrente rovinosa prima che si faccia irrimediabile, è
un perverso.
2* La tentata riforma fii in sé stessa incompleta ;
perchè diretta a combattere il nemico più manifesto, il
militarismo, non si guardò abbastanza dall' altro molto
più pericoloso, comunque meno visibile, delP affarismo,
il quale ne fu quasi la forza principale, e per così
dire r anima e la vita. La frazione del circolo della
partigianeria politica che, durante la precedente ammi-
nistrazione del colonnello Balta, la più ricca in favori,
212 IL PERÙ
era rimasta non solo lontana dalla mensa della dissi-
pazione dei pubblici tesori, quanto danneggiata dalla
influenza esercitata dalla fazione allora dominante, in-
tromessasi onde prender la rivincita in mezzo al par-
tito civilista di buona fede, composto dalla miglior
gente del paese, fu quella che, nascondendo le sue
vere mire, più ardentemente e più attivamente lavorò
per la sua buona riuscita. Perciò, quando dopo il trionfo
della causa civilista la parte sana del partito, che non
aveva nessun fine personale, ritornò al suo normale
stato di quiete, essa si strinse invece, secondo la pro-
pria abitudine, assai più d' appresso al capo dello Stato;
il quale, fidente di non avere intorno a sé che amici
leali animati dagli stessi suoi disinteressati ed onesti
sentimenti, ne subì lentamente ed inconsciamente la
trista influenza.
I due grandi errori commessi da Pardo - la pub-
blica manifestazione fatta nel Congresso delle cattive
condizioni nelle quali aveva trovato le finanze dello
Stato, e la quasi istituzione della moneta cartacea -
non furono dovuti appunto che alle ispirazioni di questi
segreti affiliati del circolo affarista.
Mentre all' esporre francamente la deplorevole con-
dizione economica dello Stato, la grande anima di Pardo
divisava unicamente fare un appello al paese, onde
uscendo dal vecchio cammino della cieca dissipazione
comprendessero tutti, dall' un canto all'altro della Re-
pubblica, la necessità di entrare sulla buona via del-
r onestà, del lavoro e della economia - essi, gli affa-
risti che lo spinsero a tale atto, non miravano invece
IL PERÙ 213
cbe a due scopi assai più concreti: a iniziare la guerra
di rappresaglia contro il fortunato contrattista del guano
che ai tempi del Governo Balta lo strappò di mano
ai loro amici e cointeressati ; ed ai grossi guadagni
che dovevano lor fruttare le operazioni di borsa in
Europa, al sapersi la quasi bancarotta del Perù, che
essi facevano ventilare senza punto credervi.
Queste operazioni di borsa dovevano consistere nel-
Facquisto delle azioni del debito peruviano col gran
ribasso cbe avrebbero avuto a soffrire all'arrivo di tale
notizia, per poi rivenderle a miglior prezzo quando, sa-
putosi che detta notizia era un semplice spauracchio,
sarebbero ritornate al primo loro corso. Sventurata-
mente pel Perù, il suo cattivo stato economico essendo
una realtà, le dette azioni scesero allora e sempre senza
mai più risalire; sicché colF enorme danno pubblico
ne venne uno a quei medesimi che lo avevano pro-
vocato, e che rimasero tutti più o meno rovinati finan-
ziariamente. E poiché é ben raro che qualunque avve-
nimento di una certa importanza rimanga isolato, la
rovina di questi tali fu la prima origine della crisi mo-
netaria che assalì il paese dal 1873 in poi, e della sus-
seguente circolazione forzosa della moneta cartacea.
Onde far fronte alle vistose perdite sofferte in Eu-
ropa, i sum mentovati affaristi che di proprio non
avevano se non il semplice falso lustro di una ingan-
nevole apparenza, ricorsero ai capitali di certa Banca
di emissione del Perù che era il centro ed il covo prin-
cipale di tutti essi, nonché a quelli ancora di alcun'altra
Banca, della cui direzione erano pure pervenuti ad
214 IL PERÙ
impossessarsi, sicché nel corso di appena pochi mesi
sparì quasi tutto il metallico dianzi circolante in Lima,
il quale, tostochè arrivava nelle casse delle succitate
banche, veniva da esse spedito in Europa, e quindi
sostituito in piazza dai loro biglietti di circolazione
fiduciaria, la cui emissione aumentava sempre di giorno
in giorno.
Nondimeno, dopo aver camminato per benino du-
rante circa due anni, questo cattivo giuoco delle Banche
era lì per arrivare alla meritata catastrofe di un fal-
limento vergognoso, che ne avrebbe necessariamente
svelate tutte le magagne. 11 pubblico cominciò un bel
giorno a rifiutare i loro biglietti; e gF interessati affa-
risti non videro che un solo rimedio per evitare la
rovina delle Banche, che in realtà non serebbe stata
se non la completa rovina di essi pochi, colla salva-
zione del pubblico: quello cioè di ricorrere al Go-
verno per far dichiarare di circolazione forzosa quei
medesimi biglietti al portatore, che il pubblico più non
voleva ricevere. Ciò non era molto facile, e sarebbe
staio forse del tutto impossibile se tante diverse cir-
costanze non fossero venute in loro aiuto.
Quasi tutti i piccoli prestiti interni del Perù erano
stati fin allora contratti nella più rovinosa maniera
che si potesse immaginare; ossia pagando il più so-
vente l'interesse dell'uno o due per cento al mese,
con di più una commissione o diritto di mediazione,
che a volte arrivò fino al tre per cento: e ciò senza
tener conto che coloro, che ordinariamente facevano
tali prestiti - alcuni consegnatarii del guano -- non
IL PERC 21 S
prestavano al Perù che i suoi danari medesimi; ossia
il prodotto del suo guano già venduto e non ancora
passatogli in conto. In quel frattempo appunto, ossia
nel 1875, il Governo sì trovava nella più imperiosa
necessità di contrarre un prestito a qualunque costo;
e mal soffrendo il Presidente Pardo di ricorrere al-
l'antico sistema, escogitava una via migliore che non-
dimeno non gli si presentava, quando gli si offrì un
prestito relativamente vantaggioso, a nome e per parte
delle succitate Banche, cui già lo Stato era debitore
di qualche somma, purché venissero esse esonerate
per un determinato tempo (che posteriormente fu reso
illimitato) dall' obbligo di pagare in metallico i loro
biglietti al portatore: ciò che significava e significò di
latto la circolazione forzosa dei medesimi.
Stretto dall'urgenza, oppresso dai moti rivoluzionarìi,
fidente ne' suoi elevati piani finanziarli da cui sperava
dover ritrarre lo Stato tali vantaggi Che potessero facil-
mente risanare tutte le ferite del momento, persuaso che,
come gli si faceva credere, il deplorevole stato delle
Banche venisse appunto dai prestiti fatti al Governo^
il Presidente accettò l'offerta; ed i mascherati affaristi
poterono cosi riparare i propri! malanni a spese degli
abitanti tutti del Perù, e nazionali e stranieri, che colla
crescente deprezzazione della carta-moneta, oggi ridotta
quasi a nulla, han visto man mano scemata e quasi
distrutta ogni loro fortuna (i).
(i) Dopo qualche tempo, il Governo susseguente di Prado
fece propria dello Stato tutta l'emissione cartacea delle Banche,
pagando in questo modo il debito che aveva verso di loro. Au-
M* — Caitano, Gìurra fTAmtrica,
21 6 IL PERÙ
>r<
3® Mancò a Pardo e il tempo di svolgere j>ersonal-
mente i suoi vasti disegni economici, e un successore
degno di lui che ne continuasse l'opera. Al terminare
il quatriennio della sua Presidenza, il suo più gran-
dioso piano finanziario riguardante il salnitro di Ta-
rapacà, aveva cominciato appena a ricevere esecuzione;
ed il suo successore, General Prado, uomo di viste
assai corte, per quanto dabbene, lasciatosi abbindo-
lare dal solito circolo degli affaristi politici, permise
che questi ultimi, facendo del salnitro di Tarapacà un
vergognoso albero di cuccagna per tutti loro, conver-
tissero l'appena iniziato progetto di Pardo, che indubita-
tamente era destinato a ristorare le pubbliche finanze,
in una nuova fonte di dissesti per P erario.
Gii avvenimenti s' intralciano talora sifiattamente
fra loro, anche quelli per nulla soggetti all'umano
volere, quasi avessero mente e vita propria, per
disporsi in modo da produrre un determinato risul-
tato: e fu ciò appunto che fece sorgere nei nostri lon-
tani progenitori delle prime epoche dell'umanità, l'er-
ronea fede nella esistenza di un fato che presiedesse
a siffatto concatenamento. Tutto par che congiurasse,
neppur la cieca legge delia morte eccettuata, contro
mentata enormemente dallo Stato negli ultimi tempi, j>er sc<p<
perire alle spese della guerra, l'emissione della carta-moneta
sorpassa attualmente i cento milioni di soUs; e la sua deprcii
zazione è tale che il sol di carta, il cui valore nominale è d|
cinque lire italiane, oggi 25 luglio 18S1 che in Lima scriviam<i
queste linee, non vale che appena 32 centesimi di lira in me
tallic \
IL PERÙ 217
quel cmlismo che solo poteva e potrà un giorno strap-
pare il Perù dal profondo abisso della sua rovina.
L' uomo chiamato a succedere a Pardo nella Presi-
denza della Repubblica era l'esimio giureconsulto José
Simeon Tejeda; e già tutto il paese, meno gli affiliati
del militarismo e delP affarismo, teneva gli occhi fissi
in luì, quando la morte lo trasse .giovane ancora alla
tomba sul finire del 1874. Robusto di mente, fermo
nei propositi, integerrimo fino ad escludere il sospetto
nell'animo medesimo dei perversi, tanto facili sempre
a malignar di tutto, José Simeon Tejeda avrebbe non
solo continuato, ma perfezionato e completato in tutte
le sue parti il sistema iniziato da Pardo, di rigenera-
zione politica, sociale ed economica del Perù. Morto
lui, il partito civilista rimase un po' sconcertato; e
prima ancora che esso designasse colui che doveva
raccogliere una tanta eredità, affaristi e militari si
affirettarono a hte innanzi il nome del General Prado;
nome che dovea costare tanta vergogna e tante lacrime
al disgraziato Perù!
Prado aveva due circostanze a suo favore : i pro-
speri avvenimenti del 1866 contro la Spagna, e l'es-
ser rimasto fin dal 1867 lontano dal Perù, da cui fu
cacciato con una rivoluzione di /ischi, I fischi furono
presto dimenticati; e la lunga esulanza gli diede presso
il volgo un carattere di vittima, che era rialzato dal
merito dei fatti del 1866; merito dei suoi consiglieri
e dei marini del Perù, non suo, ma che ricadeva ap-
parentemente su di lui come capo dello Stato. Queste
circostanze, abilmente sfruttate dagli speranzosi affa-
21 8 IL PERÙ
rìsti e militari, insieme al veleno sparso nella popo-
lazione che il cattivo stato economico del Perù non era
punto reale, ma un semplice prodotto del civilismo e
che sparirebbe con lui, fecero si che il nome di Prado
fosse sollecitamente accettato dal volgo; facile preda
sempre, in tutti i tempi e luoghi, della spudorata ciar-
lataneria degr intriganti.
Nessuno ignora come facilmente si riscaldino i po-
poli in certi loro entusiasmi, il più spesso assurdi, e
quanto sia difficile il contrariarli od anche semplice-
mente tentare di persuaderli del loro errore; perciò il
panito civilista, temendo di urtar troppo di fronte colia
cosidetta opinione pubblica, lasciò fare.
11 general Prado, e con lui V antico militarismo, as-
sunse la Presidenza nel luglio 1 876. Della sua gestione
abbiamo già detto qualche cosa: ma non è tutto.
Abbenchè il partito civilista, anziché fargli la guerra,
l'avesse piuttosto favorito nella sua elezione, di buono
o mal volere che fosse, Prado, o meglio il circolo di
affaristi che lo dirigeva, sapeva pur troppo che avrebbe
trovato una seria opposizione nel Congresso nazionale,
composto in massima parte di civilisti amici dell'ex-Pre-
sidente Pardo, tutte le volte che avesse tentato un r'i>
tomo air antico sistema di sgoverno e di dilapidazione
del pubblico tesoro. Primo suo pensiero fu quindi quello
di disfarsi di un Congresso, che prevedeva dovesse es-
sergli ostile; e poiché la Costituzione dello Stato non gli
dava facoltà di scioglierlo da per sé, ricorse all'idea di un
plebiscito nazionale che sconoscendone l'autorità, do-
mandasse la convocazione di un'Assemblea costituente.
IL PERÙ 219
Questo progetto che per se sólo necessariamente im-
portava una grande perturbazione in tutta la Repub-
blica, fu reso anche assai peggiore dai mezzi di cui si
fece uso per menarlo ad effetto. Gli agenti del Governo,
principiando da qualche Prefetto dei diversi diparti-
menti della Repubblica, cominciarono a diffondere nella
popolazione la pericolosa idea, che bisognava sollevare
le ultime classi sociali dal loro stato di prostrazione,
e che per arrivare a questo risultato era necessario ri-
darre alia impotenza la classe civile ed istruita, come
la sola nemica di quelle ; e perciò dissolvere quel Con-
gresso nel quale essa classe civile era preponderante, per
quindi convocare un'Assemblea costituente che, amica
del basso popolo, mirasse anzitutto ai suoi interessi.
Siffiitto lavorìo del Governo non rimase punto ste-
rile, e presto cominciarono a piovere dai diversi Di-
panimenti della Repubblica, nel 1877 e 78, le così
dene actas populares, ossia proteste firmate da nume-
rosi cittadini delle classi inferiori, nelle quali si doman-
dava appunto colla dissoluzione del Congresso nazio-
nale legalmente costituito, la pronta convocazione di
un'Assemblea costituente.
Il Governo infine, per menare innanzi un meschino
intrigo di partigianeria politica e d' interessi personali,
I promosse ed agitò una tremenda rivoluzione sociale,
\ una lotta di classi che non poteva non disorganizzare
completamente il paese, per quindi gittarlo in una guerra
civile delle più terribili ed accanite.
Primo frutto di questa lotta fratricida che ruggiva più
0 meno sordamente da qualche mese su tutta la vasta
220 IL PERC
superfìcie della Repubblica, fu la morte dell' ex-Presi-
dente Manuel Pardo, assassinato nel novembre 1878 Del
recinto medesimo del Senato di cui era Presidente, e
dal medesimo sergente dell' esercito nazionale, che co-
mandava la guardia d'onore alla porta.
L'assassinio di Manuel Pardo, possiamo dirlo con
piena sicurezza d'apporci, massime pel momento e le
circostanze tutte nelle quali avvenne, fu più che l'assas-
sinio di un semplice uomo: fu l'assassinio del Perù.
Pardo vivente - che era una gran forza per sé stesso,
e che concentrava nella sua persona, pel momento al-
meno, tutta quella del partito civilista e della grande
maggioranza onesta del paese - o la guerra col Chili
non sarebbe avvenuta, o avrebbe avuto un esito tut-
t' affatto diverso. Chi non sa l' influenza che può eser-
citare un solo uomo sui destini di un paese, in date
circostanze e condizioni! Del resto, la storia è là per
dirci che spesso s' incarnò in un solo uomo tutu la
vitalità di un popolo; e che da un solo uomo dipesero
più volte le sorti di grandi e potenti nazioni.
Il sangue illustre di Manuel Pardo fini di scavare
l'abisso che aveva cominciato a dividere le classi su-
periori dalle inferiori; e gli antichi partiti politici che
esistevano indipendentemente dalla recente questione
delle classi, trovarono essi pure in ciò un nuovo e forte
elemento di odio. Le passioni si accesero smisurata-
mente da tutte le parti ; ed il Governo che, comunque
senza volerlo e cercando ben altro, era stato una delle
cause prime di quest'orribile ordine di cose, non sa-
peva esso stesso a che partito appigliarsi né di chi
IL PERÙ 221
doveva maggiormente temere, se degli amici o dei
nemici.
Minacciato dal cozzo tremendo di due rivoluzioni
diverse, che lo avrebbero preso in mezzo per combat-
tersi fra loro sulle sue rovine, il Governo si trovava
senz'autorità morale e senza una forza materiale sicura
su cui £ar calcolo ; era nella misera condizione di quel
fanciullo che dopo avere appiccato il fuoco al letto
senza saperne prevedere le conseguenze, piange e si
dispera nella sua impotenza, quando vede che le fiamme
minacciano di divorarlo.
Furono queste tristi condizioni del Perù, come di già
s'è detto, quelle che principalmente decisero il Chili
a chiamarlo così frettolosamente sui campi di batta-
glia; e furono queste medesime condizioni appunto che
lo trascinarono di disastro in disastro, sotto il ferreo
calcagno di un nemico tanto più inesorabile, quanto
meglio sapeva che non era punto merito suo, se la
bandiera del coloniale presidio di Valdivia era arrivata
minacciosa e oltraggiante a piantarsi sull'antica ma-
gione dei Viceré (i).
(*) « La civiltà peruviana ebbe la sua origine nella
valle del Cuzco, che è la regione centrale del Perù....
Il Cuzco era la residenza imperiale ótgV Inca, e con-
teneva pure le grandi abitazioni dell' alta nobiltà. Il suo
(i) Valdivia, città del Chili, era durante i tempi coloniali il
presidio al quale s'inviavano tutti i delinquenti del Perù.
222 IL PERÙ
gran tempio del Sole^ al quale accorrevano pellegrini
dai più remoti limiti dell' impero, era il più splendido
edificio del nuovo mondo.... I resti della fortezza del
Cuzco, che faceva parte di un vasto sistema di forti-
ficazioni, stabilito dagr Inca su tutta l' estensione dei
loro dominii, eccitano oggi ancora V ammirazione del
viaggiatore pel loro aspetto colossale; comunque senza
malta alcuna, i grossi massi di granito stavano così
ammirevolmente disposti che era impossibile introdurre
ira loro una lama di coltello ; ve n* erano di quelli che
avevano 38 piedi di lunghezza per 1 8 di larghezza e
6 di spessore.
e I palazzi imperiali erano magnifici edifìci sparsi in
tutte le Provincie dell'impero.... Abbenchè poco eie
ganti esternamente, i principi peruviani spiegavano
pomposamente nell'interno di essi tutta la loro opu-
lenza. Ne coprivano le pareti numerosi ornamenti di
oro e di argento, insieme a ricche tele tessute colla
delicata lana di vicugna, e cosi belle che i Sovrani di
Spagna non sdegnavano di usarle....
a La nobiltà del Perù si componeva di due ordini:
la prima era quella degl'/nca, che discendendo dal
medesimo tronco del Sovrano, viveva, per cosi dire, nel
riflesso della luce della sua gloria. Essendo i monarchi
peruviani poligami, e lasciando perciò famiglie di cento
e duecento figli, i nobili di sangue reale arrivarono ad
essere col tempo assai numerosi. U altr' ordine di no-
biltà era quello dei Curacas, ossia Cacicchi delle na*
zioni conquistate e loro discendenti.... La nobiltà Inca
era però quella che costituiva la vera forza della mo-
IL PERÙ 223
narchia peruviana : legata al Soprano coi vincoli del
sangue^ aveva con lui, in gran parte almeno, simpatie
e interessi comuni.... Abbenchè i nobili abitassero prin-
cipalmente la capitale, molti di essi vivevano sparsi
per tutto r impero, occupando le alte cariche coi co-
maiKii dei posti militari fortificati.... I nobili erano anche
dotati di una preminenza intellettuale, che lì rialzava
agli occhi del popolo altrettanto che i loro titoli....
a Vi erano tribunali di giustizia e magistrati in cia-
scuna città e borgata, con giudici superiori che erano
generalmente i governatori dei distretti.... Si teneva un
registro di tutte le nascite e morti che avvenivano in
tutto r impero, ed ogni anno si mandava al Governo
un censo della popolazione per mezzo dei quipus..,. Il
quipus era una corda composta di fili di differenti co-
lori fortemente ritorti ed intrecciati, da cui usciva una
moltitudine di fili più corti di differenti colori e con
molti nodi. I colori rappresentavano oggetti concreti
ed anche idee astratte; i nodi equivalevano ai nu-
meri, e si potevano combinare in modo da rappresen-
tare qualunque quantità ; si facevano per mezzo di
essi assai rapidamente calcoli esattissimi ; ed i primi
spagnuolt che visitarono quel paese furono testimoni
di ciò....
« Tutto il territorio era coltivato dal popolo.... tutte
le donne conoscevano V arte di filare e di tessere....
L'ozio era considerato come un delitto.... Ogni anno
si faceva un inventario dei diversi prodotti del paese
e dei punti di produzione, e si consegnava in appositi
registri di quipus, che si trasmettevano alPInca.
224 IL PERÙ
€ Tutto il territorio dell' impero era intersecato di
strade, di cui le principali erano due che partendo da
Quito (oggi capitale dell'Equatore) si estendevano fin
verso il Chili, passando pel Cuzco: una correva sulla
gran pianura elevata, a l'altra in riva al mare, o quasi....
Vi erano leghe intere di trincee aperte nelle roccie,
ponti, terrapieni.... Una di queste strade, di cui riman-
gono appena dei frammenti, calcolasi che misurasse
1 5o2 miglia, e componevasi di grandi lastre di pietra
coperte in alcuni punti di una mistura bituminosa cui
il tempo aveva dato una durezza superiore a quella
della pietra stessa.... Per tutta la lunghezza di queste
strade vi erano case, tamboSj costruite a distanza di
dieci a dodici miglia Tuna dall'altra, destinate al ri-
poso dell' Inca e della sua comitiva, e di tutti coloro
che viaggiavano con un carattere ufficiale. Alcuni di
questi edifìzii avevano grandi dimensioni, e formavano
una fortezza con quartieri ed altre opere militari....
f La protezione del Governo per l'agricoltura si
manifestava nei modi più efficaci.... In molti punti si
portarono le acque per mezzo di acquedotti sotterranei
che erano opere veramente gigantesche: si compone-
vano di grosse lastre di pietra perfettamente connesse
senza malta; e per mezzo di ingegnose porte lascia-
vano uscire l'acqua sufficiente per irrigare le terre
che attraversavano. Alcuni di questi acquedotti erano
sommamente lunghi : uno che passava pel distretto di
Condesuyu aveva più di quattrocento miglia di esten-
sione. Presso Caxamalca esiste ancora un tunnel sca-
vato nella montagna per dare uscita alle acque dì un
IL PERÙ 225
lago. I conquistatori lasciarono perdere colia loro in-
curia molte di queste utili opere degl'lnca; ed in al-
cuni siti corrono ancora silenziose le acque coi loro
condotti sotterranei, senza che nessuno abbia cercato
di esaminarne il corso e le origini.
« Oltre i vestiti di proprio uso, i peruviani manife-
stavano molta destrezza nella manifattura di differenti
oggetti pel Sovrano, colla finissima lana che possede-
vano. Facevano coltri, tappeti, conine per i palazzi
imperiali e pei templi. Il tessuto era uguale per ambo
i Iati, e tale la sua delicatezza che aveva lo splendore
della seta : la vivezza dei suoi colorì eccitò Tammira-
zione e V invidia del fabbricante europeo.... Né era mi-
nore in altri rami la destrezza degP indigeni. Nei ma-
gazzini reali e nelle huacas^ 0 sepolcri degl' Inca, si sono
trovati esemplari di lavori curiosi e complicati : fra
questi, vi sono vasi di oro e di argento, braccialetti,
collane, utensili di ogni classe in rame ed in creta,
specchi bxCi di una pietra dura pulimentata o di ar-
gento lucidato....
« Cosa veramente meravigliosa si è come eseguissero
tutti questi difficilissimi lavori con i soli strumenti che
possedevano. Comunque il ferro fosse abbondante nel
paese, non ne conoscevano Tuso: i loro strumenti erano
di rame e di una lega di rame con stagno (i), che, a
quanto pare, riusciva di una durezza poco inferiore a
(i) L' eminente naturalista italiano, Antonio Raimondi, che ha
largamente e dottamente studiata tutta la mineralogia del Perù,
opina invece che fosse del rame con silicio^ estratto dal silicato
di rame.
226 IL PERÙ
quella dell'acciaio.... Fra i resti del monumento di
Cana^ si veggono alcuni anelli sciolti, che passando
le labbra di un animale si muovono in tutti i sensi,
mentre anelli e testa si compongono di un solo e me-
desimo pezzo di granito.
e Coloro cui sembrino esagerate queste relazioni
sulle antiche industrie peruviane possono dissipare i loro
dubbii visitando il paese in cui fiorirono. Specialmente
nelle regioni centrali delle pianure elevate, il viaggia-
tore trova ancora molti vestigi di altra epoca: resti di
templi, di palagi, di fortezze, di valli terrapienate, di
strade, di acquedotti ecc. ecc.... »
G. H. Prescott, Storia della conquista del Perù, Li-
bro I, cap. I a V.
FORZE DI MARE E DI TERRA
DEI TRE STATI BELLIGERANTI
SOHHAKIO
Li BoIìtìi dod ha marma. - Conuate ed allre navi da guerra
del Chili. - Loro fona ed armamento. — Coraziate ed altre
navi peniTiane e loro (bria. - Eieicito boliviano.- Eiercito
peruviano. — Esercito chileno.
aveado la Repubblica dì Boliva posse-
uto giammai neppure la più meschina
:ialuppa, unicamente avremo a pre-
stare ai nostri tenori il quadro com-
arativo delle flotte del Chili e del Perù ;
le quali, attenendoci ai dati ufficiali più veridici pub-
blicati in anbo i paesi al rompersi delle ostilità, erano
tome appresso :
228 FORZE DI >IARE E DI TERRA
FLOTTA CHILEN A
Navi corazsate
Lord Cochrane, con 6 cannoni da 3oo.
Blango-Encalaoa, con 6 cannoni da 3oo.
Nayi in legno
(j Corvfttt)
Chacabuco, con 9 cannoni, 2 da i5o e 7 da 70 e 4o.
O' HiGGiNs, con 9 cannoni, 2 da i5o e 7 da 70 e 4o.
Esmeralda, con 12 cannoni da 68.
(2 CoHtumierf)
Magallanes, con 4 cannoni, uno da ii5 e 3 da 70.
CovADONGA, con 2 cannoni da i5o.
Le due corazzate gemelle Lord Cochrane e Blanco-
Encalada, armate di 6 cannoni da 3oo libbre dei mi-
gliori tipi della moderna artiglieria e che fanno fuoco
sopra una batteria aperta a tutti i punti del compasso,
hanno una corazza di nove pollici^ la capacità di 2o32
tonnellate, ed una forza motrice di mille cavalli^ cia-
scuna, con una doppia elice che le fa girare sopra
se stesse, nei casi dati, colla massima sveltezza e ra-
pidità. Come ultimo ragguaglio, aggiungeremo che fu-
rono costruite in Inghilterra, sen!(a risparmio di sorta,
nel porto militare di HuU, sotto T immediata direzione
del capo costruttore della marina da guerra inglese,
e che furono varate l'una nel 1874 e l'altra nel 1875.
DEI TRE STATI BELLIGERANTI 229
FLOTTA PERUVIANA
Corazzate
Fregata Independbncia, con i4 cannoni, 2 da i3o, e 12
da 70. - 2oo4 tonnellate - 55o cavalli di forza -
corazza di quattro pollici. - Costruita T anno 1 864.
Monitor Huascar, con 2 cannoni da 3oo situati in
una torre giratoria - 1 1 3o tonnellate - 3oo cavalli
di forza - corazza di pollici quattro e me!(jo nel
centro, e di soli due e me\\o nelle estremità - co-
razza della torre pollici cinque e me^\o, - Costruito
l'anno i865.
Navi in legno
Corvetta Union, con 12 cannoni da 70.
Cannoniera Pilcomayo, con 6 cannoni, 2 da 70 e
4 da 4o(i).
(i) li Perù possedeva inoltre due monitori di /iume, V Ata-
hualpa ed il Manco-Capac, con dae cannoni da 500 ciascuno,
più anni innanzi costruiti negli Stati-Uniti per manovrare sul
Missisaipì : ma incapaci a correre sul mare altrimenti che a rr-
morchio, e invero assai penosamente furon tratti al Callao
l'anno 1869, non potevano né furono mai suioprati che all'an-
cora nei porti, quali semplici batterie galleggianti, È perciò
che non li abbiamo annoverati fra le navi della flotta, alle
cui evoluzioni di guerra non si associarono mai ,*• come non ab-
biamo potuto far parola neanche delle tante altre navi e navet-
tiue che per limghi anni figurarono nelle statistiche della marina
militare del Perù, e clic fin da più anni indietro o non esiste-
vano affatto, o erano appena semplici pontoni a uso di scuole o
di depositi.
130 FORZE DI MARE E DI TERRA
I
'
RIASSUNTO
Chili. - 2 forti corazzate e 5 navi in legno, con 12
cannoni da 3oo, 6 da i5o e 3o di diversi calibri in-
feriori.
Però. - 2 deboli corazzate e 2 navi in legno, con
2 cannoni da 3oo, 2 da i5o e 3o di diversi calibri
inferiori.
Delle navi da trasporto^ cosi del Chili come del
Perù non parliamo, e perchè non costituiscono che senn-
plici accessorii, e perchè ciascuno dei due paesi non
ebbe nessuna difficoltà a provvedersene a tempo nella
misura dei proprii bisogni.
II
ESERCITI
ti Al primo rompersi delle ostilità colla Repubblica
i, della Bolivia, febbraio 1879, questa non aveva che ap-
\ pena un paio di migliaia di soldati disseminati a pie-
,j coli distaccamenti nelle diverse sue provincie, e, attese
1' le grandi difficoltà topografiche, nella quasi assoluta
imp>ossibilità di arrivare prima di qualche mese di fa-
ticose marcie, sul teatro della guerra. Raccolto, ed in-
grossato colla massima celerità possibile fino ai Sooo uo-
mini incirca, questo piccolo esercito, mal vestito e peggio
armato, arrivò a Tacna nel Perù, appena il 2 maggio:
e da Tacna, ove si fermò, fino al deserto boliviano di
Atacama, occupato dall'esercito chileno, od anche fino
DEI TRE STATI BELLIGERANTI 231
ad Iquique, capitale del prossimo deserto peruviano di
Tarapacày eravi ancora molto e molto cammino da
percorrere.
Dice lo storico semi-ufficiale del Chili : e Dai quadri
allora pubblicati (marzo 1879) si seppe che la Bolivia
aveva un esercito permanente di 2232 soldati.... La mo-
bilizzazione di quest' esercito offrì le più serie difficoltà
per due cause diverse : la scarsezza di mezzi dell'erario
pubblico, e gli ostacoli del terreno che bisognava at-
traversare per arrivare ai luoghi che occupavano i chi-
kni ; ostacoli pressoché invincibili per le grandi distanze
e per le asperità delle montagne e dei deserti (i). >
Poco appresso lo storico medesimo aggiunge : e Frat-
tanto arrivavano a La-Paz i contingenti di truppa che
il Governo aveva domandato alle diverse provìncie: ar-
rivavano calzati con ajotas, specie di pianella di cuoio,
e armati con armi di diverse classi, molti con un sem-
plice fucile a pietra.... Questo primo esercito boliviano
pervenne a contare 45oo uomini riuniti con grande af-
fanno in tutte le provincie della Repubblica; ed il 17 di
aprile ruppe la marcia attraverso le montagne (2). »
f] Perù, grazie a qualche attività spiegata dopo i fatti
di Anto&gasta, trovossi al momento della dichiarazione
di guerra con un corpo di esercito di circa 3ooo uo-
mini alle frontiere, ossia in Iquique e suoi dintorni, e
con altri 3ooo uomini di tutte le armi nella capitale,
che aggregati alle forze di polizia urbana e rurale, ce-
(t) Baxkos-Arama, //istoria di la Guerra dil Pacifico, p. 67.
(2) fd. Td. p. 104.
«5. •— Caivano, Gutrra dAmtrica*
232
FORZE DI TERRA E DI MARE, ECC.
I
ladoreSy ammontanti a 2000 e più, potevano formare
al massimo un totale di 8000 uomini, 5ooo nella Ca-
pitale e 3ooo in Iquique.
Quanto al Chili, il 2 aprile 1879, ossia il giorno pre-
cedente a quello della dichiarazione di guerra al Perù,
il suo esercito arrivava a un totale di i3ooo uomini
o più. tra le forze esistenti nella Repubblica e quelle
agglomeratesi sulla costa boliviana, invasa nel febbraio.
Ciò risulta dalla dichiarazione ufficiale che in esso
2 aprile il Ministro degli Affari Esteri del Chili faceva
al Senato, nelle seguenti parole : a II Ministro degli Af-
fari Esteri rispose : a Che l' esercito ammontava attual-
mente a 7000 uomini, e che si era ordinato di elevarlo
a 9000; che le forze del littorale (ossia Antofagasta e
resto del deserto di Atacama) si erano notevolmente
aumentate col trasporto di molti chileni che risiede-
vano sulla costa del Perù, e che il loro numero totale
non sarebbe inferiore a quello di 6000 uomini (i). »
(1) Senato del Chitiy Processo verbale della Sessione segret
del 2 aprile 1879.
VI
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
SOHKARIO
Il Chili disotta d' impossessarsi del deserto peniviiino di 'l'ara-
picì. - Iqaique. — I chileni non ardiscono di occuparla, seb-
bene avessero forze molto maggiori. — Blocco alla lontaaa.
- n Perà li prepara, come può, alla difi»a : il ChiH Toirebbe
e Doo M impedirlo - Che fece la flotta cbilena dal 5 aprile
alU meli di maggio. — Muore veno il Callao. - La flotta
peruviana eì dirìge ad Aiica, quindi ad Iquique. — Combat-
timento fra il Huattar e la Esmtralda. - Vlndtpendeacia
iniegoe la Cnadanga. - Naufragio della Indepmdauìa e bar-
bane chìIcDa. — Danni ricevuti dalla Cmiadonga. - La spa-
valderia chilena canta vittoria. - Eroi di nnovo stampo. -
II Huaicar rimane solo contro le corazzate chìkne. Sue glo-
riose gesta. - È temuto dalle navi chilene che lo corteggiano
a diitania. — Inoperoiiti dell' esercito chileno, - Malcontento
del popolo chileno per la lenteua delle operaEioni guerre-
scbe. - La Aotta ehilena abbandona Iqnique. - Iniaflicienza
J4 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
dei marini cbileni. - Come snebberò potuto vincere usui
piitna, - I\ //uasear dK nells rete della flotta chilena. - Ul-
tima lotta del Lietu del Pacijìie. ~ Eroismo di Miguil Gran.
- Millanterie cbilene e prove ufficiali che il Huastiir hph u
Chili mirava alla conquista: verità
innegabile che nei capitoli anteriori ci
!i è presentata come una semplice con-
sej;uenza della condotta per lunghi anni
da esso tenuta, fino al momento in cui
risolutamente prese le armi contro le Repubbliche vi-
cine di Bolivia e del Perù ; e che i fatti posteriori pro-
vano fino all'evidenza.
Compiuta senza colpo ferire la conquista del deseno
boliviano di Atacama colla ingiustificabile invasione
del febbraio, se il Chili avesse voluto restarsene lì non
avrebbe avuto che ad afferrarsi sempre più al suo sup-
posto diritto di rivendicazione, ed aspettare tranquilla-
mente il corso degli eventi ; poiché sapeva assai bene
che dalla Bolivia unicamente avrebbe potuto atten-
dersi una guerra di parole, che sarebbe finita, cotne
sempre, a suo favore sul campo diplomatico; e che
qualora alla Bolivia si fosse associato il Perù, com'era
assai probabile, non gli sarebbe stato punto difficile di
chiamare gli avversarli alla conciliazione, dopo di
averli stancati con una guerra difensiva, del buon esito
della quale non era a dubitare.
Quasi inattaccabile dalla parte di terra per la sua con
formazione topografica, tanto nei suoi confini colla Bo-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 235
livia, quanto in quelli col Perù, sul Loa, il deserto di
Atacama solo avrebbe richiesto una seria difesa contro
un attacco operato sulla sua spiaggia dalla parte del
mare. Ma oltreché sarebbe costato poca spesa e fa-
tica il completare la fortificazione naturale dei pochi
punti di possibile approdo della medesima, per sé stessi
diflScilissimi su di una costa generalmente alta e ta-
gliata a picco sul mare, il Chili aveva tale una flotta
da bastare sola, senza sforzo alcuno, ad impedire qual-
siasi tentativo di tal genere, anche nel non lontano
caso che il Perù avesse potuto aumentare di uno o
due legni la sua scarsa e debole flotta.
Ma il Chili non pensava affatto di rimanersene. Il
deserto di Atacama non sodisfaceva che appena a una
parte delle sue antiche aspirazioni, le quali, come sap-
piamo, si estendevano principalmente al deserto limi-
trofo di Tarapacà, appartenente al Perù: e, come di-
sopra abbiam visto, premeva al Chili di approfittare
della occasione propizia, assai difficile a ripresentarsi
più tardi, che poneva il Perù quasi a sua discrezione
- ossia delle anormali condizioni di quesf ultimo, che
rendevanlo in quel momento assai inferiore a lui in una
lotta - tanto per compiere interamente le sue aspirazioni
di conquista, quanto per fondare con un colpo decisivo
la propria preponderanza sugli Stati vicini, e dare li-
bero sfogo al torrente per tanto tempo contenuto di odii
e di gelosie contro la Repubblica regina del Pacifico.
Era quindi nei disegni del Chili, sebbene mal si ad-
dicesse alla parte di vittima e di provocato che pre-
tendeva assumere agli occhi del mondo, di prendere
236 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
violentemente la iniziativa delle ostilità nella lotta col
Perù, sì come senz' alcuna causa plausibile l' avea presa
nella dichiarazione dello stato di guerra, e d'impos-
sessarsi innanzi tutto dell'agognato deserto di Tara-
paca colla occupazione d' Iquique, che ne era il centro
principale. E che questo e non altro fosse stato il primo
pensiero del Governo chileno, lo attesta inequivoca-
mente, oltre V assicurazione dell' officioso storico Bar-
ros-Arana, la formale dichiarazione che il Minbtro
degli Affari Esteri faceva al Senato chileno quando, ne)
domandargli il 2 aprile l' autorizzazione necessaria per
dichiarar la guerra al Perù, conchiudeva la sua relazione
sullo stato delle forze armate della Repubblica, assicu-
rando che : a II signor Saavedra (Ministro della guerra^
ritornato giorni innanzi da Antofagasta) aveva detto al
suo ritorno che tutto era preparato ptr un attacco, e
che questo non impedirebbe neanche di fare uscire
altre forze pei porti del nord, col fine di tenerle preme
a marciare pel teatro della guerra (i). »
Effettivamente il Chili, pago dei futili pretesti lan-
ciati a sua giustificazione sulla bilancia della coscienza
pubblica, poiché non si faceva scrupolo alcuno di muo-
vere risolutamente alla conquista, l'immediata Inva-
sione di Iquique era quanto di più logico potesse fare.
E certo, una tale impresa non poteva presentarglisi più
facile e sicura, se il valore dei suoi guerrieri fosse stato
pari all'audacia dei suoi diplomatici.
(i) Senato del Chili - Processo verbale della Sessione segreta
del 2 aprile 1879.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 237
Senza fortt6cazioni di sorta, e senza nessuna proba-
bilità di ricevere pronti soccorsi dal lontano Governo
di Lima, Iquiquc non era difesa al rompersi delle osti-
lità, il 5 aprile, che appena da una piccola divisione
di 3ooo soldati al massimo.
Era questo il solo ostacolo che il Chili avrebbe avuto
a vincere per impadronirsi del deserto di Tarapacà, di
questa inesauribile fonte di ricchezza, attorno a cui si
aggirarono, si aggirano e si aggireranno sempre le più
calde aspirazioni chilene; e come si sa, per vincere un
si insignificante ostacolo, il Chili aveva a sua dispo-
sizione 6000 soldati per lo meno nella prossima Anto-
fagasta, senza comare la grossa riserva di altri 7000 uo-
mini in Valparaiso, e tutta una squadra composta di
due forti corazzate e di cinque navi in legno con
48 cannoni di grosso e piccolo calibro, già in azione
nella rada stessa di Antofagasta, dove da più tempo stava
aspettando gli ordini di attacco.
Iquique, abbiam detto, non aveva nessuna probabi-
lità di ricevere pronti soccorsi dalla capitale. Ciò era
un fatto dei più certi, di cui il Gabinetto di Santiago
era pienamente informato per telegrammi del suo Rap-
presentante in Lima, il quale facevagli sapere all'ultima
ora che la flotta del Perù continuava nella medesima
situazione dei giorni innanzi nel porto del Callao, ossia
riparandosi alla meglio, e perciò nella impossibilità
di prendere il mare prima che dette riparazioni fos-
sero completate; impossibilità che per le due uniche
corazzate Huascar e Independencia, si protrasse per
un mese e mezzo ancora, fino alla metà di maggio.
238 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
gio. Solo poterono prendere il mare il 7 aprile le due
fragili navi in legno, Union e Pilcomqyo, che, non fa
bisogno ricordarlo, erano veri nonnulla al paragone di
una sola delle forti corazzate chilene, e quindi inca-
paci a prestare un qualsiasi soccorso ad Iquique, sia
direttamente, sìa indirettamente scortando il trasporto
di truppe, che in nessun modo avrebbero potuto di-
fendere in caso d^ incontro colla squadra nemica. Al-
l' invio di truppe per terra da Lima non era affatto da
pensare, per la enorme distanza e quindi pel molto
tempo che sarebbe a ciò bisognato.
Iquique, ripetiamo, non poteva opporre che appena
i suoi 3ooo uomini di guarnigione contro tutto il re-
lativamente formidabile potere militare del Chili: e ciò
nondimeno questo non tentò affatto d' impossessarsene,
sebbene, come abbiam visto, non glie ne mancasse affatto
il desiderio, e sebbene avesse già tutto in pronto, squadra
e truppa, in prossimità d' Iquique, prim' ancora di di-
chiarar la guerra al Perù ; dichiarazione che esso fece
non in un momento reso obbligatorio dalla forza di
circostanze indipendenti dalla propria volontà, ma in
quello che più a lui piacque, e quando appunto si credè
sufficientemente preparato a prendere la offensiva nella
maniera che meglio a lui convenisse.
Più ancora : Iquique rimase in siffatto stato di quasi
abbandono fin oltre la metà di maggio, ossia durante
tutto un mese e mezzo dopo la rottura delle ostilità,
mentre le due corazzate peruviane completavano le loro
riparazioni nel porto del Callao; durante tutto uq mese
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 239
e mezzo nel quale, non altro avendo contro di sé che
le due meschine corvette peruviane la Urrìon e la Pil-
comayo^ la squadra chilena era padrona assoluta del
mare; e ciò nonostante nulla intentò contro Iquique,
limitandosi unicamente a bloccarla di lontano, sebbene
l'esercito chileno di Antofagasta fosse arrivato nella
seconda metà di aprile fino alla rispettabile cifra di
12,000 e più uomini, coi rinforzi spediti da Valparaiso
e con i numerosi incrementi locali pel volontario ar-
ruolamento dei chileni espulsi dal territorio peruviano.
Perchè ciò?
Ecco come si esprime a questo riguardo lo storico
semi-ufficiale del Chili : « Il Chili cominciò la guerra
collocando il blocco di Iquique, porto principale della
provincia peruviana di Tarapacà, e piazza importante
per l'esportazione del nitrato di soda. Questa piazza
aveva una guarnigione di oltre 3ooo soldati peruviani
trasportati prima della dichiarazione di guerra.... Senza
dubbio, il Chili avrebbe potuto eseguire allora con piena
fiducia nelP esito, operazioni più ardite. Sbarcando ri-
solutamente il suo esercito in questo luogo, e man-
dando la sua squadra a distruggere quella del Perù,
che stava terminando le sue riparazioni nel Callao,
avrebbe ottenuto nel primo mese i risultati che rag-
giunse più tardi con ingenti sacrifìzii. Sembra che que-
sto fòsse il primo piano del Governo chileno; però si
diede credito alle bravate del Perù, si pensò che il de-
cantato potere di questa Repubblica fosse realmente
formidabile, e non si volle avventurare un attacco pe-
I
240 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
rìcoloso, preferendo camminare con prudenza per ar-
rivare ad un risultato pienamente sicuro (i). •
Il Chili ebbe paura : ecco la verità. Ebbe paura di
un nemico per tutti i versi condannato air impotenza,
che disponeva di forze di gran lunga inferiori alle pro-
prie; e rese con ciò eccessivamente lunga, meschina e
disastrosa per entrambi, una guerra che avrebbe po-
tuto e dovuto finire con grande suo vantaggio, in uno
o due mesi al più. E se poi sì considera che la favo
revole opportunità di dare con sì poco sforzo un colpo
tanto decisivo, durò per ben 46 giorni come termine
minimo, ossia dal 4 aprile al 20 maggio in cui arri-
varono ad Arica i primi rinforzi di truppe ed i primi
elementi di guerra spediti da Lima, bisogna necessa-
riamente conchiudere che i capitani chileni erano o
infinitamente pusillanimi, o infinitamente inetti a con-
cepire ed a menare a capo il più semplice piano di
guerra.
Nondimeno anche non sapendo o non volendo ap-
profittare di SI favorevole opportunità, in nessun modo
doveva permettere il Chili che il Perù fortificasse il
porto di Arica ed inviasse ivi ed alia limitrofa pro-
vincia di Tarapacà, truppe, armamento, munizioni e
tutto quanto concerne la organizzazione di un esercito
in campagna: cose tutte che al rompersi delle ostilità,
eccetto i 3ooo uomini di Iquique, difettavano comple-
tamente.
Come s'è detto, oltre le due corvette la Union e la
(i)-Barros-Arana, Historia de la Guerra dei Pacifico, p. S7
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 241
Pilcomayo, contro le quali il Chili poteva opporre con
enorme superiorità le sue cinque navi in legno come
quelle, il Perù non aveva che due deboli corazzate, per
giunta in cattivo stato, a dar ragione delle quali sa-
rebbe stata sufficiente, posta in buone mani, una sola
delle due potenti corazzate chilene. Or bene -, lasciando
la sua squadra in legno per tenere in soggezione le
due corvette peruviane e proteggere la mobilizzazione
del proprio esercito, il Chili non aveva che a custo-
dire colle due sue corazzate l'imboccatura del porto
del Callao, per ottenere tutti gli anzidetti risultati e
collocare il Perù nella impossibilità di difendere Ta-
rapacà e tutta la estesissima sua costa, che esso avrebbe
potuto invadere a suo beli' agio, quando e come volesse.
n Perù, in questo caso, non avrebbe avuto che due
sole vie: o-come effettuò il 16 maggio, non appena
le sue sole corazzate Huascar e Independencia pote-
rono prendere il mare - avrebbe fatto uscire dal Cal-
lao pel teatro della guerra i necessarii rinforzi di truppe,
armamento ed altro, in appositi trasporti scortati da
esse corazzate; nel qual caso, battute queste dalle due
superiori corazzate chilene all'uscire dal porto, detti
trasporti sarebbero indubitatamente caduti in loro po-
tere, ammenoché non si fossero prestamente ricoverati
sono la protezione dette batterie di terra, ritornando
indietro; o si sarebbe condannato alla inazione nel
Callao e nella prossima capitale, da dove e i suoi
eserciti e i suoi elementi di guerra non avrebbero
potuto uscire senza esporli, come si è detto, ad una
sicura perdita, insieme alle due deboli corazzate di
242 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
scorta; sì come non poterono uscire, né uscirono in
appresso assai più tardi, quando il Huascar e Vlndt-
pendencia vennero a mancare. Sicché il Chili avrebbe
avuto partita vinta in ambo i casi, collocando il Però
nella impossibilità di mobilizzare le sue forze, e rima-
nendo senza contrasto padrone fin dal primo momeDto
di tutta r estesa costa peruviana fino al Callao, il cui
possesso gli costò più tardi tanto sangue e tanti sa-
crifizii di ogni genere.
Nondimeno nulla di tutto ciò fece il Chili: e non
perché non ne fosse venuta l'idea ai suoi uomini di
Stato, i quali vi pensarono fin dal primo momento,
prim'ancora di lanciare la dichiarazione di guerra con-
tro il Perù(i); ma perchè ne mancò Tanimo ai suoi
capitani di mare, come mancò a quelli de' suoi eser-
citi per eseguire uno sbarco su di una costa quasi del
tutto indifesa.
(i) Telegrammi del Governo del Chili.
« Ministro della guerra a Williams (comandante della flotta)
2 Aprile - Dichiarazione di guerra al Perù. Godoy e Laralle si
ritirano domani. Procedano come in campagna. Godoy mi dice:
situazione squadra nel Callao la medesima. Attaccarla per sor-
presa al far del giorno sarebbe più sicuro, però preferibile attac-
carla fuori la portata delle batterie. Esercito peruviano seimila
uomini di tutte le armi ; 2500 gendarmi e polizia — A FiERRo
(Ministro degli affari esteri). >
« Saavedra a Williams, 3 aprile - Si conosce già in Lima dichb-
razione di guerra. > Ella procurerà distruggere o rendere inutile
la squadra peruviana, impedire la fortificazione d'Iquiqne 0 di-
struggerla, impadronirsi trasporti, bloccare porti e procedere io
tatto con ampie facoltà - Saavedra (Ministro della guem). •
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 243
Che cosa fece invece la flotta chilena, a cominciare
dal 3 aprile in cui ruppe le ostilità, fino alla metà di
maggio? Nuli' altro che bloccare Iquique, e portare la
strage su tutta la costa indifesa del Perù, senza alcun
profitto per sé, distruggendo e incendiandone uno per
uno tutti gli elementi d'imbarco e tutti i suoi piccoli
porti. Pabeiion de Pica, Pisagua, Moilendoj Huanillos,
semplici porti commerciali, sfomiti assolutamente di
qualsiasi opera di difesa, e che privi onninamente di
guarnigioni, tranne Pisagua ove trovavansi appena un
due o trecento soldati al più, non potevano opporre
nessuna resistenza, furono l'uno dopo l'altro più o
meno distrutti dalle bombe delle corazzate chilene; le
quali, sole sempre a tuonare, non altri petti umani
avevano a ferire che quelli delle donne, dei vecchi e
dei fanciulli troppo tardi a fuggire l'ira nemica, come
assai spesso avvenne (r).
Dopo 4o giorni miseramente passati in questo van-
dalico ed inutile passatempo, il grosso della flotta chi-
lena composto delle due corazzate e di tre corvette, si
decise alla fine di andare a domandar notizie della
squadra peruviana nel porto del Callao, verso il quale
mosse da Iquique il 16 maggio; ma era già troppo tardi.
(x) « Non paò non supporsi che T ammiraglio W. Rebolledo, a
bordo della Blanco-Encalada, si ritirasse pieno di vergogna
d'aver commesso l'orrendo delitto d'incendiare un paese indi-
feso, uccidendo tre donne, una ragazza ed un asiatico... e ciò
che è più orribile, d'aver fatto perir tra le fìamme due donne
ed un fianciallo appena nato.... >
Rapporto ufficiale deU autorità peruviana sulFincettdio di Pisagua.
244 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
In quello stesso i6 maggio il Presidente del Perù
usciva dal Callao alla volta di Arica, ove giunse il
20 senza esser affatto molestato per via, con tre navi
trasporti piene di soldati, armamenti, munizioni e vi-
veri, sotto la scorta delle sue corazzate Huascar e
Independencia, ailor allora finite di riparare ed armare
alla meglio; e che certo sarebbero state del tutto im-
potenti a difendere se stesse ed i preziosi trasporti che
le seguivano contro un assalto della squadra chilena,
se questa si fosse fatta trovare all'uscita del porto, là
dove fin da un mese e più avrebbe dovuto essere.
La guerra navale non cominciò in realtà che col-
l'apparizione delle due corazzate peruviane; poiché,
come s'è detto, la flotta chilena non si era occupata
fin allora che a bloccare Iquique, incendiare i piccoli
porti commerciali, dove ogni qualunque attentato non
era che semplice questione di volontà, e distruggere
i moli e le barcaccie per l'imbarco delle merci, su
tutta l'indifesa costa sud del Perù.
Lasciati i trasporti in sicuro nel porto di Arica, il
20 maggio le due corazzate peruviane si portarono
immediatamente nella rada d'Iquique, in cerca delle navi
nemiche che ne tenevano il blocco. Arrivarono ivi la
mattina seguente, del 21, e scone le sole che pel mo-
mento vi si trovavano, le corvetta Esmeralda e la can-
noniera-Còvoiò/ig'a, ambe in legno, il Huascar si diresse
contro la prima, mentre Vlndependencia si pose ad in-
seguire la seconda, che imprendeva rapidamente la fuga.
Il combattimento fra il Huascar e la Esmeralda fu
breve, quanto splendido. Dopo un'ora circa di fuoco
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 245
che YEsmeralda sostenne degnamente^ il Huascar la
colò a fondo investendola per tre volte consecutive
col suo sperone d'acciaio. E terminava appena il com-
battìmento, spariva sotto le acque il ponte della Esme-
ralda, che già il Comandante del Huascar lanciava in
mare tutte le sue scialuppe in soccorso delF equipaggio
della nave nemica, che dibattevasi invano contro il
furore delle onde agitate. Salvò da certa morte, con
questa sua nobile azione, ben sessanu e più individui
fra marinai e ufficiali, che raccolse benevolmente a
bordo della sua corazzata, per indi sbarcarli in Iqui-
que, in qualità di prigionieri di guerra, dopo aver fatto
loro distribuire ogni genere di soccorso e principal-
mente delle vestij di cui i più avevano maggior bisogno,
per lo stato di completa nudità nel quale si trova-
vano (f ).
Ma mentre il generoso comandante del Huascar^
Michele Grau - che il resto della campagna e la glo-
riosa sua morte dovevano rendere dipoi tanto celebre -
si affaticava nobilmente a salvare i naufraghi della
Esmeralda, ben diversa era la sorte che correvano quei
(i) Da alcune lettere familiari pubblicate in quasi tutti i giornali
cliileni, di ufficiali e marinai che si trovavano a bordo della Esme-
ralda, e presero parte all'azione, togliamo i seguenti brani:
« I pochi che ci salvammo fummo presi mezzo affogati dalle
scialuppe del Huascar^ completamente nudi in gran parte. - Iqui-
qae 23 maggio 1879. »
Lettera del Tenente F. Sanchez al fratello Carlos Sanchez.
« I pochi scampati, che fummo circa 60, ci salvammo a nuoto.
Fra venti minuti fummo raccolti dalle scialuppe del Huascar*
246
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
della Independenciaj cui una roccia sconosciuta apriva
la chiglia nel momento medesimo in cui era per at-
tingere col suo sperone la fuggente Covadonga.
G)me s'è detto innanzi, mentre ìlHuascar si dirigeva
controia Esmeralda all'entrare nella rada di Iquique,la
Independencia si poneva ad inseguire la Qn^adonga che
evitando la disuguale battaglia, si dava a sollecita
fuga (i). Snella, leggiera, veloce, la Covadonga im-
prese la sua fuga navigando in prossimità della spiaggia
di cui seguiva tutte le sinuosità ; ed alla Independencia,
che a causa della sua pesante mole era necessaria-
mente astretta a mantenersi al largo per le maggiori
acque di cui aveva bisogno, altra via non rimaneva
fuori quella di correrle dietro in una linea parallela
alquanto distante, e di bersagliarla colla sua debole ar-
tiglieria, che la distanza rendeva ancor meno efficace.
Ambe le navi nemiche eseguivano a meraviglia la
Dopo averci dato delle vesìi, fummo menati a terra dorè ci tra-
viamo prigionieri. - Iquique 23 maggio 1879. *
Lettera dell'ufficiale di guarnigioDe A. Hurtado al padre M.
Hurtado.
Molte altre lettere di fonte chilena dello stesso genere, insieme
alle relazioni ufficiali del Huascar, ed alle corrispondenze de
giornali uscite da Iquique, concordano unanimemente nel &tto
che i naufraghi della Esmtralda furono raccolti nel maggior nn-
mero completamente nudi dalle scialuppe del Huasear.
(i) La Covadonga era un semplice Avviso della flotta spagnnola.
che fu catturato T anno 1 865 dalla nave chilena Esmeralda per
via d' inganno ; ossia inalberando la bandiera inglese, per mexzo
della quale potè attrarlo senza sospetto fin sotto i fuochi delle
sue batterie.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 347
propria parte ; e già i due cannoni da 1 5o della Inde-
pendendo^ che soli potevano dar qualche vantaggio
per la distanza obbligata che correva fra te due
navi, aveva cagionato dei danni considerevoli alla Oh
vaJongay allorché più non poterono far fuoco. Questi
due cannoni, montati in tutta fretta nel Callao da
operai poco esperti, che per giunta difettavano di gran
parte degli elementi necessarii - poiché, come si sa, le
due corazzate peruviane furono riparate come si potè
nel porto del Callao, dove giacevano quasi abbando-
nate nel più deplorabile stato al cominciare della guerra -
trovavansi l' uno a poppa e l'altro a prora della nave:
il primo si smontò al secondo colpo che fece, ed il
secondo rimase immobile all' undecimo, senza poter
girare in nessun senso, sicché più non fu buono a
nulla.
Limitata l' azione della Independencia ai suoi piccoli
cannoni da 70, che la lontananza rendeva poco utili,
il suo comandante Moore, desideroso di finir presto -
comunque il progressivo rallentamento, succeduto alla
pristina celerità nella fuga della CovadongUj gli prò-
vasse che aveva sofferto rilevanti danni, e che la sua
resistenza non potrebbe durare che ben poco ancora
- decise di ricorrere all' assalto dello sperone, non ap-
pena fossegli possibile navigare nelle medesime acque
della nave nemica ; e, colto il momento in cui questa,
navigando in acque alquanto profonde, era per entrare
in una baia bassa nella quale sarebbe stato impossi-
bile seguirla, slancia sollecitamente contro di essa la pro-
pria corazzata. Pochi secondi ancora, e lo sperone della
x6 — Ca IVANO, Cturra if America.
248
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
Independencìa avrebbe diviso per metà la Covadonga,
quando un ignoto scoglio sottomarino non segnato
nelle carte marittime, sul quale questa passò senza
avvertirlo, trattenne violentemente la corsa della In-
dependencia facendola naufragare (i).
Che fece allora la Covadonga ? A questo proposito,
la relazione dell' ufficiale dei segni della Independencìa
dice : a Al vederci incagliati, la Covadonga ci canno-
neggiò impunemente per più di 4o minuti, e colle mi-
tragliatrici delle sue coffe bersagliava i nostri naufraghi
che cercavano salvarsi, alcuni nelle scialuppe, altri a
nuoto, cessato che fu il fuoco dei nostri cannoni già
coperti dall'acqua, d Quale differenza fra la condotta
della Covadonga e quella del Huascar! Mentre il
comandante del Monitore peruviano attendeva a tui-
t' uomo a salvare i naufraghi della Esmeralda^ quello
della nave chilena incrudeliva contro gli egualmente
naufraghi della Independencìa^ che una imprevedibile
disgrazia, non egli, avea messi a sua discrezione, mas-
sacrandoli barbaramente quando, cessata la lotta, solo
s'affaticavano a salvarsi dal furore delle onde.
Dopo aver fatto fuoco per certo tempo sui naufra-
(1) * .... Collo scandaglio alla mano, nel momento in cui
questo segnava nove òracda» fondo più che sufficiente per 17»-
deptndetuia^ si diede l'investita alla Covadonga,... Lo scoglio
contro il quale urtò \ ludtptndtncia non è notato in nessuna
carta : la corazzata navigava in quel momento in nove braccia
d' acqua, e anche dopo di essersi incagliata, misurava all' intorno
da sette a otto braccia di fondo. >
Helatiofit dell' ufficiale dei segni dell' Independencìa^
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 249
ghi della Independencia - fatto che non ammette alcun
dubbio (i) - la Covadonga, sia per timore di un pros-
simo arrivo del Huascar, sia per le avarìe cagionatele
dall'artiglieria nemica, riprese di bel nuovo la inter-
rotta fuga, che fu oltremodo lenta e penosa, e che il
suo comandante descrive nei seguenti termini nel rap-
porto ufficiale: « ....La nostra macchina lavorava con
cinque libbre appena di pressione, e la nave faceva
molt' acqua a causa dei colpi di palla ricevuti.... Toc-
cammo 7ocoj?///j, dove coir aiuto dei falegnami man-
dati da terra, la nave ricevè le più urgenti riparazioni
colla chiusura dei fori delle palle a fior d'acqua, e
prosegui al sud nella mattina del 24 toccando Cobija,
dove incontrammo il vapore del nord (commerciale),
che trasportò i feriti ed il Commissario ad Antofagasta,
coir incarico di conferire col generale in capo, per do-
mandargli un vapore che venisse ad incontrarci, per-
chè la nave non camminava che a ragione di due mi-
glia e seguiva facendo molt' acqua. >
Come manifestamente emerge da siffatta relazione
del Comandante della Covadonga^ questa nave poteva
già considerarsi come perduta prima che il nemico pen-
sasse ad assalirla collo sperone della propria corazzata ;
poiché dopo siffatto momento non ricevè più alcun
(i) In ana relazione pubblicala dal giornale £/ Mercurio di
Valparaiso, del 4 giugno 1879, leggiamo : « Erano le 12 merid.
e tutto era finito. La Independincia si coricava sul lato di estrìbor,
la saa gente cadeva in mare, le sue scialuppe si sommergevano,
la fucileria della Covadonga faceva esterminio. »
25©
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
danno. Bastava continuare inseguendola come per lo in-
nanzi, accontentandosi di bersagliarla coi cannoni da 70
che molto o poco non avrebbero lasciato di peggiorare
le sue condizioni ; e senz* altra causa che i danni già
sofferti nella macchina e nei suoi fianchi, pei quali en-
trava liberamente l' acqua - danni che la semplice pre-
mura dì fuggire la presenza del nemico avrebbe aggra-
vato sempre più - essa avrebbe dovuto necessariamente
tosto o tardi sommergersi. Se poi il fortuito naufragio della
Independencia, avvenuto per mera disgrazia, per una
circostanza imprevedibile, né affatto addebitabile al suo
Comandante e completamente estranea all'azione della
Covadonga^ permise che questa potesse a dura pena
salvarsi, ciò non vuol dire affatto che essa avesse vinto.
Fra le altre cose è a notarsi che la Independencta non
aveva ricevuto durante la corsa della Covadonga^ im-
propriamente chiamata combattimento, che appena due
o tre proiettili inoffensivi ; e che il suo numeroso equi-
paggio non contò che pochissime perdite, avute in mas-
sima parte dopo il naufragio della nave. Prima di questo
momento solo si avevano a deplorare un morto e tre
feriti, caduti sotto i colpi di fucilerìa della Covadonga,
nell'istante in cui la Independencìa essendo per attingerla
col suo sperone, incagliò nella roccia sottomarina. Que-
sti particolari li abbiamo avuti direttamente da |:>ersone
degne di fede, che si trovavano a bordo della Indepen-
^^nc/a, sebbene estranee all'equipaggio della medesima.
Ciò nondimeno il Chili celebrò siffatto avvenimento
come la più splendida vittoria di quante furono mai
riportate sui mari da che il mondo esiste.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 251
Di carattere essenzialmente spavaldo e millantatore,
il popolo chileno sentiva il bisogno di celebrare una
rumorosa vittoria, che coprisse innanzi a sé stesso ed
innanzi al mondo, la inettezza spiegata dalla propria
squadra nei 43 giorni decorsi dalla sua entrata in
azione, durante i quali nuli' altro seppe fare che infe-
rocire contro paeselli indifesi, ed arrivar tardi, dopo
43 giorni, là dove avrebbe dovuto e potuto arrivare in
men di una settimana - al Callao. Ardeva del desiderio
di proclamarsi grande, di crearsi degli eroi chileni ; e
festeggiò con delirante esaltazione come sua vittoria
una sventura del nemico, di cui solo il caso fu autore,
e che solo potè far rimanere a metà la inequivoca di-
sfatta toccata alle sue armi
I Comandanti della Esmeralda e della Covadonga
furono proclamati nel Chili i più grandi Capitani del-
l' universo, ed i marini chileni in generale i primi bat-
taglieri dei mari.
Neil' ordine del giorno, letto il 29 maggio, agli equi-
paggi delle diverse navi della squadra chilena,si diceva:
e La Esmeralda fu colata a fondo colla gloria con che
visse sempre.... (i). La Independencia è stata compie-
(l) Che U Esmeraìda perisse gloriosamente, nessuno Io porrà
in dubbio: ma che poi fosse vissuta sempre gloriosamente, come
assìcnrava l'ammiraglio chileno Williams, è molto da questionare.
Nei suoi lunghi anni di vita, fino alla vigilia della sua breve lotta
col Huaseatj V Esmeralda non compì che un solo atto degno di
nota; ossia la cattura àtW Avviso spagnuolo Ccvadonga, caduto
in un tranello; e certo nessuno dirà che ciò portasse gloria.
252 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
tamente distrutta (senza dire da chi e come) e la Co-
vadonga ha potuto ritirarsi in direzione di Antofa-
gasta. »
Il giornale La Patria di Valparaiso chiamava la sca-
ramuccia del 21 maggio t il più. eroico combattimento
navale che registra la storia universale, » Eguale lin-
guaggio, o quasi, tenevano tutti gli altri giornali chileni.
Quattordici Deputati chileni presentavano sollecita-
mente alla Camera il i° giugno, un progetto di legge
di ricompensa ai combattenti della Esmeralda e della
Covadonga^ ove insieme a tant' altro si legge: a II com-
battimento del 2 1 maggio delle navi Esmeralda e Co-
vadonga colle corazzate peruviane Huascar e Inde-
pendencia è un fatto senza precedenti nella nostra
storia (!) per l'eroismo di quelli che perirono come
martiri della patria, e la serenità, il coraggio e la pe-
rizia di quelli che sopravvissero e trionfarono nella
più terribile e disuguale delle lotte. La goletta Cova-
donga abilmente e intrepidamente diretta dai suoi co-
mandanti, lottò colla corazzata Independencia e per-
venne a farla incagliare e sommergersi nelle acque
della costa peruviana. Atti tanto eroici serviranno di
esempio alle generazioni future.... >
Lo storico chileno Barros-Arana dice a sua volta-,
e II combattimento d' Iquique produsse una profonda
impressione in tutto il mondo. La stampa di Europa
e di America non trovava parole sufficientemente ar-
denti per dipingere l'eroismo dei chileni (i). > Rispon-
(l) //istoria (i€ la Guerra dil Pacifico, p. 95.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 253
dano per noi tutti i lettori di giornali del vecchio e
del nuovo mondo, se lessero mai altro intorno a ciò,
air infuori di qualche ampolloso articolo di fonte chilena.
Essendo avvenuto nel secondo investimento dato dal
Huascar alla Esmeralda^ che il comandante ed un ser-
gente di questa cadessero all' urto sul ponte di quello
- dove ambo rimasero massacrati dai marinai presso i
quali piombarono» prima che il comandante del Hua-
scar avesse il tempo d' impedirlo - i chileni pretesero
che non erano punto cascati, ma saltati all'abbordo (i).
E non contenti di ciò, aggiunsero per soprappiù che
nel momento in cui V Esmeralda affondò, al ricevere
il terzo assalto del Huascar, il suo equipaggio trova-
vasi preparato per correre anch' esso compatto all'ab-
bordo dietro al suo estinto comandante, e che sola^
mente la pronta sommersione della propria nave gli
impedì di compiere siffatto proposito. Per sapere quanto
sia di vero in ciò, basta ricordare che i naufraghi della
Esmeraida^ sebbene raccolti quasi istantaneamente dalle
scialuppe del Huascar^ trovavansi in maggior numero
completamente nudi; ciò che prova che essi si spoglia-
(i) Attesa la sua natura di monitore il Huascar era sì basso
che, eccetto la torre, si elevava appena di pochi f cilici sopra la su-
perficie delle acque : quindi nuUa di più facile che, perduto l'equi-
librio per effetto della violenta scossa sofferta dall' Esmtralda al-
l' urto del Huascar, vi precipitasse il comandante dal ponte di
comando, dove si trovava col sergente che gli fu compagno di
sventura. £ che realmente sia stato cosi, lo sappiamo anche da
distinta e ragguardevole persona (A. Y. de C.) che udillo dalle
proprie labbra dell'illustre comandante del Huascar, M. Grau.
254
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
rono prima di ricevere il terzo ed ultimo investimento
del Huascar ; e certo non è in siffatto stato adamitico
che si va all'abbordo di una nave nemica. Tuni
sanno invece che, in tali frangenti, ciò vuol dire pre-
pararsi a scampar la vita, non già a combattere. Ecco
degli eroi di nuovo stampo !
Bastino al lettore questi pochi esempi, per giudicare
con una tal quale approssimazione della stravagante
rodomonteria e della petulanza chilena.
Indipendentemente da ciò, la fortuita perdita della
Independencia fu però un vero disastro pel Perù, la cui
squadra, già tanto meschina di fronte a quella del ne-
mico, trovossi ridotta dopo questo disgraziato avveni-
mento a proporzioni siffattamente minime, che più non
erale possibile, nonostante F ardimentosa valentia dei
suoi condottieri, di misurarsi con quella; e sotto que-
sto rapporto avevano i chileni motivo più che baste-
vole di rallegrarsi e di suonare a festa.
Rimasto solo il Huascar contro le due potenti co-
razzate chilene Lord- Cochr arie e Bianco- Encaiada
- pur non facendo nessun conto della numerosa squa-
dra in legno del Chili, per contrapporla col vantaggio
di quattro contro due, alle due corvette in legno del
Perù - la sua azione e la sua esistenza stessa non po-
tevano essere che assai limitate. Uno contro due in
numero, ed appena in ragione di uno contro tre in
potenza, in confronto a ciascuna delle due corazzate
nemiche, il Huascar^ sia per entrambe, sia per ciascuna
di esse isolatamente, non poteva essere che un nemico
poco temibile, un semplice giuocattolo che per nulla
OPERAZIONr E COMBATTIMENTI NAVALI 255
doveva impedire o contrastare la loro potente azione,
e di cui avrebbero potuto sbarazzarsi sempre che il vo-
lessero (i).
Nondimeno non fu cosr.
A cominciare dal 22 maggio, il Huascar non rimase
un solo momento inoperoso. A volte in compagnia
della corvetta Union^ il più spesso solo, esso disimpe-
gnava, mercè la sua ardimentosa e ben diretta attività,
tutte le funzioni di una numerosa squadra. Scortava
felicemente i trasporti peruviani carichi di soldati, di
armi, di vettovaglie: visitava a salti, oggi Tuno, do>
mani V altro, tutti i porti e rade del Chili fino a Val-
paraiso, senza mai arrecar danno alcuno alle indifese
popolazioni di cui nondimeno avrebbe potuto far ma-
cello, per poco che avesse voluto seguire il tristo esem-
pio dato dal nemico : appariva e riappariva continua-
mente nella rada di Antofagasta, ove trovavasi il quartier
generale dell'esercito chileno, ora per ritornare rapida-
(i) Fer la migliore intelligenza di quanto s' è detto, ripetiamo
1 iegnenti dati :
Monitor Huascar (peruviano) due cannoni da 300 situati in
una torre giratoria - 1130 tonnellate di capacità - 300 cavalli di
forza — corazza di pollici 4 i[2 nel centro e di soli 2 112 nelle
estremità — corazza della torre pollici cinque e mezzo - costruito
l'aimo 1865.
Corazzata Lord-Cochrane (chilena) sei cannoni da 300 dei mi-
gliori tipi moderni - 2032 tonnellate di capacità - rooo cavalli
di forza - corazza di nove pollici - doppia elice - costruita
Tanno 1874.
Coraxzata Blaneo-Encalada (chilena) in tutto e per tutto simile
all'anteriore.
■t
%
t
t
1
I
(
256 OPERAZIONI E COMBATTIMENri NAVALI
mente indietro dopo averne diligentemente osservato il
movimento, ora per impegnare un breve combattimento
colle batterie di terra o colle navi nemiche ivi stazio-
nate: batteva incessantemente il mare, ora in su, ora
in giù, dando la caccia ai trasporti di guerra del ne-
mico e mantenendo in una continua ansietà il suo com-
mercio di cabotaggio.
Nel mese di luglio l'attività del Huascar fu vera-
mente vertiginosa quanto felice.
Il dieci di detto mese entra come un fulmine nel porto
di Iquique, di cui tenevano il blocco la corvetta chi-
lena Magallanes ed il trasporto armato Matias-Cou-
siilo; si slancia addosso a quest'ultimo, che cattura;
e nella impossibilità di menarlo seco per la prossimità
del grosso della squadra nemica, determina di colarlo
a fondo. Però nobile e generoso sempre, il Comandante
del Huascar si trattiene dallo spargere un sangue che
può risparmiare, comunque nemico, e ordina che si
salvi prima nelle scialuppe l'equipaggio del condannato
Matias-Cousino. Quest'ordine è già eseguito per metà,
quando appaiono le corazzate chilene, contro le quali
il pìccolo Huascar non può lottare senza svantaggio,
e lasciando libero il Cousifio si ritira celermente, non
senza tentare, passando, un investimento sulla Ma-
gallaneSy da cui questa si salvò appena (i); sicché fu
(i) IO luglio: « l^n Magailanes ed il trasporto armato ìI/«2/miì'-
Cousifio sostenevano il blocco di Iquique, quando furono sorpresi
dal Huascar. Questo catturò il Matias^ che per magnanimità non
volle mandar a fondo, preferendo attendere che l' equipaggio sì
salvasse nelle scialuppe. Neil' intervallo si presentò la Còckroftc^
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 257
solo per un atto di generosità che il Chili non perde
il Cousino,
>
Passano undici giorni, ed il 21 luglio il Huascar
penetra nei porto chileno di Carrizal, s' impossessa di
tre bastimenti chileni carichi di merci chilene, metalli
e carbone, e fornitili di equipaggio peruviano, li spe-
disce al Callao.
Passano due giorni ancora, siamo al 23, ed il Hua-
scar cattura in aito mare il miglior trasporto da guerra
chileno, il Rimac, che portava tre compagnie di caval-
lerìa nemica (3oo uomini), con molte vettovaglie ed
una forte somma di danaro. Il Rimac era trasporto
armato.
l\ Huascar divenne in poco tempo V incubo doloroso
dei capitani chiieni.
Il terrore che circondava il suo nome, contenne tutte
le superiori forze del nemico, mentre procurava piena
libertà di azione a quelle del proprio paese.
Le forti corazzate chilene eransi convertite, potremmo
dire, in una semplice scorta d'onore del piccolo atleta
peruviano : andando continuamente avanti od indietro
a perder tempo e carbone, ed arrivando sempre dopo di
esso, soltanto facevan sempre a tempo a vedere la sua
lontana colonna di fumo sperdersi a poco a poco nel-
r orizzonte, e raccogliere notizie delle sue ultime gesta.
ed il //ttascar dovè abbandonare l' impresa rifugiandosi in Arica.
La Magallancs si salvò appena da un colpo di sperone del
Huascar. s
El Perrocarril, giornale di Santiago del Chil), 14 febbraio i88t.
Rassegna retrospettiva della guerra.
258 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
Né migliore era per certo la situazione deiresercito;
perchè mentre la squadra chilena si struggeva mise-
ramente nel più sterile inseguimento contro il Huascar,
la più completa inoperosità consumava d'altra parte
il relativamente forte esercito chileno, concentrato in
Antofagasta per effettuare uno sbarco sul territorio pe-
ruviano. Lo spavento sparso dalla maravìgliosa attività
del Huascary lo teneva immobile sugi' inospitali scogli
del deserto di Atacama: da cui non osava muoversi
fino a che aveva a temere una sorpresa, sia durante
il corto tragitto per mare fino ad arrivare al punto di
sbarco, sia durante lo sbarco medesimo, sia dopo di
esso - più che altro presentandosi terrìbile la probabile
eventualità che potesse impedire il suo vettovaglia-
mento od il suo reimbarco, se ne arrivasse il moaiento.
Lo storico chileno Barros-Arana, che, come più volte
s'è detto, è bene al corrente di tutto quanto si opera
e si pensa nelle alte sfere governative del Chifi, scrìve:
a Prima di aprire la campagna terrestre conveniva an-
nichilire il potere navale del Perù, o almeno distrug-
gere il monitore Huascar che gli dava vita: questo
appunto era stato deciso in Santiago, nei consigli di
Governo (i). »
Per quanto appaia strano ed incredibile, è un fattoj
che non ammette dubbio: il ChiFi aveva paura dell
Huascar.
Il Chilt che, oltre la numerosa sua squadra in legno,
aveva a sua disposizione due forti corazzate, ognuna
(i) Historia de la guerra del Pacifico, p. 130.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 259
delle quali era un formidabile colosso di fronte al de^
bole monitore peruviano, si lasciò imporre ed intimo-
rire da questo, fino al punto di arrestare completamente
Fazione dei suoi eserciti; di quegli eserciti che già
prima della dichiarazione di guerra teneva pronti per
lanciarli come una valanga irresistibile sui territorio
nemico, e che dopo quattro mesi d'inqualificabile aspet-
tazione, rimanevano ancora immobili come colpiti da
catalessia, là dove si trovavano il primo giorno, dando
tempo al Perù di organizzare la difesa del proprio ter-
ritorio, e quindi compromettendo seriamente l' esito di
una guerra da tanto tempo e con tanto studio pre-
parata.
Nonostante il suo esagerato amor proprio nazionale
- o caratteristica presunzione, per cui il chileno è por-
tato a credersi il primo bipede della creazione, ed a
ritenere come ottimissimo tutto ciò che nasce da mano
o mente chilena, o che in qualunque modo porta il
patrio suggello * il popolo chileno seppe comprendere
quanto ciò fosse disdoro al proprio paese ; e più volte
si levò a tumulto, censurando la condotta del Governo
e della propria squadra, che tanto inetta si mostrava
contro un nemico tanto ad essa inferiore nelle forze
materiali.
Lo stesso storico citato, che meglio potrebbe chia-
marsi apologista del Chili, non può dispensarsi - egli
tanto chileno! - dal dire a questo riguardo: e Le cor-
rerie che facevano impunemente le navi peruviane, la
inefficacia dell'azione delle navi chilene, e soprattutto
la perdita del trasporto Rimacy avevano prodotto certo
260 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
scontento nel Chili... Accusavasi il Governo di non
dare alle operazioni della guerra una direzione più ener-
gica e più attiva, ed i capi della squadra di poco vi-
gore o di poca fortuna nella lotta colle navi peruviane.
Questa situazione degli spiriti, espressa con franchezza,
diede luogo a che nel Perù si credesse, e si ripetesse
all'estero, che la tranquillità incontrastabile e tradizio-
nale del Chili era per sparire sotto il peso di una tre-
menda commozione (i). »
Checché ne dica il signor Barros-Arana, il malcon-
tento manifestato dal popolo chileno fu tale che bisognò
ricorrere alle armi per sedarlo, massime in Santiago,
dove si sparse non poco sangue nella sera del 3o lu-
glio ; e certo, la tremenda commozione di cui egli parla,
non si sarebbe fatta aspettare a lungo, se l'Oligarchia
chilena non fosse stata tanto forte e robusta in casa
propria.
Nonostante le esigenze popolari, il Governo ed i di-
rettori della guerra rimasero però fermi nel proposito
di non muovere V esercito da Antofagasta, di non av-
venturarlo in impresa alcuna, fintanto che esistesse il
Huascar in potere del Perù : e poiché un qualche sforzo
bisognava pur farlo per uscire da una situazione tanto
difficile, per non dire ridicola, si prese la risoluzione
di esonerare la squadra da ogni altro servizio, e di de-
dicarla esclusivamente alla caccia del monitore peru-
viano.
(i) Barros-Arana, Historia de la Guerra dei Pacifico, ps
gina 126 e 127.
OPERAZIONI E COMBArriMENTI NAVALI 261
Il 5 agosto fìi quindi tolto il blocco di Iquique,
unico servigio che fin allora avesse reso la squadra
chilena; la quale si raccolse tutta nel porto di Anto-
fagasta per prepararsi alla grande vittoria sul terribile
e spaventoso nemico.... sul piccolo Huascar!
Il 12 dello stesso agosto furono fatti anche dei no-
tevoli mutamenti, si nel comando delle navi principali,
come nel comando in capo della squadra ; ed essendo
questa già pronta, mosse compatta alla gloriosa im-
presa (i).
Ecco adunque tutto il relativamente formidabile po-
tere navale del Chili - due forti corazzate con 12 can-
(i) « Fulironsi perfettamente i fondi delle navi, ripararonsi le
loro macchine, provvedendosi alcune di esse di nuove e migliori
caldaie, completaronsi i loro equipaggi ed il loro armamento, e
s' iotrodnssero in tutti i particolari della organizzazione navale le
riforme che 1' esperienza di sei mesi d' infruttuosa campagna (con-
tondo dalla famosa occupazione di Aniofagasta^ 12 febbraio") sem-
brava consigliare. Il Governo, inoltre, aveva comprato 0 preso in
fitto alcuni comodi vapori per farli servire come trasporti, e tutti
essi furono armati di potente artiglieria.... In questa medesima
epoca r ammiraglio Williams Rebolledo, la cui salute erasi in-
debolita ed il cui spirito si sentiva fatigato dal nessun esito delle
operazioni navali, lasciò il comando della squadra. Il suo posto
fu confidato al capitano di vascello Don Garbarino Riberos, ma-
T>no antico che a causa delle sue malattie trova vasi separato dal
servizio, e che ora vi litornava pieno di energia e di risoluzione.
Riberos doveva comandare in persona la corazzata Bianco-Enea'
loda: il comando della Cochrane fu dato al capitano Don José
I^torre...- •
Ba&kos-Arana, H istoria de la Guerra del Pacifico, p. 129
c 130.
262 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
noni da 3oOy quattro navi in legno con Sg cannoni
da i5o, 70 e 40y e cinque o sei trasponi armati con
cannoni Krupp di grosso calibro - spingersi animoso
contro un nemico che non era se non un piccolo mo-
nitore.... il Huascar; il quale non aveva che appena
due cannoni da 3oo, una firagile corazza graduale dal
pollici due e mezzo ai quattro e mezzo, ed una mac-
china della forza di 3oo cavalli. Non facciamo qui nes-
suna menzione delle due corvette in legno del Perù;
perchè, come s' è dettò innanzi, tutto questo apparato
del Chili non era che pel solo Huascar : le due cor>
vette anzidette erano guardate col massimo disprezzo
dalle corazzate chilene, le quali si facevano forti dì
misturarsi con esse in ogni tempo, senza timore e senza
paura, e certo non senza ragione , poiché i piccoli can-
noni da 70 e da 4o di quelle erano completamente
inefficaci contro le loro solide corazze di nove pollici.
Questa esposizione ha l'apparenza di uno scherzo,
di una parodia, di una triviale esagerazione, figlia della
più passionata parzialità ; e pur nondimeno non è che
pura e schietta verità, di cui non è punto difficile tro*
vire la spiegazione. Il Perù, quasi senza marina, aveva
marini intelligenti e valorosi che sapevano trarre tuno
il profitto possibile dai deboli e meschini elementi messi
a loro disposizione; mentre il Chili, con bella e buona
marina che in altre mani sarebbe stata potentissima, di*
fettava completamente di buoni marini.
Gli uomini di Governo del Chili, intelligenti, sagaci,
ottimi calcolatori, rimasero pienamente convinti di ciò
fin dal bel principio della guerra. Compresero a tempo
OPERAZIONI E COMBATTIMEN'n NAVALI 263
che non potevano fare grande assegnamento su quelle
loro corazzate, il cui acquisto era costato tanti sacrifizi
al paese, fino a che il Perù avesse nel mare un solo can-
none capace di perforare le loro corazze : compresero
che solamente favoriti da una stragrande superiorità
di forze, congiunta al molto numero, avrebbero potuto
i loro timidi e inesperti marini impadronirsi del debole
monitore peruviano, o distruggerlo; e guidati dai saggi
consigli, loro suggeriti dal più accurato esame dei fatti
e delle cause dei medesimi, adottarono le prudenti mi-
sure da noi finora riferite.
A provare praticamente la poca fiducia che il Go-
vernò del Chili poneva nella propria squadra, bastano
due soli dei fatti già narrati, per poco che se ne vo-
glia e sappia valutare tutta la importanza. Essi sono:
I* L'aver tenuto per più mesi inoperoso il suo eser-
cito, già prima della dichiarazione di guerra pronto
all' attacco in Antofagasta, fino a tanto che restava al
Perù il Huascar : mentre era tra i suoi più vitali in-
teressi di accelerare le operazioni della guerra, e di ope-
rare al più presto la progettata invasione del territorio
nemico, tanto per non esporsi ad esaurire senza frutto
le scarse sue finanze, che a dura pena sostenevano le
ingenti spese della guerra, quanto per non dar tempo
al Perù di armarsi e di opporgli più tardi una resi-
stenza, che in principio si era certi di non incontrare;
circostanza che, già sappiamo, fu quella appunto che
determinò il Chili a rompere sì precipitosamente la
pace col Perù. 2® L' aver dovuto togliere il blocco di
Iqaique che tanta importanza aveva nella guerra, sì per
T7- — CaivamO, Guerra d* America,
204 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
privare il Perù delle considerevoli somme che avrebbe
prodotto la esportazione del salnitro, come per riser-
barle a sé per quando si impadronirebbe di detta lo-
calità; e ciò non ad altro scopo, che per aumentare
la forza ed il numero delle navi che dovevano dar la
caccia al Huascar^ contro di cui sarebbe stata più che
sufficiente una sola delle corazzate chilene.
Che poi questa poca fìducia del Governo chileno
nella propria squadra non fosse stata senza baste-
vole motivo, lo prova ad esuberanza la inequivoca
inettezza ed insufficienza mostrata da questa fin dal
principio della lotta ; ossia per ben quattro mesi con-
secutivi, durante i quali nuli' altro seppe fare che con-
sumar carbone, incendiare i piccoli porti inermi del
Perù, e perdere una nave in una sorpresa del nemico
che doveva e fu per essere una vera disfatta pel Chifì,
e dalla quale solo il cieco caso lo salvò; poiché, com^é
noto, il naufragio della corazzata peruviana Indepen-
denda fu meramente accidentale e fortuito.
Da che il Huascar prese il mare, i6 maggio, fino
all'epoca che descriviamo, primi di agosto, e che si
protrasse dipoi senza alterazione alcuna fino all'otto-
bre, ossia durante cinque mesi, i trasporti di guerra
del Perù solcarono liberamente il Pacifico, senza che
mai uno solo di essi cadesse in potere della forte e
numerosa squadra chilena. Continuamente viaggiando
dal Callao ad Arica, e da Arica a Pisagua, e poi ad
Iquique, sotto le scorta del Huascar e delle due pic-
cole corvette in legno del Perù, le navi peruviane
trasportarono senza posa tutto l'armamento per Teser.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 265
cito di Bolivia e tutti i materiali di guerra necessarii
per la fortificazione di Arica, mobilizzarono e vittua-
gliarono l' esercito del Perù, e mai una sola, ripetiamo,
fu catturata dalla potente squadra cbilena, la quale
arrivava sempre tardi dietro di loro, benché sapesse
che uno solo fosse il porto di uscita di quelle ed uno
solo il porto principale d'entrata; sicché bastava che
essa avesse saputo mantenersi in osservazione innanzi
a uno dei detti porti, Callao ed Anca, per impedire
ogni movimento delle medesime, o catturarle.
Né ciò le avrebbe punto impedito di attendere ad
altri servigi, non esclusa la caccia al Huascar: il
numero e la forza delle sue navi permettendole divi-
dersi in più sezioni, ognuna delle quali sarebbe stata
indubitatamente superiore a tutta la squadra peruviana,
massime le due sezioni principali composte dalle co-
razzate Blanca-Encalada e Lord-Cockrane, separata-
mente, contro ciascuna delle quali tutta la squadra
peruviana riunita insieme non avrebbe presentato che
un contingente assai inferiore di forze.
n Governo chileno avea dunque più che motivo,
aveva necessità di diffidare della sua squadra, e di
adottare le prudenti misure da noi riferite; le quali,
data la intrinseca povertà delle forze navali del Perù,
e le tristi condizioni nelle quali versava questo paese,
non potevano non portare presto o tardi gli attesi
risultati.
Ma sarebbe stato lo stesso se il Perù avesse avuto
non altro che una sola nave della forza di una
delle due corazzate chilene? Tutto ci autorizza a sup-
266 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
porre che no. Più ancora, il logico apprezzamento dei
fatti ci dice, che senza il fortuito naufragio della In-
dependencia, forse non sarebbe stato punto ' difficile ai
Perù di uscire, se non vittorioso, illeso almeno dalla
disuguale lotta alla quale fu con tanto premeditato
studio chiamato, e che assai probabilmente non sarebbe
andata al di là di una lunga, faticosa e sterile con-
tesa navale.
Comunque debolissima nel suo genere, la corazzata
Independencia avrebbe concorso potentemente a lato
del Huascar, coadiuvando l'energica azione di questo,
a mantenere forse indefinitamente a scacco la squadra
e tutto il relativamente enorme potere militare del
Chili: giudizio che non è affatto avventurato, una
volta che si è visto che un tale risultato seppe otte-
nerlo il Huascar da se solo per ben cinque mesi in-
circa. E supposto anche^ alla peggio, che solo avesse
concorso a protrarre per qualche mese ancora la
situazione creata dal Huascar; situazione che mentre
debilitava il Chili coli' inutile esaurimento delle sue
limitate risorse finanziarie, e con la stanchezza pro-
dotta dalla inoperosità delle sue forze con tanti sacri-
fizi e con tanta anticipazione preparate, dava al Perù
il tempo di armarsi e di organizzare convenientemente
la difesa del suo territorio; è fuori di dubbio che il
Perù avrebbe migliorato enormemente le proprie con-
dizioni, con notevole danno di quelle del Chili; il
quale, perduti i vantaggi coi quali e pei quali volle
e provocò la guerra, avrebbe forse finito col tirarsi
indietro.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 267
Ben poco ci rimane a dire del resto della campagna
navale.
Il Huascar^ continuando per altri due mesi ancora
a prestare al suo paese i grandi servigi resi fin allora,
ed a compiere di tratto in tratto le sue ardite escur-
sioni nei porti nemici, fu sempre alla portata della
numerosa squadra chilena, che tutta unita come a
fargli la corte, batteva le onde innanzi ed indietro, a
null'altro intesa che a dargli la caccia.
Ma venne alla fin fine anche per esso Fora del tra-
monto: ed esso che il nome portava dell'illustre figlio
del Sole, che un ìisurpatore fratello sopraffaceva in
Quipaipampa, cadde come quegli cadea.... grande, mae-
stoso, terribile!
All'albeggiare del dì 8 ottobre, di ritorno da una
spedizione lungo la costa chilena insieme alla corvetta
Unioriy e proprio all'uscire dal porto di Antofagasta,
ov' era entrato a praticare una ricognizione, il Huascar
cadde nella rete formata dalla squadra chilena, che in
due divisioni incrociava da poche ore fra Antofagasta
e Mejillones. La corazzata Blanco-Encalada^ la canno-
niera Covadonga e due trasporti armati componevano
la prima divisione ; ed erano a formare la seconda la
corazzata Lord-Cochrane^ la corvetta O^ Hìggins ed
un trasporto armato.
Le due navi peruviane s'imbatterono nella prima
delle due anzidette divisioni che cercarono di causare,
nella certezza che il resto della squadra doveva tro-
varsi non molto distante, e che, laddove avessero im-
pegnato battaglia con quella, presto si sarebbero viste
268 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
circondate da tutta la numerosa flotta nemica. Ma
quando appunto credevano esser Ti lì per uscire dalla
cerchia dell' imboscata, trovarono il cammino sbarrato
dalla seconda divisione.
U cattivo stato della chiglia del Huascar non per-
mettendo affatto di ricorrere alla fuga(i)» per quanto
le manovre fossero state abili ed ardite, la lotta divenne
inevitabile: ed il valoroso comandante del Monitore
peruviano, onde prevenire la concentrazione delle forze
nemiche, coli' arrivo della prima divisione lasciata al-
(i) È un fatto generalmente noto, cosi nel Perù come nel
Chili, che la Chiglia del Huascar trovavasi sommamente sporca,
quando questo mosse da Arica il 30 settembre per la sua ultima
spedizione ; spedizione che fu ordinata dal Presidente Prado. e
che il contrammiraglio Grau opinava di non doversi menare ad
effetto, se non dopo di aver pulito la chiglia del Monitore, al
quale non poteva imprimersi per tale circostanza tutta la velo-
cità, di cui era capace in condizioni normali, e di cui avrebbe
avuto tanto bisogno in caso d' incontro colla squadra nemica,
contro la immensa superiorità numerica e materiale della quale
ogni lotta era impossibile. Ma il Presidente Prado, colla stolti
fiducia dell' ignoranza intorno a ciò che egli chiamava buatta fcr-
ttma del Huascar, insistè nell' ordine dato, a dispetto delle sag-
gie osservazioni del comandante Grau ; il quale si separò da Ini
dicendogli : Obbedisco percìù così mi impone il mio dovere, ma so
chi porto il Huascar al saerijitio. Era tanta la convinzione dì
Grau a questo riguardo, era egli tanto certo di soccombere pel
cattivo stato della sua nave, nel probabile caso d' incontro coUa
squadra nemica, che al momento di partire d'Arica spedi alla
sua degna consorte in Lima, un pacco contenente documenti e
ricordi di famìglia, che desiderava porre in salvo. Conserviamo
in nostra mano una lettera del signor Del Rio, a cui Gran affidò
detto pacco nel porto di Arica a bordo dello ttcaso tìuatear.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 269
quanto indietro, prese l' iniziativa, ed apiì immediata-
mente il iuoco contro la corazzata Lord-Cochrane.
Però non isfugg^ punto all'intrepido contrammira-
glio Grau che assai difficile, se non del tutto impos-
sibile sarebbegli stato lo svincolarsi dal potente nemico
che avea di fronte, prima che sopraggiungesse la se-
conda corazzata col resto della squadra, ciò che lo
poneva in una situazione delle più disperate; e senza
paura, come senza speranza, rivolse anzitutto il pen-
siero, con quella nobile generosità di animo che tanto
lo distingueva, alle difficili condizioni del suo paese,
cui forse andava a mancare con lui il suo principale
sostegno, e senza lasciarsi adescare da nessuna codarda
illusione sulP aiuto che avrebbe potuto ricevere dalla
fragile corvetta Union, pensò invece di salvarla da una
certa ed infruttuosa rovina, onde più tardi potesse pre-
star più utili servigi al proprio paese; e impartì, per
mezzo dei segni d' uso, al comandante di quella, l'or-
dine seguente : Salvi la sua nave: io rimango qui a
compiere il mio dovere.
Tre navi leggiere si staccarono, una dalla prima e
due dalla seconda divisione della squadra chilena, ad
inseguire T Union; ma abilmente guidata questa dal
suo intelligente comandante Aurelio Garcia y Garcia,
potè arrivar salva ed illesa ad Arica nella susseguente
mattina del nove.
Che diremo del Huascar? Per descrivere l'ultima
lotta di questo leone del Pacifico avremmo bisogno
della penna di Dante o d'Omero. G)nfessiamo che la
nostra non è da tanto; e vi rinunciamo.
270 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
Riferiremo solamente, per debito di storici, che
dopo un'ora di accanito combattimento colla corazzata
Cochrane^ entrò in azione anche Taltra corazzata Bianco-
Encalada^ senza parlare delle navi minori; e che messo
fra due fuochi, il Huascar, quasi a tiro di pistola, si
battè ancora da forte, per un'altra lunga ora, contro
entrambe le forti corazzate chilene, fino a che, mono
il valoroso comandante Gran, morti successivamente,
dopo di lui, un secondo ed un terzo comandante, rotta
in pezzi la torre, guasti i cannoni e tutte le armi da
mano, dimezzato l'equipaggio, pieno di ardenti rovine
da un capo all' altro, rimasto senza governo per la ri-
petuta rottura degli apparecchi del timone, ridotto al-
l' assoluta impotenza così per l' offesa come per la di-
fesa, il Huascar apri le valvole di sommersione, ed
attese.... Attendeva di seppellirsi da un momento al-
l' altro sotto quelle onde sulle quali fu per tanto tempo
generoso e temuto re; ed ebbesi invece quel destino
che solo seppe paventare: l'onta del pie nemico,
che superbo profanò il suo ponte, fatto cimitero dì
prodi!
Su questo avvenimento tanto lungamente atteso e di
tanta importanza pel Chili, il comandante della squadra
chilena, G. Riberos, trasmetteva due rapporti al suo
Governo : l' uno nel medesimo giorno 8 ottobre, l'altro
due giorni dopo, il io.
Togliamo da entrambi i seguenti brani:
Rapporto del giorno 8 : € Alle 9 a. m. s' impegnò un
combattimento fra la Cochrane ed il Huascar. Alle 10
entrò nel combattimento la Bianco. Alle 10 e 5o mi-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 271
auti il Huascar, fatto in pezzi,* si arrese. Il coman-
dante Grau morto: egualmente morti il 2° ed il 3« co-
mandante. L' equipaggio del monitore peruviano resistè
tenacemente ed eroicamente. Per lo stato nel quale è
rimasta la nave, credo che non potrà servire./.. »
Secondo rapporto del giorno 10: < Il //i/o^cor dopo
un sostenuto cannoneggiamento coWdi Cochraney diresse
la sua prora sulla Bianco, facendo su questa coraz-
zata alcuni spari ai quali fu immediatamente risposto.
Vi fu un momento in cui la bandiera del Huascar la-
sciò di vedersi, e si credè finito il combattimento: però
la bandiera peruviana tornò ad alzarsi sulla nave ne-
mica, e la lotta continuò. Le distanze si accorciarono
di tal modo che si credè arrivato il momento d' im-
piegare lo sperone, evitando quello della nave nemica.
Vi fu un istante in cui il Huascar passò quasi a ven-
ticinque metri di distanza dalla Bianco^ sparando i suoi
cannoni e facendo un nutrito fuoco colle mitragliatrici
delle sue coffe. La Cochrane^ allontanata per alcuni
moaienti dal Huascar pel movimento che fece questo
sulla Bianco, tornò di nuovo su di esso, e manovrando
con opportuna destrezza collocò il nemico fra due fuo-
chi. In questi momenti il Huascar, sotto una pioggia di
proiettili delle nostre corazzate, si vide obbligato a ren-
dersi.... »
Rappono ufficiale del tenente Fedro Garezon, quarto
ed ultimo comandante del Huascar^ dopo la morte
successiva dei primi tre : e ....In questo momento (quando
egli il quarto prese il comando del monitore peruviano)
il Huascar si trovava per la terza volta senza governo
272 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
(manovra del timone); perchè le bombe nemiche ave-
vano rotto tutti gli apparecchi del timone. Queste bombe
cagionarono per tre volte T incendio nelle camere del
comandante e degli ufficiali, distruggendole completa-
mente. Altra bomba era penetrata nella sezione della
macchina pei camerini dei macchinisti, producendo un
nuovo incendio.... Avemmo anche due altri incendìi,
uno sotto la torre del comandante e F altro nel solaio
di prora. In questo stato, ed essendo assolutamente im-
possibile offendere il nemico, riscdvei d^ accordo coi tre
ufficiali che con me rimanevano in battaglia, di som-
mergere la nave prima che fosse preda del nemico; ed
a questo scopo comandai all' alfiere di fregata, Riccardo
Herrera, che comunicasse personalmente al primo mac-
chinista l' ordine di aprire le valvole ; ordine che fu
compiuto immediatamente, e per la cui esecuzione fu
necessario di fermare la macchina, come risulta dal-
l'annesso rapporto del detto macchinista. Erano le n
e IO minuti quando si sospesero i fuochi del nemico.
Il Huascar cominciava già a sommergersi per la poppa;
ed avremmo ottenuto la sua completa sommersione, se
la circostanza di aversi dovuto arrestare il movimento
della macchina, non avesse dato tempo al sopraggiuo-
gere delle scialuppe nemiche, i cui equipaggi non ci
fu possibile di respingere per essere rimaste inservibili
tutte le armi che avevamo disponibili. Una volta a
bordo^ gli ufficiali che li dirigevano obbligarono i mac-
chinisti, coi revolver alla mano, a chiudere le valvole,
quando già avevamo quattro piedi d' acqua nella sen-
tina, e speravamo sommergerci da un momento all*al-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 273
tro: procederoQo anche attivamente ad estinguere t
varii incendii che tuttavia continuavano, e ci obbliga-
rono a passare a bordo delle loro corazzate, insieme ai
feriti. Non si può precisare il numero di proiettili che
il Huascar ha ricevuto, perchè appena è rimasta qual-
che parte che non sia stata distrutta.... Debbo egual-
mente manifestare che quando gli ufficiali ed equi-
paggi delle scialuppe nemiche monurono sul ponte del
Huascar trovarono Vasta caduta, per essersi rotta la
catena che la sosteneva, in modo che la bandiera che
da essa pendeva e che era stata per la seconda volta ^
issata, si trovava sul ponte; circostanza che feci no-
tare al primo tenente della Cochrane^ signor Toro, ed
a varii altri ufficiali i cui nomi non ricordo. »
i AntofagastOy io ottobre - A bordo del vapore Co-
piapò - (ove il signor Garezon era ritenuto prigio-
niero).
Fra le tante altre cose, che il lettore vedrà da sé,
dai trascritti rapporti appare che mentre il comandante
in capo della squadra chilena asserisce che il Huascar
si arrese^ V ufficiale peruviano che ultimo tenne il co-
mando di questa nave, racconta diversamente i fatti, si
da escludere completamente ogni sospetto di resa. Chi
dei due dice il vero?
All'arrivare i prigionieri del Huascar al Chili, vi
fu per più giorni una continua ressa di gente attorno
a loro. Tutti volevano vederli, tutti volevano conoscere
da vicino i prodi difensori del leggendario monitore
peruviano, tutti volevano ascoltare dalle loro labbra
qualche episodio più o meno commovente dei tanti che
274 OPERAZIONC E COMBATTIMENTI NAVALI
necessariamente doverono svolgersi sul ponte e nei
fianchi del piccolo atleta del Pacifico, in quelle due
ore di lotta suprema colle due potenti corazzate chi-
lene, con un nemico sei volte almeno più forte. I
giornalisti, facile è supporlo, non furono gli ultimi in
tanta ressa; e per più tempo i giornali di Santiago
non fecero che ripetere conversazioni più o meno lun-
ghe ed interessanti avute coi prigionieri del Huascar,
cogli ufficiali, cogli artiglieri, coi marinai, e perfino coi
semplici mozzi. Dalle tante, tutte più o meno unisone
nel fondo, togliamo i seguenti brani:
« Air intraprendere il Huascar la sua ultima spedi-
zione, tutti sapevano che le nostre corazzate (le chilene)
avevano le chiglie pulite e perciò maggior velocità. Il
Presidente Prado fu il solo a dubitare di questo van-
taggio della Bianco e della Cochrane : Grau, no.
« Dicono che non si ammainò la bandiera peruviana,
e che non si alzò affatto quella di parlamento. Confi-
dano che il signor Riberos (comandante della squadra
chilena) dirà ciò nel suo rapporto ufficiale (l)
e Le palle nemiche ruppero due volte i forti appa-
recchi che sostenevano l' asta della bandiera, e questa
cadde. Quando cadde la prima volta, tornarono a is-
sarla il tenente Garezon ed il soldato Julio Pablo.
a II tenente Garezon, quando vide che ogni resistenza
era impossibile, chiamò l' alfiere Herrera, e gli diede
l'ordine di aprire le valvole, onde sommergere la nave.
Le nostre corazzate (le chilene) stavano a circa cin-
quanta iarde di distanza. L'alfiere Herrera comunicò
l'ordine al capo-macchinista, il quale fermò la mac-
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAl .1 275
china immediatamente e aprì le valvole : però ì chileni
vedendo che il Huascar né sparava né si moveva, lan-
ciarono sette scialuppe all'abbordo. L'equipaggio del
Huascar non fece resistenza, perché le armi erano
tutte guaste e perché agli ufficiali si diede voce dalla
macchina che il monitore si sommergeva. Lo stesso
alfiere Herrera vide nella sentina tre piedi e mezzo
d'acqua. Assicurano tutti che fra cinque minuti al più
il Huascar sarebbe colato a fondo ; ed in prova di ciò
citano la testimonianza degli ufficiali della Bianco e
della Cochrane che fecero chiudere le valvole. »
Oltre le numerose conversazioni avute coi prigio-
nieri del Huascar^ tutte più o meno del medesimo te-
nore dei pochi brani da noi riportati, i giornali chileni
pubblicarono anche non poche descrizioni dell'ultimo
combattimento del monitore peruviano, scritte da cor-
rispondenti che si trovavano a bordo delle corazzate
ed altre navi chilene, che ebbero parte in detto com-
battimento. Da una delle tante che troviamo nel gior-
nale El Mercurio di Valparaiso, togliamo le parole
seguenti : « Alle io a. m. sparò la Blanco-Encalada il
suo primo colpo, e da quel momento il combattimento
fu sostenuto dalle due corazzate contro il Huascar^
che si difese strenuamente. Una granata della Cochrane
ruppe i guardines del timone del Huascar, e per po-
terlo governare, dovettero ricorrere ad apparecchi dalla
camera del Comandante. Una granata della Bianco fece
esplosione in detta camera, terminando di rovinarla ed
uccidendo tutti coloro che maneggiavano gli apparec-
chi del timone rimanendo la nave senza governo al-
376 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVAU
cuno.... Il tenente Garezon che durante tutto il com-
battimento si portò bravamente, abbandonò il ponte per
far aprire le valvole della macchina.... Arrivati i chileni
sul Huascar, V ingegnere Werder corse alla macchina,
e col revolver alla mano fecesi indicare il sito delle val-
vole, per le quali cominciava ad empirsi la nave di
acqua.... »
Da queste diverse relazioni e dalle tante consimili
che amore di brevità non ci permette di riprodurre, tutte
direttamente od indirettamente di fonte chilena, ciò che
esclude ogni sospetto di parzialità a favore del Perù,
risulta adunque che il Huascar non si arrese ; e che
il rapporto dell'ufficiale Garezon, che in quarto ed ul-
timo posto ne tenne il comando, è vero in tutte le
sue parti.
In una lettera di famiglia (pubblicata dai giornali
peruviani) del Guardia-marina Domingo Valle-Rie-
stra, giovane sedicenne che foceva le sue prime prove
sul Huascar^ leggiamo: e Tre volte cadde la ban-
diera a cannonate: già senza gente, senz'armi, senza
nulla, fummo presi, o E furono presi dal nemico,
quando compiuto il proprio dovere fin oltre il bisogne-
vole, aspettavano imperterriti la vicina sommersione
del Huascar: ecco la verità (i).
(i) ci peruviani avevano aperte le valvole del monitore per
«ommergerlo, e 1' acqua entrava nei suoi fianchi in grande quan-
tità ; gli assalitori le chiusero prontamente, e così pervennero a
salvarlo. •
Bamos-Arana, ffistoria de la guerra del Pacifico, p. 135.
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 277
Un piccolo monitore di mille tonnellate e 3oo ca-
valli di forza, con appena due cannoni da 3oo ed una
fragile corazza di quattro pollici e mezzo nel centro,
che diminuisce fino a soli due e mezzo nelle estremità,
lotta coraggioso contro due potenti corazzate di due-
mila tonnellate, con mille cavalli di forza, sei cannoni
da 3oo ed una corazza di nove pollici ciascuna. Esso,
quasi invisibile al cospetto delle due solide moli cbe
ha di fronte, si spinge animoso in mezzo di loro, im-
perterrito sfidando i loro 12 cannoni che lo tempe-
stano a bruciapelo di grossi proiettili da tutti i lati,
pur d'avvicinarsi tanto da sperar di perforare la loro
spessa corazza d' acciaio, pur d' investirle col suo spe-
rone, che quelle pervengono facilmente ed evitare, mercè
r agii ita della doppia elice di cui sono provviste. Esso,
senza mai dare un passo indietro, sostiene da forte la
disuguale battaglia per due lunghe ore, fino a che ri-
dotto all'impotenza, fatto inservibile si alla lotta come
alla resistenza, figge lo sguardo negli abissi dell'oceano,
cercando l'unica via di sfuggire alle ineluttabili ca-
tene nemiche.... E voi che lottaste dieci contro uno,
voi cbe vinceste per sola stragrande superiorità di forze
materiali, vorreste togliergli anche la triste gloria del
cercato suicidio, vorreste mostrarcelo avvilito ed umi-
liato chieder perdono!
No, il Huascar non si arrese. Il Huascar cadde
come visse, in un'aureola di gloria imperitura!
Colla perdita del Huascar finirono i combattimenti
marittimi. Al Perù non rimanevano che due deboli cor-
vette in legno, la Union e la Pilcomajro, assolutamente
278 OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI
incapaci d^ogni lotta colla squadra chilena; e questa,
più non avendo competitori, restò padrona del mare.
I seguenti brani di giornali diranno come fosse sen-
tita in America e fuori la perdita del Huascar:
« Il Huascar è una nave storica.... Ha figurato in
tutti i combattimenti navali nel corso della guerra: ha
bombardato città chilene (solo le fortificate), ha cat-
turato navi trasporri, è stato per più mesi il terrore
delia costa chilena. Al comando di un abile e valente
Ufficiale e servito da un eccellente equipaggio, il Huas
car è stato sempre un formidabile avversario. »
li TiMKs di Londra del io Ottobre 1879.
a Non è necessario di essere stali pel Perù nella
disgraziata guerra Sud-Americana, per lamentare che il
gagliardo Huascar sia stato catturato dai chilenì. Qual-
che cosa che sembrava buona sorte, ma che non era
forse se non perizia nel suo maneggio, ha collocato
subitamente questa nave fra le più famose di quante
hanno solcato le acque americane. Nessuna impresa
era troppo grande, né troppo piccola per esso.... Che
mantenga la sua antica riputazione ora che si trova
in altre mani, è molto da dubitare; perchè Coman-
danti così abili come Gran non ve ne sono molti; ed
Ufficiali di secondo o terz' ordine hanno quasi altrettanta
paura che il nemico di una nave come il Huascar. »
L' Herald di Nuova Yorck, io Ottobre.
« La notizia della cattura del Huascar^ annunciata
OPERAZIONI E COMBATTIMENTI NAVALI 279
ieri, 10, da Londra, cagionerà dolore in molti petti,
anche tra quelli che simpatizzino pel Chili. La pic-
cola e coraggiosa nave sembrava posseder vita incan-
tata, per l'arditezza colla quale menava a capo le
numerose ed arrischiate imprese cui la guidava il suo
valoroso Comandante.... D'altra parte, il Contrammi-
raglio Gran era per se stesso creditore alla generale
ammirazione, senza eccettuare quella dei nemici. Non
lasciava mai dietro di se paesi indifesi incendiati, non
distruggeva né vite né proprietà senza necessità: la
sua condotta è stata sempre quella di un prode marino
e di un perfetto gentiluomo. Può dirsi che finora il
Huascar é stato il protagonista della campagna, dall'una
e dall'altra parte, e l'unico elemento di attività nella
storia della guerra. Alle famose corazzate chilene non
toccava altra gloria, che la molto triste di arrivar
sempre tardi. »
La ESTRELLA DE PaNAHÀ.
• Grau è morto: però non é morto nella memoria
degli Argentini il nome di questo gigante dei mari. Il
Huascary l'incubo della squadra chilena; Grau l'incubo
dei chileni; nave e Comandante erano inseparabili.
La stella polare di Grau era la vittoria, ed anziché a)rren-
dersi preferiva la morte. Balenava appena nella sua
mente un' idea che potesse dare buoni resultati, e per
quanto fosse pericolosa la sua attuazione, l'accettava
senza titubare. Ad Antofagasta! gridò un giorno, e si
dirige là dove erano le navi chilene.... Nell'oscurità
della notte si fa vedere uno splendore: era l'allarme
che si diffondeva. Il fulmine di guerra tuonava tre-
18. — Cai VA NO, Guerra d'America.
28o OPERAZIONI E COMBATTiMENTI NAVALI
mendo sulle navi chilene, e la corona della vittoria
venne a posarsi sulla fronte di Grau. Molti fatti come
questo possono citarsi dell'intrepido marino. Onore a
lui! Gloria eterna ai vinti di MeijUones! U popolo
argentino che ba seguito con entusiastica simpatia le
gloriose gesta di Grau, vuol dedicare un ultimo tributo
alla sua memoria. Il Club Patrioiìco ha risoluto di
celebrare un funerale ed una processione di lutto, in-
vitando tutte le società straniere, i rappresentanti delle
campagne, gli studenti.... d (Funerali e processione
ebbero luogo qualche giorno dopo e furono splendidis-
simi, massime pel gran concorso di gente di ogni classe).
La Tribuna di Buenos- Ayres, i6 ottobre.
e La stampa della Repubblica del Chifì si strugge in
lodi e cantilene di gloria pe'suoi valorosi marini. Il
capo della squadra chilena è un Nelson, ed il giorno se-
guente a quello della presa del Huascar si pubblicò la
sua biografìa nel Chili. Senza dubbio essa sorprenderà
il mondo intero. E perchè no? Tutta la squadra chi-
lena composta di otto navi batte il Huascar, che era un
piccolo monitore di fronte a qualunque delle corazzate
chilene! Il Huascar non presentava altro vantaggio che
quello di esser comandato da un marino esperto e
coraggioso, che pose in riga tutta la squadra chilena, fa-
cendola fuggire e tenendola a scacco durante sei mesi. ^
La Republica di Buenos- Ayres, ii ottobre 1879.
SBARCO Dì PISACUA
SOHMARIO
L4 fiotta chilcDa da Aalofagasta muove a Pitagua per invadere
il deserto di Tarapacà. - Pixagua e »ue difése. - Disposi-
lìoDÌ delle lune chileae, e bombardamento di Pisigua. —
Sbarco contiaslato da pochi uomini perù-boliviani. -Incendio
di lalnitro e di carbone. - Lotta corpo a corpo. - Arnesi
di gi]«Tia abbandonati imprevidentemeote ag-li invasori. — Per-
nii fu bella la resistenza della guaroigione e bruita la riti-
rata. •- Eccellenti qualità del soldato peruviano. •- L'ufficiale
peraviano. - Saa natura e suoi difetti. - Ecceriooi.
ITO col //iuiuciir l'unico elemento dì
rza che il Perù aveva sul mare, ri-
asia onnipotente la squadra chìleoa
ir l'assoluta mancanza di avversarii
le potessero disputarle l' impero del-
l'oceano lungo l'estesa spiaggia nemica, il Chili vide
arrivato il momento da tanto tempo atteso, di procedere
282 SBARCO DI PISAGUA
alla invasione dell'ambito deserto peruviano di Tarapacà.
Né più indugiò a menarla ad effetto che il tempo stret-
tamente necessario al concentramento del suo naviglio
nel porto di Antofagasta, ed all'imbarco dell'esercito e dei
tanti arnesi di guerra ivi radunati difrante nove mesi.
Effettivamente, partita la sera del 28 ottobre dal porto
di Antofagasta, ed ingrossatasi per via di nuovi con-
tingenti usciti da Mejillones e da TocoplUa, arrivava
in suir albeggiare del 2 novembre nella rada di Pisagua
una flotta chilena di diciannove navi (i). Erano queste:
la corazzata Cochrane, la corvetta O'Higgins^ le can-
noniere Covadonga e Magallanes, gV incrociatori Loa
e Am(V(onaSy e tredici trasporti tutti più o meno ar-
mati con cannoni di grosso calibro, sui cui ponti viag-
giava un esercito di 10,000 e più uomini, con caval-
leria, artiglieria, ambulanza, vettovaglie ecc. ecc. Un
secondo esercito di riserva, dagli otto ai novemila uo-
mini, rimaneva in Antofagasta pronto ad entrare in
campagna alla prima chiamata.
Pisagua - piccola borgata di un migliaio di abitanti,
situata a ridosso di un'arida montagna rocciosa dai i5o
ai 200 metri di elevazione, che si delinea sul mare in
forma di C - non era difesa che da due cannoni da 100,
montati alla lesta alle due estremità della baia, e da
(i) La distanza marittima fra Antofagasta e Pisagua è di mi-
glia 274, che un buon vapore percorre ordinariamente in un solo
giorno; se la squadra chilena impiegò invece cinque giorni, fa
perchè parecchi dei suoi vapori si perderono di vista durante le
notti, or r uno or l' altro, e fu mestieri più volte aspettare e farsi
alla ricerca dei di;:persi.
SBARCO DI PISAGUA 283
novecento soldati, per due terzi boliviani ed un terzo
peruviani.
Apparsa appena la luce del giorno, la fiotta chilena
prese comodamente le sue posizioni di battaglia : mentre
i trasporti rimanevano alquanto indietro preparando le
scialuppe e le barcaccie, tratte a rimorchio per operare
Io sbarco delle truppe, le quattro navi principali • Co-
chranCy O^Higgins, Covadonga e Magallanes - si col-
locavano in due sezioni, di fronte ai due cannoni di
Pisagua, pomposamente chiamati batterie dai chileni.
L' incrociatore i4ma:[o/ia^ sul quale, insieme al Coman-
dante della squadra, trovavansi il Generale in capo del-
l'esercito ed il Ministro della Guerra in campagna,
prese posto nel centro della baia, di fronte a ciò che
potremmo chiamare i resti di Pisagua, già incendiata
dalla squadra chilena il 18 aprile.
Alle 7 a. m. le quattro navi ruppero il fuoco contro
i due cannoni di terra, mentre VAma:[onas s'intratteneva
a lanciar granate sulla guarnigione che, sprovvista di
ogni mezzo di offesa come di difesa, aspettava impa-
ziente ed impassibile fra le scabrosità delle roccie, il
momento di entrare in azione contro le truppe nemiche
che si preparavano allo sbarco. Queste però, comunque
di buon' ora discese nelle scialuppe, non si mossero dal
fianco delle loro rispettive navi che alle io a. m. un'ora
dopo che ebbe cessato il fuoco dei due cannoni peru-
viani, i quali, funzionando sopra piattaforme scoperte
sotto il nutrito fuoco di quattro navi, i cui numerosi
cannoni erano tutti di miglior qualità e calibro - da i5o
e da 3oo - rimasero alla fine smontati dopo due ore di
284 SBARCO DI PISAGUA
combattimento, durante le quali non lasciarono mai di
tuonare, nonostante i tanti artiglieri massacrati gli uni
dopo gli altri dalia non interrotta pioggia delle palle
e delle granate nemiche.
Smontati i due soli cannoni che difendevano Pisagua,
se difesa poteva chiamarsi la loro meschina azione
contro quella della forte e numerosa artiglieria nemica,
quasi nulla più si opponeva allo sbarco dell'esercito
chileno, che forte di diecimila uomini e protetto dal-
l'artiglieria della squadra, solo aveva di fronte a sé
novecento uomini già decimati dalla mitraglia. Nondi-
meno esitò, e poco mancò che non si tirasse indietro
per andar a cercare un diverso punto di sbarco, ove
si fosse sicuri di non incontrare resistenza alcuna. Ar-
rivato a questo punto della narrazione, l'elegante sto-
rico chileno Vicuna Mackenna dice : « Che cosa avve-
niva infrattanto a bordo delle navi chileoe? Si vacil-
lava. Conseguentemente, andavano e venivano ordini
confusi e contradittori, che dovevano imbarazzare se-
riamente le operazioni dello sbarco. Dagli uni si vo-
leva andare a Junin per eseguire sulle alture un mo-
vimento di circonvallazione.... Altri parlavano della valle
di Pisagua vecchio,.,. Altri infine, in mezzo alla naturale
confusione di ogni piano cbe si altera nel momento di
menarlo ad effetto, discorrevano di portare T esercito
ad llOy che era il secondo punto di sbarco, dando per
fallito il primo (i). »
(i) B. V. Mackenna, Hìstoria de la Campana iU Tlzrafafù,
t n, p. 717.
SBARCO DI PISAGUA 285
Air avanzarsi delle scialuppe e delie barcaccie che
trasportavano i primi contingenti delle truppe di sbarco,
la piccola guarnigione perù-bolivìana, riparandosi alla
meglio dietro la stazione ferroviaria e i ruderi di Pi-
sagua, nonché fra le grandi masse di carbone e di sac-
chi di salnitro esistenti sulla spiaggia, sostenne per
qualche ora contro gli assalitori un micidiale fuoco di
fucileria, che impediva loro di sbarcare. < In quest^ora,
dice lo storico chileno, la disfatta dei chileni sembrava
inevitabile, tanto più che si trovavano già esaurite le
munizioni della prima colonna che sbarcò (ancora non
era pervenuta a sbarcare)^ la quale aspettava un rin-
forzo che tardava ad arrivare (i). >
Due volte respinti, furono obbligati i chileni a ritor-
nare al fianco delle loro navi per lasciare i morti ed
i feriti, e rafforzairsi di nuova gente. Lo sbarco si ten-
tava, e si effettuò dipoi, in quarantatre scialuppe e
barcaccie.
Tutta la fiotta chilena, navi da guerra e trasporti,
scaricarono allora una vera grandinata di granate e di
bombe. Le grandi masse di carbone e circa cinquanta-
mila quintali di salnitro arsero di un subito incendio,
insieme a quanto altro era air intorno; i difensori della
piazza, assaliti dalle fiamme, furono obbligati a farsi
indietro : protetti dal fumo che li nascondeva agli oc-
chi dei nemico, i chileni poterono prender terra (2).
(i) Barros-Arana, ffist0na de la Guerra dei Pacifico, p. 148.
(2) e .... La Cochrane cominciò a dirigere i suoi fuochi verso
qnella parte della piana, e minuti più tardi cominciava questa
286 SBARCO DI PISAGUA
Cominciò allora una lotta corpo a corpo fra le toc-
eie che sovrastanno a Pisagua. Stretti ed incalzati da
nemici sempre più numerosi pei continui rinforzi che
loro arrivavano dal mare, e che la sicurezza di vin-
cere rendeva pronti ed audaci all'attacco; e mitragliati
senza posa dalla squadra che faceva fuoco su di essi
quasi a tiro di carabina; mentre palmo a palmo ce-
devano terreno al grosso torrente degli assalitori su
per l'erta montagna, che elevavasi a guisa di bersa-
glio ai colpi di quella, i pochi soldati dell' alleanza si
batterono come leoni durante cinque ore, senza con-
tare le tre ore precedenti allo sbarco, fino alle 3 p. m.;
quando, arrivati al vertice della roccia, e prossimi ad
esser colti alle spalle da una forte divisione nemica che
avanzavasi dalle sommità della vicina rada di Junin^
ove senza opposizione alcuna era sbarcata, ogni resi-
stenza diveniva altrettanto impossibile quanto inutile,
e fu necessario ai pochi che rimanevano di battere in
ritirata (i).
ad ardere da cinque parti diverse. Il salnitro s'infiammò rapida-
mente lanciando dense e soffocanti colonne di fumo : le masse
di carbone situate sulla spiaggia, vicino alla stazione ferroviaria,
unirono subito il loro fumo nero a quello rossiccio del salni-
tro.... il nemico riparato dietro quelle difese, si vide obbli^to
ad abbandonare i ruderi e la borgata, dove piovevano i proiet-
tili della Cochrane e della CXIiiggms..,. »
Hclazionc del corrispondente del giornale El Mtreuriù di V^il-
paraiso - 5 novembre.
(i) « Alle IO e 35 minuti a. m. vedendo che sollecitamente
scendeva molta truppa di quella che si trovava accampata nelU
parte superiore delle colline, contro la quale VAmoÈonas avevi
SBARCO DI PISAGUA 287
La difesa di Pisagua sostenuta per oltre otto ore da
appena un pugno di uomini contro tutto un esercito
ed una potente squadra, fu più che un atto di valore ;
fu quasi eroismo : poiché ai difensori della piazza bastò
vedere il grande apparato di forze spiegato dal nemico,
per comprendere che ogni resistenza rimarrebbe in-
fruttuosa, che era impossibile il vincere; e tutti sap-
piamo quanto sia difficile il dedicare i proprii sforzi
ad una impresa anticipatamente condannata, nella piena
convinzione del suo cattivo esito e della inutilità di
ogni conato, per grande e straordinario eh' esso possa
essere.
Nondimeno, quella stessa guarn igione che nella impos-
sibile difesa di Pisagua seppe arrivare fino all'eroismo,
diretto i suoi fuochi, e che arrivava a ripararsi nella borgata, fa-
ceodosi difficile slog^arnela quando s' operasse lo sbarco, con-
saltai il signor Generale in capo ed il Ministro della guerra sull»
convenienza dì bombardarla; e dietro loro approvazione posi i
fuochi sulla cUtà, ciò che fu fatto immediatamente.... Gli equi-
paggi delle navi della squadra si portarono bravamente e sono
alquanto diminuiti per le morti avute ; poiché ripetute volte si
vide partire una scialuppa dal fianco di una nave col suo equi-
pa^io completo, e ritornar solo la metà, dovendosi scaricarla
dei morti e feriti, e fornirla di nuovo equipaggio per continuare
a trasportare la gente di sbarco. »
Rapporto ufficiale del Comandante della squadra chilena.
< Le perdite del nemico (Perù-Bolivia) nel combattimento di
Pisa^^oa, non si sono contate.... Il maggior danno nelle sue file
fu causato dalle bombe delle navi, che caddero sulle teste dei di-
fensori, durante quattro ore consecutive in numero di 600, senza
contar la mitraglia.... »
V. Mackenna, Op, cit.^ t. II, p. 741.
288 SBARCO DI PISAGUA
non seppe poi impedire nella sua ritirata che cadessero
in mano del nemico i tanti elementi di vita e di forza
che doveva o non abbandonare o distruggere.
Pisagua, come, tranne qualche rara eccezione, tutto
l' immenso deserto di Tarapacà, manca assolutamente
d^ acqua potabile; sicché fassi necessario di ricorrere
a quella del mare, e di sottoporla agli speciali processi
della distillazione. A tal uopo erano in Pisagua grandi
macchine distillatrici con tutta una serie di conserve
e di apparati, per trasportare T acqua già resa potabile
sulle sue alture ed altrove. Macchine, conserve ed ap-
parati di trasporto, che sarebbe costato ben poco la-
voro il distruggere, e che tanto difetto avrebbero
fatto air esercito invasore, furono lasciati intatti come
si trovavano ; si come fu abbandonata con tutto il suo
materiale di locomozione, la via ferrea che da Pisagua
menava per cinquanta miglia airinterno, fino ad Agua-
santa: via ferrea che bisognava non abbandonare od
almeno rendere inservibile, distruggendone le macchine
ed i carri^ onde non servisse di potente ausiliario al
nemico, come effettivamente servì, per muovere il suo
esercito e trasportare i pesanti materiali di guerra.
Le maggiori contrarietà, colle quali T esercito chileno
avrebbe avuto a lottare nell' arido ed impraticabile de-
serto di Tarapacà, erano precisamente quelle della man-
canza d'acqua e della difficile locomozione; e furono
appunto questi due grandi elementi di vita e di guerra
- acqua e ferrovia - che la guarnigione perù-boliviana
regalava improvvidamente al nemico, al momento dì
ritirarsi da Pisagua.
SBARCO DI PISAGUA 289
Come spiegare questa grande contradizione fra Feroi-
smo della resistenza e la stolidaggine della ritirata?
Nell'esercito del Perù, e dicasi lo stesso di quello
di Bolivia, scuola e abitudini essendo le medesime,
bisogna fare una grande distinzione fra soldato ed
ufficiale. Il soldato è più che buono, e lascia poco o
nulla a desiderare ; mentre l'ufficiale, come regola ge-
nerale» è men che mediocre e punto degno del sol-
dato cui comanda.
Eccoci sulla via della spiegazione di cui andavamo
in cerca. La resistenza, opera principalmente del sol-
dato, fu gloriosa, eroica. La ritirata e tutto ciò che
riguarda la direzione, opera esclusiva dell' ufficiale, fu
insipiente, balorda.
Il soldato peruviano ha poche pretensioni : eminen-
temente sobrio in tempi ordinarli, sopporta facilmente
ogni sorta di privazioni nei casi eccezionali senza punto
muover lamento, o almeno senza troppo farlo sentire ;
ed è capace al bisogno, per semplice passività di ob-
bedienza ed abito alla sofferenza, massime quello delle
Provincie interne, ossia il c/io/o, V indio, delle più
aspre e faticose marcie. E obbediente alla disciplina,
fedele alla consegna; e sebbene manchi di slancio e
dMniziativa^ si batte, se non per vero e proprio co-
raggio, con quella imperturbabile serenità e costanza
che gli danno la naturale sua disposizione alla più
passiva obbedienza e la massima indifferenza nel pe-
ricolo.
Vista bene, la indifferenza nel perìcolo in lui è una
qualità puramente secondaria; ossia piuttosto figlia
290 SBARCO DI PISAGUA
della soggezione alla disciplina, anziché della propria
maniera di sentire; poiché sparisce quasi sempre noa
appena viene quella a mancare. Ma il certo si è, come
la lunga guerra di cui parliamo è venuta a provarlo,
o meglio a confermarlo, sapendosi già fino dalle lon-
tane guerre della indipendenza (i), che essa non lo
abbandona neppure un solo istante fino a che dura in
lui r obbedienza al proprio superiore; e che questa
solo viene a mancare coir abbandono deirautorità per
parte di quest^ ultimo, giammai per fatto proprio.
In altri termini, il soldato peruviano si batte sereno
e impassibile senza punto curarsi del pericolo, quasi
non se ne avvedesse, fino a che é sostenuto dalla pre-
senza e dalla voce dell'ufficiale; mentre poi diventa
(i) Basta ricordare a questo proposito le famose battaglie di
Pichmcha^ di Junm e di Ayacucko, che decisero della ÌDdipen-
denza della Colombia e del Perù, e che furono priacipalmeote
dovute al valore dei regg;imenti peruviani. •
Dopo la battaglia di Pichincha, alle porte di Quito, il gran
Bolivar decretava una medaglia commemorativa per tutti i sol-
dati della divisione peruviana, colla seguente iscrizione : Ubet-
tador de Qui/o en Pichincha - Gratitud de Colombia a la dhi-
Sion dei Perù,
La battaglia di Junin, già perduta, fu salvata dal valore della
cavalleria peruviana, la quale iceveva in premio da Bolivar il
tìtolo di C/ssari di Junin.
Nel proclama diretto all' esercito liberatore, dopo la grande
battaglia di Ayacucìio^ che decise delle sorti del Perù, e pose
termine alle guerre della Indipendenza americana, diceva Boli-
var alla divisione peruviana: Soldati peruviani I la vostra fatt ut
vi conterà sempre fra i primi salvatori del Perù,
Vedi: Lorsnte. Historia del Perù. T. I, pag. 73, 260 e 2SC.
SBARCO DI nSAGUA 291
pusillanime, né ad altro più obbedisce che al senti-
mento della propria conservazione, non appena si vede
abbandonato a se stesso dalla diserzione od insufficienza
del suo superiore. Se questo cade morto o ferito, ri-
mane fermo al suo posto fino a che vi sia un solo
ufficiale che lo guidi e lo animi coli' esempio al com-
pimento del proprio dovere ; ma se esso abbandona il
campo di battaglia o si fa indietro, il soldato prende
immediatamente la fuga con lui o senza di lui, e nes-
suno più lo trattiene.
Infine, con una buona ufficialità, il soldato peruviano,
se non è un leone, è una potente macchina che non
viene mai meno : con una cattiva ufficialità è un zero,
un nulla.
Quanto all' ufficiale peruviano, già lo abbiamo detto,
come regola generale è meno che mediocre. Da che
nasce questo ? £ facile trovar la rbposta : dal non es-
sere un vero militare.
Come lungamente abbiamo discorso altrove, nato e
formato firammezzo alle intestine rivoluzioni, l'uffi-
ciale peruviano non è che un semplice militare d' oc-
casione. Entrato nella milizia, non per batterne tran-
quillamente la carriera in servizio del proprio paese,
ma unicamente per servire alle sue aspirazioni del mo-
mento o dell' avvenire - esso porta seco e conserva tutti
i difetti del cittadino più o meno fazioso e turbolento.
Senza educazione militare al momento d'indossare
per la prima volta l'assisa dell'ufficiale, e senza pos-
sibilità di riceverla dipoi in una vita di quartiere, che
trovasi assai spesso interrotta dalle frequenti separazioni
292 SBARCO DI PISAGUA
dal servizio; giornalmente viziato sempre più da una
permanente atmosfera rivoluzionaria, tanto nemica della
disciplina e di ogni virtù militare, V ufficiale peruviatx)
non ha né potrà mai avere le doti di un buon mili-
tare, fino a che dura nel suo paese il tristo flagello
della rivoluzione endemica.
Qua e là frammezzo a si brutto quadro sono, è vero,
dei punti luminosi. Lodevoli eccezioni, buoni e va-
lenti ufficiali ve n' ha pure : ma che può la loro azione,
che rimane il più sovente isolata o contrariata dalla
diversa attitudine del forte e preponderante numero
degli altri?
Il difetto d'istruzione e di disciplina nella maggio-
ranza della ufficialità, danneggiò quindi, al principio
della guerra soprattutto, la lodevole opera dei pochi
buoni e degni ufficiali, al tempo istesso che rendeva
infruttuose le eccellenti qualità del soldato che aveva
ai suoi ordini, e che non sempre seppe dirigere, mise-
ramente sperdendo e consumando quelle sue forze che,
sapute mettere a profitto, avrebbero indubitatamente
portato i migliori risultati.
Nondimeno non fu questa la sola né la principale
causa delle varie sconfitte toccate alle armi del Perù
nel corso della presente guerra : essa non fu che una
appena delle tante cause che concorsero a produrre
tali effetti, come man mano andremo vedendo per via.
battagua di s. fkamuscu o di dolokes
SOMHAniO
Esercito pern-bolivmoo, - PercW il desetto di Tarapacì eia desi-
gnato come il veto luogo della guerra. — looperosltJi di Prado
e di Daia. — L' esercito era sparso. - E>oppia mira dell'esercito
chilcDo pei lo sbarco a Pisagua. — L'esercito chileoo si con-
(^Dtra ia Dolores. - Cattiva situazione dell'esercito peiuviaDo
in Iqoique. - Piano di operazioni e tnossa degli eserciti. -
Daza giniige a Camarsntt. - Retrocede. - Voci di tradimento.
- L'esercito boliriano si rivolta e rovescia Daza dalla Pre-
cidenxa. - Altra rivoluiione io Bolivia. -~ Ken^ Moreno, in-
temediaiio per le trattatiTc fra Daza e Ìl nemico. - I cbileni
temevano del generale Daza. — Prove. ■- L'esercito pemvÌBDO
di Iquiqae si appressa, e i chileai decìdono di atlenderlu in
Santa Catalina. - I peruviani avevano ritardato per aver de-
viato. - I chìleni cambiano proposito. — SI dispoogono alla
difesa in Dolores. - Collina di S. Francisco. - Arrivo e
J4 BATTAGLIA DI S. FRANCtSCO
dlsposiiioae dell' esercito perù-baliviano. - Discordie. - L' ala
desba comincia U fuoco e l' assalto. - Rapporti del coloniiclb
Suaiez e di altri sulla battaglia. - Fuga dei boliviani e ic-
coglimento Tatto loro in Bolivia. - Il fatto d' armi dì 5. Frao-
dico b« poca impoctania militare. - Invidie e rivaliti fn li
ufficiali. - Conseguenze di qnesta battaglia vantaggiose ai
chilenl.
i sette mesi delle operazioni na-
e Repubbliche alleate, Perù e
a, erano pervenute ad organizzare
ipartimento o deserto dì Tara-
un esercito di circa diecimila
uomini, 7000 dei quali erano peruviani e 3ooo boli-
viani. Un altro esercito di ottomila uomini, 5ooo pe-
ruviani e 3ooo boliviani, trovavasi nella limitrofa pro-
vincia di Tacna. Il generale Prado, presidente del
Perii e supremo direttore della guerra, stancava in
Arica coi suoi 5ooo peruviani, mentre il general Daza,
presidente di Eolivia e capitano-generale dell'esercito
boliviano, occupava la prossima capitale della provin-
cia, Tacna.
Che il primo e vero teatro della guerra sarebbe
stato il deserto di Tarapacà, era cosa tanto certa e
sicura che nessuno sapeva porla in dubbio. Questo
dicevano fin dal primo giorno della guerra e it natu-
rale andamento di essa, come territorio limitrofo al
deserto boliviano di Aiacama già occupato dall'eser-
cito chileno, e le noie ed evidenti aspirazioni chilene
d'impossessarsi anzitutto di silfaito territorio, la cui
O DI DOLORES 295
conquista era la mira e lo scopo vero della guerra, e
il tanto parlare dei giornali chileni, che svelando e com-
mentando fin da sette mesi innanzi i disegni di quel
Governo, ripetevano giornalmenie che l'esercito chi-
lenoy non appena potesse muoversi da Antofagasta,
opererebbe immediatamente uno sbarco lungo la costa
di Tarapacà, onde impossessarsi innanzi tutto di Iqui-
que e delle grandi risorse finanziarie che offriva il
salnitro ed il guano di cui il deserto era ricco. Con
quella abituale leggerezza colla quale i giornali chileni
rivelavano sempre le più segrete cose di governo, quelle
non escluse che il decoro nazionale imponeva rima-
nessero in ogni tempo celate, arrivarono finanche a
indicare quali sarebbero i probabili punti di sbarco
deiresercito, segnalando appunto Pisagua come il prin-
cipale. Ciò nondimeno Prado e Daza, i Presidenti delle
due repubbliche alleate e supremi generali dei loro
eserciti, se ne rimasero tranquillamente in Tacna ed
Arica ove a nulla giovava la loro presenza; ed affi-
darono il comando dell'esercito di Tarapacà al generale
Buendia, cui, per quanto buon soldato, mancava la ne-
cessaria energia ed autorità per imporre silenzio alla
indisciplinatezza ed alle rivalità degli ufficiali che aveva
I sotto i suoi ordini, le quali, come vedremo, furono
causa non ultima di sommi disastri.
In previsione di uno sbarco dell'esercito nemico
lungo le estesa spiaggia del deserto di Tarapacà, l'eser-
cito dell'alleanza, a cui era affidata la difesa di questo
territorio, trovavasi disseminato qua e là per piccole
frazioni nei diversi punti di possibile accesso al mede-
19. — Cai VASCO, Guerra eT America,
296 BATTAGLIA DI S. FRANaSCO
simo per mare, nonché in interne località di dove
sarebbe stato facile Io accorrere sollecitamente là dove
si verificasse un attacco, in Mejillones, Molle, Pisagua,
Patillos, San Juan, La Noria, Monte de la Soledad,
Huatacondo ed Iquique, ove aveva stabilito il suoquar-
tier generale, ed ove frettolosamente si concentrò dopo
lo sbarco dell'esercito chileno a Pisagua.
Sbarcando a Pisagua, punto intermedio fra Anca
ed Iquique, l'esercito chileno aveva una doppia mira:
i^ di tagliare ogni comunicazione fra i due eserciti
dell'alleanza stanziati in quella località; di isolarli
l'uno dall'altro e collocarli cosi nella impossibilità di
operare insieme e sostenersi vicendevolmente; 2® di
marciare sopra Iquique per terra, lungo il deserto,
ed impadronirsi di questa città che, come si sa, co-
stituiva il centro principale del commercio salnitriero
dell'ambito deserto di Tarapacà (i). Per poter riuscire
in questo suo doppio intento, bisognava anzitutto che
esso s'internasse celermente nel deserto per circa 3o
miglia, fino a Dolores - località eminentemente strate-
gica, posta su quella via fra Arica ed Iquique, che si
voleva tagliare al nemico e che era necessario battere
per proprio conto onde portarsi ad Iquique; - ed in
ciò veniva meravigliosamente favorito dalla ferrovia
(i) Ciò che determinava i chileni ad investire Iquiqae pet
terra, dopo una lunga corsa nel deserto, anziché imme<liataxneDte
per mare, erano le scarse fortificazioni, o meglio i quattro cac>
noni collocati dai peruviani sulla spiaggia. Insignificante cosa al
certo, contro la forte e numerosa artiglieria della squa<ira chiIfMìr^
O DI DOLORES • 297
che correva da Pisagua ed Agua- Santa, la quale pas*
sava appunto per Dolores, ove aveva una stazione delle
più importanti. Oltre ai tanti altri vantaggi, la stazione
di Dolores offriva quello ancora di trovarsi accanto
airunica sorgente d* acqua esistente in tutta quella
zona del deserto; vero fiume di buon'acqua potabile
che correva a corta profondità in un canale sotterraneo,
da cui si estraeva assai facilmente per mezzo di grandi
e solidi apparati.
Padrone della ferrovia, di questo grande elemento
di locomozione che tanto e cosi direttamente aiutava
i suoi progetti, l'esercito chileno si slanciò immedia-
tamente su di essa; ed i suoi primi battaglioni pote-
rono impadronirsi della stazione di Dolores e piantarvi
le loro tende, senza venir da alcuno molestati, e quindi
senza colpo ferire, come in casa propria.
Intanto l'esercito Perù-boliviano che, come s'è detto,
erasi concentrato in Iquique dopo la presa di Pisagua,
si trovò fin dal primo momento in una poco lieta si-
tuazione. Bloccato per mare dalla squadra chilena, chiuso
in mezzo ad un deserto privo di ogni risorsa, tagliata
dall' esercito nemico l' unica via, quella d'Arica, da cui
poteva ricevere soccorsi, lasciato senza provvigioni di
riserva dalla incuria del Governo e del supremo di-
rettore della guerra che a nulla seppero provvedere,
P esercito Perù-boliviano premurosamente raccoltosi
in Iquique, mancava quasi di tutto e principalmente
di viveri: i pochi sui quali poteva contare con qual-
che sicurezza erano appena bastevoli per i5 o 20 giorni
al più.
298 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
Per uscire da una situazione tanto difficile, per non
dire disperata, all'esercito delle Repubbliche alleate noa
rimaneva che una sola via : quella di muovere contro il
nemico, sia per scacciarlo dal paese obbligandolo a ri-
prendere il mare, sia, in ultimo caso, per forzare il
passo su di esso, ed andare a cercare in Anca i mezzi
di vita, le vittuaglie, di cui era prossimo a difettare.
E presi telegraficamente i necessari! accordi col su-
premo direttore della guerra, general Prado, che tro-
vavasi in Arica, onde combinare alla meglio un piano
di attacco contro T esercito invasore, mosse alla volta
di quello da Iquique nel più deplorabile stato nel quale
possa mai trovarsi un esercito. Nel rapporto del capo
dello stato-maggiore al generale in capo Buendia, si
legge: e Come ella sa, uscì T esercito (da Iquique) quasi
nudo, molto vicino a rimanere scalzo, mal coperto ed
affamato, a lottare, più che col nemico, colla intem-
perie e la stanchezza durante la notte, ed in una pa-
rola colle stesse vesti già inadatte che aveva al prin-
cipio della campagna; perchè nessuna delle domande
che V. S. e lo scrivente fecero più volte (al Governo)
fu mai soddisfatta nei sette lunghi mesi di stazione in
Iquique. » Tutto ciò è ancor meno del vero: altre pia-
ghe rodevano in pari tempo l'esercito dell' alleanza; e
prima fra tutte era forse la rivalità e conseguente in-
disciplinatezza che regnava più o meno mascherata in
tutto il corpo della ufficialità, massime fra i capi.
Il piano delle operazioni, combinato d* accordo col
general Prado, era che l'esercito chileno dovesse es-
sere simultaneamente attaccato, prendendolo in mezzo,
O DI DOLORES 299
dair esercito dMquique e dal corpo di 3ooo e più bo-
liviani che stanziava in Tacna, al comando del gene-
rale Hilarìon Daza, presidente della Bolivia.
Effettivamente, il di 8 novembre il generale Daza
mosse da Tacna per Arica alla testa del suo piccolo
esercito; e dopo avere lungamente conferito col ge-
neral Prado, riprese il giorno 11, animato insieme ai
suoi dal più vivo entusiasmo, il solitario cammino
del deserto di Tarapacà. Ben provvisto di tutto il
bisognevole^ e marciando sempre nel più perfètto or*
d/oe, arrivò il i4 nella valle di Camarones^ piccola
e deliziosa oasi di verdura posta nel bel mezzo del
deserto. Ma una volta arrivato lì, invece di conti-
nuare la sua marcia verso il nemico, giusta l'itine-
rario precedentemente tracciato in combinazione con
quello dell'esercito d'Iquique, e mentre le sue truppe,
di buon'ora avvezze alle fatiche delie lunghe marcie,
altro non desideravano che di correre innanzi al più
presto, egli fece alto, e si fermò. A che? Per poi ritor-
nare indietro dopo due giorni, e dopo essersi spinto
per ben due volte egli solo, insieme a pochi intimi
amici, o inutilmente o con qualche iSne misterioso ri-
masto a tutti ignorato, fino a Tana^ ossia a poche le*
gbe al di là di Camarones.
Ecco come parla a questo proposito uno dei colonnelli
del piccolo esercito che Daza aveva seco :
< Assai triste in effetti fu quel pomeriggio del 16 no*
vembre, in cui mesti e pensierosi cominciarono i bat-
taglioni a sfilare in lenta ascensione la falda di Cama-
rotKcs verso Arica» Il cielo stesso sembrava arrossire di
300 BATTAGLU DI S. FRANaSCO
un atto tanto vergognoso, coprendo il sole all'occaso
una sinistra tinta porporina che infondeva fatidici pre-
sagi, più facili a sentire che a manifestare.... L'unico re*
sponsabile di essa (della ritirata) è il general Daza, co-
munque egli assicuri che fu consigliato da molti ufficiali
superiori del suo circolo. D'altra parte, quando ci persua-
demmo della risoluzione del general Daza di non fare
avanzare l'esercito, fummo d'avviso io e molti ufficiali
superiori, dal principio alla fine del consiglio di guerra
che ebbe luogo il i5: che P ordine di avan:[amento o
di contromarcia deW esercito da CamaroneSj il Generale
in capo doveva darlo da Pozo-Almonte, dove egli an-
drebbe con me e due aiutanti. Nondimeno, né in quella
sera ne nella mattina si pose in marcia il generale
Daza. Alle 9 a. m. del 16 mi chiamò nell'officio te-
legrafico, dove mi presentò un telegramma del general
Prado nel quale gli diceva più o meno queste parole:
<x Vedendo che ella non può passare avanti col suo
esercito, il consiglio di guerra che convocai iersera, ha
disposto che il general Buendia attacchi domani il ne-
mico, essendo per ciò non solo pericolosa quanto inu-
tile la marcia di V. S. al sud. » Seppi allora che invece
di dire ad Arica il giorno innanzi ciò che si era risoluto,
il general Daza si era scusato unicamente colla impos-
sibilità di passare avanti. Così si spiega la risposta del
general Prado. L' esser poi andato fin vicino a Tana
per indi ritornare a Chi!(aj perchè gli avevano assicurato
che si trovava là il nemico; l'esser ritornato di nuovo a
Tana^ sapendo che là non esisteva neppure un solo ne-
mico, per venire in seguito colla notizia della disfatta di
O DI DOLORES 301
San Francisco, sono andate e venute di tristissima inde-
cisione, che non si tollerano neppure in un imberbe ca-
detto di guardia nazionale, e molto meno nel capitano
generale di un esercito e Presidente incaricato della di-
fesa nazionale » (i).
Quale il motivo di questo strano e colpevole pro-
cedere del general Daza? DalPuno all'altro estremo
delle due Repubbliche alleate, Perù e Bolivia, non corse
che una sola voce: Dcu{a ha tradito, I suoi amici tne-
desimi, anche i più intimi, non seppero mai difenderlo
contro una sì terribile accusa.
Quanto a noi, senza ergerci per nulla a giudici in tanta
causa, dichiariamo francamente che non sappiamo tro-
vare nessuna parola in sua difesa, come non seppe
trovarne egli stesso nel suo scritto di giustificazione
che pubblicò in Parigi il i3 giugno 1 881, e che quasi
tutti i giornali del Perù, Chili e Bolivia riprodussero.
Tutto invece s'accorda a condannarlo.
Il fatto per sé stesso ingiustificabile ed eminente-
mente grave della sua fuga alla presenza quasi del
neoiico ed alla vigilia della battaglia, e quando il suo
piccolo esercito, fresco, nel migliore stato desiderabile
e ben provveduto di tutto, ardeva del desiderio di en-
trare in azione, non può spiegarsi che in due soli modi:
o per somma viltà, o pel determinato proposito di
abbandonare la propria causa.
Daza però non fu mai ritenuto per un vigliacco:
avea fama invece di esperto e valoroso generale;
(i) Manifesto del colonnello boliviano Camacho,
302 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
fama più volte guadagnata e confermata nel proprio
paese sui campi di battaglia delle guerre civili; ed i
tremila uomini ch'egli conduceva seco, il fior fiore
dell'esercito boliviano, era tutta gente scelta, specie di
guardia pretoriana ch'egli affezionò a se, disciplinò ed
agguerrì durante un lungo periodo di rivoluzione e di
governo, e che era il terrore di tutto il paese.
La fuga di Daza quindi non poteva essere e non
fu effetto di viltà; e'ciò escluso, altra spiegazione logica
non rimarrebbe fuor quella che agisse in conseguenza
di segreti accordi col Chili; spiegazione che tante e
tante altre circostanze e considerazioni concorrerebbero
d'accordo a convalidare, come già dicemmo. A questo
scopo basterebbe unicamente ricordare e i tanti ten-
tativi fatti continuamente dagli uomini polìtici del
Chili su quelli di Bolivia, prima e dopo, per indurli
a tradire la causa del Perù, associandosi al Chili, e la
universalità e sicurezza della voce pubblica che accu-
sava il Daza di tradimento: voce pubblica che arrivava
fino a designare gl'individui che avevano fatto da
intermediarli fra Daza ed il Governo chileno, e che
ebbe anche una solenne manifestazione ed una irrefu-
tabile prova di fatto.
Solenne manifestazione fu quella data dal medesimo
suo esercito di favoriti che avea seco, più che altro,
a sua personale difesa in Tacna, dai così detti Colo-
radoSy che il 27 dicembre dello stesso anno lo deposero
dalla presidenza delia Repubblica; atto che fu accompa*
guato da altro simile successo in Bolivia; sicché il Daza
dovè fuggire esule a Parigi^ dove tuttavia ritrovasi.
O DI DOLORES 303
Il 28 dello Stesso dicembre scoppiava nella lontana
capitale di Bolivia una incruenta rivoluzione popolare,
che terminava con una solenne deliberazione nella
quale si diceva:
e La popolazione della Pace, riunita in comizio po-
polare, considerando : i<>Che la inattesa viltà e slealtà
del generale in capo dell'esercito boliviano sono arri-
vate a danneggiare i vincoli di alleanza colla Repubblica
sorella del Perù; alleanza che la Bolivia è risoluta a
sostenere, senza omettere sacrifizio alcuno. 2^ Che
il funesto sistema di errori della odiosa amministra-
zione del generale Hilarion Daza ha portato la rovina
del paese nell'interno, il discredito all'estero, ed il diso-
nore nazionale nella guerra che la Bolivia sostiene
colla repubblica del Chili.... dichiara: i<>Che la popo-
lazione della Pace ratifica e sostiene l'alleanza perù-
boliviana, per far la guerra al Chili, e protesta di
seguire la sorte comune fino a vincere 0 soccombere
nell'attuale lotta. 2^ Che destituisce il generale Hila-
rion Daza dalla presidenza della Repubblica e dal co-
mando dell'esercito boliviano, e nomina generale in
capo di questo il generale Narciso Camperò, pregando
il contr' ammiraglio generale Lizardo Monterò (peru-
viano) di assumere il comando dell'esercito boliviano
(quello di Daja che era in Tacna) fino a che il ge-
neral Camperò si costituisce nel teatro della guerra.
4^ Che nomina una giunta di governo composta ecc.
ecc.... La Paz, 28 dicembre 1879. 9 (Seguono le nu-
merose firme). »
E irrefutabile prova di fatto fu poi quella data
304 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
nell'agosto 1880 da certo boliviano a nome Rene-Mo-
reno, il quale, stanco di sentirsi accusare dalla pubblica
opinione come uno dei tanti mediatori di cui Daza ed
il Governo chileno si servirono per intendersi fra loro,
costituì un bel giorno un giurì d'onore, perchè giudi-
casse se la sua condotta in quella mediazione, che non
negava, e di cui invece provava la verità con lettere
e dichiarazioni testimoniali, vista dal lato del patriot-
tismo, era o no censurabile. Detto giurì si compose
dei giudici della Corte Suprema di Bolivia, sotto la
presidenza dell'Arcivescovo di Sucre; e perchè i nostri
lettori possano valutare tutta l'importanza di questo
fatto, riporteremo in nota alcuni brani delle ultime con-
clusioni presentate dal René-Moreno innanzi al giurìy
insieme ad una parte della sentenza emessa da que-
st' ultimo (i).
(i) € ConclasioDi di René-Moreno - Signori del Tribunale :
E arrivato il momento di proporre la questione : perchè fui poi^
tatore delle proposizioni chilene favorevoli alla Bolivia e contrarie
alla sua alleanza col Perù?... L'invio di Salinas Vega a Santiago,
come agente segreto commissionato dal Presidente Data presso
il Governo cbileno e presso di me, consta in tutti i documenti
esibiti.... L'oggetto dell'invio fa quello di strapparmi dal mio
ritiro, onde, colla mira della salvazione del paese, mi prestassi
ad ascoltare il sig. Santa-Maria (Ministro degli esteri del Chili)
facendogli formulare autenticamente le sue basi di accomodamento
colla Bolivia; e per indurmi a portargli io i documenti dei caso,
ed a rispondere della loro sincerità.... Ignoro gli altri affari che
trattò l'agente col Ministro degli affari esteri del Chili. Detto
agente ha conservato un segreto impenetrabile sopra i suoi possi
in Santiago e sopra le sue conferenze segrete col Presidente Dosa
O DI DOLORES 305
Già dicemmo, Daza godeva fama di esperto e va-
loroso generale, come la sua gente di coraggiosa ed
agguerrita; e questo fece sì che l'esercito chilcoo si
sentisse preso da un vero panico, non appena ebbe una
prima notizia, per altro falsa, del suo prossimo arrivo.
Ciò avveniva il 17 novembre, quando le colonne bo-
liviane del general Daza, voltando le spalle al nemico,
ri&cevano tristemente il cammino di Arica e Tacna ;
e come ciò avvenisse lo sapremo dagli stessi chileni,
ai quali lascieremo assai spesso la parola nel corso di
questo capitolo, onde il nostro racconto non avesse a
tacciarsi di parzialità, o se non altro, di esagerazione.
in Tacna.,,. Di accordo in quanto ai vantaggi territoriali, salva*
tori a mio gindizìo della nazione boliviana, che riportavano le
basi, e sicuro d' altra parte della sincerità colla quale le proda*'
mava l'opinione chilena, non per aftetto alla Bolivia, ma a ìm-
pulfi di un odio terriòiU contro il Pcròi non trovai mai altra
obbiezione da opporre al piano del Chili, che la ingiustizia e
perfìdia prescritte in detto piano alla condotta della Bolivia.... *^
Sentenza: Nella capitale di Sucre, agli 8 di agosto 1880, noi
sottoscritti, riuniti privatamente nella sala della Corte Suprema
allo scopo richiesto dal sig. Rene-Moreno, procedemmo alla lettura
di varie lettere e documenti originali ed in copia che ci furono
presentati come comprovanti. Dopo un attento esame del loro
contenato, riconosciamo che essi provano sufficientemente che il
sig. Moreno si prestò ad essere il portatore delle proposizioni del
Ministero degli afifari esteri del Chili al Presidente di Bolivia
allora in campagna, generali Hilarioti Daza^ solo in obbedienza
al mandato confidenziale di questi, che gli fu trasmesso in San*
tiago da un agente segreto, sig. Luigi Salinas Vega....
Dal g^iomale La Actualidad del 17 marzo 1881, organo del'
l'esercito chileno in Lima.
3o6 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
€ Non avrà dimenticato il lettore che Fesercito (chi-
lenó) era diviso in due corpi : seimila uomini in Do-
lores al comando del colonnello Sotomayor, e quattro-
mila in Pìsagua agli ordini immediati del generale
Escala.... Presentossi alle ore 3 p. m. del 17 nel campo
di Dolores un chileno residente in Tana, che patriot-
ticamente o per astuzia, come alcuni credono, aveva
fatto una trottata per comunicare al colonnello Soto-
mayor l'arrivo in quel sito nella notte innanzi dei
corpi avanzati di Daza. Era la prima notizia ricevuta
nel quartier generale del Chili che aveva luogo quella
spedizione: tanto assoluta era la mancanza di comu-
nicazioni del deserto nel deserto!... Tale notizia sve-
gliò viva apprensione nel petto del valente, però im-
pressionabile colonnello Sotomayor, il quale fece montare
immediatamente la cavalleria e spedilla verso Jazpampa
in direzione di Tilìviche e Tana. Nel medesimo tempo
telegrafava con vivacità e perfino con accelerazione
all' accampamento di Pisagua, annunziando la presenza
di Daza con fors[e considerevoli, alla vista delle nostre
avanguardie. Contribuì non poco a questa esagerazione
delle notizie un effetto di miraggio prodottosi finanche
sugli ufficiali più tranquilli dello stato-maggiore, che
posti su di un' altura, di fronte a Jazpampa, assicura-
vano de cuerpo presente di star vedendo coi loro ca-
nocchiali le cariche e controcariche dei Cacciatori, e
perfino il lampeggiare delle loro carabine nel piano.
In vista di questo stato di cose, il generale in capo
mandò.... (spedì truppe da Pisagua nei luoghi indu-
cati, prossimi a Dolores, e dove già si trovavano altre
O DI DOLORES 307
for^c chiiené).,,. Già di notte arrivarono il comandante
Vergara ed il capitano Villagran colla loro piccola co-
lonna a Jazpampa, ed annunziarono per telegrafo a
Dolores ed all'Hospicio (campo chìleno di Pisagua) che
non eransi visti nemici, ma che assai per tempo nel
seguente giorno, 18, opererebbero una ricognizione pel
Iato di Tana.... Così fecero in effetti.... erano le undici
di una calda mattina, quando videro un denso polve-
rìo che avanzava per la pianura verso oriente. Giudi-
cando che poteva essere T avanguardia dell' esercito di
Bolivia, annunziata la vigilia, o V esercito stesso, per*
che eranvi canocchiali che distinguevano perfino i can-
noni ed i carri delP artiglieria, retrocedè Vergara a
Tiliviche, ed in seguito si diresse preoccupato a Ja-
zpampa.... Cosa strana 1 Tutta quella moltitudine di vi-
sioni fantastiche, figlie del riverbero del sole(l) che
faceva nello spirito l' effetto della lanterna magica sul
vetro e sulla tela, riflettevansi nell'ora medesima nello
stato-maggiore e nel quartier generale, mediante la se-
rie di telegrammi che copiamo in appresso dai loro
originali non ancora pubblicati : e Stazione di Dolores,
novembre 17 del 1879. Signor Generale in capo -Pi-
sagua. - In questo momento si crede che le nostre
truppe si siano incontrate col nemico, perchè si è visto
caricare i cacciatori^ facendo fuoco di fucileria poste-
riormente. Mando truppe in loro protezione - Sotoma-
yor. 9 — € Novembre 17. - Si scorge fuoco intenso a
cinque chilometri più o meno, direzione di Camilla.
È partita una sezione di artiglieria di montagna e tre
compagnie d^ infanteria, la qual forza arrivò al luogo
3o8 BATTAGLIA DI S. SANCISCO
del combattimento in mezz'ora - Sotomayor. » «• t In
quell'ora stessa, sera del 17, (continua la narrazione)
ritornavano i cacciatori che si erano spinti fino alle
porte di Tana.... Era questa truppa di cavalleria il
polverio che aveva scorto la colonna di Vergara nella
mattina, ed entrambe erano fuggite l'una dall'altra,
equivocandose (prendendosi scambievolmente per ne-
mici) e lasciando così scappare Albarracin {piccolo
squadrone di cavalleria peruviana) posto di fatto fra
due fuochi. I supposti cannoni erano semplicemente
barili d'acqua che sul dorso dei muli conducevano i
cacciatori (i). •
Ciò che lo scrittore chileno, per carità di patria si-
curamente, chiama effetto del miraggio, il lettore lo
comprenderà da sé, non era che effetto del pànico da
cui era stato preso l'esercito chileno, uffiziali e soldati,
al semplice annunzio dell' approssimarsi di Daza : d'al-
tra parte, lo scrittore chileno ed i telegrammi ufficiali
da lui riportati parlano anche di scariche di fucileria ;
e tutti sappiamo che il miraggio, semplice e rara illu-
sione ottica, non ha nulla che fare col senso dell'udito.
Come al fanciullo atterrito dai racconti della balia fa
vedere il diavolo in camera e financo sentirne t passi,
l'immaginazione, fatta ardente dalla paura, non feceva
vedere e sentire ai chileni che Daza ed i suoi Colora-
dos, colle loro famose scariche di moschetteria, in ogni
grano di polvere che il vento sollevava nel deserto, ed
(i) V. Mackennà, Sf&fia dilla Campagna di Tarapach. V. 2,
p. 832 a 842.
O DI DOLORES 309
ia Ogni più leggiero rumore che rompeva il sepolcrale
silenzio delle monotone e sterminate solitudini. Non si
pensava che a Daza, non si temeva che di lui e dei
suoi fimosi battaglioni di ColoradoSy e pareva di ve-
derli e sentirli continuamente li presso (i). Forse ciò
che rendeva Daza ancor più temibile in quei momenti
era il sospetto che veramente intendesse di misurarsi
con essi, e che perciò avessero a battersi con un ne-
mico di più col quale omai non si contava, dato per
vero, come generalmente si crede, che i chileni fos-
sero pienamente sicuri di una ritirata di Daza fino
da molto tempo innanzi di operare il loro sbarco a
Pisagua (2).
Sia come si voglia, Daza, tanto pel prestigio di cui
godeva, quanto per le truppe che aveva ai suoi ordini,
era una gran forza ; e la sua ritirata doveva essere e
fu un vero disastro per le due Repubbliche alleate.
Ma ecco che nella notte tra il 17 ed il 18, mentre
da una parte cessava ogni timore di vedersi assaliti da
Daza, forse per notìzie opportunamente ricevute^ giun-
geva dair altra ai chileni la nuova dell' approssimarsi
dell'esercito Perù-boliviano di Iquique; ed essi decisero
(i) « La dinsione di Tacna {ossia il piccolo esercito di Daza)
era quella che più intensamente preoccupava i chileni. »
V. MACKKNNA, Op. cii,^ V. 2", p. 817.
(2) Che Daza partì da Arica per Camarones, col piano già
prestabilito di ritornarsene indietro, senza battersi col nemico, lo
proserebbe anche il rifiato fatto da lui di una sezione di arti-
glierìa peruviana offertagli dal generale Prado in Arica.
Vedi V. M., Op. cit,, v. 2®, p. 820.
310 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
di attenderlo e dargli battaglia in Santa- Catalina -lo-
calità posta ad una lega circa dal quartier generale di
Dolores - come dicono i seguenti telegrammi del capo
dello stato-maggiore chileno, Sotomayor:
a Dolores, novembre i8, ore 7 p. m. - Al generate in
capo, Hospicio - Il capitano Barahona che stava di avan-
guardia in Agua- Santa annunzia la presenza del nemico
in quella località. Questa notte fo partire il 4^ di linea a
Santa- Catalina^ luogo conveniente per aspettarlo, ese-
guirò attendendo le truppe per condurvele! - Soto-
mayor, »
tt Al Generale in capo, Hospicio - 18 novembre ore 12
e 4o di notte- Abbiamo il nemico addosso. Marcio colle
mie truppe a Santa- Catalina^ Sotomayor. 9 - E così
altri molti (i).
Questo piano però era sommamente sbagliato per parte
dei chileni. Oltreché la posizione di Santa-Catalina, in
aperta pianura, non offriva per se stessa nessun vantag-
gio di resistenza, air esercito chileno precedentemente
disperso dall'altro lato di Dolores,. fino a Ja^pampa^ sa-
rebbe mancato il tempo di potervisi comodamente c<»>
(i) « Quando il colonnello Sotomayor impartiva l'ordine ter-
minante di avanzare verso Santa Caia/ina un tordo mormorio di
riprovazione corse fra i capi che circondavano l'uomo che in
quel momento aveva nelle sue mani i destini del Chili,.,. AnJa-
vamo ad attaccare facendo un movimento aggressivp dnlocato e
profondamente debilitato dalla marcia e dispersione deH^ ^ppe.
nelle cinque leghe completamente aperte che corrono da JmpoMmf^
a Santa Catalina, •
V. Mackenna, voi. 2®, pag. 859 a 877.
O DI DOLORES 311
centrare; ed il nemico lo avrebbe trovato frazionato^
in marcia, in una estensione di più miglia.
Ma ecco che appena un' ora dopo l' ultimo dei tele-
grammi da noi riportati, in cui il capo di stato mag*
giore dell' esercito chileno annunziava la sua partenza
per Santa-Caialinaj ossia verso le 2 delopattino del 19,
un pelottone di cavalleria chilena conduce innanzi al
capo di stato maggiore, tuttavia in Dolores colle sue
truppe, dieci mulattieri un'ora prima capitati in Santo-
Catalina con una lunga fila di muli carichi di otri pieni
d'acqua. Erano mulattieri dell' esercito perù-boliviano,
i quali riferirono: che, perduto di vista il loro esercito
nella oscurità della notte, avevano tranquillamente con-
tinuato il loro viaggio per Santa- Catalina, ove quello
doveva portarsi, ed ove lo credevano già, allorché essi
stessi vi giunsero; sicché non fu se non colla maggiore
loro sorpresa eh' essi si accorsero, all' entrare nell' offi-
cina di Santa-Catalina^ di trovarsi fra i chileni anziché
fra i proprii, come prima ritenevano (i).
Lo stato maggiore chileno comprese allora la stol-
tezza del suo piano, di presentar battaglia in Santa-
Catalina^ e quel eh' é più, la impossibilità di menarlo
a capo. L'esercito degli alleati poteva, doveva anzi giun-
gere da un momento all'altro 2l\V officina di Santa- Ca-
talina^ e dopo avere battuta la divisione chilena di
(i) e In realtà, solo per questi miracolosi mulattieri yenne a
sapersi che il nemico stava a tiro di fucile delle nostre avan-
gnardie, a due chilometri da Santa-Catalina^ »
V. Macksnna, voi. 2°, p. 882.
90. -" Caivano, Guerra etAmerUa,
312 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
2000 uomini che già si trovava là, avrebbe fatto lo
stesso con tutte le altre che man mano vi si fossero
portate V una dopo l' altra. Stando al riferito dai mu-
lattieri, r esercito degli alleati avrebbe dovuto arrivare
prima o contemporaneamente con loro a Santa- Cata-
lina; sicché essi arguivano che quello avesse sbagliata
la strada durante la notte, ciò che poi fu trovato pie-
namente vero, e che solo questa circostanza avesse po-
tuto trattenerlo per via.
La divisione chilena di 2000 uomini che si trovava
in Santa Catalina, aveva adunque corso il grave peri-
colo di trovarsi attaccata, quando meno il pensava, da
tutto l'esercito perù-boliviano, forte di 85oo uomini;
pericolo da cui solo aveala salvata la mera accidentalità
di aver quello smarrito due volte la via durante V oscu-
rità della notte, come poi fu circostanziatamente asso-
dato; e certo senza siffatta combinazione, altrettanto
fatale per la causa delle Repubbliche alleate, quanto sal-
vatrice pel ChiFi, r esercito di quest'ultimo sarebbe stato
inevitabilmente tagliato a pezzi, man mano che fosse
andato arrivando, dopo la sicura disfatta della divisione
che già vi si trovava. Ciò del resto sarebbe successo
egualmente nella mattina del ig, nonostante Pavvenuto
smarrimento del cammino, se l' esercito chileno avesse
mantenuto inalterato il suo piano per poche altre ore
ancora, fino al sorgere del sole, quando l' esèrcito ne-
mico giunse a Santa- Catalina; e così e non altrimenti
sarebbe avvenuto senza dubbio alcuno, senza il for-
tuito arrivo dei mulattieri che colla loro presenza e ie
loro rivelazioni fecero comprendere allo stato mag-
O DI DOLORES 313
giore chileno il grave perìcolo corso e che tuttavia
correva, se prontamente non si mutava il piano della
battaglia.
Così fu &tto in effetti. Anziché seguire il primo piano
di correre incontro all' esercito alleato in Santa Cata-
lina, lo Stato Maggiore chileno risolvette alla lesta di
iimanersene sulla difesa là dove si trovava col suo
quartier generale, ossia in Dolores; e dato l'ordine alle
truppe che eransi mosse da Jazpampa ed altri punti
per recarsi a Santa- Catalina^ nonché alla divisione che
trovavasi già in quest'ultimo posto, di concentrarsi
presumente nel quartier generale di Dolores, fece su-
bito avvertito il generale in capo del mutamento av-
venuto nel piano della campagna, col seguente tele-
gramma :
e Campo di Dolores, novembre 19, ore 2,25 a. m. -
Al Generale in Capo - Ho risoluto di formare la nostra
linea sulle alture di Dolores, e di difendere questo punto.
- Sotomqyor, »
< A quest'ora, dice lo storico chileno Vicufìa Ma-
ckenna, l'esercito del Chili, già perduto a mezzanotte,
si trovava salvato dalla rapidità del concentramento....
La metà dell' esercito invasore riconcentrato sulla col-
lina di San Francisco il mattino del 19 novembre, forte
di seimila uomini con irentadue pe^s^i di artiglieria, si
preparava più che a sanguinosa battaglia, ad animata
e lieta festa di vittoria (i). »
La collina di San Francisco^ di cui parla lo storico
(I) V- M., op. cit.y voi. 2®, p. 885 e 886.
314 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
chileno, non era altro che il centro delle alture di Dolo-
resj cui riferivasi il capo dello stato-maggiore nel suo
telegramma al Generale in capo. E per sapere poi la
struttura di questa collina di San Francisco, e tuua la
importanza che poteva e doveva avere per un esercito
che se ne stava su di essa alla difesa, non abbiamo che
a ricorrere alla medesima elegante penna dello storico
chileno più volte citato (i).
a Vicino a Dolores, inalzasi sulla pianura in modo
più che pittoresco, brusco, un gruppo di colline....
La sua elevazione massima è di 800 piedi ; però il suo
accesso è facile in tutte le direzioni, e presenta alla sua
sommità una dolce pianura di oltre 200 metri di lar-
ghezza, in parte, su circa una lega di lunghezza.... Era
quella conseguentemente un'eccellente posizione stra-
tegica, perchè dominava la strada di Jazpampa e difen-
deva insiememente la via ferrea, l' acqua, la pianura e
sopra tutto la ritirata. Sulla vetta del poggio di San
Francisco^ che questo nome porta più comunemente,
poteva manovrare comodamente un esercito di diecimila
uomini ed estendersi in linea, coronando le sue falde sia
al sud sia al nord, in ogni circostanza. Tutta la falda di
quell'aspra collina solitaria ed isolata ha una vera fran-
gia di salnitriere sfruttate, che sono pozzi a modo di mi-
niere, con gallerie e fenditure che rendono intransitabili
(i) Poiché gli storici chileni pongono ogni studio a magnìò
care olh-e il vero certi fatti d'arme militarmente poco importanti,
ci gioviamo a beila posta della ingenuità del loro racconto per re^
stituire le cose alla verità. -> Che ciò non sfugga airattento lettore
O DI DOLORES 315
la maggior parte dei cammini che menano alla cima.
Sono queste, per ciò stesso, baonissime posizioni per
aggruppare nelle loro cavità delle guerriglie e dei destri
tiratori che si battono come fra invisibili trincee.... Di
fronte a questa posizione, per se stessa inespugnabile,
estendesi una leggiera pianura.... La occupazione mi-
litare di quel poggio equivaleva dunque, come difesa,
a una vera fortezza cui non mancavano né i bastioni,
né i fossi, né le merlature (i). >
Adunque su di questa formidabile fortezza natu-
rale l'esercito chileno si trincerò all'ultima ora,
quando la necessità lo costrinse ad abbandonare un
primo piano che sarebbe stato la sua rovina. E in
pari tempo contro siffatta fortezza, difesa da seimila
uomini e da una potente artiglieria composta di 32 can-
noni e mitragliatrici di ultima e migliore invenzione,
venne a cozzare l'esercito alleato perù-boliviano, ben
può dirsi quasi a solo ed unico scopo di trovare
un pretesto per rompere l' unità di corpo^ a dura pena
mantenuta in mezzo alle fatiche di una marcia disa-
strosa, alla costante scarsezza di acqua e di viveri, ed
alla discordia punto dissimulata che da più tempo re-
gnava fra i diversi capi di esso, e che una fatale no-
tizia doveva iare scoppiar d'un subito.
Diamo la parola allo scrittore chileno.
a L'esercito degli alleati smarrì due volte la strada
nella notte dal 18 al 19.... Alla fine la luce del giorno
portò un po' di coesione fra le disseminate colonne, ed
(i) V. Macksnna. Op. «/., V. 2^ p. 870 a 877.
3i6 BATTAGUA DI S. FRANaSCO
al salire queste in pittoreschi gruppi le collinette di
Chinquinquiray, situate a poco più di una lega dal pog-
gio di San Francisco, scorsero la vetta di questo se-
minata di baionette, ed i soldati proruppero in allegri
evviva, perchè per essi la battaglia era il riposo, tanto
stanchi venivano i... Quando gli alleati ebbero in vista
il forte campo dei chileni sulP alto poggio di San Fran-
cisco, si fermarono come per dare l'assalto. Però ve-
nivano sopraffatti dal sonno, dalla fame e dalla sete,
tre alleati della disfatta ; ed i capi risolverono di dar ad
ogni costo da bere ai soldati prima di combattere. Tosto,
e colla prima luce del giorno occuparono Santa Cata-
lina, il cui suolo era tuttavia caldo del sonno dei no-
stri.... Alle 7 del mattino, dopo saziata la sete, comin-
ciarono gli alleati a stendere la loro linea di battaglia
come se stessero in una rivista.... Era evidente che
tentavano prendersi a viva forza l'acqua di Dolores,
onde assediare quei del poggio per sete.... Con questo
fine aggrupparono le loro migliori truppe nella estrema
dritta, e collocarono dieci pezzi da montagna, la metà
della loro artiglierìa, vicino alle scorie della salnitriera
già nominata. Di li dominavano la ferrovia, che era il
nervo del combattimento.... Ed è qui da notare una
circostanza morale di grande importanza, destinata a
esercitare nella battaglia una parte decisiva, superiore
a quella del cannone : quella cioè che il destino aveva
riunito in quell' ala dell'esercito alleato, tutti i mai-
contenti e perturbatori che portavano ascoso nel petto
acre e mascherato astio contro il colonnello Suarez
(capo dello stato-maggiore) anima e occhio dell' eser-
O DI DOLORES 317
cito.... La laboriosa e ben disposta linea degli alleati
rimase totalmente formata verso le 9 del mattino, ed
allora, come i chileni sull'altura, iloro 19 battaglioni
(in tutto 83oo uomini) formarono fascio d' armi.... Un
silenzio profondo regnò fin da quel momento.... Però
se in cosi supremo istante fosse stato possibile solle-
vare lo strato di carne dei cuori, si sarebbe notato che
r esercito alleato era di fatto vinto prima di lottare....
Era una fatale notizia circolata a voce bassa di fila in
fila, quella che terminava di prostrare gli animi e faceva
cader le braccia a quella gente. Alcuno aveva portato
{chi? come ?) in quell' ora della formazione in linea di
ripK)so, la notizia della fuga di Daza da Camarones tre
giorni prima.... Da quel momento, esclama il dottore
Cabrerà {boliviano)^ ebbi la convinzione che l'esercito
degli alleati era perduto.... In questa attitudine e sotto
cosi cattivi augurii conferirono nel quartiere generale
alle 2 p. m., Buendia e Suarez, e decisero risolutamente
e definitivamente di rimettere la battaglia all'aurora del
seguente giorno. Era tardi: la truppa era stanca.... (i) »
Durante tutto questo tempo l'esercito chileno se ne
stette immobile sulla vetta dell'alto e quasi inacces-
sibile poggio di San Francisco^ che signoreggiava gi-
gante, a semplice tiro di carabina, il campo degli al-
leati posto ai suoi piedi nella pianura.
L.* esercito chileno, che fin dal primo apparire del
nemico nelle prime ore del mattino, avrebbe potuto
impegnare la battaglia nelle migliori condizioni imma-
(i) V. Mackenna, Op. cit,, V. 2^ p. 890 a 911.
3i8 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
ginabili, se ne stette invece nella più stretta difensiva,
ma non già per ragioni di strategica, poiché, senza
abbandonare per nulla il sao piano difensivo, anzi per
tenersi appunto fedelmente ad esso, avrebbe dovuto
molestare il nemico almeno colla sua potente arti-
glierìa, quando quello stendeva tranquillamente la
propria linea di battaglia, appena a tiro di carabina da
lui, e prendeva senza contrasto così T acqua come un
posto importante sulla strada ferrata, che era la sola
via di ritirata pei chileni in caso di una disfatta.
I chileni assistettero pazientemente a tutte le ma-
novre deir esercito nemico, e non impegnarono una
battaglia che, attese le loro vantaggiose posizioni, non
poteva non riuscire a loro favore, perchè credevano
non essere in numero sufficiente per battersi contro
di esso, e perchè temevano che quello, soprafifacen-
doli, avrebbe potuto spingersi fino a Pisagua ed im-
padronirsene. Il loro piano era quindi di temporeggiare
il più che si fosse potuto, onde attendere i rinforzi che
si erano domandati al quartier generale di Pisagua, ossia
dell' a/fó deir Hospìcio; rinforzi che, partiti il mattino
dall' a/ifo delV Hospicio^ erano già arrivati in numero
di 35oo uomini sotto il comando del generale in capo,
a Jazpampa, fino dalle 2 pom. Tutto ciò rimane suffi-
cientemente provato dal seguente telegramma, che alle
3 e 25 pom. spediva il capo dello stato maggiore al
generale in capo che trovavasi già, come si è detto, in
Jazpampa.
€ Ore 3 e 25 pom. - Al nemico bisogna dar batta-
glia con forze superiori, e siccome credo che non le
O DI DOLORES 319
ceniamo, mi sembra indispensabile che vengano qui
quelli che ho detto, onde evitare che ci burlino {che
ci sopraffacciano) e ci prendano V alto delPHospicio. •
Questo telegramma non finisce qui. Mentre il filo te-
legrafico riferiva a Jazpampa l'ultima delle anzidette
parole, il capo dello stato maggiore chìleno che trova-
vasi nella stazione telegrafica di Dolores, intese ripetuti
spari di cannone e di fucileria ; e terminò il suo tele-
gramma in questi termini : « In questo momento si
battono, e vado a vedere il fuoco. - Sotomayor. (i) »
Effettivamente la battaglia cominciava appunto in
quel momento, ore 3 e 25 pom., nonostante l'assenza
del capo di stato maggiore, e comandante in capo del-
l' esercito chileno di Dolores, Sotomayor, il quale, nel
rermo convincimento che non ci sarebbe stata batta-
glia in quel giorno già prossimo a cadere, stavasene
senza alcun sospetto a questo riguardo nella stazione
telegrafica di Dolores, posta alla base del poggio di
San Francisco.
Ora, se l'esercito Perù-boliviano, come s'è visto,
aveva deciso di non dar battaglia fino all'alba del
giorno appresso, e quello chileno di non prendere in
nessun modo l' iniziativa fino a che non fossero giunti
i chiesti rinforzi, come, in che modo avvenne che si
rompessero tanto inaspettatamente i fuochi in sul finire
del giorno 19?
Il primo movimento offensivo pani dall'esercito perù-
boliviano ; ed a questo riguardo dice lo scrittore chi-
(i) Vedi: V. Macksnna, oJ>. ci/., ▼. 2*^, p. 915.
320 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
leno cui siamo ricorsi e ricorreremo tante volte : a Che
cosa era successo nel campo degli alleati? Ecco un
mistero il cui velo nessuno ha scoperto abbastanza
finora, onde la luce di eterna verità illumini i successi
e li esplichi. Secondo alcuni, fu un piano dei boliviani
ostili a Daza, onde compromettere intempestivamente
la battaglia ed aver così un pretesto per disgregarsi e
ritornare dispersi all'altopiano (in Bolivia).... Secondo al-
tri, furono gli uffiziali superiori avversi al colonnello
Suare\ quelli che senza sua notizia, quando egli era
trattenuto nella estrema sinistra della linea (P attacco
mosse dall' ala diritta) Scendo ritirare i corpi, coman-
darono d'impegnare il combattimento. In ogni modo
è certo che nell' ala diritta trova vansi aggruppati, come
dicemmo innanzi, i più implacabili nemici di Suarez
e di Daza(i). »
Ascoltiamo ora ciò che dice il colonnello Suarej,
capo di stato maggiore dell'esercito perù*boliviano,
nel suo rapporto ufficiale sulla battaglia del 19 novem-
bre, al generale in capo Buendia :
a All' alba del giorno 19 avemmo in vista i para-
petti di San Francisco, muniti di artiglieria e difesi
dal meglio, senza dubbio, delle truppe contrarie, che
avevano fatto di essi il centro delle loro operazioni
sulle officine (salnitriere) e la linea ferroviaria. Con-
sultando con V. S. le condizioni della nostra forza,
convenimmo di studiare l' intenzione e la posizione del
nemico, facendo avanzare alcune divisioni e stabilendo
(i) V. Mackknna, cp, cit,, V. 2^, pag. 919.
O DI DOLORES 321
la nostra linea fino a chiudere l' acqua dentro di essa,
ciò che ottenemmo facilmente, e collocandoci conve-
nientemente in situazione di prendere con calma e si-
curezza le misure più appropriate, a seconda che si
sviluppassero gli avvenimenti. Questo movimento, ese-
guito con ammirevole ordine e precisione, pose dalla
nostra parte tutti i vantaggi, perchè avevamo ottenuto
di scegliere il nostro campo, e la libertà di azione che
permette di adottare e seguire un piano. In questo
stato ordinò V. S. che gli s'inviassero una divisione
d'infanteria, un reggimento di cavalleria e sei pezzi
d' artiglieria da unire alla divisione di esploras(ione ed
alla prima brigata della prima divisione deir esercito
alleato (di Bolivia), e che il sottoscritto attaccasse la
posizione pel fianco sinistro, col corpo di esercito che
rimaneva a' suoi ordini, mentre V. S. faceva lo stesso
sulla diritta. Posteriormente, ed a mia istanza, si de-
cise di impiegare ciò che rimaneva della giornata in
dare alla truppa P alimento ed il riposo necessarii per
imprendere un attacco con tutte le probabilità di esito
(in faticosa e contìnua marcia da piii giorni^ i sol-
dati erano digiuni fino dal giorno innan!{i, nel quale
ebbero appena una cattìva ed insufficiente ras[ione)\
ed il sottoscritto comunicò questa determinazione ai
capi superiori ed alla truppa che stava ai suoi ordini
immediati. Le operazioni eran finite per quel giorno,
e mi ritirava a dirigere e vigilare la distribuzione
delle razioni, quando i primi spari del cannone nemico
ed un vivissimo fuoco di fucileria mi obbligarono a
ritornare alle posizioni avanzate, nelle quali, senza al-
322 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
cun ordiqe, si era impegnato un vero combattimento.
Le colonne leggiere di avanguardia organizzate nei
giorni innanzi (due compagnie peruviane e due boli-
viane) scalarono il poggio fortificato, e non tardarono
a seguirle i corpi della divisione avanguardia^ il bat-
taglione Ayacucho e alcune altre forze della prima
divisione. Questo attacco, visto solo come uno sforzo
di valore, come un frutto della più decisa ed eroica
risoluzione, onora ed illustra le armi nazionali. Tre
volte i nostri valorosi guadagnarono la vetta e slog-
giarono gli artiglieri nemici, impossessandosi dei can-
noni {di alcuni) sotto il fuoco dei Krupps, delle mi-
tragliatrici e di una scelta infanteria difesa da fossi e
parapetti (i). Però le forze dell' esercito alleato (^/ Bo-
(l) « L' intrepido Salvo {comandante di una batteria chilend) in
mezzo ad un vero diluvio di palle, aveva fatto 143 tiri contro le
colonne d' assalto : però mancando alfine di campo di tiro per
r angolo del monte, vedeva avanzarsi a passo di trotto i guerri*
glieri del Zepita {peruviano) e dell' Illimani {boliviano) che ri-
valeggiavano in ardore. Conducevali Espinar {colonnello pemvianQ)
che marciava intrepidamente a cavallo segnalando ai soldati colla
spada i siti, e perfino le persone su cui dovevano far fuoco....
Cadde in questo momento il cavallo del coraggioso peruviano
{Espinar) trapassato da una palla di carabina ; però asciugane
dosi il sudore del volto, continuò egli 1' ascensione a piedi, gri-
dando a quei che lo seguivano : Ai cannoni / ai cannoni l rod
che nel fragore della battaglia udivansi distintamente. Il me-
mento era supremo, perchè Salvo aveva perduto la metà dei su<»
artiglieri.... faceva fuoco col suo revolver, e domandava a grifi
che venissero a sostenere i suoi cannoni coli* infanterìa. tJdivansi
in questo solenne istante della lotta, con perfetta chiarezza, le
voci e gli evviva dei guerriglieri che avanzavano sopra x tao*
O DI t)OLORES 323
livià) in completa dispersione, senza ordine, senza che
nulla autorizzasse tal procedere, ruppero un fuoco mi-
cidiale pei nostri soldati ed inutile contro il nemico.
Il campo si coprì di questi soldati fuori fila che spa-
ravano a larga distanza, avanzavano a capriccio, o sce-
glievano un luogo per continuare bruciando le loro
munizioni senza direzione né oggetto, producendo un
rumore che stordiva ed una confusione che non tardò
a sconvolger tutto.... Frattanto, sordi alla tromba, alla
preghiera, alla minaccia ed a tutto, i soldati boliviani
senza capi continuavano la loro opera colla precipi-
tazione e la frenesia propria di chi non ha altro scopo
che quello di fare incontenibile il disordine. La con-
dotta delle divisioni boliviane che fecero irreparabile
la prima imprudenza (Paver rotto i fuochi sen^a co-
mando : ciò che, tutto sembra dirlo, fu non una sem-
plice impruden^a^ ma un fatto intenzionale per com-
promettere Pesito della battaglia); che c'improvvisarono
un campo di battaglia insperato e più degno di atten-
zione che quello del nemico, piano iniquo, preparato
fino dalla introduzione nelle nostre truppe di certi uo-
mini che hanno avuto bisogno d' infamare il loro paese
per far sorgere le loro aspirazioni personali.... E triste
il dover manifestare così deplorevole eccesso; però deve
noni (i quali furono presh perduti e ripresi due altre volte) quando
ana palla di revolver colpi l'ampia fronte del bravo {Espinar)
che li guidava su per 1' erta {era da più tempo già coi suoi stilla
piattaforma della vetta) e rimase istantaneamente cadavere....
Morto questo, era vinta la battaglia. »
V. Mackenna, op. cit., V. 2®, pag. 928 e 929.
324 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
sapersi che non abbiamo impreso una ritirata dinanzi
alle forze chilene, incapaci di abbandonare i loro pa-
rapetti e ridotte all'attitudine più strettamente difen-
siva, ma che vedemmo sorgere la demoralizzazione nelle
nostre file, e siamo stati vittime del colpo preparato
dalla perfìdia contro due Nazioni.... >
Nel rapporto del comandante del battaglione Pano,
no 6, si legge: t Erano le ore 3 e 20 pomeridiane
quando si fece il primo sparo di cannone sulla nostra
forza, presentandosi in pari tempo una divisione boli-
viana alla nostra retroguardia rompendo i suoi fuochi
su di noi.... Trascorsi i5 minuti ricevemmo ordine di
attaccare e prendere le p>osizioni per quel fianco....
L'attacco fu così impetuoso come esigevano le circo-
stanze; e grazie a ciò potemmo avanzare fino a far
tacere i fuochi del nemico per quella parte e respin-
gerlo fino alla sua seconda trincea: ma avendo i ne-
mici sul piano circa 6000 uomini, più o meno, rin-
novarono la loro difesa cagionandoci molte morti. Il
fuoco nemico da una parte, quello dell'esercito boli-
viano alla retroguardia, e quello delle guerriglie della
prima divisione del Perù le quali convergevano nel sito
che occupavamo, diede luogo a nuove perdite, e tummo
respinti. Inoltre ci trovavamo senza munizioni e senza
protezione di forze : ciò nondimeno avevamo ottenuto
di prendere un pezzo d'artiglieria.... »
Nel rapporto del comandante del battaglione Lima,
Morales Bermudez, troviamo : e .... II nemico ruppe i
suoi fuochi di artiglieria, ed il battaglione continuò
O DI DOLORES 325
la sua marcia in battaglia fino a che passando la falda
del colle, principiò la sua ascensione sfidando le com-
pagnie pel fianco e ricevendo il fuoco nemico senza
rispondere.... A quest'altezza si ruppe il fuoco, gua-
dagnando sempre terreno con rapidità, fino a collocarci
al livello della colonna leggera di avanguardia, com-
posta di una compagnia del battaglione Zepita ed
un'altra dell'Illimani: con questa forza ed in unione
del battaglione Puno si ottenne in poco tempo di slog-
giarli (t nemici) dai loro parapetti, e che abbandonas-
sero i due cannoni che ci offendevano da quel lato,
e che nonostante l' essersi tentato da alcuni soldati di
farli girare per nostra difesa, fu impossibile il farlo,
perchè trovavansi fermamente assicurati in terra.... Tre
volte consecutive tentò il nemico di disputarci il ter-
reno, ed altrettante volte fu respinto, fino a che termi-
nate le munizioni, stanca e decimata la truppa, senza
speranza di ricevere rinforzo alcuno dal resto dell'eser-
cito che rimaneva semplice spettatore della battaglia,
e finalmente sofirendo il fuoco incessante che ci faceva
r esercito boliviano, causandoci maggior numero di
perdite che il nemico, lo scoraggiamento ed il disor-
dine invase le nostre file, che si vedevano assas-
sinate a mansalva dai fuochi degli amici e dei ne-
mici.... »
Dice lo scrittore chileno VicuHa Mackenna: e II
Puno e nilimani {doveva dire il Lima) in colonna
serrata, spazzati dalla mitraglia e fucilati alle spalle,
a causa della indescrivibile confusione in cui entra-
328 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
più vitali interessi del paese, e li accolse con quel pro-
fondo disprezzo di cui erano meritevoli.
Da quanto precede, il lettore avrà compreso gii che
la giornata di San Francisco, o di Dolores, come la
chiamarono i chileni, terminò a favore di questi ul-
timi. Nondimeno fassi necessaria una spiegazione : bi-
sogna distinguere il fatto d'armi in se stesso, dagli
avvenimenti che lo seguirono,
Come fatto d' armi merita appena che se ne parli.
Impegnata la battaglia in un estremo della linea degli
alleati, da una sola divisione, mentre erasi risoluto di
non entrare in azione che all' alba del giorno appresso,
e perciò senza piano, senza precedente distribuzione di
parti e senza che nessuno sapesse quello che dovesse
fare, la divisione che prima mosse all'attacco, un
i4oo uomini all' incirca, fu la sola che si battè. Certo,
con un buon comando ed una buona ufizialità, non
sarebbe stato punto difficile di generalizzare l'azione;
tanto più che, come è detto nel rapporto del Capo
dello stato-maggiore, erasi già concertato un piano di
battaglia che volevasi mettere in opera un' ora innanzi,
e che poi s' era risoluto di lasciare per l' indomanL II
nemico era lì davanti a loro, un nemico che non si
moveva, che se ne stava sulla più stretta difensiva
sparando i suoi cannoni come dalle feritoie di una
torre ; e nulla sarebbe stato più facile, era anzi la cosa
più semplice e naturale quella di riportarsi al piano
già prestabilito e poi sospeso, e menarlo ad esecuzione.
Ma se da una parte abbiamo già visto quello che fa-
cessero le divisioni boliviane, che in numero di 3ooo uo-
O DI DOLORES 329
mini rappresentavano oltre il terzo delPesercito, la con-
dotta delle divisioni peruviane, all' infuori di quella che
entrò in azione, non fu al certo d* assai migliore (1).
Sotto pretesto che l' azione era stata malamente impe-
gnata, che non avevano ricevuto a tempo gli ordini
opportuni, o che li avevano ricevuti dall' uno anziché
dall' altro, i diversi capi di battaglioni, delle brigate e
delle divisioni fecero tutti del loro meglio per restare
estranei al combattimento; ad un combattimento nel
quale si giocavano le sorti del paese, e che fu ridotto
alle semplici proporzioni di una meschina ed insignifi-
cante scaramuccia. Chi obbligò le sue truppe a rima-
nersene inoperose colle armi al braccio, nella lusinga
d' aspettare un momento propizio che non venne mai,
per spingersi in soccorso dei proprii fratelli eh' erano
alle prese col nemico; chi fecele girare inutilmente di
qua e di là in immaginarie manovre che tendevano
unicamente a tenerle lontane dal campo di operazione ;
chi prese addirittura la fuga con esse o senza dì esse,
per andare a spargere delle menzogne in Tacna ed Arica,
sia ccmtro il generale in capo, sia contro il suo capo di
stato-maggiore, dei quali erano tutti più o meno nemici
o rivali.
Abituati questi ufficiali nelle continue lotte rivoluzio-
narie del proprio paese a battersi non a favore o contro di
(i) Che non faccia nessuna meraviglia al lettore europeo il
sentir parlare di tante divisiamo trattandosi di un così piccolo eser-
cito; poiché spesso una divisione oltrepassa difficilmente i mille
Qomini. Dicasi lo stesso delle brigate e dei battaglioni. Le divi-
sioni chilene però sono assai più numerose.
330 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
una causa, ma di uno o più individui; a farsi guidare non
dalla legge del proprio dovere, ma da quella unicamente
delle proprie passioni ; a vedere a fianco a sé o contro
di sé non altro che l'amico od il nemico, il compagno
od il rivale, - da cui i tanti pronunciamientos^ le tante
defezioni, i tanti voltafaccia istantanei e repentini - essi
dimenticarono il nemico del paese, lo straniero che ave-
vano di fronte, e si ricordarono solamente del per-
sonali loro pettegolezzi coi propri! compagni d^armit
delle proprie inimicizie e delle proprie rivalità. La vit-
toria suU' esercito nemico avrebbe anzitutto coperto di
gloria Buendia e Suarez - questo più di quello ancora -
mentre la disfatta li avrebbe gittati nella polvere, com-
promessi e perduti per sempre innanzi al paese: e tuuo
il mal volere, tutto Podio a poco a poco accumula-
tosi nei loro animi contro questi due individui, nei
sette mesi che furono loro superiori, si alzò gigante in
essi in quel supremo momento, in cui il proprio fatto po-
teva e doveva concorrere potentemente a collocare sulle
odiate fronti di quelli sia la corona di alloro sia quella
di spine (i).
(i) Nel descrivere la marcia dell'esercito perù-boliviano da
Iquique a San Francisco, lo scrittore chileno Vicuaa MaeìUnna
parla difitisamente di queste rivalità e dei tristi loro effetti, come
dicono i brani che qui riproduciamo: « La discordia era scop-
piata nel campo nemico.... Scene di rimproveri e di violenza
avevano luogo ad ogni istante sotto la tenda dello stato-mag-
giore. Alle 3 p. m. del i8 si diede l'ordine di avanzare ; ma
la discrepanza delle volontà ed il calore degli odii toccava. g\a
nella rivolta; ed alcuni dei comandanti delle divisioni diedcru
O DI DOLORES 331
Ciò è un effetto necessario di quella vecchia scuola
rivoluzionaria di cui più volte abbiamo discorso, e di
cui qui occorre ancora dire qualche parola.
Nel Perù come in Bolivia, l'uficiale non deve le sue
spalline e le successive promozioni, fino a Colonnello
almeno, che al favore di uno o più CaudilloSj capitani
rìvoluzionarii, cui favorì esso stesso colla propria opera,
sia direttamente servendo nelle loro file, sia indiret-
tamente mal servendo i loro nemici e competitori.
Nel Perù come in Bolivia, arrivato a Colonnello l'ufi-
ziale si crede già non solo nella possibilità, ma nel
diritto dì farsi Presidente o Dittatóre del suo paese. Ma
SI nel Perù come in Bolivia di colonnelli ve n'ha
molti; tanti forse quanti quelle Repubbliche dovreb-
bero averne se tutto il loro rispettivo territorio fosse po-
polato: e poiché a Presidente o Dittatore solo possono
arrivare uno per volta, sicché la concorrenza è troppo
grande, hanno tutti fretta di passare innanzi agli altri,
onde non correre il pericolo di rimaner troppo indietro
nella folla e non arrivar mai. Ognuno di essi vede
perciò in tutti gli altri altrettanti rivali e nemici, che
s* interpongono fra lui ed il supremo potere dello Stato^
altrettanti ostacoli da vincere per arrivare ad impos-
ia ambo i campi (peruviano e boliviano) il funesto esempio di
negarsi ad ubbidire alla vista del nemico.... La discordia (già
sotto i parapetti di San Francisco) si estendeva invece di placarsi,
e la tenda di campagna del generale Buendia era divenuta il
campo di Agramante. »
Of. cit., v. 2^ p. 847, 886 e 889.
332 BATTAGUA DI S. FRANCISCX)
sessarsi dell^ agognato potere, verso il quale sono di-
retti tutti i suoi sforzi e tutti i suoi pensieri ; e nasce
da ciò che ognuno di essi si creda nel diritto, nel
dovere anzi di combattere tutti gli altri in ogni cir-
costanza, e dì fare quanto sta in lui per perderli nella
pubblica opinione. Quanto poi a concorrere col pro-
prio fatto a che uno o più dei suoi odiati rivali
guadagni terreno su di lui nella pubblica conside-
razione, ciò sarebbe considerato in faccia e se stesso
ed alle proprie aspirazioni come la maggiore delle
stoltezze, se non come il più assurdo dei delitti. È
semplice questione di spostamento del senso morale:
e fino a che non cesserà col militarismo la trista e
dissolvente scuola rivoluzionaria, quei paesi, per tanti
versi destinati ad essere grandi e potenti nazioni,
mentre non sapranno mai che sia la intema prosp)e-
rità, saranno sempre facil preda del primo pugno di
avventurieri armati, che metta il piede sui loro terri-
torii.
La battaglia di San Francisco adunque, come fatto
d'arme, non fu che una semplice scaramuccia, un sem-
plice tentativo isolato di una sola divisione dell'eser-
cito perù-boliviano contro quello del Chili; il quale,
senza prendere affatto l'offensiva, ciò che sarebbe stato
tanto facile e tanto fecondo d'effetti, altro non fece
che difendere colla sua potente artiglieria le quasi
inespugnabili sue posizioni; sicché quando terminò il
breve e meschino combattimento, credè che quello
fosse stato non altro che una preliminare ricognizione
eseguita dal nemico. Ciò è tanto vero che esso ri-
O DI DOLORES 333
teneva che la vera battaglia avrebbe dovuto cotn-
battersi all'indomani; al qual uopo si mantenne senza
muoversi nelle sue posizioni^ e domandò pronti rin*
forzi e munizioni al generale in capo che trovavasi
in Jazpampa, e che arrivò nel corso della notte. A
questo proposito dice il chileno Vicufla Mackemia:
a Quella di San Francisco non fu propriamente una
banaglia.... Era universale nel campo chileno il con-
vincimento che la vera battaglia si darebbe all'alba
del giorno 20; e passarono tutti i corpi quella fredda
notte senza fuoco, quasi senz'alimento.... Si sollecita-
rono anche per telegrafo urgenti soccorsi di rinforzi,
munizioni e viveri (i). »
Solo col sorgere della luce del seguente giorno 20,
i chileni compresero, per la completa assenza del ne-
micOy che erano rimasti assoluti padroni del campo;
come solo da qualche ferito peruviano, raccolto nei
pressi di San Francisco, nel corso di esso giorno 20,
intesero la diserzione in massa delle divisioni boli-
viane. Dai medesimi feriti seppero anche che l'eser-
cito peruviano si ritirava in completo disordine verso
Tarapacà: fatto di cui ebbero la più sicura prova nei
cannoni che quello abbandonò per via per mancanza
di animali, e che essi raccolsero; sicché ebbero a go-
dere inaspettatamente tutti t vantaggi di una gran vit-
toria, senza aver fatto nulla o quasi nulla almeno per
ottenerla, e solamente per opera di quei medesimi che
avevano il dovere di contrastarla.
(i) Op^a citata, v. 2, p. 943, 94^ e 947.
334 BATTAGLIA DI S. FRANCISCO
Ciò nondimeno, sia per timore, sia per inerzia od
imperizia, l'esercito chileno che sapeva di avere a
poche miglia dinanzi a sé non più un esercito, ma
appena tre o quattromila soldati che marciavano alla
sbandata, senza viveri, senz' acqua, e pieno V animo di
amarezza ed abbattimento, non fece neppure un solo
passo in loro inseguimento, e li lasciò tranquillamente
ritirare a Tarapacà e ricostituirsi (i).
Ma se come fatto d'armi la giornata di San Fran-
cisco fu poco men che nulla, ebbe però pei chileai, a
causa dell'intrìnseco malessere che viziava l'esercito
perù-boliviano, e che ivi trovò la sciagurata soluzione
che abbiam visto, tutta l'importanza di una grande e
colossale vittoria; quella cioè di farli padroni del-
(i) « L'esercito del generale Baendia, sconfitto stmza essersi
battuto, riposò in Curana la notte del 20 è la mattina del 21.
Tutto il suo refrigerio consistè in due o tre capre distribuite a
ciascun battaglione. Però nella notte del primo giorno, Tin&ti-
cabtle colonnello Snarez si spinse fino a Tarapacà, e ponendo
ivi a requisizione il patriottismo ed il terrore, raccolse vireri,
capre, pecore, Llamas e perfino asini, per saziare la fame dei
suoi infelici soldati. Rimase in sua assenza a capo del campo
il prudente colonnello Bolognesi, il quale fece imprendere la
marcia verso Tarapacà alle 2 pomeridiane del 21.... Il nostro
esercito (il chileno)^ addormentato nei terreni salnitrìeri (caUchaUs)
non moveva ancora neppure una sola pattuglia in cerca del nemico
che si rifìiceva in sua presenza. Così passarono i mortali giorni 20.
21, 22 e 23 di novembre, lasciando scappare un esercito che
fuggiva a piedi, mentre avevamo alla porta del quartier generale
cinquecento uomini a cavallo. >
V. Mackbnna, Opera citata, v. 2, p. 986 a 988.
O DI DOLORES 335
r ambito deserto di Tarapacà e di quella stessa Iqui*
que che essi desideravano tanto ed alla quale temevano
tanto d'avvicinarsi.
Alla difesa di Iquique, dopo esserne uscito l'esercito
perù-boliviano, che poi si sciolse da sé alle falde del
poggio San Francisco, non era rimasta che appena
una divisione di i3oo uomini, la quale fu poi dal ge-
nerale Baendia chiamata a Tarapacà, alla cui volta
mosse il giorno 22. Uscito quest' ultimo resto di forza
da Iquique, che rimase senza guarnigione e senza una
sola guardia di Polizia, completamente in balìa di se
stessa, il Prefetto credè bene di fare anch' egli fagotto,
e consegnò la città al corpo consolare straniero; il
quale, non sappiamo se per incarico dello stesso Pre-
fetto o di moto proprio, per salvarla del furore del-
l'esercito chileno, che certo l'avrebbe presa da se e
senza fatica quando volesse, la consegnò a sua volta
al comandante della corazzata chilena Cochrane^ che
ne bloccava il porto, e che ne prese possesso in nome
del Chili facendovi sbarcare una sessantina di mari-
nai appartenenti all'equipaggio della propria nave.
Il Perù si suicidava; ed il Chili foceva la parte del
becchino, raccogliendo il cadavere I
IX
Battaglia di tarapacA
Dopo quattro giorni dalla battaglia dì S. Francisco, 1 cbUeai
raggiangono l' esercito peruviano a Taiapacà. - Aspettano
rìnfoTEi. — Namero rispettivo degli eserciti. - L'esercito pe-
raviano eia disorganiizato. - Tarapacà. - Sorpresa e valo-
rosa difesa dei peruviani. - Lo storico Maclcenna vuole atte-
□ture la disfatta dei chileni. - Sebbene ai peruviBDÌ difettassero
le mimmoni, essi riportarono aaa splendida vittoria. - Perchi
non fii di alcun profitto al Perù. - I peruviani si dirìgono
ad Aiica. -> Millanterie chilene. - U deserto di Tarapacà ri-
mane io potere dei chileni.
[HASTo inoperoso per ben quattro giorni
dopo il simulacro di batuglia di San
Francisco, mentre tutto voleva che si
fosse posto la sera stessa del 19 all'in-
seguimento dì un nemico, la cui trista
situazione era tale che, raggiunto appena, non poteva
33S BATTAGLIA DI TARAPACÀ
non finire per arrendersi, lo stato-maggiore chileoo
scossesi alla fine dal suo torpore nella mattina del 24,
e spedì una piccola forza di cavallerìa e &nteria sulla
via battuta quattro giorni innanzi dalle truppe peru-
viane.
Arrivò essa fin presso Tarapacà; e saputo che tro-
vavasi provvisoriamente accampato ivi F esercito pe-
ruviano, in così deplorevoli condizioni da far supporre
ad ognuno che, incapace di battersi; si sarebbe neces-
sariamente arreso alla prima intimazione che gli fosse
stata fatta dalla più meschina forza nemica, fu sua
prima idea di farglisi immediatamente innanzi ed in-
timargli di arrendersi. Indi, dandosi a più prudente
consiglio, decise di attendere, prima di tentare Pini-
presa, i necessari! rinforzi che celermente domandò
ed ottenne dal quartier generale ; sicché fu solo all'al-
beggiare del 27 che, nella sicura fiducia di far prigio-
niero il nemico senza colpo ferire, si presentarono i chi-
leni sulle alture che dominano il piccolo villaggio di
Tarapacà. Le loro forze si fanno da essi ascendere a
25oo uomini in tutto, fra cavalleria e fanteria, con
dieci cannoni : dai contrarli si dice invece che fossero
3ooo e più. A nostro giudizio, entrambe queste cifre
sono erronee : è un fatto che il combattimento di Ta-
rapacà fii sostenuto dalla divisione ArteagOy che il
19 menò seco da Pisagua il generale in capo e che
rimase in Ja^patnpa^ quando la ritirata e dispersione
dell'esercito degli alleati rese inutile la sua presenza
in San Francisco : e poiché risulta dai documenti e
rapporti ufficiali chileni che detta divisione compone-
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 339
vasi allora di 35oo uomini (i), tutto dice e fa credere
che questo appunto, colla sola aggiunzione dei 4oo uo-
mini che erano partiti prima da Dolores, fosse il nu-
mero dei cbileni che presero parte alla lotta di Tara-
paca, ossia un 3900 in tutto.
Quanto ai peruviani, essi non oltrepassavano i Sooo,
dei quaU, 36oo incirca trovavansi nello stesso villaggio
di Tarapacà, e i4oo in Pachica a poche miglia di di-
stanza, già in marcia per Arica; sicché durante le
prime sei ore, a comincire dalle 9 a. m., là battaglia
non fu sostenuta che dai soli 3ooo uomini di Tara-
pacà« I i4oo di Pachica, che ebbero notizia dell'arrivo
dei chileni a Tarapacà nel momento istesso in cui co-
minciava la lotta, e mentre preparavansi a continuare
la loro marcia verso Arica, non poterono trovarsi sul
campo di battaglia che appena alle 3 p. m.; e come
facilmente si comprende, furon quelli che decisero della
giornata (2).
Stando ai precedenti di San Francisco ed al lamen-
(i) Vedi V. Mackenna, O^, ciL, v. 2", p. 912.
(2) « Il general Buendia arrivò a contare in Tarapacà più di
5ocx> nomini.... Cosi lontani stavano dal pensare che sarebbero
per5^[Ottiiti, che lo stesso giorno 26 ordinò il generale Buendia
che marciassero avanti (sul cammino di Arica) due distaccamenti
con circa 1400 uomini, ed egli si rimase in Tarapacà con al-
tri 3600 che abbisognavano ancora di una notte di più di riposo.
Dormirono ivi come nei giorni di più perfetta pace, senza nean-
che collocare sentinelle avanzate nei dintorni, e senza sospettare
che il nemico si trovasse nelle vicinanze. »
Bakro»-Ailana, ff istoria de la guerra del Paàftco, p. 171.
340 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
tevole stato nel quale trovavansi i battaglióni peruviani
in Tarapacà, la fiducia che animava i cbileni di farli
prigionieri con poca o nessuna fatica, non era del tutto
senza fondamento.
In viaggio per Arica ove principalmente spingevali
la mancanza di vittuaglie, la fome che lentamente an-
davali struggendo da più giorni, i peruviani eransì
fermati in Tarapacà a solo scopo di trovare un po' di
riposo dopo tanti giorni di lunghe e faticose marcie,
e di attendervi la quinta divisione che ultima era par-
tita da Iquique, onde rientrare insieme ad Arica. Que-
sta divisione, camminando a marcie più che sforzate
in un deserto impraticabile per sei giorni continuati,
era arrivata a Tarapacà, stanca ed affaticata nel mat-
tino del giorno innanzi, 26; e tuttoché le quasi esauste
risorse che potè offrire il piccolo villaggio di Tarapacà
rendessero già necessaria la partenza da esso, pure,
per dare un giorno almeno di riposo a siffatta divi-
sione, che letteralmente mal reggevasi sulle gambe,
fatta partire innanzi una divisione di i4oo uomini
- quella che poi ritornò da Pachica - fu rimandata la
partenza del resto dell'esercito per le ultime ore del
vegnente giorno 27.
La mattina del 27 adunque, quasi al momento
di riprendere la disastrosa marcia, che aveva tutto
r aspetto e V importanza di una fuga - giacche se non
il nemico, fuggivano il deserto e le sue privazioni ~ il
piccolo esercito del Perù, così la parte rimasta in Ta-
rapacà come quella avanzatasi fino a Pachica, era tut-
tavia quale lo abbiamo visto all' allontanarsi dalle falde
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 341
di San Francisco, in completa disorganizzazione. Salvo
poche eccezioni, può dirsi che più non v'erano ufi-
zìali : quelli che non avevano disertato dopo i fatti di
San Francisco, avevano perduto ogni loro prestigio di
fronte ai proprii soldati, i quali non potevano non ri-
provare la detestabile condotta da essi tenuta il 19, di-
nanzi al nemico. I pochi ufiziali che, per sé stessi
degni di stima, tuttavia conservavano la propria auto-
rità, come il Buendia, il Suarez, il Càceres, il Bolo-
gnesi, il Rios che comandava la divisione arrivata da
Iquique, ed altri di egual merito, se erano buoni a
mantenere unita tutta quella gente - ciò che non era
poco in quelle circostanze, e che sarebbe stato impos •
sibile di ottenere con soldati meno buoni - non erano
punto bastevoli ad attendere a tutto, ed a rialzare il
morale di uomini che dopo essersi visti così mal di-
retti e guidati, e fino ad un certo punto traditi da
molti dei loro capi più immediati, si vedevano circon-
dati da difficoltà e privazioni di ogni genere^ colla tre-
menda prospettiva più o meno prossima di avere a
patire la grossa fame chi sa per quanti giorni. Di di-
sciplina quindi ve n'era poco o nulla; ed eccetto il
semplice fatto di rimanere tutti insieme, di non diser-
tare, ciascuno avea tacita facoltà di regolarsi a pro-
prio modo.
Prova sia di ciò che nulla più si faceva di quello
che è proprio di un esercito in campagna, e che dalla
stessa loro personale sicurezza era indispensabilmente
voluto. Al nemico che avevano alle spalle e che do-
vevano supporre sulle loro traccie, nessuno più pen-
342 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
sava; sicché vivevano nei maggiore oblìo di esso, senza
posti avanzati, senza pattuglie in giro e senz'avere
neanche la più semplice sentinella che potesse farli
avvertiti del suo arrivo, nel non improbabile caso in
cui ciò avvenisse. E qui è da avvertire che posto il
piccolo villaggio di Tarapacà nel fondo di una stretta
valle, la cui massima larghezza misura app>ena un
chilometro, fra due catene di aspri ed erti colli, la loro
situazione doveva necessariamente farsi delle più criti-
che e difficili, laddove avessero ricevuto una visita del
nemico ; il quale poteva occupare a loro insaputa la
sommità dei colli, come effettivamente avvenne il mat-
tino del 27, e di là fucilarli a mansalva, prima che aves-
sero avuto il tempo di uscire da quella specie di pro-
fondo canale nel quale si trovavano (1).
Questa circostanza era appunto una di quelle che
(i) « Nel momento in cui il comandante Santa-Cniz (capo di
un battaglione chileno) arrivava di fronte al villaggio di Tara-
paca, r esercito peruvianoi salvato unicamente dalla colpevole
inerzia dei nostri capi, trovavasi occupato nelle pacifiche biso-
gne di quartiere, le armi in fascio nelle strade, nei cortili, sotto
i corridoi e gli alberi, bollendo nelle caldaie di ferro dei corpi
lo scarso riso e la più scarsa carne del suo rancio, senza un
posto avanzato, senza una sentinella a cavallo od a piedi per
dare avviso. Nessuno in quelle ore pensava ad altro, liiorchè a
seguire pacificamente il cammino delle montagne, volgendo le
spalle all'ardito, invasore.... La divisione Rios venne in queDo
stesso giorno {quella et Iquiqut arrivata invece il giorno mnansi^
portando, se non viveri, un prezioso soccorso di monizioni, die
era il gran difetto del momento. »
V. Mackenna, Op. cit., V. 2*, p. 1039.
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 343
maggiorinente davano fiducia all'esercito chileno di
farU a poco costo prigionieri, parendo, e non senza
ragione, quasi impossibile qualunque tentativo di re-
sistenza una volta che si fossero lasciati sorprendere
in Tarapacày anche indipendentemente da quant'altro
sappiamo.
Ora come la sorpresa avvenisse, e come i peruviani
trovassero modo di uscire dalla difficile e quasi dispe-
rata loro situazione, lo apprenderemo dal solito scrit-
tore cfaileno.
« Trovavasi il colonnello Suarez sotto un corridoio,
firmando l'ordine per distribuire poche libbre di carne
di Uama al battaglione Iquique - 35 libbre per batta-
glione - quando smontando dai loro muli tre mulat-
tieri che erano andati nel mattino alle proprie bisogne
pei colli di oriente, corsero a dirgli che il nemico co*
priva la sommità dal lato opposto. E non avevano
quelli terminato di parlare, quando altro mulattiere
ritornava dalla strada di Iquique colla stessa terribile
notizia.... Erano le nove e mezzo antim. del. 27 no-
vembre.... quando udissi in tutte le caserme del bas-
sofondo il sordo romore dei tamburi di guerra che
battevano la generala*.., Prepararonsi tutti senza previo
accordo per uscire dalla trappola nella quale si tro-
vavano, e per occupare tosto le sommità del sud-
est e del nord-est, che muravano la yalle come un
profondo cimitero.... Non v'erano sentieri praticabili;
però i soldati, gagliardamente incoraggiati dai loro
ufìziali si arrampicavano su per le asperità dei colli
a modo di daini, appoggiandosi sui loro fucili.... Il co-
«2. — Caivako, Cturra tT America.
344 BATTAGUA DI TARAPACA
lonnello Suarez, capo di stato maggiore, questa Yclta
come tutte le precedenti, andava innanzi, ed il suo
agile cavallo bianco, inarcandosi per V erta onde assi-
curare le sue ugna e guadagnar terreno, era il punto
di mira di tutto l'esercito incitato dall* esempio. Erano
le dieci della mattina, e la terribile battaglia di Ta-
rapacà, che fu propriamente una serie di battaglie in
un medesimo camposanto, era per cominciare. (?) »
U soldato peruviano provò ancora una volta nella
sanguinosa lotta di Tarapacà, come ai tempi delle
guerre della indipendenza, e le eccellenti sue qualità
personali e tutto quello che si potrebbe ottenere da
lui quando avesse una buona ufizialità. Sorpreso dal
nemico quando meno se lo aspettava, quasi in un fosso
senza uscita, e quando per le materiali e morali sue
condizioni del momento doveva necessariamente tro-
varsi assai debole così di corpo come di spirito, seppe,
nonché uscire dal fosso per mettersi di fronte ad un
nemico che gli stava sul capo e lo fucilava a discre-
zione, loxtar da forte contro di esso per lunghe e lunghe
ore, e riportare la più inaspet^ ita e splendida vittoria.
Per ottenere tutto ciò non ebbe a contare che sul solo
suo valore personale, appena sostenuto dall'esempio
e dalla voce di un piccol numero di buoni ufiziali.
Senza artiglieria e senza cavalleria, cose tutte di cui
era bene ed i^bbondantemente provvisto il nemico,
senza piano di battaglia e senza trovarsi confortato da
buoni e sufficienti alimenti (colio come fu alla sprov-
(i) V. Mackensa, 0^. cit., V. 2^ pag. 1042. a 1044.
BATTAGLIA DI TARAPACA 345
vista mentre stavasi preparando lo scarso rancio cui
da più giorni era condannato) il soldato peruviano si
spinse intrepido e risoluto contro il nemico, andandolo
a cercare fin dentro le sue posizioni difese da dieci
onimi cannoni e dalle asperità del suolo di cui ben
profittava, e battendosi con lui corpo a corpo, in
accanito combattimento più volte sospeso per pren-
der fiato, e poi ripreso con maggior forza di prima,
gli tolse i suoi cannoni e le sue bandiere, e slog-
giandolo dalle sue posizioni, lo ricacciò indietro per
più miglia in così incontenibile rotta, che doveva
finire e sarebbe certamente finita colla perdita com-
pleta di tutta la grossa divisione chilena, se esso, il
soldato peruviano, avesse avuto tuttavia tante cartuccie
a sua disposizione da poter continuare a far fuoco per
soli dieci altri minuti ancora (i).
(i) • ....Al prÌDCÌpio del combattimento eravamo appena 3000
uomini di fanterìa, battendoci contro una forza di 5000, dotata
delle tre armi e provvista di tutti gli alimenti di guerra; e non
solamente eravamo inferiori in numero e mancavamo di cavai*
leria ed artiglieria, ma di pia gli stessi nostri soldati si trova"
rono in un momento dtUo senta munizioni^ essendo obbligati a
raccogliere i fucili e le capsule dei nemici morti, dei feriti e dei
dispersi In dieci ore di accanito combattimento, tutti quei po-
tenti elementi {del nemico) furono sconquassati dalla intrepidezza
e dal valore dei nostri soldati: la fanteria e la cavalleria fug-
girono in dispersione, 1' artiglieria rimase in nostro potere insieme
ad una bandiera e varie bandendole.... >
Dal Rapporto del generale in capo Buendia.
« ... La sola ascensione fino al livello dei baluardi è per se
s.essa un trionfo, perchè la borgata che ci serviva di quartier
346 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
Tuttoché, mosso da scusabile amor di patria, cer-
chi il Mackenna di attenuare per quanto più sa e può
la innegabile disfatta dei suoi, la verità non lascia
di farsi strada talvolta, sebbene più o meno stroz-
zata nella foga della sua passionata narrazione: egli
esclama : e La perdita che più profondamente afflìg-
gesse il cuore della Repubblica in quella luttuosa gior-
nata, in cui per la prima volta in lunga istoria (un
paese che nacque ieri !) lasciò il Chili i suoi cannoni
e la sua bandiera in mano nemica, fu quella dei due
capi ecc. ecc., .... La disfatta tanto temuta dal cbileno
è per consumarsi.... Ma, oh fortuna ! le file peruviane
vacillano e si fermano nel mezzo della pianura. Che
succede? Qual ordine, qual causa le trattiene miste-
riosamente nel cammino della loro imminente vitto-
ria ? » Indi, enumerate colla solita sua prolissità le
varie cause, compresa quella della mancanza di car-
tuccie, che a suo credere trattennero nel bel meglio
le truppe peruviane, continua : • Non è possibile chia-
rire un dubbio cosi arduo; perchè forse il più certo
fu che tutte queste cause influissero insieme nella
mente dei capi peruviani per contenere la spinta finale
generale è per ogni lato dominata.... Prima di combattere ab-
biamo dovuto porci in condizioni di poterlo fare, esponendoci
indifesi ai colpi dei nemici.... Al principiare dell* azione il ce*
mico occupava un campo di quasi una lega, fra Volto dilla ecsta
di Arica e quello di Vwa^^ras, ed a] finire aveva retroceduto
fino al colle di Minta, due leghe più in là dei suoi trincera-
menti.... »
Dal Rapporto del capo di stato maggiore, B. Suarez.
BATTAGLIA DI TARAPACA 347
che era per portare alle loro bandiere un segnalato e
storico trionfo (i). »
In piena disfatta già, i chileni non facevano più che
correre alla disperata sulla vìa del loro quartier gene-
rale di Dolores, da dove attendevano numerosi rin-
forzi, quando i peruviani che da più tempo solo fa-
cevano fuoco colle armi e le cartuccie dei morti e dei
feriti chileni, visto che non avevano più una sola
cartuccia da bruciare, furono obbligati a por termine
al già prolungato inseguimento : ed è indubitato che
se essi avessero avuto un po' di cavalleria o poche al-
tre cartuccie ancora, V esercito chileno avrebbe dovuto
o darsi prigioniero o lasciarsi impunemente massacrare,
poiché era già qualche tempo che più non opponeva
nessqna resistenza, se. si eccettua solamente qualche
caso speciale di individui isolati che di tratto in tratto
scaricavano ancora le loro armf. Ma se per questa
estranea eventualità che favorì Tesercico chileno, potè
esso trovarsi inopinatamente salvo dalla più certa e
completa rovina, non per questo la giornata di Tara-
paca fu meno splendida vittoria per l'esercito peru-
viano ; vittoria che sarà tanto più bella e significativa
innanzi alla storia, per quanto più si faccia giusto cal-
colo delle diverse condizioni nelle quali si trovavano
i due eserciti combattenti. Le perdite furono : morti e
feriti chileni 758, prigionieri 56; morti e feriti peru-
viani 497.
Nondimeno, questa, la sola vittoria che vanti il Perù
(i) Op. cit.^ ▼. 2® pag. IZ2I e II 78.
348 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
in tutto il corso della guerra, vittoria tanto e cosi bene
guadagnata, come s' è visto, non potè in nessun modo
migliorare le sorti della lotta nella quale era impegnato,
attesa la eccezionale e stranissima condizione, già nota
al lettore, nella quale si trovava V esercito vincitore, e
che la vittoria non mutò né poteva in modo alcuno
mutare. Aveva bisogno di viveri, di pane; e la vittoria
riportata sui nemico non poteva punto dargliene, per-
chè non era esso che lo aveva privato fino allora e lo
privava di tali cose : ma il deserto che lo circondava
da ogni lato, e V inettezza del Presidente della Repub-
blica e supremo direttore della guerra che indolente-
mente oziando in Arica, nulla aveva fatto e nulla fece
mai per soccorrerlo. Aveva bisogno di munizioni di
guerra, di cartuccie; e la vittoria, anziché dargliene,
gli aveva tolta fin V ultima delle poche che aveva. La
sua condizione dopo la vittoria era quindi ancor più
disperata di prima: a prescindere dalla impossibilità
di mantenersi in Tarapacà senza viveri, se il nemico
ritornava ali* attacco, ciò che non era da dubitare, sa-
pendosi che aveva circa settemila uomini ancora, ol-
tre gli sconfitti della giornata, nel prossimo accampa-
mento di Dolores, non avrebbe potuto rispondere al suo
fuoco neanche con un colpo di fucile.
Ciò posto, r esercito vincitore fu obbligato a ripren-
dere senza indugio la sua marcia verso Arica, già fis-
sata per quel giorno 27. La vittoria non aveva potuto
far altro che ritardarla di poche ore; ed alla mezza-
notte tra il 27 ed il 28, mentre i disfatti battaglioni chi-
BATTAGUA DI TARAPACÀ 349
lenì, nel timore di essere assaliti allo spuntar del giorno,
si allcxitanavano a tutta fretta dall' ultimo campo di
battaglia, il vittorioso esercito peruviano, dopo aver
nascosti sotto la sabbia i cannoni tolti al nemico e che
per difetto di cavalli non potè condur seco, si poneva
lentamente in marcia, triste ed affamato, alla volta
di Arica.
Grazie a ciò l'esercito chileno rimase unico signore e
padrone del deserto di Tarapacà ; e presero da ciò argo-
mento i politicanti e gli scrittori chileni per negare la
disfatta toccata alle armi del loro paese nella battaglia
di Tarapacà, la sola che fino a quel momento fossesi
veramente combattuta ; poiché, come il lettore sa, non
possono meritare tal nome, né il disuguale combatti-
mento di Pisagua, ove i 900 boliviani e peruviani fu-
rono assaliti da diecimila chileni, né la insignificante
scaramuccia di San Francisco, che unicamente si ri-
dusse all' isolato ed intempestivo tentativo di una sola
divisione peruviana contro le forti posizioni chilene;
tentativo che il medesimo esercito chileno considerò
come una semplice ricogni:{ione preliminare fatta dal
nemico, sì che si preparò alla battaglia che aspettava
pel seguente giorno, e che la diserzione delle divisioni
boliviane e la fellonìa di alcuni capi ed ufiziali peru-
viani rese impossibile.
Dice il Mackenna : « I due eserciti allontanavansi
per opposti cammini {più ore dopo il combattimento)
tristi e silenziosi.... Il nemico che si credeva transito-
riamente vincitore per i momentanei vantaggi dell'as-
3 so BATTAGLIA DI TAR APACA
salto, cominciava la snsi/uga per Anca, abbandonando
nel campo di battaglia i suoi feriti (i), i cannoni che
ci aveva strappati per caso^ ed il paese che noi era-
vamo venuti a togliergli per la ragione o la for^a.
Di chi era allora e definitivamente la vittoria mili-
tare?... In verità, se nella valle di Tarapacà fosse
stata la vittoria pei nemici e provocatori ingiusti del
Chili (la solita/avola del lupo e deir^agneilo), essa sa-
rebbe stata interina, se così potesse chiamarsi, mentre
l'esito delle operazioni che ivi terminarono, fu per le
armi del Chili un esito maraviglioso e completo (2). «
V esito delle operazioni cui si riferisce lo storico cbì-
leno, fu il possesso del deserto di Tarapacà. Ma come
s' è visto già, questo possesso non fu punto guadagnato
dall'esercito chileno colla forza delle sue armi; poiché
riesci invece gravemente decimato e sconfìtto nella sola
vera battaglia che in esso deserto ebbe a sostenere col
nemico. Quel possesso non lo ebbe invece che per
semplice conseguenza dell' abbandono fattone dall^eser-
cito nemico; abbandono che a sua volta fu conseguenza
di varie cause, tutte indipendenti ed estranee alF azione
dell'esercito chileno, ossia: della slealtà o ritirata come
vuoisi chiamare, del boliviano Daza; dei cattivi abiti ri-
voluzionarii del maggior numero dei capi ed ufìziali del-
(i) I feriti, che per manco di ambulanza non poterono esser
condotti con loro, furono lasciati dai peruviani nel piccolo yillag'
gio di Tarapacà alla cura di quei cittadini.
(2) Op. r/V., V. 2°, p. 1180 e II 85.
BATTAGLIA DI TARAPACÀ 351
l'esercito alleato perù-boliviano, e più di tutto ciò, della
inettezza dei Governo peruviano, che lasciò il suo eser-
cito abbandonato a se stesso nel mezzo del vasto de-
serto, senza viveri e senza munizioni di guerra ; sicché
questo dovè fuggir per fame non il nemico, ma quel
deserto stesso che doveva difendere e che l'uccideva
d' inedia. Se il general Prado che stavasene inutilmente
in Arica con circa 5ooo uomini dei più scelti e di-
sciplinati, fossesi mosso con buona provvista di vi-
veri e di munizioni alla volta di Tarapacà, come
era suo dovere, non appena fu informato del ritorno
di Daza, certo le cose avrebbero preso un tutt' altro
aspetto.
11 possesso del deserto di Tarapacà non fu dunque,
come pretende lo storico chileno, l'esito delle opera-
zioni dell' esercito del Chili, le quali non potevano es-
sere più meschine ed infelici, nonostante il gran fa-
vore della cieca fortuna ed i grandi mezzi di cui
disponeva. Fu invece quello del sommo malessere in-
trinseco che rodeva per tanti versi le due Repubbliche
alleate Perù e Bolivia; le quali, per mare come per
terra, nella battaglia di Tarapacà come in quelle po-
steriori di Tacna e di Lima, non furono punto vinte
dai nemico, ma si gittarono da loro stesse ai suoi piedi,
vinte e debellate dalle loro interne fazioni politiche e da
tutti quei vizi, che erano legittima conseguenza dei loro
tanti anni di rivoluzioni e sgoverno.
Rimasto padrone di quel deserto di Tarapacà, il pos-
sesso delle cui favolose ricchezze era da tanto tempo
addietro il suo sogno dorato, il Chili slanciossi sudi esse
352 BATTAGLIA DI TARAPACÀ
con tutta r ansia di un vecchio desiderio, prodigiosa-
mente cresciuto per via e dal lungo aspettare e dal bi-
sogno che man mano si sentiva più grande di ristorare
col loro prodotto le sempre più esauste finanze dello
Stato. S'installò in quel territorio come ia casa propria:
ed insieme ai prodotti della dogana, fece suoi tutti quelli
ancora del salnitro e del guano.
RIVOLUZIONE E DITTATURA DI PIEROLA
SOMMARIO
Il general Prado da Arica torna a Lima, e di nascosto parte
dal Perù. — Proclama che lascia. - La sua partenza si pre-
senta al paese con tutti i caratteri di una fuga. - Sue fatali
conseguenze. - Pronuneiamitnto e rivoluzione del 21 dicem-
bre a favore di D. Nicolas de Fierola. - Pierola s' impossessa
del Callao. — Deliberazione dei Comandanti dei corpi. — Per
le gravi circostanze della guerra Pierola è accettato dalle po-
polazioni di Lima e del Callao. - Ritiro del Vice-Presidente
La-Puerta. — Comizio popolare e deliberazione del Consiglio
Municipale che eleva il Pierola alla prima magistratura dello
Stato. «- Entra in Lima: proclama al popolo. — Precedenti del
Dittatore.- Come avrebbe potuto fare un gran partito nazionale
e salvare il paese. - L' ambizione lo travia. - Per assicurarsi il
potere cerca distruggere i nemici personali e sfoga gli an-
RIVOLUZIONE
tichi odii dei cospiratore. - Si circorda di ci erìcal t. — Stimo
decceto con cui Domina se slesso Protettore della razw ìl-
General Prado, supremo direttore della
guerra e Presidente del Perù, che, come
s'è detto, erasene rimasto fin dal mag-
gio in Arica, a pura perdita di tempo,
aspettando che gli altri si battessero
} a loro modo nelle lonune solitudini del
deserto di Tarapacà, informato appena dello scontro
di San Francisco e dei tristi aweoìmenti fra le file
dell' esercito dell'alleanza alle falde di quel colle, noD
ebbe che un solo pensiero: quello di allontanarsi da
un posto che, nessuno ignorava, era destinato ad es-
sere il secondo teatro della guerra, dopo quello di Ta-
rapacà. E senza nulla intraprendere per soccorrere e
rinforzare l'esercito peruviano, onde porlo in grado di
mantenersi nel deserto e disputarne il possesso al ne-
mico, prese frettolosamente la via di IJma il 26 di no-
vembre.
Partiva da Arica, diceva egli, allo scopo di provveder
meglio dalla capitale alle cose della guerra, riassumendo
nelle sue mani le redini dello Stato ; ed efTettivamente,
ritornato a Lima, riprendeva il 2 dicembre le funzioni
della Presidenza della Repubblica, che durante la sua
assenza erano state esercitate dal primo Vice-Presidente,
generale I.«-Puerta. Ma fu questo però tutto quello
che fece fino al t8 dello stesso mese, io cui dande-
E DITTATURA DI PIEROLA 355
stinatnente si assentava dal paese. Recatosi al Callao
senza manifestare ad alcuno i suoi segreti disegni, -
eccetto ai suoi Ministri che di tutto erano a parte -
SE che ognuno credè vi andasse alio scopo di visitare
quella guarnigione o qualcuno dei legni da guerra
stranieri ch^erano nel porto, si diresse a bordo di un
vapore commerciale, che moveva per Panama con
passeggieri e merci, nel momento istesso in cui quello
era per levar le ancore, e partì.
Il pubblico non ne fu informato che appena nelle
ore tarde della sera, quando Prado era già lontano dal
Callao; e poteva leggersi in tutte le cantonate della
città, insieme al decreto col quale delegava novella-
mente i suoi poteri al primo Vice-Presidente, un suo pro-
clama alla nazione ed air esercito, nel quale diceva:
e Concittadini! - I grandi interessi della patria esigono
che parta oggi per Testerò, separandomi temporanea-
mente da voi nel momento in cui considerazioni di
alti'o genere mi consigliavano di rimanere a lato a
voi. Molto grandi e forti sono in effetto i motivi che
m* inducono a prendere questa risoluzione. Rispetta-
tela, perchè ha pure alcun diritto di esigere ciò l'uomo
che come me serve il paese con buona volontà e com-
pleta annegazione.... Al licenziarmi, vi lascio la sicu*
rezza che sarò opportunamente in mezzo a voi. i
Ma la partenza di Prado in momenti cosi solenni
e calamitosi pel paese, fu generalmente ritenuta fin
dal primo istante come una semplice fuga. Ne valse
in appresso a modificare il primo giudizio portato dalla
pubblica opinione, la cagione addotta da lui, e prima
3S6 RIVOLUZIONE
di lui dai suoi amici, che andava air estero ad acqui-
stare navi corazzate (i); poiché tutti sapevano quanto
egli fosse inadatto a ciò, e quanto poca fiducia f)oteva
0 doveva egli medesimo avere nel buon esito della sua
intrapresa, supposto ancora che T avesse di buona fede
concepita in un primo momento dMllusoria confidenza
nella importanza delle proprie forze.
Ognuno pensava che i disgraziati avvenimenti della
battaglia di Tarapacà, nei quali ebbe non poca colpa
sebbene indirettamente, e la poca fiducia che aveva in
sé stésso per provvedere seriamente alla difesa del
paese, avessero abbattuto d^un subito il già pusillanime
suo animo; e che col pretesto di andare alla ricerca
di qualche nave da guerra, non altro cercasse in
realtà che di sfuggire alle recriminazioni che minac-
ciose vedeva venirsi incontro da tutti gli angoli della
Repubblica. Del resto, ciò stava in perfetta armonia colle
poche attitudini da lui mai sempre addimostrate (2).
Nondimeno, abbenchè insufficente a pensare od a
fare checchessia, Prado fu causa prima col suo allon-
tanamento, di nuove e grandi sventure per la nazione.
(i) Più tardi, il 22 dicembre, lo stesso Prado scriveva da Gnaya-
quil una lettera che fu pubblicata dai giornali, nella quale sve-
lando i motivi che lo avevano indotto ad assentarsi dal Fttxi,
diceva che andava in Europa e negli Stati-Uniti per &re acquisto
di navi corazzate, e ritornare con esse in soccorso della patria.
(2) « 11 viagg'o del general Prado non s'gnifìca altro che ana
vergognosa diserzione, » Cosi scriveva il 19 dicembre il giornale
AV Comercio dì Lima; linguaggio che non era punto div.rso da
quello che tenevano tutti gli altri giornali della capitale.
E DITTATURA DI PEEROLA 357
Egli presente in Lima, mentre avrebbe potuto ri-
mediare alla propria incapacità col circondarsi di
buoni ministri e consiglieri, sarebbe stato più che altro
utile a mantenere l'ordine pubblico intemo, che in
momenti tanto difficili pel paese nessuno si sarebbe
forse permesso di scuotere; ciò che non avvenne affatto
dopo la sua vera o apparente fuga. Il pubblico intero
della capitale e del Callao ne rimase più che com-
mosso, irritato, ed i sediziosi di mestiere, che la ne-
cessità dei tempi teneva a dura pena quieti, crederono
arrivato per essi il momento di operare.
Effettivamente il 21 dicembre scoppiò in Lima una
delle solite rivoluzioni di quartiere, col pronunciamiento
di un battaglione a favore di D. Nicolas de Pierola;
e terminava appena, senza alcun risultato decisivo, il
breve combattimento impegnato contro di esso da al«
cune forze che seguivano il ministro della guerra,
quando presentossi minaccioso innanzi al palazzo del
Governo altro battaglione comandato dallo stesso Pie-
rola in persona. Vi fu anche qui una seconda lotta
che terminò anch'essa, senza risultato decisivo, comun-
que non senza molto spargimento di sangue (i); e
verso la mezzanotte, seguito dal battaglione al suo
comando e da quello che primo si pronunciò a suo fa-
vore, nonché da altre frazioni di truppa datesi a lui,
si diresse Pierola al Callao; dove entrato senza troppa
difficoltà, dopo avere scambiato alcuni pochi spari con
una compagnia di guardie civiiiy s'impossessò pacifì-
(i) Vi farono oltre 200 tra morti e feriti.
35» RIVOLUZIONE
catnente dell'arsenale, mercè il pronunziamento a suo
favore del battaglione che l'occupava. Rimaneva però
il castello colle numerose forze che in esso erano
acquartierate; e tutto faceva presumere che Pieroia
non sarebbe pervenuto ad impossessarsene, se non
dopo aspra e lunga lotta; ma non appena fatta da lui
la prima intimazione di resa, raccoltisi in consiglio di
guerra i capi dei diversi corpi, deliberarono a mag-
gioranza di voti: « Di cedere alla intimazione del
signor Pieroia, prendendo innanzi tutto in considera-
zione il desiderio che li anima di evitare lo spaigi-
mento di sangue in lotta fratricida, quando il paese
ha bisogno di tutte le sue forze ed elementi per sal-
vare la sua integrità ed il suo onore. »
Padrone del Callao e della sua importante guarni-
gione, Pieroia rappresentava già una forza che poteva,
se non imporre la sua legge alla capitale, lottare con
qualche probabilità di esito contro di essa e le truppe
rimaste fedeli al Governo. La sua rivoluzione aveva
guadagnato in poche ore, grazie alla tristezza dei tempi,
un tal carattere di serietà da far prevedere ad ognuno
che non sarebbe stato punto facile il soffocarla senza
molto spreco di tempo e di sangue, quando appunto
urgeva di aggruppare prontamente in un sol Sascio
tutte le forze del paese per difendere il territorio na-
zionale dalla progredente invasione chilena. Urgeva
perciò di porre immediatamente termine alla incipiente
guerra civile^ che non poteva venire più male a pro-
posito. E poiché il Governo, divenuto acefalo colla
fuga di Prado - il vice-Presidente rimasto in sua vece
E DITTATURA DI PIEROLA 359
essendo, per quanto degnissima persona, un vecchio
decrepito sul quale non poteva farsi grande assegna-
mento - non godeva, ne poteva godere la fiducia di
alcuno, al pubblico di Lima parve che la miglior cosa
fosse quella di cedere alle pretensioni di Pierola, e la-
sciare che egli, come prometteva, salvasse il paese nella
terrìbile lotta contro il Chili.
D' altra parte, Pierola - i fatti dimostrarono dipoi che
era un ignoto - aveva in quei momenti tutta l' appa-
renza di una grande personalità. Egli non era cono-
sciuto che pel famoso contratto sul guano fatto colla
casa DreifuSy quando fu ministro delle finanze, e pei
tanti tentativi di rivolta cui pose mano con costanza
e len^ sempre crescente durante sette anni continuati,
onde impossessarsi del supremo potere dello Stato, senza
mai lasciarsi abbattere o stancare dai suoi passati insuc-
cessi; e questi suoi precedenti eran tali da farlo cre-
dere, se non di grande levatura, uomo ardimentoso e
di fermi propositi, energico ed attivo come pochi ; os-
sia, dotato di tutte quelle qualità che più erano indi-
spensabili in quei momenti nel capo dello Stato, onde
poter raccogliere con mano ferma e sicura tutti gli
sparsi elementi di forza di cui abbondantemente era
provvisto il paese, e dirigerli contro un nemico che
solo era forte per le tante scissure e rivalità che inde*
bolivano e snervavano il Perù.
Oltre la necessità di dar partita vinta a Pierola, per
porre termine ad una guerra civile che in quei supremi
istanti pel Perù non poteva non riuscire fatalissima,
egli si presentava anche come Tuomo del momento;
aj. — ~ Ca IVANO, Guerra «C America.
36o RIVOLUZIONE
e quasiché una stessa corrente elettrica serpeggiasse
rapidamente in tutti gli animi - corrente che non era
altro se non il desiderio di trionfare ad ogni costo
nella guerra contro il Chili - tutti i più ragguardevoli
personaggi del paese, senza distinzione di partiti, si mi-
sero in movimento il 22 per ottenere che il vice-Presi-
dente, general La Puerta, si ritirasse dalla scena politica
senza Iona e senza effusione di sangue; cosa che il vec-
chio e nobile uomo fece prontamente e quasi con gioia,
senza lasciarsi troppo pregare, non appena gli fu detto
che in beneficio ed a nome della patria in pericolo gli
si domandava siffatto sacrifizio dei suoi diritti.
A ciò tennero dietro nella mattina del 23 : i^ rac-
cordo preso ad unanimità da tutti i comandanti delle
divisioni e corpi di truppa residenti in Lima, di non
opporre nessuna resistenza a D. N. de Pierola, dichia-
randosi solamente pronti a battersi contro il comune
nemico della patria; 2® un comizio popolare presieduto
dal Consiglio municipale, che deliberava quanto ap-
presso :
« La popolazione di Lima, presieduta dalla sua Mu-
nicipalità e riunita nella casa comunale oggi 23 di-
cembre 1879 - Considerando: i^ la fuga clandestina del
generale D. Mariano Ignazio Prado in momenti in cui
il paese ha bisogno di tutto il valore dei suoi figli, e
la inettezza che finora ha manifestato nella direzione
della guerra; causa unica di tutti i disastri che ha
sofferto la Repubblica; 2° l'impossibilità di menare in-
nanzi r ordine costituzionale per la decrepitezza ed in-
validità del primo vice-presidente della Repubblica, Tas-
E DITTATURA DI PIEROLA 361
senza del secondo e la mancanza di leggi per questi
casi anormali ; 3^ V aspirazione nazionale che riposa
esclusivamente nel trionfo rapido e completo sul ne-
mico straniero, ed esìge la chiamata alla testa della
Repubblica del cittadino che meglio possa salvarla;
4*^ la fiducia che D. Nicolas de Pierola ispira ai popoli
pel suo provato patriottismo e capacità, (sic!) che ga-
rentbcono la buona direzione della cosa pubblica ed il
felice risultato della guerra - Risolve - Di elevare alla
prima magistratura della nazione, con facoltà onnimode,
il cittadino dottor D. Nicolas de Pierola. In fede di
che firmarono.... » (Firma deir Alcalde ossia Sindaco, dei
Consiglieri municipali e di gran numero di cittadini).
Già capo dello Stato, Pierola rientrava in Lima nella
stessa sera del 23; e tutto faceva sperare che fosse
animato da quei medesimi sentimenti di concordia e
di abnegato patriottismo, che tanto avevano influito
nella popolazione della capitale ad elevarlo, da sem-
plice rivoltoso, all' eminente posto che occupò, e Per
noi - diceva egli in un proclama al popolo ed all'eser-
cito - non v' è né vi può essere che una sola aspira-
zione : il trionfo rapido e completo sul nemico stra-
niero. Per questa opera non vi sono che fratelli, senza
neanche la memoria delle passate divisioni, e stretti
dai vincolo indissolubile dell'amore al Perù. Tutto ciò
che ritardi l'istante della completa unità nazionale é
un delitto di lesa patria. Essa è la condizione del po-
tere e del trionfo del Perù. >
Ma questo spirito di concordia e di santo amor patrio
non lo ebbe, o non simulò averlo almeno, che per
362 RIVOLUZIONE
pochi giorni appena; ossia fino a che non fu fatto
certo deir adesione al nuovo ordine di cose di tutti i
più importanti punti della Repubblica^ e più che altro
del capo dell'esercito di Tacna ed Arica, Contram-
miraglio Monterò^ di cui principalmente diffidava e
temeva.
Venuto al potere - ad un potere dittatoriale, colle
più ampie ed illimitate facoltà - nel miglior momento
e nelle migliori condizioni per lui, abbenchè per una
via ch'egli si apri col sangue de' suoi concittadini in
uno dei più angosciosi istanti pel paese, Pierola era
chiamato alle più grandi cose; e tale era la generale
aspettazione.
Abbenchè instancabile cospiratore e rivoluzionario
fino dall'anno 1872, Pierola non fece mai parte né
fu a capo mai di un vero partito politico. Egli non
aveva che pochi amici personali a lui devoti per fa-
vori ricevuti; e può dirsi che lottò sempre solo, col
semplice aiuto dei suoi grandi mezzi pecuniari!, che
gli permisero più volte di circondarsi temporaneamente
dei diversi elementi di cui ebbe bisogno pei ripetuti
suoi tentativi rivoluzionari. Era amico dei preti e dei
frati, è vero, da cui fu sempre protetto pel passato;
ma poiché quelli non ebbero mai la forza di elevarsi
a partito politico nel Perù, - rimanendo sempre sem-
plici mestatori di second' ordine, non ad altro intesi
che ai loro piccoli benefici personali o di bottega -
non era totalmente difficile l'accontentarli, senza la-
sciarsi affatto trascinare, non volendo, nei tristi con-
ciliaboli di sagrestia.
E DITTATURA DI PIEROLA 363
Egli quindi non aveva nessuno di quei meschini
obblighi e legami partigiani, che tanto potentemente
concorrono in certi casi ad intralciare od a sviare
l'azione di un uomo di stato: era franco da ogni pa>^
stoia politica; poteva muoversi liberamente in quel
senso e modo che meglio gli talentasse; e ciò era
naturalmente destinato ad essere il principale suo ele-
mento di forza, per poco che avesse saputo approfit-
tarne, in un momento supremo come quello, in cui,
colpiti dalla cattiva piega presa dalla guerra, tutti i
diversi partiti politici del Perù si piegavano innanzi
a lui dandogli di buona fede il concorso delle proprie
forze, onde salvasse il paese dalla invasione straniera.
Giovandosi egualmente, senza predilezione e senza
odio per nessuno, di tutte le singole forze dei varii
partiti che insieme militavano sotto la sua bandiera,
per così dire neutrale per essi, oltre ad arrivare si-
curamente alla vittoria contro il Chili, sarebbe ar-
rivato pure a due altri resultati di non lieve impor-
tanza per sé e pel paese: ad occupare egli il posto
più eminente nella universale stima e gratitudine della
nazione, che avrebbe visto in lui il suo salvatore, e
ad affezionarsi egualmente tutti i partiti da lui portati
insieme e senza rivalità alla vittoria; i quali, perduto
il loro speciale obiettivo di arrivare al potere, che
nessuno più poteva strappargli di mano, avrebbero
finito poco a poco collo sparire e fondersi in un gran
partito nazionale, alla cui testa si sarebbe egli trovato
xaturalmente, senza nulla mettervi del suo, per la sola
*orza del tempo e degli avvenimenti.
364 RIVOLUZIONE
Sventuratamente pel Perù, Pierola si tracciò un
tutt' altro programma. Unificando la propria causa con
quella del paese, non pensò a questo che attraverso il
prisma delle proprie aspirazioni^ e tanto insanamente
da procurare la rovina e di sé e del paese» il qaale
soltanto dopo molti anni, nonostante la grande vita-
lità di cui è dotato, potrà riaversi dai gravi malanni
ch'ei gli procacciò, così materiali come morali, mas-
simamente da questi ultimi, per la loro natura e per
la loro gravità assai più tristi e più difficili ad estirpare.
G>ntrariamente a quanto dichiarava nel suo proclama
da noi riportato più in su, Pierola portò seco alla testa
dello stato tutte le velleità, tutte le difiìdenze e tuni
gli odii del vecchio cospiratore; cose tutte che si eres-
sero, insieme ad una vanità senza pari, a norma e guida
principale di ogni sua azione.
L'animo pieno di mal dissimulato rancore contro
tutti coloro che servirono altra bandiera diversa dalla
sua, diffidente in sommo grado di chiunque pei suoi
meriti apparenti o reali potesse aver diritto ad una
qualsiasi aspirazione, fosse o no nata questa in lui» Pie-
rola cercò di porsi in guardia contro di essi tutti. E
prima di pensare alla guerra, allo straniero divenuto
padrone già della più ricca parte del territorio nazio-
nale, intese a combattere i veri o supposti suoi nemici
personali, così dell* ieri come del domani, ed a crearsi
un partito proprio che fosse base e sostegno della sua
dittatura^ che aspirava a non lasciarsi mai più sfuggire.
Invece di raccogliere nelle sue mani tutte le forze
del paese, si aSaticò adunque a sperderle ed a distrug-
E DrrTATURA DI PIEROLA 365
gerle> onde sostituirle con fòrze proprie che, tanto per
la mancanza di attitudine in lui, quanto per la man-
canza di elementi da cui prenderle, era impossibile lo
improvvisare da un momento alF altro.
Una delle cose più difficili nel Perù, in un paese
che viveva da oltre mezzo secolo in una continua lotta
di partiti, era forse quella di trovare un solo uomo di
qualche vaglia, per requisiti personali o per posizione
sociale, che non appartenesse più o meno attivamente
ad uno dei tanti partiti politici esistenti. Nasceva da ciò
che il pensiero di Pierola, di crearsi un partito esclusiva-
mente suo nel quale nou trovasse posto nessun uomo che
avesse militato già sotto altra bandiera, doveva urtare
anzitutto colla grave difficoltà della mancanza di buoni
elementi, ossia di uomini atti a costituirlo; e così fu.
Nondimeno ciò non valse affatto a trarlo indietro da
una via cotanto trista e pericolosa, e si accontentò
della sola gente che trovò disponibile.
Tratto dalle sue antiche simpatie pei preti e pei frati,
chiamò a sé, dopo i suoi pochi amici personali, tutta
quella gentaglia di sagrestia, collitorti e baciapile^ che
godevano come lui deir amicizia di quelli; i quali, ap-
profittando della propizia occasione che loro si presen-
tava per estendere il proprio campo di azione, batterono
a raccolta. E tutta la marmaglia, che sola poteva rispon-
dere al loro appello, non ebbe che a passare per le chiese
e le sagrestie, per guadagnarsi le buone grazie del dit-
tatore; il quale, affidandole man mano quasi tutte le ca-
riche pubbliche così civili come militari, cercò di affe«
zianarla sempre più a sé coi grossi emolumenti pagati
366 RIVOLUZIONE
di una moneta che a lui costava assai poco - la car-
tacea (i).
Ecco lo strano partito cui il dittatore Pierola affi-
dava le sorti del paese e le proprie !
E come se tutto ciò non fosse bastevole a precipi-
tare il Perù nel più orrendo abisso, Pierola emanava,
dopo cinque mesi di assurdo, sgoverno un decreto che
doveva esso solo produrre la più grande commozione.
Mosso dalPidea di dare a se ed al suo informe par-
tito una solida ed ampia base, cercoUa nella differenza
delle razze, una delle quali, cui concesse odiosi privi*
legi, mise sotto la speciale sua protezione.
Questo decreto, la cui tipica stranezza ed assurdità
basta da se sola a caratterizzare l' uomo che lo diede,
dice così :
a Nicolas de Pierola, capo supremo della Repub-
blica - Considerando: i® Che la razza indìgena è stata
ed è ancora nel paese oggetto di ingiustizie ed esa-
zioni contrarie alla giustizia, che reclamano eflScace
riparazione; 2° Che, sebbene la situazione di guerra in
cui ci troviamo non permetta accordare tutta Tatten-
(i) Il lusso degli stipendi! arrivò a tanto, che non bastando
le provviste di carta-moneta esistenti nelle casse dello Stato, e
non volendosi dar la noia di attendere i nuovi invìi deUa casa
litografica proweditrlce di Nuova-Yorck, si ricorse ad una naova
carta fabbricata in Lima col nome di Ima; la quale, onde tatto
fosse nuovo e portasse la propria impronta, corrispondeva pare
ad un nuovo sistema monetario inventato dal Dittatore. Di tutto
il male che da questo lato ancora è venuto al paese, parleremo
nella seconda parte del presente lavoro.
E DITTATURA DI PIEROLA 367
zione che questo affare domanda, Don è possibile nean-
che trascurarlo per maggior tempo. - Usando delle ec-
cezionali facoltà di cui sono investito, e col voto una-
nime del Consiglio dei Segretari di Stato - Decreto:
Art. i^. Dichiaro unito al mio carattere di Capo su-
premo della Repubblica, quello di Protettore della
razza indigena, titolo e funzione che porterò ed eser-
citerò in avvenire. - Art 2?. GÌ' individui e le corpo-
razioni appartenenti a questa razza, hanno il diritto di
appellare direttamente a me, oralmente o per iscritto,
contro ogni abuso, ingiustizia o denegazione di questa,
che soffrissero per parte di qualunque autorità, quale
che sia la sua denominazione e gerarchia, rimanendo
eccettuati dalle leggi comuni a questo riguardo. -
Art. 3^ In caso di gastigo per danno inferito ad un
abitante del paese, la circostanza di appartenere esso
alla razza indigena, sarà considerata come aggravante
per l'applicazione della pena. - Art 4^^. Ogni servitù
o contribuzbne esatta all' indio e non imposta agli altri,
sarà considerata come di danno pubblico ecc. ecc.... -
Lima, 22 maggio 1880.
Questo decreto per sua natura destinato a dividere
ancor più la popolazione peruviana, ed a gittarla in
una mostruosa guerra di razze, che veniva a sovrap-
porsi a quella già esistente delle classi, colla quale do«
veva fare fino ad un certo punto causa comune, come
effettivamente la fece con grave inasprimento degli
animi, usci a luce quattro giorni prima della battaglia
di Tacna; di una battaglia che doveva avere una grande
importanza sulle sorti della guerra col Chili, e che
368 RIVOLUZIONE
fu perduta sol perchè Pierola nulla fece per essa, o
meglio, perchè a Pierola riusciva forse assai piò grato
che finisse colia disfatta^ anziché col trionfo delle armi
peruviane.
Del resto, vedremo ancor meglio un po^più innanzi
fin dove si lasciasse egli trasportare dalla sua insipiente
ambizione, divenuta dalla prima ora sua unica ispi-
ratrice.
XI
TACNA ED ARICA
\. Il coatrammìniglio Monlero. - Poteva i
dillitara di Pinola. — 11 dittatore teme di lai. — Lo priva del
comaodo politico e militare delle provÌDcie del Sud. - Elser-
dto di Monterò. - Rioforii che si prepararouo dal Goremo
di Prado in Lima e in Arequipa per l'esercito di Monlero. —
Perche Monterò non poli occupare le ilretle di Sama. -De-
creto dittatoriale per disorganluare L' «eicilo di Monterò. —
Nota di esio che disapprova quella dispoùiione. - Soccorii
deriiorii nuuidkti da Pierola all' eiercito di Tacna. - Ardita
impreia della VitioH per portarli, deludendo il blocco di Arìca.
- Cattivo sialo e numero dell' esercito di Tacna. - Si di-
spone, lotlo il comando del generale Camperò, sul campo
itir ailtoHta. - Battaglio, e disfana degli alleali. - Relazione
del geoerale Camperò. - Relaiione che ne diede El Mircurio.
— Rapporto di Monterò. — L' esercito d'Areqaipa s'attardò a
70 TACNA ED ARICA
bella poiln per via, - Parole di Vicuna-Maclienna. - Dopo que-
sta battaglia il Perù fu in balla dei chileoi. —I soldati pan-
boliviani sgombrano Tacna. - È occupata dai cbilenì : itro-
citi che vi commettono. - Nota-protesta del Corpo Conlolaie
di Tacna al generale in capo. - Saccheggio delle ftilfrtU
degli italiani, e uccisioni di essi. - Offesa alla bandien ai-
lionale italiana. • Dichiarazione dei testimoni al fatto. -
§ 3. Arìca non poteva (ar reiistenia, — Le posiiioni del
Marre e del Ctrre Cordo. — Generosa risposta del colon-
nello Bolognesi all' intimazione di resa. - Morie del eoloo-
nello e dei suoi pochi. - D. Roqne Sienz-Pena. - Saccheg-
gio ed uccisioni, specialmente d' italiani, in Anca.
BATTAGUA DI TACNA
s' è detto, Pierola diffidava del con-
mm irag) io Li z ardo Monterò, che l'ex-
bidente Prado avea lasciato in Arici
carattere dì capo superiore politico
niliiare delle provincie del sud, al
comando dell'esercito stanziato in Anca, Tacna, e Are-
quipa(i); temeva che quegli si negasse a riconoscerlo
(i) Arica, 35 novembre 1879. - Al signor cootramaiivglio Li-
lardo Monterò.
< Dovendo partire In giornata per ta Capitale delU repubblica,
S. E. il Presidente e direttore della guerra ha nominato la S. V.,
con Decreto d' oggi, Cafio suptHert felilice t mililart dei dìpu-
timenti di Tarapacà, Tacna, Moqnegua Arequipa, Puno e Ciuco.
Mariano Alvarei, sigrclarh giiurali.
TACNA ED ARICA 371
qual dittatore del Perù, e che si valesse dell'esercito che
aveva ai suoi ordini per combatterlo ; e non è a dubi-
tare che, se il contrammiraglio Monterò fosse stato
meno patriotta di quello che era ed è, questa appunto
sarebbe stata la sua condotta.
Uno dei capi più eminenti dopo la morte di Pardo,
di quel partito civilista contro del quale tanto fece e
disse Pierola durante otto lunghi anni; nemico per-
sonale di Pierola, che combattè e vinse sui campi di
Torata nella rivoluzione che esso fece contro il Go-
verno di Pardo Tanno 1874, Monterò doveva neces-
sariamente vederlo di mal occhio in una dittatura
cui tutto era permesso ; e certo sarebbe rimasto nella
forma più strettamente legale, se, in vista della inco-
stituzionalità della elevazione di Pierola al potere,
si fosse negato a prestargli obbedienza, per non rico-
noscere altra autorità suprema fuor di quella costitu-
zionalmente costituita che era stata abbattuta da una
rivoluzione di 48 ore, localizzata a due sole città della
Repubblica.
Sorretto dal suo prestigio di esperto e valoroso mi-
litare, SI come marino che come generale di esercito,
e dalla grande popolarità che a giusto titolo godeva
in tutta la Repubblica, Monterò avrebbe potuto facil-
mente promuovere una salutare reazione in Lima ed
in tutto il resto del paese contro Pierola; senza con-
tare che, investito come si trovava del comando po-
litico e militare delle provincie del sud, non gli sa-
rebbe stato punto difficile di sostenere e rafforzare il
suo esercito, tanto da poter tener fermo contro i chi-
372 TACNA ED ARICA
leni anche senza il concorso del Governo della capi-
tale; sicché a sostegno della sua personale inimicizia
contro Pierola, per non riconoscerlo, poteva anche in-
vocare la lusinga più o meno fondata di non arrecar
col suo fatto nessun danno al paese. E quanto di-
versa sarebbe stata la sorte del Perù, se così egli si
fosse consigliato !
Contrariamente a tutto ciò, il contrammiraglio Mon-
terò solo mirò alla patria in pericolo ; e volentieri sa-
crificando suir altare di questa ogni suo personale ri-
sentimento e ogni sua legittima aspirazione, non tardò
neppure un solo momento, onde non dividere e smem-
brare le forze del paese in così supremo frangente, a
riconoscere pienamente la dittatura di Pierola e pre-
starle la sua obbedienza.
Uomo franco e sincero che non nascose mai doppio
proposito, Monterò procedeva colla masima buona fede,
di che diede in appresso molte e non dubbie prove.
Nondimeno Pierola, che eccetto di se stesso e del pre-
tumé amico, dubitava di tutto e di tutti, dubitò di lui;
9 ciò fu somma sventura pel Perù Temeva che una
volta riuscito vincitore contro i chileni nella inevitabile
battaglia di Tacna, Monterò si ribellasse contro diluì;
e chje valendosi del prestigio e del maggiore ascen-
dente sul popolo, che sarebbegli venuto dalla vittoria,
riuscirebbe facilmente a gettarlo giù dal suo soglio
dittatoriale per occuparne il posto: e non di altro
preoccupandosi fuorché di se stesso, concentrò tutti i
suoi sforzi in una tenace e mal mascherata guerra
contro Monterò e l'esercito che questi comandava.
TACNA ED ARICA 373
Non potendo separar Monterò dal comando dell'eser-
cito del sud - perchè convinto che la nazione tutta
intera e l'esercito stesso avrebbero visto ciò con di-
spiacere, e che assai probabilmente vi si sarebbero op*
posti con una ribellione - fece Pierola quanto stava
in lui, ferendolo vivamente nel suo amor proprio, onde
obbligarlo a dimettersi. Lo privò primamente del co-
mando politico e militare delle provincie del sud, che
serviva a mantenere nelle sue mani quella unità di
azione tanto necessaria in sì scabrosi momenti, uni-
camente riducendolo al comando in capo dell'esercito
di Tacna e di Arica ; e non contento di ciò, cercò di stan-
carlo giorno per giorno con mille miserie e piccolezze,
facendogli continuamente questione e pettegolezzo di
ogni suo atto o parola, per irreprensibili che fossero.
Ma visto che pieno di patriottica rassegnazione -
onde non abbandonare un posto nel quale sapeva di
poter essere utile al suo paese - si sottometteva Mon*
tero, senza muovere un solo lamento, a tutti i suoi
odiosi capricci, Pierola andò più innanzi ancora, e
giudicando dai fatti, pare che dicesse a sé stesso : poi-
ché non posso far sì che Monterò non si batta contro
i cbileni, farò che non vinca; ed in tal modo egli ed
il suo esercito disfatto non potranno giammai più
essere un pericolo per me.
All'uscire da Arica nel novembre 1879, il generale
Prado vi lasciava circa 5ooo uomini di truppa, che
uniti ai 4ooo venuti da Tarapacà, formarono all' in-
circa un esercito di 9000 uomini, il cui quartier gene*
rale fu posto in Tacna.
374 TACNA ED ARICA
Era questo adunque queir esercito del sud che il
contr' ammiraglio Monterò aveva sotto i suoi ordini,
insieme ai 3ooo boliviani che una volta furono di
Daza, e che allora stavano sotto l'immediato comando
del degno colonnello Camacho. Ed erano queste tutte
le forze che l'alleanza perù-boliviana poteva opporre
al Chili nelle importanti posizioni di Tacna ed Arìcaf
fra cui necessariamente doveva dividerle.
Un esercito di 12000 uomini, e per giunta diviso in
due sezioni, non era certo quello che ci voleva per
tener fronte all'esercito chileno che si preparava ad
operare sopra Tacna, mentre la squadra teneva con-
tinuamente in iscacco Arica, di cui bloccava il porto.
Ognuno prevedeva che il Chili, ammaestrato dallo
scontro o battaglia di Tarapacà, non si sarebbe av-
venturato nei campi di Tacna se non con un forte e
numeroso esercito; e quindi ognuno vedeva la neces-
sità di rafforzare, per quanto più fosse possibile, l'eser-
cito dell'alleanza che comandava il contrammiraglk)
Monterò.
A questo scopo stavano già preparandosi in dicembre,
prima della partenza di Prado, due forti divisioni di rin-
forzo che dovevano muovere l'una da Lima e l'altra
da Arequipa. L'attivo ministro della guerra, generale
Lacotera, che era arrivato a raccogliere e disciplinare
in Lima un esercito da i5 a 16000 uomini, aveva
prese già le sue misure per far partire alla volta di
Tacna una divisione di 8000 soldati; alla quale do-
veva aggregarsi una seconda divisione di 4 o Sooo
uomini che stava organizzandosi in Arequipa, ove
TACNA ED ARICA 375
aveva spedito già il corrispocidente armamento. Com-
pletamente chiusa la via marittima, che trovavasi
dominata dalla forte e numerosa squadra chilena, uni-
camente rimaneva disponibile quella per l'interno deUa
Repubblica ; via molto lunga e difficile, se non per la
divisione di Arequipa, per quella di Lima almeno
che passando per Jauja, Cuzco, Ayacucho, doveva
attraversare enormi distanze; sicché a far presto aveva
bisogno di un mese e più di continue marcie. Ma par-
tendo essa da Lima nei primi giorni del gennaio 1880,
come era stato stabilito dal generale Lacotera d'ac-
cordo con tutto il Ministero di Prado, avrebbe avuto
più che il tempo necessario per arrivare a Tacna qual-
che mese prima della battaglia, la quale ebbe luogo
appena il 26 maggio. Quanto alla divisione di Are-
quipa, come abbiamo accennato, le difficoltà erano
molto minori; ed entrambe, stando a quanto erasi
disposto dal ministero di Prado prima che sopravve-
nisse la rivoluzione di Pierola, avrebbero potuto e
dovuto trovarsi in Tacna fra il febbraio od il marzo
al più tardi: sicché l'esercito dell'alleanza, portato al
doppio, si sarebbe trovato forte abbastanza, tanto per
respingere nel maggio l'attacco dell'esercito nemico,
quanto per operare contro di esso prima di arrivare
a Tacna: cosa che il contrammiraglio Monterò, attesa
la piccolezza del suo esercito, non potè mai praticare.
Effettivamente era nei piani del contrammiraglio
Monterò, ed era insiememente il meglio, di muovere
incontro all'esercito chileno ed andare ad aspettarlo
nelle forti posizioni di Sama, ove probabilmente sa-
34. — Caivano, Guerra tf America.
376 TACNA ED ARICA
rebbe riuscito a debellarlo con poca fatica. Sbarcato
senza resistenza a Pacocha sul finire del febbraio^
l'esercito chileno non. poteva portarsi a Tacna se non
passando per la stretta gola di Sama, ove arrivò nel-
r aprile per frazioni che era facile sconfiggere alla
spicciolata, ed anche tutte insieme, una volta che si
fossero convenevolmente occupate con certa anticipa-
zione le alture che dominano il passaggio. Ma per
poter eseguire siffatto movimento bisognava che Mon-
terò avesse potuto disporre di tal numero di forze, che
gli permettesse nellMstesso tempo di lasciare ben guar-
date le importanti posizioni di Tacna e di Arica,
che potevano essere attaccate e prese alle spalle, per
mare; e fu ciò appunto che gli mancò.
Il dittatore Pierola, non contento di non far partire
mai gli 8000 soldati che dovevano uscire da Lima^
fece anche in modo che neppure la vicina divisione
di Arequipa arrivasse mai a Tacna; e come se ciò
non bastasse a porre Monterò nelle più dure strette,
lasciò sempre il suo piccolo esercito nel più completo
abbandono, senza mandargli mai - lui che tante somme
ingenti spendeva e spandeva senza profìtto alcuno del
paese - né un solo quattrino né il più meschino cen-
cio di lana. Dell'esercito del sud unicamente si occu-
pava per mandarlo in rovina, come dopo e prima di
tante altre, ne diede una prova evidentissima in un
decreto del 3i gennaio 1880, col quale, sotto prete-
sto di dare a detto esercito una nuova organizzazione,
cercava di siffattamente disordinarlo da renderlo com-
pletamante inservibile. Perché il lettore possa rendersi
TACNA ED ARICA 377
esatta ragione di questo fatto, trascriviamo in nota
alcuni paragrafi dell'officio, per tanti versi lodevole,
col quale Monterò domandava la ritrattazione di un
tale decreto (i).
(i) « Comando in Capo del primo esercito del sud. Arica 24
febbraio 1880 -Signor Segretario di Stato pel ramo della guerra -
Ieri soltanto mi pervenne il pregiato ufficio della S. V. del 31
p. p. col qnale mi si trascrive la suprema risoluzione della stessa
data, di organizzazione del primo esercito del sud, il cui comando
mi è affidato. Senza che sia mio animo di negarmi a compiere
le supreme disposizioni, alle quali anzi tutto debbo attribuire il
più attento e coscienzioso studio, voglio nondimeno manifestare
alla S. V. la mia opinione sulla natura della riforma che si cerca
di portare a capo, compromettendo gravemente la stabilità del
primo esercito del sud e l'avvenire di una situazione tanto più
eccezionale, per quanto maggiori sono state le vicissitudini per
le quali va passando la Repubblica, e gli ostacoli quasi insupe-
rabili che abbiamo dovuto vincere per costrurre questo primo
baluardo della difesa nazionale....
« n decreto di organizzazione che la S. V. mi trascrive è così
fonestameate pericoloso a menarlo oggi ad effetto, che in verità
sarei grato a S. E. il Capo supremo se, in considerazione del
mio disinteresse militare, del patriottico affetto che mi domina
e dei servigi che vengo prestando con non scarsa rassegnazione
da che si dichiarò la guerra, mi si liberasse da una cosi im-
mensa responsabilità innanzi al paese ed alla posterità; perchè
non sarebbero bastevoli le posteriori glorie e la vita immacolata
dell'uomo che le conquistasse, per riparare i mali che soprav-
verrebbero alla Repubblica ed all' Alleanza, se si riorganizzasse
r esercito di avanguardia alterando il suo personale in momenti
in cui g^à si trova di fronte al nemico.
« Molti dei capi che comandano corpi e divisioni, o che si
trovano in altre collocazioni di maggiore o minore importanzai
37» TACNA ED ARICA
Onde non urtar troppo di fronte col pubblico della
capitale, che vedeva con dolore sempre crescente il
colpevole abbandono nel quale si lasciava l'esercito
di Tacna, Pierola fece vista nel marzo di mandargli.
hanno acquistato legittimamente questi posti, gli uni nei campi
di battaglie, gli altri in mezzo ai dolori ed alle privazioni del
servizio di campagna. Sarebbe giusto premio per questi degni
servitori della nazione, sarebbe nobile esempio per l'esercito, che
ora fossero tolti dai loro comandi?...
« Può esser legittimamente ammissibile che battaglioni che ha&DO
conquistato il loro nome in gloriosi fatti d' armi, e nei quali o
come premio o come stimolo si h perpetuato il ricordo della
vittoria, dando loro il nome del luogo dove la ottennero, pas*
sino ad esser confusi in corpi nuovamente creati e senza tradi-
zioni ? Or bene, signor Segretario, questo appunto succederà col
nuovo piano di organizzazione, perche molti dei corpi esisteoti
perderanno i loro nomi nel rimpasto che si tenta di efiettuare.
e E se a questo cumolo di circostanze si aggiunge la confusione
che sta per produrre la varietà di armamenti che risulterà nei naovi
corpi, al formarne uno di due o tre che hanno distinto sistema
di fucile, ed il loro peculiare insegnamento; se a tutto questo,
per ultimo, si aggiungono le conseguenti difficoltà nelle quali
indubitatamente si urterà, affinchè il soldato conosca i suoi nuovi
capi, e questi i nuovi loro subordinati ; o, ciò che è lo stesso.
per armonizzare le abitudini, i caratteri ed i lacci di unione e
la rispettosa confidenza che debbono regnare fra gli uni e gli altri;
allora, signor Segretario, lo squilibrio generale dell' esercito non
potrà evitarlo nessun potere od influenza, per più che i vantaggi
della riorganizzazione abbiano lusingate le speranze del supremo
Governo.
e In guardia dell'avvenire, adunque, della situazione dell'eser-
cito e della mia responsabilità innanzi al paese ed al sapremo
Governo, reitero alla S. V. il convincimento di quanto ho esposto,
TACNA ED ARICA 379
se non altro, i nece^arii ed urgenti soccorsi di danaro
e vestiari!. A tal uopo fece uscire dal porto del Callao
con un carico segreto, che si fece credere abbondante
di tutto il bisognevole, l'unico legno da guerra che an-
cor rimanesse al Perù, la corvetta Union; onde, for-
zando il blocco di Anca, vi scaricasse le misteriose casse
che con molto apparato erano state imbarcate.
Il comandante della Union^ Manuel A. Villavicencio,
credendo fermamente di portare nelle viscere della sua
nave, tutto quanto occorreva alla salvezza di quell'eser-
cito del sud, sul quale la Repubblica fondava tante
speranze, fece veri prodigi di abilità e di valore, affine
di compiere felicemente la difficile inripresa affidatagli.
Forzare il blocco di Arica, rigorosamente vigilato dalla
corazzata Huascar in compagnia di due altre navi
chilene, non era afifatto facile. Nondimeno l'intrepido
comandante della Union, fatto ardito fino alla temerità
dalla imperiosità del frangente, passa rapidamente fra
due navi chilene, e s' introduce nella baia di Arica al-
l'albeggiare del 19 marzo. Inseguita da quelle, e senza
mai cessare di rispondere al loro fuoco, insieme ai can-
noni del porto, la Union depone tranquillamente tutto
sperando che nelle mie osservazioni non si vegga altro che la
giusta dimanda della rìconsiderazione di un decreto, che porta
seco la più tremenda responsabilità, cosi per chi lo detta come
per colui che per disgrazia arrivasse ad eseguirlo.
(firmato) L. Monterò »
Questa nota fu pubblicata insieme ad altre molte dai chileni,
allorché, arrivati a Lima, s' impossessarono di tutti gli archivi dei
^i'&isteri.
38o TACNA ED ARICA
il SUO carico , ed alle 6 p. m. veloce come una frec-
cia, passa una seconda volta fra le navi nemiche, spa-
rando qua e là qualche cannonata, e si restituisce
sana e salva al Callao.
Questa ardita impresa del Villavicencio, che pro-
mosse la giusta ammirazione di amici, nemici e neu-
trali, a nulla giovò. Il prezioso carico che con tanto
pericolo suo e della sua nave egli lasciava sulla spiag-
gia di Arica, non conteneva che due mitragliatrici, una
delle quali in cattivo stato, 4oo paia di scarpe, ed una
gran quantità di inutile tela bianca. Invece degli attesi
soccorsi, Pierola non aveva mandato all'esercito di
Monterò, con una brutta e spietata burla, che una prova
inequivoca del profondo odio suo. Dice a questo pro-
posito lo storico semi-ufficiale del Chili : « Gli ufiziali
peruviani di Tacna e di Arica, che vedevano i loro
soldati quasi nudi e che conoscevano tutte le necessità
deir esercito, si convinsero che le meschine rivalità de-
gli uomini pubblici del Perù, non avevano taciuto in
mezzo ai conflitti della guerra esterna. A loro giudi-
zio, il dittatore Pierola era risoluto a sacrificarli, per
evitare un trionfo che doveva ingrandire Monterò e che
poteva essere una minaccia pel Governo della dittatura.
Cosi dunque il viaggio della Unione senza arrecare
un soccorso neanche di mediocre importanza all'eser-
cito di Tacna ed Arica, venne a fomentare la sfiducia
degli ufiziali, ed a produrre anche un certo abbattimento
negli spiriti (i). »
(i) Barro&-Arana, /Ustoria di la guerra del Pacifico, p. 243.
TACNA ED ARICA 381
Abbandonato a se stesso, dopo essere stato spogliato
del comando politico e militare delle provincie del sud,
che solo avrebbe potuto procacciargli delle risorse, Mon-
terò si trovò necessariamente condannato all'impotenza.
Tuttoché non fosse punto prudente di sguarnire Tacna
ed Arica, lasciandole per così dire in balìa del nemico
postosi in agguato sul mare, il contrammiraglio Mon-
terò, convinto che più non riceverebbe nessun rinforzo,
erasi già deciso negli ultimi giorni di marzo a portarsi a
Sama con quasi tutto il piccolo esercito dell' alleanza,
onde attendervi il chileno, solo lasciando in Arica una
guarnigione di 2000 a 25oo uomini : ma gli bastò pas-
sare una rivista al suo esercito, e quindi fare una pic-
cola corsa per gli ospedali, per convincersi della im-
possibilità di menare a capo l'ottimo suo disegno, che
fu costretto ad abbandonare definitivamente. Mal nu-
triti e peggio vestiti com' erano i suoi soldati da qual-
che mese, erano stati presi in gran parte dalla tisi
che faceva giornalmente man bassa su di essi; e
cercar di portarli a Sama, e quindi esporli in tali con-
dizioni ai pungenti freddi delle notti nel vasto arenai^
o deserto, che si estende da Tacna a Sama, senza po-
ter loro offrire neppure il più miserabile cappotto, e
nella sicurezza di doverli assoggettare ad una maggior
fame ancora di quella che soffrivano in Tacna, era lo
stesso che portarli a certa e sicura perdita, prima an-
cora che avessero potuto scambiare un sol colpo di
fucile col nemico.
Tutto quello che l'esercito perù-boliviano potè fare,
fu di uscire dalla città alcuni giorni prima dell'arrivo
382 TACNA ED AKICA
del nemico, e di prendere le sue posizioni, che furono
battezzate col nome di campo delP alleanza, a due le-
ghe da Tacna, sul!' altopiano pel quale s' inoltravano
i chileni.
Come s'è detto più su, l'esercito perù-boliviano di
Tacna ed Arica ascendeva nel dicembre 1 879 a 1 2000 uo-
mini, dei quali 9000 peruviani e 3ooo boliviani. Ma se
nel maggio 1880 la divisione boliviana poteva contare
ancora lo stesso numero di soldati, con forse qualche
centinaio di più, grazie alle poche compagnie di rin-
forzo che il generale Camperò, nuovo Presidente della
Bolivia, aveva tratte seco, non avveniva però lo stesso
a riguardo dell' esercito peruviano. Senza ricevere mai
neppure il più meschino rinforzo, ed assottigliato tutti
i giorni per le vittime che in esso faceva la tisi, l'eser-
cito peruviano contava nel maggio oltre mille uomini
di meno, rimanendo al disotto degli 8000. Di questi
un 2000 incirca custodivano Arica, ove era sempre a
temersi una sorpresa da parte della flotta nemica che
ne bloccava il porto.
L'esercito perù-boliviano di Tacna adunque, che
sotto il comando in capo del generale Camperò (i),
(l) Era nel Trattato d' alleanza pera-boliviano che il comando
in capo dell' esercito riunito delle due repubbliche, toccasse a
quello dei presidenti delle medesime che si trovasse presente ;
od a quello dei due, trovandovi si entrambi, nel cai territorio
si guerreggiava. Perciò il comando in capo fu tenuto prima-
mente dal presidente del Perù, generale Prado; poi da quello
di Bolivia, Daza, nei pochi giorni che passarono fra la par-
tenza di Prado per Lima, nel novembre 1879, e la rivolusione
TACNA ED ARICA 383
Presidente di Bolivia, attendeva il nemico nel Campo
deir alleanza, arrivava appena, e se pure, ai 9000 uo-
mini; dei quali, 6000 peruviani incirca sotto il co-
mando immediato del contrammiraglio Monterò, e
3ooo boliviani sotto quello del colonnello Camacho.
Cavalleria non ne aveva che poca e cattiva, mal nu-
triti com' erano stati i cavalli, per la mancanza di fondi
durante più mesi; e la sua artiglieria insufficiente ed
in cattivo stato come tutto il resto, componevasi ap-
pena di 23 cannoncini, nel loro maggior numero di vec-
chio sistema.
L'esercito chileno invece, forte di iSooo uomini
bene equipaggiati e meglio armati, con numerosa ca-
vallerìa ed una forte artiglieria di cinquanta e più
cannoni e mitragliatrici, quasi tutti sistema Krupp,
era di gran lunga superiore a quello delPalleanza perù-
boliviana, anticipatamente condannato alla disfatta dalla
incuria o mal volere del dittatore del Perù, e doveva
necessariamente riportare splendida e completa vittoria.
Il cozzo fra i due eserciti nemici avvenne il 26 mag-
gio. Aspra e terrìbile fu la lotta per ben quattro ore
continuate, dalle 11 ant. alle 3 pom.; ora nella quale,
sopraffatto dal numero e quasi dimezzato dalla po-
tente artiglieria nemica - che scelti artiglieri, in mag-
gior parte inglesi ed alemanni, manovravano assai bene,
che destituì esso Daza nel dicembre ; indi dal contrammiraglio
MonterOf durante V assenza di ambo i presidenti ; ed in ultimo
dal ouovo presidente di Bolivia, Camperò, in quello stesso mese
di maggio 1 880 in cui avvenne la battaglia detta di Tacna, o del
Camfo d{lt alUanza.
384 TACNA ED ARICA
V esercito dell' alleanza fu costretto a battere in riti-
rata, lasciando sul campo di battaglia circa 3ooo dei J
suoi tra morti e feriti ; a lode ed onore della ufficia-
lità peruviana, che mostrò in questa battaglia tutto
ciò di cui in migliori condizioni politiche del paese
sarebbe essa capace, è a notare che morirono valoro-
samente nei loro posti sei primi comandanti di batta-
glione, un comandante generale di divisione (i) e gran
numero di ufìziali inferiori : dicasi lo stesso della ufi-
zialità boliviana, il cui comandante generale, colonnello
Camacho, rimase orribilmente ferito insieme al capo
di stato maggiore, generale Perez, che miseramente vi
lasciava la vita due giorni dopo, mentre T altro a dura
pena scampava.
Nella relazione che più tardi (3i giugno) leggeva
innanzi al Congresso nazionale di Bolivia il Presidente
di quella Repubblica, general Camperò, che, come s'è
detto già, aveva il comando in capo dell'esercito perù-
boliviano, troviamo : « Come si vede, signori, il no-
stro disastro non può attribuirsi.... che unicamente alla
superiorità del nemico in numero, in elementi e mezzi
di ogni genere. Effettivamente, in quanto al numero, si
può assicurare che era quasi il doppio del nostro; pol-
che aveva un esercito che poteva calcolarsi dai quat-
tordici ai sedicimila uomini, mentre che il nostro era
appena di 9000, compresi i malati, come dianzi ho
(1) Erano questi i colonnelli J. Meodoza, Barriga, Fajardo e
Luna, ed i tenenti-colonnelli Llosa, Mac-Klean e Aléazar. Che
il Perù ricordi con venerazioDe i loro gloriosi nomi.
TACNA ED ARICA 385
detto. La sua artiglierìa, che si componeva da 5o a 60
pezzi, era di maggior calibro e di maggior forza che
la nostra, che solamente si componeva di 23 pezzi non
tutti di buona qualità : i Krupp di quella erano di ca-
libro nove, oltre otto pezzi di maggior potenza, mentre
i nostri erano di calibro sei ; poi quella era infinita-
mente meglio provvista e servita della nostra. La sua
cavalleria era potente, poiché contava mille cavalieri
perfettamente equipaggiati e provvisti di armi bianche
e da fuoco, laddove noi mancavamo di un cosi neces-
sario elemento, poiché non è da aversi in considera-
zione il piccolo corpo peruviano, Husares de Junin^
che non aveva se non cento e tanti uomini, ben mon-
tati, è vero, ma forniti solamente di armi da fuoco,
ciò che lo faceva in certo modo inutile pei servigi a
che si destina la cavalleria in una battaglia. *
L'esercito chileno adunque passò a tamburo battente
su quello degli alleati?
No: come già abbiamo detto innanzi, la lotta fu
aspra ed accanita per ben quattro ore di seguito; e
la vittoria costò ali' esercito chileno molta fatica e
molto sangue. Esso, è vero, si trovò di fronte ad un
nemico assai inferiore e per numero e per armamento,
ma, deciso com' era questo a vender cara la vittoria,
ebbe bisogno di ricorrere a tutti i suoi mezzi per vin-
cerlo, e vi fu un lungo momento in cui cominciando
egli stesso a farsi indietro, si vide in grave pericolo
di sconfitta.
Raggranellando qua e là nella lunga relazione del
proprio corrispondente in campagna, che pubblicò il
386 TACNA ED ARICA
giornale El Mercurio dì Valparaiso nei suoi numeri
15974 e 13975, - fonte aflFatto non sospetta di favo-
ritismo per r esercito dell' alleanza, - rinveniamo i se-
guenti dati di fatto: e II nostro esercito ha dato un
nuovo giorno di gloria alla Repubblica.... nella più
grande ed accanita battaglia che registrano gli annali
della presente guerra. La prima compagnia che corse
in aiuto della seconda, fu anche involta in compatte
masse nemiche, e vedendosi in estremo pericolo di
cadere tutta sul campo o di esser fatta prigioniera,
ebbe a battersi in ritirata perdendo molta gente. Quasi
la stessa sorte corse la terza.... 1^ tre compagnie si
ripiegarono allora sulle restanti, il nemico occupò vit-
torioso le posizioni che prima avevano le avanzate del-
VAtacama (nome di un battaglione chileno). Ben è vero
che il Valparaiso (altro battaglione chileno) si batteva
in ritirata passo a passo e con tanto ordine come se
facesse un esercizio; però quella disciplina del vete-
rano battaglione, che manteneva in soggezione il ne-
mico, non era sufficiente per impedire 1' avanzarsi di
questo nel sito che prima occupava l' Esmeralda (al-
tro battaglione chileno). Il nemico continuava frattanto
il suo movimento in avanti, e presto finirebbe di in-
volgere i coraggiosi Navales. In questo momento i
granatieri che vedevano avanzare rapidamente il ne-
mico da quel lato, con grande pericolo d'involgere
r Esmeralda ed il Chillan, e che avevano ordine di
caricare, per le ripetute istanze del colonnello Vergara
e del comandante dell' Esmeralda, principiarono ad
inoltrarsi per quel lato, onde preparare una delle loro
TACNA- ED ARICA 387
temute cariche. In effetto pochi minuti più tardi si
collocavano gli squadroni in linea di battaglia, e avan-
zavano risolutamente a passo di trotto sul nemico, che
li riceveva con una grandinata di palle. A riguardo del
Valparaiso, la grafica relazione di un soldato di que-
sto corpo darà ai nostri lettori una perfetta idea della
sua parte durante l' azione : Il mio battaglione cam-
mina ad avanguardia di tutta la prima divisione, se-
guito dai Navales, Esmeralda e Chillan. Arrivati al-
l' ultima collina, vedo i famosi Colorados (battaglione
boliviano). Soffrimmo varie perdite.... Nella battaglia
fummo disfatti per esser venuta una grande riserva
ai Colorados {i). Già le nostre file si trovavano deci-
(i) Rapporto del contrammiraglio Monterò:
« Per disposizioDe dell' Eccel. signor Direttore della guerra, mi
toccò di comandare l'ala diritta dell' esercito alleato; l'ala sinistra
al signor colonnello D. Eleodoro Camacho.... i fuochi del nemico
si svilupparono per l'ala sinistra, motivo pel quale il signor Di-
rettore della gnerra mi domandò rinforzi che immediatamente
mandai, facendo avanzare i battaglioni Aiiafiza ed Aroma del-
l' esercito boliviano che erano sotto i miei ordini. Poco tempo
dopo d' avere inviato questo rinforzo, si impegnò il combatti-
mento su tutta la linea di battaglia. Il Direttore della guerra do-
mandò nuovi rinforzi per 1' ala sinistra, e senza vacillare feci
marciare immediatamente il battaglione N.® 2 Prcvisional de
/.ima..., I rinforzi inviati all'ala sinistra mi privarono comple-
tamente di forze di riserva. Senz' altre truppe che quelle schie-
rate in prima linea, abbiamo resistito al doppio attacco delle
forze nemiche pel fianco e per la retroguardia ; fino a che la
immensità del numero obbligò i nostri bravi soldati a impren-
dere la ritirata sopra Tacna, col proposito di rinnovare ivi la
battaglia. Persuaso infine della inutilità dei miei propositi, ab-
388 TACNA ED-ARICA
mate, e quasi finite le munizioni. Vaiparaiso e Navales
andavamo tutti riuniti dopo la ritirata; però guidati
dal valore inimitabile del bravo colonnello Urriola, po-
temmo riorganizzarci ed attaccare con nuovo impe-
gno. - Mentre la prima divisione si ritirava accasciata per
quel lunghissimo sforzo, pel gran numero di nemici,
e per la mancanza di un rinforzo che si era doman-
dato con istanza, la seconda divisione cedeva essa pure
per la stessa causa, ed andava a poco a poco cedendo
terreno al nemico. La sorte del Chili stava allorapen-
dente da un filo ; perchè se quelle due divisioni si
sconcertavano, dichiarandosi in rotta, avrebbero forse
introdotto il pànico ed il disordine nelle restanti. •
L'esercito chileno adunque, nonostante la sua grande
superiorità numerica, combattendo due contro uno, e
nonostante la non meno grande superiorità del suoi
elementi bellici, non ebbe la vittoria che a stento; sic-
ché è a supporre con quasi piena sicurezza di apporsi,
chiamando anche in appoggio il risultato della batta-
glia di Tarapacà, che sarebbegli essa completamente
sfuggita di mano, per convertirsi, come in Tarapacà,
in sanguinosa disfatta, se avesse avuto di fronte a se
un nemico alquanto più numeroso ; ossia se non avesse
avuto a potentissimo suo alleato l'inqualificabile pro-
bandoDai la città, avanzando sempre colla lentezza che era indi-
spensabile per infondere nuovo valore alle nostre truppe, e
trovarmi in attitudine di combattere nuovamente se le forze ne>
miche tentavano un inseguimento. Siccome l'esercito alleato aveva
truppe delle due Repubbliche, quelle di Bolivia presero la via di
San Francisco.
TACNA ED ARICA 389
cedere del Dittatore peruviano, che lasciò l'esercito
senza gli attesi rinforzi.
Senza parlar d' altro, sarebbe forse bastato che non
si fosse impedita la riunione a quello di Tacna del pic-
colo esercito d*Arequipa, perchè la sorte delle armi
fosse stata favorevole alle Repubbliche alleate.
Dopo tanti sotterfugi messi in giuoco dalle autorità
politiche e militari di Arequipa, per ritardare indefi-
nitamente la partenza di quell'esercito, detto il se-
condo esercito del sudy alla fin fine dovette esso ne-
cessariamente, nell'aprile, porsi in marcia verso di
Tacna, a incitamento della grossa popolazione di
quella città, che entrata in sospetto di una parte
della verità, minacciava sollevarsi in rivolta senza di
ciò. Nondimeno, il comandante di detto esercito che
avrebbe potuto comodamente arrivare a Tacna nei
primi di maggio, camminò tanto lentamente da tro-
varsi appena in Locumba, a 18 leghe da Tacna, il
giorno 26 di detto mese in cui avvenne la battaglia (i);
e saputo l'esito di questa, senza punto curarsi di nulla,
rirornossene celermente ad Arequipa. Questo coman-
dante, la cui condotta fu certamente delle più ripro-
vevoli, non ebbe dal dittatore Pierola neanche la più
lieve censura, e continuò a godere, come per lo in-
nanzi, dì tutta la sua fiducia.
Caduto più tardi in potere dell' esercito chileno tutto
(i) Per andare da Torata a Ilabaya, non più che 13 leghe
di cammino, ossia appena la marcia regolare di una giornata,
rmpì^lò sei giorni. Basti ciò come esem^ io.
390 TACNA ED ARICA
l'archivio del dittatore Pierola, lo scrittore Vicufìa'
Mackenna scriveva sui dati forniti da esso, nell'aprile
1881, un articolo pubblicato dai giornali chileoi, col
titolo : Monterò e Pierola, che conchiude cosi : a In
diversi articoli pubblicati molto prima che gli archivi
di Lima cadessero, insieme ai loro segreti, nelle nostre
mani, abbiamo sostenuto, guidati più che altro dalla
intuizione del cuore umano e delle situazioni che crea
l'ambizione ai capitani di ventura (caudìllos), che vi
fu un uomo nella capitale del Perù, per la seconda
volta vinto, che provò segretamente viva gioia nel suo
animo al sapere la disfatta di Monterò, e che questo
uomo fu D. Nicolas de Pierola, Questa nostra convin-
zione emanava da una serie di frammenti di fatti, di
confidenze e di misure subalterne, e specialmente dalla
studiata tardanza dei movimenti ausiliari del secondo
esercito del sud^ che comandava il colonnello Leiva in
Arequipa. Però oggi, quei che hanno letto con animo
tranquillo e perspicace spirito i documenti che abbiamo
pubblicato, potranno dire se allora ci ingannavamo 0
no nei nostri vaticini e nel nostro giudizio sul secondo
Tupac Amaru dell'infelice Perù » (0-
Ozioso sarebbe l' insistere maggiormente su questo
tema: per sacrificare ai suoi puerili timori di tiran-
nello medioevale quel contrammiraglio Monterò^ il
cui sperimentato patriottismo e lealtà doveva essergli
(x ) Tupac Amaru fìi un rivoluzionano del secolo passato, che
per servire alla propria ambizione promosse una feroce guerra
di razze, sollevando la indigena contro le altre, e cagionando
per tal modo una serie iufinita di gravissimi mali al Perù.
TACNA ED ARICA 391
più che bastevole a farlo pienamente tranquillo, Pie*
rola, a quanto pare, sacrificò irreparabilmente il suo
paese e se stesso (iX regalando all' esercito chileno una
importante e decisiva vittoria.
Disfiaino in Tacna, l' esercito chileno avrebbe avuto
necessariamente a perdersi nella sua totalità, sia fa«
cendosi ammazzare, sia dandosi prigioniero^ per la
impossibilità nella quale si sarebbero trovati i suoi re-
sti - chiusi da tutti i Iati nell' interno di un paese ne-
mico e senza poter esser soccorsi dalla loro squadra -
di trovare mezzo alcuno di scampo e salvazione. E
poiché non sarebbe stato punto facile al Chili di ri-
mettere prontamente in piedi un nuovo esercito, sa-
rebbe costata assai poca fatica sloggiarlo anche dal
dipartimento e deserto di Tarapacà, e la guerra avrebbe
mutato completamente d'aspetto. Vincitore in Tacna
invece, il Chili divenne padrone di quasi tutto il Perù,
che rimasto senza mezzi di difesa, eccetto la capi-
ci) « n Dittatore sacrificò alla sua ambisione quel pugno di
eroi (r esercito di Monterò) danneggiandolo per quanto gli fti
possibile e n^aodogli ogni rinforzo od aiuto. La notizia del di-
lastro (della disfatta di Tacna) si ricevè da tutti con profondo
More ; però Pieroìa ed i suoi non seppero neanche nascondere la
E'o allegria. Non esisteva più neppnr 1' ombra di una opposizione
regime dittatoriale^ che dominava senza rivale in un vasto ci-
terò 1 La Patria^ organo di PUrolOt con un cinismo che dava
demenza, chiamò burlescamente la disfatta di Tacna ; la dv^
ziotu dilt unicù eUmtfUo chi rimaneva deit anteriori putn-
io regime: si riferiva al costituzionale. »
^Ianifesto dell' ex-Ministro di finanze /. Af. Quimper alla Na-
D-, p. 107.
25. — C41VANO, durra tt America,
392 TACNA ED ARICA
tale, non fu in grado di opporre nessuna resistenza
all'esercito vittorioso; il quale potè darsi liberamente
a lunghe e profittevoli correrie sul vasto suo territo-
rio, aumentando sempre più il terrore e lo spavento
che dopo la battaglia del Campo deWAllean^a^ ossia
di Tacna, seppe infondere nelle inermi popolazioni.
Già in Pisagua l'esercito chileno aveva dato non
poche prove di ferocia e di crudeltà, sì contro i ne-
mici rimasti feriti sul campo di battaglia, che contro
gì' inoffensivi abitanti di Pisagua, non esclusi i non pe-
ruviani appartenenti a nazioni neutrali ed amiche del
Chili. Ma in Tacna oltrepassò ogni misura; e ciò
oscurò completamente il poco lustro che avrebbe potuto
venirgli dalla vittoria.
Costretto alle 3 p. m. ad abbandonare il campo di
battaglia, l'esercito alleato prese a ritirarsi sopra Tacna
seguendo un mutilato battaglione che primo si diresse
colà in disordinata fuga (i). Ma collocata la città in una
stretta valle che rimane completamente dominata dal-
l'ultimo limite dell'altopiano su cui era avvenuta la bat-
(i) Il battaglione che prese la fuga qualche momento prìx
di pronunziarsi la disfatta, era boliviano: ci è stato unanini
mente assicurato da molti europei residenti in Tacna, i qi
al veder passare i dispersi soldati per le strade della città, li
conobbero immediatamente dal colore verde dei loro pantal^
di bay età ; colore proprio di un determinato battaglione del p d
colo esercito di Bolivia. Ciò però non vnol dire affatto che{
boliviani non si fossero battuti ; perchè vi furono battagli!
come i famosi cohrados, che si fecero in massima parte ami
zare nel posto d' onore insieme ai migliori battaglioni penivid
«
TACNA ED ARICA 393
taglia, l'esercito vincitore non avrebbe avuto che a tra-
sportare un po' più innanzi i suoi cannoni, per distrug-
gerla in brev'ora; e perciò il contrammiraglio Monterò,
con quella serenità di animo che gli è propria e che non
perde mai durante la lotta, fece immediatamente uscire
da essa i resti dei battaglioni peruviani, conducendoli
su per le alture di Pocollay al nord-est di Tacna, men-
tre quei di Bolivia prendevano per proprio conto il cam-
mino del paese natale.
Padroni alle tre del campo di battaglia, i chileni
erano anche padroni due ore dopo di recarsi, quando
e come volessero, a Tacna, pacifica e inoffensiva città
in buona parte abitata da stranieri, ove tranne qualche
ferito raccomandato alla carità dei cittadini, più non
rimaneva neanche un solo soldato dell'esercito alleato.
E qui sarebbe il caso di dire col sommo Alighieri:
Ora incomincian le dolenti note....
Mentre la maggior parte dell'esercito chileno rima-
neva sul campo di battaglia - più che altro occupato
a sgozzare i feriti dell'esercito nemico ed a imposses-
sarsi di quanto essi ed i morti avessero di prezioso
sulla persona (i) - una delle sue divisioni si poneva
(i) Il dottor Pietro Bertonellì, distinto medico italiano che per
semplice filantropia aveva accettato il posto di Chirurgo mag-
giore neir esercito peruviano, ci ha raccontato che stava egli
oelfa tenda dell'ambulanza curando alcuni feriti, dopo la batta-
glia quando si vide preso di mira da un soldato chileno che
fortunatamente lo sbagliò, per aver fatto a tempo a gittarsi da
in lato; che più volte dovè lottare con altri soldati per difen-
fere la propria vita e quella dei feriti cui prestava le sae cure ; e che
394 TACNA ED ARICA
in marcia alla volta di Tacna, ove fece la sua entrata
fra le 5 e le 6, dopo averle lanciato a metà di cam-
mino sette colpi di cannone che non produssero alcun
danno.
Certi che in Tacna essi non correvano alcun peri-
colo - tanto perchè avevano già visto la sortita del
disfatto esercito nemico, quanto per la notificazione
inviata loro dal Corpo consolare straniero, dopo le
prime cannonate scagliate contro la città, che questa
non era aSatto difesa e che potevano liberamente oc-
cuparla - i chileni entrarono* in città, non in corpo
ma alla sbandata, dandosi immediatamente per tutti
i versi a sfondar le porte delle case ed a saccheg-
giarle, crudelmente abusando delle donne e massa-
crando tutti coloro che cercassero difenderle, o che
si negassero di svelare ove fossero le somme e gli
oggetti preziosi che si supponeva tenessero nascosti.
Tutto questo forse non sarebbe succeduto senza
la subitanea morte del Ministro della guerra del Chili,
D. Rafael Sotomayor, avvenuta il 20 maggio in Bel-
lavista. Questo distinto personaggio che esercitava in
campagna, a lato dell'esercito, tutte le sue funzioni mi-
nisteriali, avrebbe difficilmente tollerato, e quindi assai
probabilmente impedito tanti e così barbari eccessi.
più volte ancora invocò ed ottenne da qualche nfiziale chileno,
a custodia sua e della sua tenda, una sentineUa che si davm im-
mediatamente a far lo sciacallo insieme ai suoi compagni, non
appena si fosse allontanato l' ufiziale che lo arerà messo in fa-
sione.
TACNA ED ARICA 395
Morto lui, invece le soldatesche furono lasciate a se
stesse, in bafìa delle poco lodevoli loro tendenze; se
pur non sia da prestar piena fede ad una pubblica
voce, la quale vorrebbe che il tristo comportamento
dei soldati chileni in Tacna fosse stato loro espres-
samente permesso dai propri superiori. Ciò d'altronde
si troverebbe in perfetta armonia colle promesse di
saccheggio che, pare certo, furono fatte sempre all'eser-
cito chileno, e prima e dopo, per spingerlo ardimen-
toso sul territorio peruviano.
Né i Peruviani erano soli a sofirire un tanto scem-
pio: insieme a loro ne erano vittima anche i nume-
rosi stranieri di ogni parte e nazione che risiedevano
in Tacna. E poiché questo orribile vandalisnìo, che
senza tregua di sorta .durava così nella notte come nel
giorno, sembrava non volesse più mai finire, il corpo
consolare di Tacna si vide nella necessità, quattro giorni
dopo, il 3o, di dirigere al Generale in capo dell' eser-
cito una nota collettiva che per la sua importanza ci
sentiamo astretti a riprodurre. Essa diceva:
« Tacna, 30 maggio 1880.
e A S. E. il Generale in capo del Chili.
«t Signore. Noi infrascritti Consoli ed Agenti conso-
lari residenti in questa città, giustamente impauriti
dai fatti che i soldati dispersi dell'esercito chileno
hanno praticato e continuano a praticare fin ora, nono-
stante sian uascorsi già più di tre giorni dalla bat-
taglia, tempo sufficiente perchè questi eccessi avessero
potuto essere repressi, se le autorità costituite aves*
396 TACNA ED ARICA
sero dettato e poste in effetto le misure di repressione
e vigilanza che esigono le circostanze, esponiamo alia
S. V. che è nostro dovere, in garanzia degl'interessi
dei nostri rispettivi nazionali, di far presente alla S. V.
i danni che questi vengono esperimentando e che
forse potrebbero ancora evitarsi in parte, protestando
egualmente in nome della civiltà, - come non dubi-
tiamo sarà fatto dalla stessa nazione chilena, nonché
dalla S. V. e capi superiori dell'esercito di suo co-
mando - contro gli eccessi che i detti soldati com-
mettono sui cittadini peruviani, e più specialmente
sulle donne di questa disgraziata città. E perchè la
S. V. si convinca della necessità di dettare misure
più severe che pongano termine a tali eccessi, ci per-
mettiamo di riferire alla S. V. alcuno di questi cri-
mini che solo possono discolparsi nei primi momenii
di esaltazione come conseguenza dell'abuso del liquore,
e che sono di pubblica notorietà.
. « Il giorno 27 fu uccisa una donna a colpi di ba-
ionetta e di fucile neìVAlameda (pubblico passeggio);
e giusta le indicazioni dello stato in cui si è trovato
il cadavere, fu violata dai tristi assassìni. Ieri si è com-
messo lo stesso crimine con altra donna di naziona-
lità asiatica; e fu assassinato nel medesimo tempo
anche il marito. In generale le donne sono persegui-
tate e minacciate; ed a tutte le persone che abitano
fuori del centro della città si impongono multe in da-
naro, dopo averle spogliate delle loro gioie ed oggetti
di valore: questi stessi fatti si sono ripetuti anche
nelle strade più centrali della città, essendo arrivati
TACNA ED ARICA 397
gli attentati fino all'estremo di strappare a vari! stra*
nieri gli orologi dalle tasche.
f In casa di un vecchio straniero, dove trovasi al-
loggiata una signora di oltre ottant'anni di età, pure
straniera, sono penetrati nella notte del 26 tre soldati
cfaileni, ed hanno commesso eccessi di intimidazione
e furto. Varie case di campagna di stranieri sono
state maltrattate, e rotti i loro mobili in presenza dei
proprietari od inquilini. Case particolari e stabilimenti
commerciali sono stati incendiati e distrutti, potendo
citare fra gli altri la casa della signora vedova di
Brunham.
« Ultimamente, per non fare troppo estesa la enu-
merazione dei fatti di questa natura che hanno avuto
luogo in questi giorni, finiremo asseverando alla S. V.,
senza poter esser tacciati di esagerati, che in tutta la
città non esiste in questo momento una sola del con-
siderevole numero di botteghe in che si vendevano
liquori e vini, e che appartenevano in generale a cit-
tadini italiani, varii dei quali sono stati assassinati,
avendo altri ricevuto gravi ferite.
e Facendo presenti alla S. V. i fatti riferiti, della cui
autenticità non può dubitarsi, siamo sicuri che la S. V.
si degnerà di prendere le adeguate misure per evitare
la loro ripetizione, ritornando così a questa città la
tranquillità alla quale ha così perfetto diritto. — Dio
conservi la S. V.
Firmati - « G. Hellman, console d'Austria Ungheria -
Giovanni Raffo, agente consolare d'Italia -I. Bohiing,
console del Brasile - G. Brochman, console dell' Impero
39» TACNA ED ARICA
germanico - E. Wichtendal, console del Belgio - Zapata
y Espejo, console della Repubblica Argentina. »
Ma ecco che lo storico semi-ufficiale del Chili dice
invece:
« A Tacna, dove i fuggiaschi peruviani avevano fatto
fuoco sopra un araldo chileno ed avevano cominciato
il saccheggio dei magazzini, il Corpo Consolare stra-
niero si era presentato innanzi a uno dei Capi del-
l'esercito vincitore, per domandare l'occupazione im-
mediata della città e la repressione dei furti e degli
eccessi di una soldatesca demoralizzata dalla disfatta;
ed in effetti una divisione chilena ristabiliva l'ordine
il giorno stesso » (i).
L'anteriore documento ufficiale del Corpo Conso-
lare, di cui garentiamo l'autenticità, ci ha detto già
come e perchè sì rispettabile Corpo si dirigesse al Capo
dell'esercito chileno; e più addietro abbiamo detto pure
che lo stesso Corpo Consolare aveva fiitto notificare
ai chileni, dopo la battaglia, che la città non era di-
fesa e che perciò potevano liberamente occuparla.
Completando quest'ultima notizia aggiungeremo che
il Corpo Consolare si decise a dò per cagione delle
cannonate che i chilenì lanciavano contro la città - ne
avevano sparate sei o sette già - e solamente perchè
cessassero il cominciato bombardamento, e non la di-
struggessero.
Quanto agli spari che, dice lo storico citato, furooo
(i) Barros-Arana, Storia della guerra dtl Ptuifico^ seconda
parte, p. 8. Edisione in iraacese.
TACNA ED ARICA 399
fanì sull' Araldo chileoo, la cosa fu cosi : la prima di-
visione chtlena che si avanzava sopra Tacna, dopo la
battaglia, spedì innanzi un Araldo per domandare la
resa della città, il quale, saputo che non vi era auto-
rità alcuna né politica né militare cui potesse diri-
gersi, essendoché erano tutte andate via, fece chia-
mare i membri del Corpo Consolare per intendersi con
essi ; e stava appunto conversando con alcuni di questi
in una strada, quando trovossi a passare di lì un bor-
ghese ubriaco insieme ad altro borghese armato di fu-
cile che usciva dì città, l' ultimo forse. L' ubriaco di-
resse in passando alcune sconcie parole a tutto il
grappo che formavano a poca distanza i Consoli e
r Araldo, e mentre voleva obbligare il suo compagno
a iar fuoco su detto gruppo, il colpo partì : ma andò
io aria e non ferì nessuno. L'Araldo allora, interrom-
pendo la sua conversazione con i Consoli, partì in furia
minacciando di far bombardare la città; bombarda-
mento che cominciò poco appresso, e che fu sospeso
dalla notificazione già riferita del Corpo Consolare, che
cioè trovandosi la città indifesa potevano i chileni oc-
cuparla quando volessero, senza che vi fosse bisogno
di distruggerla. Ce ne appelliamo, per la verità, al-
l'onorevole Corpo Consolare di Tacna.
Come dunque spiegare le succitate parole del signor
Barros Arana?
I soldati peruviani uscircelo da Tacna quasi imme-
diatamente dopo il loro ari ivo in seguito alla disfatta
del Campo dell'Alleanza; ed é assolutamente falso che
commettessero ivi furti od eccessi di qualsiasi ^ecie,
400 TACNA ED ARICA
e che il Corpo Consolare si presentasse innanzi a uno
dei Capi chileni per domandare la repressione dì tali
eccessi. Furti ed eccessi di ogni genere furon com-
messi in Tacna, e molti: ma furono opera esclusiva
dei soldati chileni, come è detto nella Protesta uffi-
ciale del Corpo Consolare straniero residente a Tacna.
Cosicché, secondo lo storico chileno, i ladri e gli as-
sassini furono i peruviani, i chileni poi, i salvatori : le
colpe degli uni cioè sono date agli altri, snaturando e
capovolgendo completamente i fatti. Ma tuttociò non
è permesso alla storia. Siffatti maneggi, buoni solamente
ad alimentare meschini pettegolezzi di gente che si
stima poco, per preparare alla bugiarda loro ombra
assurde pretensioni che non si ha il coraggio di esporre
francamente, non possono, non debbono in modo al-
cuno trovar posto in un libro che è destinato a tutti
i popoli, a tutta quanta l' umanità. La storia deve dire
la verità ; e quando non sa o non vuol dirla, che si
taccia. E quando essa neppur tacere sa e si £a senza
ritegno partigiana, tocca alla storia veritiera e impar-
ziale di riporre i fatti nel loro vero posto.
Sappiamo quanto sia difficile il riferire fatti contem-
poranei, dei quali gli autori, amici o nemici, vivono
tuttora : ma quando lo scrittore non è sicuro di sapersi
mantenere calmo e sereno nelle regioni della verità,
deponga la penna, o scriva altra cosa che non si chiami
Storia. Si possono avere simpatie, e forse neppur noi
ne andremo del tutto esenti, perchè siamo uomini an-
che noi, e perchè la violenza e V ingiustizia manifesta
di una causa producono quasi sempre una certa simpatia
r
r
TACNA ED ARICA 401
per la causa avversa; ma i fatti bisogna dirli come
sono : e di ciò, per nostro conto, ci facciamo garanti.
Come è detto in quella Nota-protesta del Corpo con-
solare, il 3o maggio non esisteva più quasi nessuna
delle tante botteghe di vini e liquori, dette pulperie,
ove oltre i liquori si rinviene d^ ordinario ogni genere
di commestibili, nonché artìcoli di merceria, di chin-
caglieria e finanche di oreficeria. Queste botteghe sui
generisy dove il popolino trova tutto quanto gli può
abbisognare, e che in tutto il Perà sono tenute quasi
esclusivamente da italiani, furono dalla prima all'ul-
tima tutte più o meno saccheggiate e distrutte dai sol-
dati chileni, i quali, cominciando dai liquori, facevano
man bassa su tutto, e finivano col darsi ad ogni sorta
di violenza contro il proprietario, facesse o no resi-
stenza, e collo sconquassare i mobili e quanto vi fosse
nella bottega e nella casa ; sicché oltre la morte del-
l' italiano Raffaele Rossi, a sangue freddo trucidato nella
propria bottega, ed al ferimento di altri molti, parec-
chi dei quali versarono in grave perìcolo di vita, la tran-
quilla e laboriosa colonia italiana residente in Tacna,
ebbe a soffrire anche molti e positivi danni nelle sostanze.
Né a questo solo, che pur non é poco, si limitarono
gli eccessi deir esercito chileno. La crociata contro gli
italiani, che furono trattati forse peggio che i medesimi
peruviani, cominciò con una prima e grave offesa con-
tro la stessa bandiera della Nazione, che ufficialmente
copriva e proteggeva la persona e la casa delF Agente
Consolare d' Italia, fatte ambe bersaglio di immeritato
oltraggio.
402 TACNA ED ARICA
Nel Perù, paese continuamente travagliato dalle
guerre civili, è vecchia usanza, per il grande rispetto
portato mai sempre alla bandiera straniera, fosse an-
che del più meschino staterello, di riconoscere tacita-
mente a favore delle case degli Agenti esteri, sia di-
plomatici che consolari, un diritto di asilo che rimase
sempre inviolato e di cui goderono in ogni incontro
i veri o supposti delinquenti politici che in esse rico-
vrarono. Stando quindi nella coscienza pubblica l'in-
violabilità della casa sulla quale sventolasse la bandiera
di un Ministro o di un Console straniero, non appena
si ebbe notizia in Tacna della disfatta delF esercito al-
leato, gì' indifesi abitanti della città, e stranieri e na-
zionali, onde sfuggire ai prevedibili eccessi dell'eser-
cito vincitore, si rifugiarono in folla nelle case dei
diversi agenti consolari stranieri. E si come tutte le
altre, la casa dell'Agente Consolare d'Italia, signor Gio-
vanni RafFo, si trovò in meno di un'ora letteralmente
piena di gente che andava a porsi in sicuro sotto la
protezione della bandiera italiana: erano italiani, erano
individui di altre nazionalità, ed erano anche non po-
chi peruviani, in massima parte vecchi, donne e fan-
ciulli (i).
(i) Tutta questa gente, in numero di 500 e più, rimase per
più giorni nella casa del signor Rafib, il quale, coadiuvato dalla
sua degna consorte, l'ottima gentildonna Clelia Marcone, fu
generosamente largo verso di essa, nonché di alloggio, di vitto
e di tutte le più delicate cure. Visitammo Tacna nell'ottobre
del 1881, e trovammo ancor vivo in quella popolazione il grato
ricordo di tanta munificenza.
TACNA ED ARICA 403
Ma entravano appena in Tacna i primi gruppi di
soldati chileni, quando un Colonnello comandante di
divisione, accompagnato da più ufìziali e soldati, si
porta direttamente innanzi alla casa dell'Agente con-
solare d'Italia. A che farvi? lo sapremo dal docu-
mento che qui letteralmente riproduciamo, tradotto
dallo spagnuolo. - e Dichiarazione - Il giorno 26 mag-
gio 1880, in cui a due leghe da Tacna ebbe luogo la
battaglia delYAito de la Alian^a fra gli eserciti del
Chili e delle Repubbliche alleate Perù e Bolivia, noi
infrascritti ci trovavamo rifugiati nella casa di abita-
zione del signor Agente consolare d'Italia, D. Gio-
vanni Raffo ; e per questa circostanza potemmo essere
e fummo testimoni del fatto seguente :
ff Quando, poche ore dopo la battaglia, le truppe
chilene occuparono la indifesa città di Tacna - ciò che
fecero senza che nessuno opponesse ne tentasse nem-
meno di opporre resistenza alcuna - il comandante
generale della prima divisione dell'esercito del Chili,
signor Colonnello Amengual (oggi generale) si presentò
innanzi la casa del signor Agente consolare d'Italia,
seguito da varii uffiziali del suo stato maggiore e da
un picchetto di Carabineros de Yungaij esigendo che
gli si aprisse la porta, e minacciando di forzarla se
tale ordine non fosse immediatamente compiuto. Aperta
la porta in nostra presenza dal signor RafTo in persona,
il signor colonnello Amengual gli disse che voleva
percorrere tutta la casa per vedere se vi si trovassero
soldati peruviani nascosti. Al che il signor Raffo ri-
spose, che egli era l'Agente consolare del regno dita-
404 TACNA ED ARICA
Ha, e che la sua casa, nella quale non era soldato al-
cuno, ma unicamente pacifici ed indifesi cittadini ita-
liani e di altre nazionalità, che si erano ricovrati sotto
la protezione della bandiera neutrale <P Italia, non pò*
teva in nessun modo esser perquisita per fòrza, come
si proponeva di fare il signor Colonnello, per essere nel
medesimo tempo la sua casa di abitazione, e l' Uffizio
dell'Agenzia consolare, come dicevano lo Scudo d'Italia
che era molto visibile sulla porta, e la bandiera della
Nazione che sventolava sul tetto. A questo il signor
Colonnello Amengual rispose ponendo in arresto il
riferito signor Agente consolare d'Italia nello stesso cor-
ridoio di entrata ove si trovava, e con sentinella a vista,
cui diede l'ordine che, in caso sentisse sparare un sol
colpo nell'interno della casa, lo fucilasse immediata-
mente. Il signor RafTo protestò allora un' altra volta in
nome della Nazione italiana, per questa nuova e mag-
gior fellonia che si commetteva contro di lui : però il
detto signor colonnello Amengual non fece caso al-
cuno delle sue parole, ntiantenhe fermo l' ordine dato,
e lasciandolo in cosi umiliante e pericolosa situazione,
in cui la sua vita correva tanto e tanto grave pericolo,
procede con alcuni ufiziali a rovistar la casa in tutti
i sensi.
tt L'Agente consolare signor RafTo rimase in arresto e
sotto la minaccia di esser fucilato al primo sparo che si
udisse nella casa - cosa assai facile a succedere anche
per semplice casualità fra tanta gente piena di paura e
di terrore che si trovava in essa raccolta - circa venti
minuti, ossia durante tutto il tempo che impiegò il si*
TACNA ED ARICA 405
gnor Colonnello Amengual nella perquisizione intra-
presa; la quale fu assolutamente infruttuosa, perchè
non era nella casa neppure un solo soldato od ufiziale
dell'esercito alleato. Testimoni presenti al fatto, dichia-
riamo sul nostro onore che quanto abbiamo detto è la
pura verità in tutte le sue parti, e che siamo pronti in
ogni tempo a confermarlo con giuramento. >
Seguono le firme di sette testimoni, dei quali due
francesi e cinque italiani. Indi continua:
a Noi sottoscritti, da più tempo residenti in Tacna,
dichiariamo: che i fatti ai quali si riferisce la prece-
dente relazione, ossia la violazione del domicilio del
signor Agente Q>nsolare d'Italia, D. Giovanni Raffo,
operata il 26 maggio 1880 dal Colonnello dell'eser-
cito chileno signor Amengual, insieme agli altri arbitrj
contro la persona stessa del signor RafTo, sono pub-
blici e notori in Tacna fin dal giorno stesso in cui
ebbero luogo, per essere stati concordemente riferiti
da tutte le persone, più di cinquecento, che si tro-
vavano rifugiate sotto la protezione della bandiera ita-
liana in casa del riferito signor Agente Consolare d^ Ita-
lia ; e che la divulgazione di questi fatti contribuì non
poco ad aumentare il pànico generale, per i molti ec-
cessi cui si sarebbe dato l'esercito chileno, come ef-
fettivamente avvenne. -Tacna, 26 ottobre 1881. 1 Se-
guono numerose firme di testimonii(i).
(i) In un ricorso elevato il 6 settembre 1881 a tutto il corpo
Diplomatico esistente in Lima, da quaranta e più cittadini itar
lianiy inglesi, francesi e spagnuoli residenti in Tacna, si legge
4o6 TACNA ED ARICA
Ignoriamo se e quale riparazione fosse data dal Go-
verno chileno a questa grave offesa, portata da un ufi-
ziale superiore del suo esercito contro la bandiera ita-
liana.
PRESA DI ARICA
Disfatto r esercito perù-boliviano di Tacna, e caduta
questa città in mano dei chileni, Arica non poteva più
sostenersi. Circondata per mare e per terra dai chileni,
non le rimaneva via alcuna di scampo; ed essa do-
veva necessariamente cadere, sia più o meno tardi per
fame, quando fossero esaurite le poche provviste che
anche : « Pochi momenti erano trascorsi da quello del trionfo
delle armi chilene, quando principiarono a sentirsi io tutta la
loro crudezza gli effetti delle estorsioni praticate contro di noi.
L'Agenzia Consolare d'Italia fu designata per servire di prixa&
vittima. Presentatosi in essa il comandante generale della i^ di-
visione dell' esercito del Chili, colonnello Amengual, oggi inal-
zato air alto posto di generale, volle, protetto dal suo stato mag-
giore e dai carabinieri di Yangai, che si aprisse la porta del
Consolato, che minacciò di rompere, e pose in arresto, eoa sen-
tinella a vista, il signor Vice-Console, mentre egli si permise ^
penetrare nell' interno della casa. Questo fatto di gravissinui si«
gnificazione sembra che servisse di norma a quelli che, montenti
dopo, ci fecero espiare la fede che sempre avemmo circa al ri-
spetto che in ogni occasione meritano i neutrali. >
TACNA ED ARICA 407
si trovava di avere, sia nel primo momento in cui
all'esercito chileno che occupava Tacna piacesse di
operare su di essa. Né in quest'ultimo caso poteva
essa opporre una forte e lunga resistenza, poiché la
sua guarnigione che arrivava appena a 1800 uomini,
doveva necessariamente venir sopraffatta da un nemico
cinque o sei volte più numeroso senza contare Fazione
della squadra che ne bloccava il porto ; e perché, seb-
bene si fosse lavorato fin dal principio della guerra a
fortificarla, le sue opere di difesa, in se stesse meschine,
costruite come furono in previsione di uno sbarco di
truppe nemiche, guardavano principalmente il mare,
e poco o nulla la via di Tacna, dal cui lato si pre-
sentava facile e spianato V attacco. Il famoso colle,
detto il Morrò j che dalla parte del mare, su cui é
tagliato a picco per un'altezza di 5oo piedi, poteva
considerarsi come inespugnabile, perdeva tutta la sua
forza e diveniva invece una posizione delle più peri-
colose ed insostenibili, se fosse attaccato alle spalle da un
esercito che venisse giù dall'interno del paese, da Asapa.
Da questa parte trovasi legato ad altro lungo colle,
detto Cerro Cordo, che viene giù in dolce declivio e
che gli rimane alquanto sovrapposto. Attaccati per
questa via da forze maggiori, i difensori del Morrò
$i trovano irrimediabilmente perduti; e se si ostinano
i non darsi prigionieri, non rimane loro che lasciarsi
immazzare sul posto a guisa di gregge nella rete, senza
potersi muovere in nessun senso, ammenoché non pre-
sriscaxio di esporsi ad ogni passo a precipitar giù a
icura morte alla base del Morrò.
j5, — Caivano, Qufrr^ tFAmfrÌ€q%
4o8 TACNA ED ARICA
Arica dista appena i4 leghe da Tacna, cui è unita
per. mezzo di una via ferrea ; ed il grosso dell'esercito
chileno, senza afirettarsi punto (i). cominciò il primo
giugno a concentrarsi in Chacalluta^ a tre leghe da
Arica, dove momentaneamente terminava la ferrovia
per essere stato rotto un ponte dai peruviani.
Indi il giorno 5, dopo aver prese le sue posizioni,
il generale Baquedano, comandante in capo delfeser-
cito chileno, spedi un araldo al comandante della guar-
nigione di Arica, intimandogli la resa della piazza,
onde evitare un inutile spargimento di sangue, in vista
della impossibilità della resistenza contro un nemico
quattro o cinque volte più numeroso. A tale intima-
zione il comandante della guarnigione, Colonnello Bo-
lognesi, rispondeva invece che avrebbe resistito fino
a che avesse bruciato Vu'tima cartuccia. E P artiglierìa
di ambo i combattenti cominciò in quello istesso giorno
(i) I chìleni temevano un assalto da parte dell'esercito oe*
mico ripforzato dalla grossa divisioDe dì Areqttipa che, come s'è
detto, trovavasi in Locumba nel giorno della battaglia ; e perciò
primo loro pensiero era quello di non smembrare menomamente
le proprie forze, tenendosi uniti e compatti in Tacna. Ma quando
seppero che i boliviani erano tutti sulla via del proprio paese,
e che r esercito di Arequipa erasene tranquillamente rìtomato
indietro, cessò ogni loro timore. Monterò, di cui princ:palnente
temevano, rimasto solo col suo piccolo e dimezzato esercito,
nulla piti potava tentare contro di essi, né in Tacna né in Anca,
dove, senza portare un competente contingente di forze, non
avrebbe fatto altro che accrescere le difficoltà provenienti dalla
scarsezza delle vittuaglie. In vista di questi fatti e considera-
zioni, mossero liberamente il primo. giugno alla volta di Aric^.
TACNA ED ARICA 409
a tuonare. Senza risultati positivi per nessuno dei due,
il fuoco di artiglieria continuò anche durante tutto il
gìoroo 6, nel quale i cannoni peruviani ebbero da fare
non solo con quelli delP esercito, ma con quelli assai
più potenti ancora della fòrte squadra cbilena ; ed il
sette, al far del giorno, l'esercito chileno diviso in
più colonne, ognuna delle quali era più numerosa di
tutta la guarnigione di Arica, imprese contro la piazza
un generale assalto.
L'esito della lotta non poteva esser dubbioso. Il Chili
fu vincitore. Ma la guarnigione d'Arica però tenne
rigorosamente la parola del suo coraggioso comandante,
perendo insieme a lui quasi totalmente.
Fra i difensori di Arica non era alcun boliviano.
Tutti erano peruviani, meno uno solo; e questi era
Z>. Roque Saen^-Pefìa, distinto ed egregio {)ersonaggio
della Repubblica Argentina, che per sola simpatia
alla causa del Perù era andato da semplice soldato
a combattere sui campi di battaglia, ove spiegò co-
raggio e sapienza militare non poca. Nel più forte
della mischia in Tarapacà, il Generale Buendia, del
quale era ivi aiutante, gli affidò il comando di un batta-
glione, che valorosamente diresse e portò alla vittoria;
e ciò servì perchè Bolognesi gli affidasse ancora in
Arica, col grado di Colonnello, il comando di altro
battaglióne che si fece tagliare a pezzi sotto i suoi
ordini, insieme ai pochi resti del quale egli fu fatto
prigioniero.
Otto ore dopo terminata la battaglia di Arica su
quel suo famoso Morro^ che rimase letteralmente ce-
4IO TACNA ED ARICA
petto di cadaveri sulla cima ad alla base, l'esercito
vincitore entrò pacificamente in città. Ma questa pace
non durò che pochi minuti. Preso alla lesta il loro
rancio, i soldati chileni si sbandarono per la città;
ed ancor più feroci che in Tacna, la misero per più
giorni consecutivi a sacco e ruba, ammazzando quasi
tutti quelli in cui s'imbattevano, ed incendiando qua
e là tutte le migliori case. Noi che visitammo Arica
un anno dopo - dopo un anno <;he fu tutto speso dai
suoi abitanti, massime stranieri, a riparare i gravi danni
sofierti - vedemmo ancora per ogni dove non poche
macerie e rovine.
In Arica come in Tacna, gli stranieri in generale
e particolarmente gì' italiani, non furono punto rispet-
tati (i). Oltre al saccheggio di tutte le case di commercio
e proprietà italiane - saccheggio in massima parte ac-
compagnato da incendio - fu anche barbaramente truci-
dato nella sua stessa bottega l'italiano G. Camiglia.
(i) Come risalta dai reclami avanzati e debitamente compro-
vati innanzi all'egregio Agente consolare d'Italia, signor Giovantii
Raffo, i danni sofferti dagl'Italiani in Tacna ed Arica, in con-
seguenza degli eccessi e delle pre^raricazioni dell' esercito chileoo,
ammontano alla non lieve cifra di 539,681 so/es argeutc^ pari a
lire italiane 2,698,405. Sappiamo che in risposta alle relative pra-
tiche del Governo italiano, quello del Chili ha già riconosciuto.
in massima, il dovere di risarcire tali danni; e non dubitiamo
che, come impone il decoro di ambo i Governi e Nazioni rispet-
tive, ciò sari presto un fatto compiuto. Ma come riparare al!a
morte del Rossi e del Carniglia, all'onta ed alle sofferenze pa-
tite in Tacna dai percossi e dal feriti?...
TACNA ED ARICA 411
E se in mezzo a tanto scempio fu questa la sola
vittima ctie ebbero a deplorare i pacifici e laboriosi
italiani residenti in Anca, unicamente devesi ciò at-
tribuire all'essersi tutti gli altri, ammaestrati dai fatti
di Tacna, anticipatamente rifugiati a bordo delie navi
straniere che trovavansi in rada.
ESTORSIONI CIllLENE E NEGOZIATI PER LA PACE
SOMIIARIO
Il Chili s' impoucBSB [Ielle rendite e delle fonti di ricchezia del
Perù. - Otdiaa U esazione di balzelli di guerra nelle città
e tene dell' indifeso litloralc peniviano. - DucumeLti che
lireriscoDO !■ specie e la quantità del bottino. - Relazione
itegli oggetti contenuti in casse spedile al Chili. - Contri-
buEÌoni pagate in denaro. - Fatti di Moquegua, - Gli Stati
Uniti offrano la loro mediaiione. - I PlenìpoteniiBri ai riuni-
scono a bordo della Laikaioana, — Condizioaì che il Chili
pose per la pace. - Conferenze. — Il Chili non accetta la
proposta dell' arbitrato. — Il Perù dichiara inacceltabili la
esigenze del Chili,
QMB già in Antofagasta, Cobija, Iquique,
Pisagua ed altrove, i chileni aprirono
a loro benefìcio ti pono e la dogana di
Arica non appena la ebbero occupata.
I Ma, a quanto pare, le grosse entrate
di tune queste dogane, in pane bolivìane ed in pane
414 ESTORSIONI CHILENE
peruviane, con quelle assai più considerevoli del guano
e del salnitro di Tarapacà, non furono trovate bastevoli
a sodisfare i desiderii od i bisogni veri e positivi del
Chili; il quale trovò anche la via di impinguar me-
glio il proprio tesoro a spese delle sventurate popola-
zioni peruviane che vivevano lontane dal teatro della
guerra. Eccettochè nellti Capitale ed in Arequipa, in
tutto il resto del Perù non era neppur V ombra di forza
armata. Onninamente indifeso, salvo solamente quei
due punti, il Perù si presentava qual facil preda anche
pel più meschino pugno di avventurieri cui venisse in
mente di fare una correria sulle sue ricche terre.
Fu quindi deciso che una piccola divisione dell'eser-
cito chileno, viaggiando senza posa e per mare e per
terra lungo l'esteso littorale peruviano, senza molto in-
ternarsi nel paese, si desse ad imporre e riscuotere grossi
balzelli di guerra da tutte le popolazioni e dalle ricche
fattorie che si trovassero sul suo cammino (i).
(i) e Trasse (il Chili) la devastazione e la rovina nei dipar-
timenti indifesi del nostro littorale del nord, distruggendo in un
istante monumenti d' inestimabile valore inalzati dalla moderna
industria.... Nulla ha potato trattenere la mano dei nostri ne-
mici : né lo stato inerme delle popolazioni, né la innocenza delle
vittime, né il pudore delle donne, né la debolezza della in&n-
zia, né la venerazione della decrepitezza, né il valore sfortunato,
né il carattere sacro della neutralità, né il più sacro ancora delle
ambulanze nel cui recinto sono stati assassinati senza pietà i no-
stri feriti : insomma, nessun rispetto é stato tanto potente da far
ritornare il Chili nel seno della civiltà, durante l' attuale guem
del Pacifico.... » Circolare, 5 novembre 1880, del Ministro degli
Esteri del Perù agli Agenti diplomatici del Perù ali* estero.
E NEGOZIATI PER LA PACE 415
Questa divisione cui fu dato il nome di Division de
operaciones del norte, percorse effettivamente tutti i
punti più importanti del littorale peruviano da Arica a
Paita, solo tralasciando di farsi vedere in quei pochi
siti dove avrebbe potuto trovar resistenza. E poiché
suo unico scopOf che si sappia almeno, era quello di le-
var grosse contribuzioni dagl'inermi abitanti del Perù,
spesso ricorse alle più spietate minacele, rese ancor
più potenti dal terrore che già circondava il nome chi-
leooy per astringere le misere popolazioni all'imposto
pagamento, che non sempre furono in possibilità di ef-
fettuare. Il più delle volte si dovè supplire alla man-
canza di metallico colle piccole gioie tolte dalle orec-
chie e dalle dita delle donne, e con tutte le specie di
valori che si avevano; e quando tutto mancava, fu
giuocoforza assistere alla distruzione delle proprietà
sia urbane che rurali, sia di case di abitazione che di
oflBcine e stabilimenti industriali, essendo massima del-
l' esercito scorridore di distruggere quanto incontrava,
per il doppio almeno del valore della imposta 0 balzello
rimasto insodisfatto (1).
(i) e ....Alla testa 4i 400 uomiaL penetrò (Lynch) fino alle
fattorie del Ptunit e di Palo Sico^ magnifiche proprietà destinate
alla coltura della canna di zucchero ed alla fabbricazione di
questo prodotto.... Lynch impose su queste proprietà una contri-
bnzione di 100,000 piastre, dando all' amministratore di esse tre
giorni di tempo per procurarsi il danaro.... Spirato il termine
fissato da Lynch pel pagamento della primd contribuzione, ricevè
daU' amministratore, che era uno dei figli del proprietario, una
lettera di rifiuto. .. Lo stesso giorno» 13 settembre, rispose: -Visto
41 6 ESTORSIONI CHILENE
Onde possano in qualche modo comprendere i nostri
lettori la specie di bottino raccolto in questa correria
dall' esercito chileno, riportiamo qui alcuni documenti
in proposito che i giornali chileni, quasi cosa somma-
mente degna ed onorevole, con ogni pompa pubblica-
rono, e che noi togliamo del giornale Im Patria di
Lima, N.^ 2916, che li riprodusse.
(( Comando in capo della Division de operacicnes
del iior/e -Vapor Itata in Mollendo, ottobre 27 dei 1880
- Con questa data ho decretato quanto segue : - Do-
vendo darsi minuzioso conto al Supremo Governo dei
risultati ottenuti dalla spedizione che ho avuto 1^ onore
di comandare. - Decreto : Nominasi una commissione
composta da.... perchè formi un inventario particola-
reggiato delle specie e danari che si sono imbarcati
sui trasporti Itata e Copiapò, qual prodotto dei balzelli
e contribuzioni imposte alle fattorie e paesi percorsi
dalle forze della divisione.... P. Lynch. >
« Relazione del contenuto delle casse con oggetti
presi al nemico, che sono state consegnate al commis-
sario (contador) del trasporto nazionale Itata:
la vostra lettera ho già dato gli ordini necessarii perchè si pro-
ceda alla distruzione della proprietà di vostro padre. .. - L' or-
dine di distruzione fu inesorabilmente eseguito. La truppa tolse
una quantità considerevole di succherò, di riso e di altre derrate,
ed in seguito fece saltare le fabbriche con polvere di cannone e
dinamite. •
Barros Arana, S feria della Guerra del Pacifiro, 2* parte, pa-
gine 77 a 80, Edizione francese.
E NEGOZIATI PER LA PACE 417
e Cassa N.^ i contiene: i^ una cassetta suggellata
con 84 decagrammi di oro vecchio con pietre di
diversi colori, e due chilogrammi, 78 decagrammi di
oro vecchio; 2^ una cassetta anche. chiusa con 6 oro-
logi di oro e 2 di argento, 43 decagrammi di gioie di
oro, 2 chilogrammi e 36 decagrammi di catene di oro,
e 179 anelli di oro, del peso lordo di 83 decagrammi,
fra i quali 6 con brillanti, 23 con diamanti e 1 1 con
pietre diverse; 3® un involto con 4 chilogrammi e 36 de^
cagrammi di oro lavorato; 4^ una borsa con 5 orologi
di oro e 5 di argento, tre diamanti per tagliar vetri,
un uovo di legno con entro alcune pietre preziose il
cui valore s'ignora, ed una cassettina di oro conte-
nente pietre di valore sconosciuto; 5^ una cassetta
suggellata con So grammi di perle fini ; 6^ altra cas-
setta con 62 grammi di perle fini; 'f un pacco con
un finimento per signora, in oro e cammei, ed un fini-
mento per uomo in oro, cammei e rubini. Tutto que-
sto fu consegnato dalla città dì Chiclayo al Coman-
dante in capo del reggimento....
e Cassa N."^ 2 contiene: 21 chilogrammi e 3o deca-
grammi di argento vecchio, parte preso dagli ufiziali
del reggimento Buin primo di linea, e parte dagli aiu-
tanti del comandante in capo, e per suo ordine, nella
città di Chiclayo.
« Cassa N.** 3 contiene : 4o34 fesos^ 60 cent, in mo-
neta chilena e peruviana.
« Cassa N.^ 4 contiene: 3391 pezzi, 90 cent, in mo-
neta chilena, peruviana e bollviana.
9 Cassa N.^ 5 contiene: 4 chilogrammi e 37 deca»
41 8 ESTORSIONI CHILENE
grammi di argento vecchio della città di Monsfù, con-
segnata dal sottotenente dei granatieri a cavallo, Don....
a Cassa N.^ 6 contiene : 3262 pezzi in moneta pe-
ruviana e boliviana.
«Cassa N.^ 7 contiene: 38 chilogrammi e 21 deca-
grammi di argento vecchio, consegnato nella città di
San Fedro dalP aiutante....
e Cassa N.^ 8 contiene: 1794 pezzi in moneta di
argento, una tortera d'argento del peso di 22 marchi
e 6 oncie, e 3o marchi 6 oncie di argento vecchio....
e Oltre le casse, si consegnarono al commissario del-
Vitata 8 barre di argento del peso totale di 917 mar-
chi e 3 oncie e mezza.
e Vapor Itata, nel mare, ottobre 3o del 1880, £>. Cor-
roseo Albano^ segretario generale. - V. B. Lynch, •
Contribuzioni pagate in denaro, lire sterline: Ferro-
via di Eten 325o; Fattoria Cayalti 1000; Molino di
Pacasnugo 35o; Casale di Chepen 100; Città di San
Fedro 1000; Ferrovia di Pacasmayo 4ooo; Fattorie
Laredo e Panache 1000; Fattoria Chiquitoi 1000;
id. Chiclin 1000; id. Chicamita 1000; id. Pampas 1000;
id. Facalà 1000; id. Tulape 1000; id. S. Antonio 1000;
id. Mocan 1 5oo; id. Santa Clara e Licape 1000; id. Tra-
pichito 5oo; id. Arriba 5oo; id. Gazflape 5oo; id.JFarias
e Tutuman 3oo;'id. Bazan 5oo; id. Vifiita 5oo; id. La
ViJìa 5oo; id. Santa Elena e Carmelo 5oo; id. Naza-
reno no; id. Salamanca no; id. San Domingo no;
Città di Trujillo 3ooo; Fattoria Menocucho i io; id. Ma-
collope no. Totale, lire sterline 29050. - Città di Chi-
clayo, scudi 1923; Fattoria Combo 5oo; Casale di
E NEGOZIATI PER LA PACE 419
Ascope 4ooo; Città di Lambayeque 4ooo; Città di
Ferrefiafe 1000. Totale, scudi 11 42 3 (i).
Basti ciò a dare qualche idea e del bottino stesso
e del terrore che doveva ispirare l'esercito che lo rac-
coglieva!...
Disseminati come trovansi gli stranieri per ragioni
di commercio su tutto il territorio peruviano, toma
inutile l'avvertire che di tali vessazioni essi furono
vittime, colà dove si trovavano, non diversamente che
i peruviani stessi; e non mancano a questo riguardo
i giusti reclami sporti innanzi i proprii Governi da
cittadini italiani e di altre nazionalità (2).
(i) « Come prodotto finanziario della spedizione, e come pro-
dotto delle contrìbnzioni di guerra si ebbero 29050 lire sterline,
11428 scadi in argento, 5000 scudi in carta-moneta del Perù,
un poco d' oro e d' argento in verga, un carico considerevole di
merci e di prodotti di quelle provincie, fra cui figuravano oltre
2500 sacchi di zucchero, 600 sacchi di rìso, molte balle di co-
tone e di tabacco. >
Barros Arana, op, €it, pag. 95.
(2) Nel rapporto ufficiale che V aatorità municipale di Mo-
qaegua dirigeva alle autorità superiori il 18 ottobre 1880, e che
troviamo nel giornale La Patria di Lima del 16 novembre 1880,
sui fatti consumati in Moquegua dalle forze .chilene, si legge :
« Il comandante impose su questa città, in nome del Governo
cfajleno, la contribu:BÌoìie di 11:^,000 scudi pagabili in Argento
monetato o lavorato, in . giòie e metalli in pasta ; pia 50 ani-
mali vaccini, 20 quintali di riso, 30 di farina, io di zucchero e
5 di caffè, o il loro valore in danaro, nel termine di 24 ore pel
danaro, e di 48 pei viverì.... Indi il comandante chileno ridusse
a 60,000 scudi il balzello in metallico, senza alterare quello dei
TÌTeri, e conchiuse minacciando il popolo coli' uso della forza,
420 ESTORSIONI CHILENE
Lo Stesso Barros Arana, cui la bruttezza di questi
fatti non poteva sfuggire del tutto, si affatica non poco
nella sua Storia della Guerra del Pacifico^ ad attenuarne
senzm rispoDdere delle conseguenze che sopravverrebbero, se non
si pagava il balzello. Alcuni cittadini assicurano che il coman-
dante disse che se non si pagava il balzello avrebbe abbando-
nata la popolazione alle truppe ; e debbo anche manifestare che
la colonia italiana sollecitò più volte verbalmente e per iscritto
garanzie per le sue persone ed interessi perchè neutrali, e non
le ottenne.... Compiute le 24 ore le forze chilene occuparono la
città, e molte signore si presentarono al comandante domandando
la diminuzione del balzello ed una proroga per pagarlo, ovvero
che si segnalasse loro un luogo di asilo per porre a salvo le
loro persone ed il loro onore ; ciò che non ottennero, nonostante
le suppliche e le lagrime loro. Le forze chilene si portarono
immediatamente i 27,420 scudi che in argento monetato e la-
vorato ed in gioie eransi riuniti ; ed il loro capo intimò che se
il giorno seguente non si completasse il balzello, effettuerebbe
la sua minaccia come se nulla si fosse dato. Lo stesso proce-
dimento si osservò nei giorni seguenti, essendo da avvertire clie
alle II ant. la forza chilena si sparpagliò per la città, e fece
una minuziosa perquisizione in tntte le case, incluse quelle degli
italiani, facendo aprire ed aprendo perfino i bauli che in esse
trovavano, prendendosi rivoltelle, fucili, vacche, pecore, Liamas^
cavalli, muli, asini ed altri molti animali che trovarono.... Nella
maniera indicata, e cooperando la colonia italiana e la chinese
con oltre 4000 scudi, come mi si assicura, arrivò a coprirsi il
balzello fino alla somma di 62,788 scudi, come è provato
dalla liquidazione e dalle ricevute 'che rimetto in copia.... Nono-
stante r assicurazione fatta più volte dal comandante chtleno che,
soddisfatto il balzello, garantiva che le forze di sua dipendenza
si ritirerebbero in buon ordine, senza arrecar danno alle persone
né alle proprietà, al ritirarsi dal paese hanno incendiato l'abita*
zione di un povero fittaiuolo, la cantina della fattorìa che con-
E NEGOZIATI PER LA PACE 421
la gravità, nonché a cercare scuse e pretesti di giustifica-
zione. Ma pur raccontando le cose a suo modo, qualche
sozzura scappa sempre ed apparisce qua e là ; e le scuse
ed i pretesti addotti da lui sono poi del tutto inefficaci a
soddisfare i suoi desideri!. « La facoltà che si attribuisce
il capo di un esercito di occupazione, dice il Barros
Arana, d* imporre contribuzioni di guerra agli abitanti
di un territorio invaso, e di esigerne il pagamento con
tutta la severità possibile in caso di resistenza, è au-
torizzato dal diritto internazionale moderno. » Ma, senza
dimenticare che questo principio non è poi tanto as-
soluto, come pretenderebbe lo scrittore chileno, e che
ha anch^esso certi limiti oltre i quali i popoli civili
si guardano assai bene di arrivare, domandiamo: era
forse per necessità o semplice ragione di guerra al-
meno che la divisione Lynch invadeva quelle provin-
cia del Però? In quelle provincie non erano eserciti
nemici da combattere; non eravi da compiere e non
fu compiuta nessuna operazione di guerra, propria-
mente detta: lontane di più centinaia di miglia dal
teatro della guerra, non pjossi dire neanche che i
soldati chileni vi entrassero come a semplice allarga-
mento delle zone da essi militarmente occupate : vi
andarono apposta e per mare, ciò che importa dise-
dace O. Zaniga, le case e officine delle fattorìe di P. Flores,
B. Vargas de Zavalaga, D. Barrios e G. Zapata, oltre i liquori
che hanno asportato e lasciato disperdere in varie cantine, rom-
pendo le porte, e i seminati che hanno devastato in molte pro-
prietà, durante la occupazione.... »
422 ESTORSIONI CHILENE
gno e premeditazione ; e non le invasero né per appro-
priarsele a titolo di conquista, né per occuparle per uo
tempo più o meno lungo durante il corso della guerra.
Senza trovar mai resistenza alcuna, neanche la più
insignificante, vi entrarono come si entra in una casa
aperta ; e non vi rimasero che appena il tempo neces-
sario per correrle di fuga e raccogliere prestamente
balzelli e contribuzioni di ogni genere. Questi balzelli
e queste contribuzioni non furono adunque effetto, ma
causa della invasione ; e diciamo della invasione^ non
già della occupazione, perchè non può chiamarsi tale
il semplice passaggio a passo di lupo, o la scorreria
di una forza armata sulle terre indifese del nemico.
Da cui nasce che, anche ammesso in tutto il suo ri-
gore il poco civile ed umanitario principio invocato
dallo storico chileno, neppur basterebbe, non già a
giustificare, ma neanche a scusare od a semplicemente
attenuare le enormezze commesse dall'esercito del suo
paese. E se poi si considera che quei balzelli e queste
contribuzioni furono in maggior parte tolte in derrate,
zucchero, riso, tabacco, cotone, ed in meschine gioie
di uso, che il terrore strappava dalle dita e dalle orec-
chie delle donne; e che senza vantaggio per alcuno
si distrussero, come neppure gli Unni avrebbero fiotto,
grandiosi e colossali laboratorii industriali, non si può
non convenire che il ricordo di questi fatti rimarrà
sempre nella coscienza dei popoli civili, a indelebile
onta e vergogna di chi ne fu autore.
Mentre T esercito chileno si dava a questa tanto pro-
ficua quanto vituperevole scorreria sulle indifese terre
E NEGOZIATI PER LA PACE 423
lerre dello sventurato Perù, gli Stati-Uniti dell'America
del Nord offrivano la loro mediazione ai Governi delle
tre Repubbliche belligeranti, onde arrivare ad una giu-
sta ed equa pace che ponesse termine a tanto eccidio
ed a tanta rovina.
Dopo lunghe pratiche e quisquiglie sul modo e luogo
ove si avessero a tenere le relative conferenze fra i
Plenipotenziarii delle tre potenze belligeranti e della
Gran Repubblica mediatrice, fu in fine stabilito che
csst avrebbero luogo a bordo della nave nord-ameri-
cana Lackawana^ nel modo e forma che appariscono
dai relativi Protocolli delle medesime, di cui trascri-
viamo qui le parti più essenziali.
e A bordo della corvetta nord-americana Lackawana^
nella rada di Arica, il 22 ottobre 1880, riuniti i Pleni-
potenziarii seguenti:
a Per la Repubblica del Perù, i Signori Antonio Are-
nas e Aurelio Garcia y Garcia - Per la Repubblica di
Bolivia, i Signori Mariano Baptista e Juan Crisostomo
Carrillo - Per la Repubblica del Chili, i Signori Eulojio
Altamirano, Eusebio Lillo e colonnello José Francisco
Vergara, segretario di Stato pei dicasteri di Guerra e
Marina. - In presenza degli Ecc. Rappresentanti della
Repubblica degli Stati-Uniti di Nord-America, Signori
Thomas O. Osborn, accreditato presso il governo del
Cfailì, Isaac P. Christiancy, accreditato presso il Go-
verno del Perù, e generale Carlo Adams, accreditato
presso il Governo della Bolivia.
« JL'Ecc. signor Osborn, decano dei Rappresentanti
degli Stati-Uniti, espose.... Conchiuse colle parole; Vi
27. — Caivano, Guèrra tf America,
424 ESTORSIONI CHILENE
prego, Signori, vi supplico di lavorare con impegno
per ottenere la pace, e spero, in nome del mio Go-
verno, che i vostri sforzi vi porteranno a questo risul-
tato. » Indi dichiarò aperta la conferenza.
e L'Ecc. signor Altamirano espose allora.... Venendo
alla grave questione del momento, manifestò che le
circostanze imponevano come dovere indeclinabile
quello di procurare una soluzione immediata; e che
cercando il procedimento più adeguato per raggiun-
gere questo fine, aveva creduto necessario di aggrup-
pare in una minuta le proposizioni che, secondo le sue
istruzioni, dovevano formare la base del trattato, affin-
ché considerandole tutte insieme potessero gli Ecc. Rap-
presentanti del Perù e della Bolivia indicare se potreb-
bero aprirsi le discussioni su quelle basi.
e Minuta delle condizioni essenziali che il Chili esìge
per arrivare alla pace, presentata dai Pieni potenziarii
chileni ai Plenipotenziari peruviani e boliviani, nelk
conferenza tenuta a bordo della nave americana La-
ckawana, il 22 ottobre 1880:
€ Prima - Cessione al Chili dei territorii del Perù e
della Bolivia che si estendono al sud della valle di Ca-
m^irone^ ed air ovest della linea, che nella Cordigliere
delle Ande separa il Perù e la Bolivia fino alla valle di
Chacarillay ed all'ovest anche di una linea che da questo
punto si prolungherebbe fino a toccare colla frontiera
argentina passando pel centro del lago di Ascotan.
« Seconda - Pagamento al Chili dal Perù e Bolivia, in
solido, della somma di venti milioni di scudi (pesos]
quattro dei quali saranno pagati in contante.
E NEGOZIATI PER LA PACE 425
€ Terza - Restituzione delle proprietà di cui sono
stati spogliati i cittadini chileni e le loro imprese nel
Perù e nella Bolivia.
€ Quarta - Restituzione del trasporto Rimac.
€ Quinta - Abrogazione del trattato segreto conchiuso
fra il Perù e la Bolivia Tanno 1873, lasciando nel-
l'istesso tempo senza effetto e valore alcuno le pratiche
avute per conchiudere una G)nfederazione fra le due
nazioni (1).
e. Sesta - Ritenzione per parte del Chili dei territorii
di MoqueguUf Tacna ed Arica che occupano le armi chi-
lene, fino a che si sia dato compimento alle obbligazioni
cui si riferiscono le precedenti condizioni.
€ Settima - Obbligo da parte del Perù di non fortifi-
care il porto di Arica quando gli sia consegnato, né in
alcun tempo; e compromesso che in avvenire sarà
porto esclusivamente commerciale. »
Seconda conferenza del 25 ottobre,
a Manifesta l'Ecc. signore Antonio Arenas, che le
basi presentate dall' Ecc. Plenipotenziario del Chili gli
hanno prodotto una penosa impressione, perchè chiu-
dono le porte a ogni discussione ragionata e tranquilla ;
che la prima di esse specialmente, è un ostacolo tanto
insuperabile nel cammino delle pacifiche negoziazioni,
da equivalere ad una intimazione di non passare in-
(1} Sempre la stessa politica del 1837. Con qual diritto, ec-
cetto quello di una oltraggiante prepotenza, può una Nazione
vietare che altre Nazioni indipendenti si confederino fra loro,
o si uniscano con trattati d'alleanza?
426 ESTORSIONI CHILENE
nanzi ; che il Chili ha ottenuto vantaggi nella presente
guerra, occupando militarmente alcuni territorii del
Perù e della Bolivia, sui quali non pretese giammai di-
ritto alcuno, e che avendoli occupati in seguito a var'n
combattimenti, crede oggi di essere divenuto padrone
di essi, e che la sua occupazione militare sia un titolo
di dominio; che questa dottrina fu certamente sostenuta
in altri tempi ed in lontane regioni ; ma che neir Ame-
rica spagnuola non è stata mai invocata dai tempi della
sua indipendenza fino ad oggi, perchè creduta incom-
patibile colle basi tutelari delle istituzioni repubblicane,
perchè decadde sotto la potente azione dell'attuale si-
stema politico, e perchè sommamente pericolosa per
tutte le Repubbliche sud-americane.... Che perciò crede
che, date le attuali condizioni dei belligeranti, una pace
che avesse per base lo smembramento territoriale ed il
ritorno del caduto diritto di conquista, sarebbe una pace
impossibile; che quand'anche i Plenipotenziari! peru-
viani l'accettassero e la ratificasse il loro Governo, il
sentimento nazionale la respingerebbe, e la continua-
zione della guerra sarebbe inevitabile; che se si insiste
nella prima base, presentandola come condizione inde-
clinabile per arrivare ad un accomodamento, la speranza
della pace deve perdersi completamente....
« L' Eccel. signor Altamxrano espone : .... Accettando
la guerra come una dolorosa necessità, il Chili vi si
slanciò senza pensare ai sacrifizi che le imponeva ; €
per difendere il suo diritto e l' onore della sua ban-
diera ha sacrificato i suoi migliori figli e speso sen2t
misura i suoi tesori.... In questa situazione, il suo Gc-
E NEGOZIATI PER LA PACE 427
verno ha accettato con sincerità V idea di porre ter-
mine alla guerra, sempre che fosse possibile arrivare
ad una pace solida, riparatrice dei sacrifici fatti, e che
permettesse al Chili di ritornare tranquillo al lavoro
che è la sua vita. Il suo Governo crede che per dare
alla pace queste condizioni, sia indispensabile di avan-
zare la linea di frontiera. Così procura di compensare
in parte i grandi sacrifìci che il paese ha fatto, e di
assicurare la pace delP avvenire. Questa esigenza è per
il Governo del Chili, pel paese e per i Plenipotenziari i
che parlano in questo momento in loro nome, inde-
clinabile, perchè giusta. I territorii che si estendono
al sud di CamaroneSj debbono nella loro totalità lo
sviluppo ed il progresso attuale, al lavoro chileno ed
al capitale chileno. Il deserto era stato fecondato dal
sudore degli uomini di lavoro prima di essere irrigato
dai sangue dei suoi eroi. Ritirare da Camarones la
bandiera ed il potere del Chili, sarebbe un vile abban-
dono di migliaia di concittadini, ed un rinnovare, ag-
gravandola, l'antica e insostenibile situazione.... (i).
(^1) Sappiamo già quanto sia di vero in tutto ciò.
Scoperti i grandi depositi di salnitro neUa provincia peruviana
di Xarapacà, il Perù apri generosamente le porte del suo ricco ter-
'i torio a tutti coloro che cercassero nel lavoro una fonte di be-
tessere e di prosperità, senza guardare se fossero nazionali o
LO. Xnsieme ai tanti altri stranieri, accorsero ivi in folla i chileni,
lie Ijl povertà e la mancanza di lavoro condannava alle più dure
ri vsLzIoni in casa loro; e già abbiamo visto altrove quali e quanto
rancli benefici ne ritraesse l' intero Chili. Ed ecco che questo fatto,
t^ ^^o avrebbe potuto e dovuto servire a infondere nei chileni la
428 ESTORSIONI CHILENE
« L'Eccel. signor Baptista disse: Le categoriche di-
chiarazioni dell' Eccel. signor Altamirano seoibrano
chiudere il cammino della discussione.... Noi Plenipo-
tenziarii di Bolivia ci troviamo in perfetto accordo
colle esplicite dichiarazioni dell' Eccel. signor Arenas,
nel punto fondamentale dell' acquisto di territorio, chia-
misi avanzamento, cessione, compensazione o conquista,
e pensiamo così, ispirandoci nell'origine e nello svol-
gimento della vita politica della nostra America
Non deponiamo nel suo seno una perpetua causa di
malesserel Non fissiamo nelle frontiere delle sue Repub-
bliche poteri gelosi che si stiano reciprocamente spiando,
assorbendo coi loro eserciti ed armate, continuamente
in aumento, le forze dei popoli.... Vinti e vincitori sof-
friremmo egualmente per uno stato anormale che la-
sciasse per gli uni il sordo lavorìo della rivincita, e
per gli altri il lavoro estenuante e costoso d'impedirlo....
Dichiaro francamente che debbono riconoscersi ed ac-*
cettarsi gli effetti naturali dell'esito. Nel corso di questa
campagna i vantaggi sono pel Chili. Potrebbe dunque
dirsi che vi è luogo ad una indennità a favore del
Chili. Ritenga come pegno il territorio occupato, e si
cerchino i mezzi equi che soddisfacciano coi prodotti
più sincera gratitudine verso il Perù, viene invece invocato dal
Chili come argomento per strappare al Perù quel ricco suo ter-
ritorio, e farlo proprio. Questa strana pretenzione del Chili, espressa
dalla bocca ufficiale di un suo Flenipotenziario in tanto grave e
solenne occasione, non può che darci una prova di più della prò-
fonda perturbazione del senso morale, in cui la violenza delle
passioni ha trascinato certi animi in quel paese.
E NEGOZIATI PER LA PACE 429
fiscali di questo stesso territorio gli obblighi che ci si
potessero imporre....
€ L'Eccel. signor Altamirano espone: ....E ben triste,
dice al concbiudere, l' avere a resistere ad esortazioni
come quelle che ci hanno fatto gli Eccel. signori Are-
nas e Baptista, ma se l' avanzamento della frontiera è
ostacolo insuperabile per la pace, il Chili non può,
non deve eliminare quest' ostacolo (1).
€ L' Eccel. signor Garcia y Garcia dice : .... Non può
trascurare una delle ragioni che V Eccel. signor Alta-
mirano invoca come specioso titolo pel dominio che
il Chili pretende di ottenere sui territori di Tarapacà.
Ricorda che T Eccel. Plenipotenziario del Chili sostenne
che essendo chilena la totalità della popolazione di
quella provincia, e chileni ancora i capitali e le braccia
che formarono quelle industrie, si perviene ad essi il
possesso dì quel territorio. Prescinde dalla estensione
di totalità che l' Eccel. signor Altamirano ha dato alle
sue parole, perchè essendo totalmente contraria ai
fattiy non crede che pretenda di sostenerla né che ab-
bia avuto tal intenzione. Non tacerà nondimeno la
espressione della naturale sorpresa che gli ha causato
V udire così strano ragionamento da una persona, la
cui istruzione ed elevata importanza politica la rendono
una figura americana.... Aggiunge che applaude alla
(i) Il Chili aveva voluto e fatto la guerra collo scopo deter-
iDJnato di conquistare i territori di Atacama e Tarapacà ; e certo,
non poteva egli accondisccDdere a ritirarsi dalla guerra senza la
desiderata ébnquista.
430 ESTORSIONI CHILENE
rettitudine di proposito, di che, come non poteva non suc-
cedere, abbonda i'Eccel. signor Baptista; ma giudicando
indispensabile di dare a queste idee una forma, per
cos) dire, tangibile, che porti agli uomini spassionati
il convincimento della nostra buona fede, che soddi-
sfaccia il comune decoro e faccia tacere le esagera-
zioni che sorgono nei rispettivi paesi, propone : che
tutti i punti di queste divergenze, cui ha fatto allu-
sione TEccel. signor Baptista e che si specificheranno
in altre discussioni, siano sottoposte all' arbitrato inap-
pellabile del Governo degli Stati-Uniti delP America
del Nord, chiamato com'è ad esercitare questa gran
funzione dalla sua alta moralità, dalla sua posizione
nel Continente, e dallo spirito di concordia che rivela
egualmente in favore di tutti i paesi belligeranti qui
rappresentati.
a L'Eccel. signor Vergara espone.... Che unicamente
si occuperà della proposta deir arbitrato, presentata dal
signor Garcia y Garcia, per dichiarare perentoriamente,
in nome del suo Governo e dei suoi Colleghi, che non
V accetta in nessun modo.... Il Chili cerca una pace
duratura che sia fatta in vista (que consulte) dei suol
interessi presenti e futuri, che stia nella misura degli
elementi e del potere di cui dispone per ottenerla, del
lavori fatti e delle fondate aspirazioni nazionali. Questa
pace la negozierà direttamente coi suoi avversarli,
quando questi accettino le condizioni che esso stima
necessarie alla sua sicurezza, e non vi è motivo alcuno
che lo obblighi a deporre in altre mani, per molto
onorevoli e sicure che fossero, la decisione dei suoi
E NEGOZIATI PER LA PACE 431
destini. Per queste ragioni dichiara che respinge l' ar-
bitrato proposto (1).
e L' Eccel. signor Carrillo, dice : .... La proposizione
dell'Eccel. mio collega signor Baptista è stata espressa
come opinione particolare; da mia parte F appoggio....
e la rinnovo in questa forma : Statu quo del territorio
occupato dalle forze del Chili, fino alla decisione del-
l' arbitrato proposto. Per conchiudere, credo opportuno
di manifestare che quando si offri in Bolivia la rispet-
tabile mediazione del Governo degli Stati-Uniti, il mio
Governo e l'opinione nazionale si persuasero che la
pace fosse un fatto già, poiché questa mediazione era
accompagnata da altra parola, l'arbitrato, che signi-
fica giustizia e onore per tutti senza umiliazione per
nessuno.
a All'Eccel. signor Osbora sembra opportuno, egual-
mente che ai suoi Colleghi, di far constare qui che il
Governo degli Stati-Uniti non cerca i mezzi di farsi
arbitro in questa questione. Lo stretto adempimento
dei suoi doveri inerenti a questo incarico, occasione-
rebbe molto lavoro; e comunque non dubiti che il suo
Governo acconsentirebbe ad assumere un siffatto inca-
rico, nel caso in cui fossegli debitamente offerto, con-
( I ) A nessuno sfuggirà l'aceiba durezza di queste parole. Senza
tener calcolo dell'offesa che direttamente si faceva agli Stati-Uniti,
respingendo con tanta apprezza la proposta di arbitrato, le parole
del Plenipotenziario chileno possono così tradursi: ho la forza
con me, e intendo e voglio approfittare di tutti i vantaggi che
la forza puu darmi, senza permettere che altri s'intrometta nei
latti miei.
432 ESTORSIONI CHILENE
viene nondimeno che si sappia che i suoi rappresen-
tanti non sollecitano questo onore.
« L' Eccel. signor Altamirano espone : .... Che pensa
come S. E. (Carrillo), trattandosi di inalzare V arbi-
trato a mezzo unico e obbligatorio per dirimere le
questioni fra le nazioni : ma se nel caso attuale fosse
accettato dai Plenipotenziarii del Chili, sarebbero essi
giustamente accusati e condannati nel loro paese sic-
come rei di abbandono dei loro doveri, e quasi di tra-
dimento dei più manifesti diritti e interessi della loro
patria.
Terza conferenza del 27 ottobre.
e Gli Eccel. Plenipotenziarii del Perù dichiarano che
insistendo il Chili nel mantenimento della prima con-
dizione, e non avendo accettato l'arbitrato proposto
da essi, non era loro lecito di proseguire nelF esame
delle altre basi; che erano state loro chiuse tutte le
porte, facendo necessaria la continuazione della guerra,
e che la responsabilità delle sue conseguenze non gra-
vera sul Perù, avendo esso indicato un mezzo deco-
roso di arrivare alla pace. » (Dicesi lo stesso a nome
della Bolivia).
e L'Eccel. signor Osborn dichiara che egli ed i suoi
colleghi lamentano profondamente che la conferenza
non abbia dato i resultati pacifici e concilianti che si
ebbero in vista....
e Indi si dichiarò chiusa la Conferenza. i> - Seguono
le firme.
Ozioso sarebbe ogni commento da parte nostra. Le
esigenze così chiaramente e duramente manifestate dai
E NEGOZIATI PER LA PACE 433
Plenipotenzìarìi chileni di non accettare nessuna di-
scussione che non cominciasse dalla cessione al Chili
dei deserti di Atacama e di Tarapacà, sono la più
evidente e sicura prova di quanto dicemmo nel par-
lare delle cause della guerra. II Chili aveva pensato
di fare, e faceva niente più che una semplice guerra
di conquista ; e poiché la sorte degli eventi si era de-
cisa a suo favore, si teneva sempre più fermo nei primi
proj)osili.
BATTAGLIA DI SAN JUAN
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS
SOMMARIO
l Chili iatende ad approfittare lempre più delU debolezia del
Peiù. - Riascite vane le conTeienze per la pace, muove con-
tro Lima. - Sbarco di Pitto. - TentatJTO di bombardamento
del Collao, — Perdila di £1 Lea. della Ccvadenga e della
Fretta. - La Bolivi», di fallo, non partecipa più alla guerra. -
Il IDillalotc Pierola : l'ambiiinDe e la vanilà lo ingolfano in
nuovi eiTori. ~ Gli ufiicMli, lasciate le ffm partigiane, solo
(te*ideraDO battersi contro lo slianiero. - Fìerola diffida di
tutti: guasta l'esercito, scioglie la guardia 'nazionale e crea
l'esercito di liserva, gli ufficiali ttmpersmii e il Batla^lione
dtfoiitt. — W nuovo esercito di Pierola fu un' accoiiaglia d'ar-
mati. — Egli volle essere il generate in capo : ambiva ad una
vittoria tutta sua. — Aspetta il nemico alle patte di Lima. —
Fortifica San Cristobal e San Barlolemé. - Contraria il sen-
timento pubblico che voleva nuove forie navali. - Il tuo
piatto. - Il pubblico peruviano era malcontento; perchè tol-
lerò Herola. — Lo sbarco di Fisco indicava che si attacche-
rebbe Lima dalia parte di Lurin. - Tùilada e Valle di Lurio.
BATTAGLIA DI SAN JUAN
- Linee di difesa. — I rìdolti. - Le siini aulemalicii. - I
preti e ti Vicario Caslrtitii. - Sbarco di Curayato. - L'esti-
cito chileno poteva esser disfatto io Lurin. - Come Pìerola di'
spose gli eserciti. — Rimostranie e consigli dei generali mn
ascoltati. — Gli AtUi e la Cttardùi Urbana. — DisposìiioDt
dell' eiercito cUleno, e attacco del 13 gennaio iSSi. -
Valorosa resistenza dell' ala diritta : Igletias è fatto jk:-
gioaiero. - La riserva : nn battaglione tagliato a peni. -
L' ala ainistta non prese parie alla lotta. - La attiri
collocazione dell' esercito e 1' ìncapacilì di Pieiola (bnm
causa della disfatta. — Suo scoraggiamento durante la Intu-
gli*. — I fuggitivi peruviani si riducono a Mirafloies. - 1 th.:-
leni a ChorrillBs. - Saccheggio, deraslazione e joceodio. -
Orgia, ubriachezza e sangue. — I comaodanti non posni
freno agli eccessi dei soldati. - La distruzione di ChoniUoi
nonidovuta tutta alla ifrenateiii della soldatesca: aembripn;'
meditata e consentita. - Nota diplomatica e sua risposta. -
Perchi non arsero i ranckoi degli aderenti chileni ? - Sac-
cheggi ed iDcendi al Barrane^. - Né a Chorrìllos ni al Bii-
ranco si rispettaron gli Etranieri nentrali. — Danni patiti dilli
colonia italiana. — Atiocitì chilene : uccisione di 13 italiac^-
- Che fece il Governo italiano ì - La debolezza dei ItEri
italiani offri argomento di scberao e di baldanza al chilei'i. -
La favola del Baltagtioni italiano. - Perdite del Chili e it.
Perii Della battaglia di San Juan. - FercbÈ i fileni si osti-
nano a chiamare Battaglia di OierrUht un semplice &1I0
d' orme alla stazione fèrrorìaria.
lA nei progetti del Chili, prima ancora
di arrivare a Tacna ed Arica, di avatt-
zarsi celermente contro la capitale del
Perù. A ciò lo spingevano l' aniirt
odio divenuto oramai segno dì patrìot
tismo e articolo di fede nazionale, e il bisogno di A
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 437
Struggere un nemico che sapeva di aversi reso irrecon-
ciliabile, o di talmente lacerarlo almeno, da ridurlo per
lunghi anni nella più assoluta impotenza: e questo, nel
doppio scopo di non averlo a temere più tardi, e di
potergli senza contrasto dettare la sua legge, onde ob-
bligarlo con un imposto trattato di pace a confermargli
la conquista di Tarapacà.
Già dal giorno 8 aprile 1880 la sua squadra aveva
messo il blocco al Callao ; e a cominciare dai primi
di giugno, imprese con tutte le sue forze ad aumen-
tare il proprio esercito, ed a sollecitare tutti gli altri
preparativi del caso. Il fatto gli aveva addimostrato
che non si era ingannato allorché, facendo assegna-
mento suir accidentale debolezza in cui l' anno innanzi
trovavasi il Perù, lo trasse per forza ad una guerra
alla quale questo neppur lontanamente pensava. Il fatto
stesso gli aveva provato del pari che, atteso il cattivo
stato sempre crescente delle interne condizioni politi-
che di quel paese, la sua prima debolezza anziché spa-
rirCy era andata facendosi sempre più grande; e tutto
gli consigliava di approfittare quanto potesse, e presto,
di sì favorevole occasione, prima che un probabile
mutamento di siffatto stato di cose, V obbligasse a ri-
manersene a metà del cammino, e forse a tornar in-
dietro in casa propria senza gli sperati guadagni.
I preliminari delle conferenze per la pace, e le con-
ferenze stesse che sapeva non potevano appagare i suoi
voti, non avevano arrestato né i suoi preparativi, né
i suoi atti di ostilità contro le imbelli popolazioni ne-
miche che opprimeva sotto il peso di enormi balzelli;
438 BAITAGLIA DI SAN JUAN
e appena si chiusero quelle, come abbiamo visto, senza
alcun risultato pratico, si accinse sollecitamente a muo-
vere contro l'antica regina del Pacifico.
Effettivamente una prima divisione dell' esercito chi-
leno che doveva operare su Lima sbarcò il 19 novem-
bre nella baia di Paracas, pròssima al piccolo porto
di Pisco, lasciato senza guarnigione dal nemico insieme
a tutto il resto della sua estesa spiaggia, eccetto il Cai-
lao: a questa prima divisione di 85oo uomini, tenne
dietro pochi giorni appresso altra di 34oo; ed il 22 del
seguente dicembre sbarcavano infine tutte le rimanenti,
anch'esse senza ostacolo veruno, sull'abbandonata
spiaggia di Curaj^aco, E queste e quelle formavano
un tutto di 26,300 uomini, con 80 cannoni e 8 mitra-
gliatrici che il Chili spingeva contro la capitale peru-
viana (i).
Dal maggio al dicembre, le corazzate chilene che
bloccavano il porto del Callao tentarono più volte di
bombardare la città ed il forte : ma collocandosi sem-
pre nella baia ad enorme distanza da quello, i loro
tentativi riuscirono sempre infruttuosi, senza mai pro-
durre danno alcuno al nemico. La flotta chilena per-|
deva invece nel settembre il trasporto armato El LoaJ^
fatto saltare in aria dai peruviani per mezzo dì u.n||
torpedine.
Altra nave chilena, la corvetta Covadonga che bl
(i) Vedi Barros-Arana, Op. cit., parte 2*, p. 141. Come c\
leno e come storico semi-ufficiale del suo paese, il B. Araoa
veva conoscere esattamente il vero ammontare di quelle cifji
E DISTRUZIONE DI CUORRILLOS 439
cava il porto di Chancay^ andò anch' essa in frantumi
nello stesso settembre, sotto r azione di un'altra torpe-
dine lanciata dai peruviani.
n 5 dicembre infine avveniva nella rada del Callao
un singoiar combattimento fra una barca torpediniera
cbilena, la Fresia^ ed altra peruviana di egual natura.
Detto combattimento succedeva a metà cammino fra
le fortificazioni del Callao e la squadra chilena, che
non vi presero parte alcuna, e finì colla perdita della
barca torpediniera chilena, colata a fondo dalla pe-
ruviana.
Vediamo ora ciò che facesse in quel frattempo il
Dittatore peruviano, e come si preparasse alla lotta
che il nemico veniva ad impegnare sotto le mura
ìstesse della capitale.
Della Repubblica alleata, la Bolivia, a causa della
quale, apparentemente almeno, il Perù fu trascinato
alla guerra, non è più a discorrere: dopo la battaglia
dell'-A/to deir Alleanza nei pressi di Tacna, nella quale,
come si sa, concorse con appena un meschinissimo
corpo di truppe, si ritirò completamente dalla lotta.
Rinchiusasi dietro i suoi monti, ove era sicura che
nessuno sarebbe andato a cercarla, dimenticò e amici
e nemici, e la guerra istessa, come se questa in nulla
la interessasse.
Come s'è detto altrove, il dittatore Pierola aveva
a scopo principale di tutte le sue mire l'idea d' im-
porsi definitivamente al paese, e di assicurare forse
per sempre nelle sue mani il supremo potere dello
Stato, in cosi mal ora e per così brutta via car-
jS. — Cai VANO, Gnerra tt ^nerica.
440 BATTAGLIA DI SAN JUAN
pito (i). Diffidente di tutto e di tutti, eccettochè della
propria ambizione e della propria incapacità, cominciò
fin dal primo momento ad allontanare dalla dirjeziooe
delle pubbliche faccende e da tutte le amministrazioni
dello Stato, che in maggior parte disfece e rifece a
nuovo a suo modo, tutti coloro che non erano o che
supponeva non potessero essere partigiani suoi. Volle
avere un partito politico tutto suo, di creazione sua
( I ) A provare quanto ciò sia vero, concorre anche il seguente
decreto del 22 maggio 1880:
e Nicolas de Pierola.... Considerando : 1^ Che menin la Re-
pubblica si dà le istituzioni che definitivamente debbono reggerla,
e potendo occorrere che per diverse cause io mi trovi impedito
temporaneamente od assolutamente ad attendere alla ammini*
strazione e governo dello Stato, è indispensabile di provvedere a
tale situazione ; 2* .... Decreto : Art. i^ Se a causa delle esigenze
dell' attuale guerra, o per qualunque altro motivo, mi trovassi
temporaneamente impedito, si incaricherà del Potere esecntÌTO
nazionale, e con questa denominazione, il cittadino che io de-
signerò.... •
Si noti che il Perù aveva già fino da 60 anni indietro le sue
istituzioni repubblicane, transitoriamente sospese dal Dittatore;
e che non era punto il caso di doversi dare le istituzioni difisù-
tive di cui parla Pierola, perchè già esistevano. Era egli adunque
che pensava di modificare tali istituzioni, divenute incompatìbili
colla sua dittatura nel solo caso in cui questa dovesse essere,
non già transitoria; com' era, ma stabile e dnratara. E si noti
pure che questo decreto, dato non per un caso dei momento,
ma in previsione del futuro, e per casi che potrebbero avvenire,
era in altri termini una specie di legge generale colla quale con-
fermava per sempre la sua dittatura, e si dava la facoltà di no>
minare il successore. Cosi almeno esso fu interpretato nel Perù.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 441
e di idee sue; e già sappiamo da dove e come Io
prese, e con quali mezzi cercò di affezionarselo.
Desiderò, come s'è visto, e indirettamente contribuì
alla disfatta di Tacna, unicamente perchè temeva di
trovare nel contrammiraglio Monterò e nell'esercito
che questi comandava, forze morali e materiali che
più tardi potessero agire contro di lui. Disfatto Mon-
terò, e ridotti i gloriosi resti del suo esercito a disper-
dersi od incorporarsi per frazioni a quello di Arequipa,
che rimase inutile in un posto lontano dal teatro della
guerra, Pierola si senti sgravato di un gran peso, si
senti più libero. Ma rimaneva tuttavia dell'anteriore
vita politica della Repubblica, l'esercito già esistente
in Lima e nel Callao quando egli iniziò la rivolta che
lo portò alla dittatura ; rimaneva parimente la nume-
rosa ufficialità peruviana quasi tutta chiamata in atti-
vità dì servizio; e ciò ancora eragli di molestia e noia.
Nondimeno una frazione di questo esercito, la più
piccola è vero, era stata quella appunto che, pronun-
ciandosi a suo favore, fu il primo strumento della sua
rivolta ; e l' altra, sebbene non per affezione a lui, ma
solo per la grave situazione in cui versava il paese
nonché astenersi dal combatterlo, avealo di buona fede
accettato a capo dello Stato, di buona fede dichiaran-
dosi pronta a combattere sotto i suoi ordini contro il
nemico straniero. Questo esercito adunque non poteva,
non doveva ispirare sfiducia al Dittatore: e lo stesso
dicasi pure della ufizialità.
Dopo le disastrose conseguenze dei fatti di San Fran-
cisco, e più ancora poi dopo la disfatta di Tacna, i
442 BATTAGLIA DI SAN JUAN
numerosi ufiziali peruviani, in attività di servizio o no
- i cui vizi! rivoluzionari e partigiani, cause di tutti gli
altri, abbiamo con qualche ampiezza discusso altrove
e messo in evidenza, — mutato pensiero, non erano ani-
mati, dal primo all'ultimo, che da un solo e verace
sentimento : quello di battersi contro i chileni, e dare
al paese splendide e profittevoli giornate di gloria.
Pieni di sì nobili e generosi sentimenti, essi avevano
deposto ogni antico odio o rancore, ogni ruggine pò-
litica, ogni aspirazione di personale ambizione. Essi
non volevano che il trionfo del Perù nella tremenda
lotta contro il Chili ; erano sinceramente risoluti a bat-
tersi, a sacrificarsi per la patria in pericolo, sotto qua-
lunque bandiera fossero chiamati a farlo, e ne diedero
coi fatti le più sicure prove; erano perciò una gran
forza di cui bisognava ed era necessità approfittare.
Ma a dispetto di tuttociò, V inquieto animo del Dit-
tatore temeva sempre, e nulla valeva a tranquilliz-
zarlo. Temeva di tuttociò che aveva radice nell^ante*
riore vita politica della Repubblica; temeva di tutti
coloro nei quali, a ragione o senza, parevagli vedere
un futuro nemico, un futuro candidato alla prima ma-
gistratura dello Stato, temeva di chiunque non fosse
esclusivamente suo e fattura sua. E non per altro che
per obbedire a questi suoi timorosi sospetti privò il
paese, e quindi sé medesimo, di quasi tutti i suoi mi-
gliori elementi di forza.
Sciolse il maggior numero dei corpi o battaglioni
deir esercito di Lima e del Callao, per depurarli a suo
modo e rimescolarli fra loro medesimi o con nuova
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 443
gente non sospetta. Sciolse l'antica guardia nazionale,
composta di volontari! già esercitati al maneggio delle
armi,. insieme ai proprii ufìziali cui già erano avvezzi
ad ubbidire, per creare in sua vece un esercito di ri*
serva nel quale erano obbligati a prendere parte tutti
i cittadini capaci di portar le armi, e che cionondi-
meno portò appena a 6000 uomini. Sciolse ed abolì
la vecchia scuola militare per la formazione dei ca-
porali e sergenti, che tante belle prove aveva date
sempre di se. E messa su una nuova legge, colla quale
si dava la facoltà di nominare a suo capriccio, da sot-
totenente a colonnello, ufìziali cosi detti temporanei e
provvisorii, fossero o no militari, prese e creò dal seno
di tutte le classi sociali, massime dalle più ìnfime, una
lunga fila di ufìziali dì occasione o del momento che
di tutto sapevano fuorché di milizia, e li prepose al
comando dell'esercito attivo e di quello di riserva.
In cambio di ciò, i vecchi ufìziali dell'esercito e
della guardia nazionale, salvo rare eccezioni, furono
in parte mandati alle loro case ed in parte raccolti,
per tenerli sempre 'inattivi sotto la sua vigilanza^ in
un mostruoso battaglione di ufìziali, detto Battaglione ,
Deposito, il cui incarico principale era quello di star
rinchiuso in quartiere; sicché per poter prestare i loro
servigi al proprio paese, i più fra di essi furono obbli-
gati ad accettare posti ed ufìSci inferiori al proprio
grado, ovvero a battersi da semplici soldati. Basti il
dire, a mo' d'esempio, che il contrammiraglio Monterò
ed il generale Buendia, poterono appena ottenere il
posto di aiutanti del Dittatore nelle tremende giornate
444 BATTAGLIA DI SAN JUAN
di San Juan e di Mira/lores, mentre altro generale si
batteva col fucile alla mano, da semplice soldato.
Il Dittatore adunque invece di raccogliere ed utiliz-
zare tutte le forze del paese, solo attese a disperderle
ed a lasciarle in disparte, per surrogarfe con un grande
apparato di forze effimere, buone unicamente ad in-
gannare se stesso e la cieca credulità del volgo igno-
rante.
Nonostante i numerosi contingenti di truppa con
grande e chiassoso apparato fatti venire dai più remoti
angoli della Repubblica, onde dar prova di energia ed
operosità, l'esercito attivo di Lima e del Callao con-
tava nel dicembre 1880 appena qualche migliaio di
uomini di più che nel dicembre 1879, ossia 19,000 uo-
mini circa; e per di più invece di esercito, meglio
poteva chiamarsi semplice accozzaglia di gente ar-
mata. Le pretese riforme del Dittatore, che nei primi
mesi di governo lo ridussero di oltre un terzo, ne
mandarono via quasi tutti i vecchi soldati e le cosi
dette classi^ ossia sergenti e caporali che, come tutti
sanno, sono la base principale di un buon esercito; e
la nuova gente colla quale egli colmava dipoi questi
vuoti, non era punto adatta agli urgenti bisogni del
momento. Indigeni, ossia Indii^ raccolti nelle più misere
ed appariate popolazioni agricole dell' interno del paese,
i nuovi venuti non parlavano e non comprendevano
che il loro nativo dialetto, ossìa il checciua, e quindi,
prima di apprendere il maneggio delle armi e tutto
ciò che forma la scuola militare del soldato, bisognava
che imparassero a intendendere ed a parlare T idioma
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 445
nazionale (i): e trattaDdosi di genti per sé stesse molto
rozze da cui si pretendeva che apprendessero tali
cose per sola forza di pratica, senza sottoporle per nulla
a speciale insegnamento, occorrevano a ciò solo più e
più mesi.
La metà, o presso a poco, dell' esercito di Pierola
nel dicembre 1880, era adunque composta di gente che
non ancora aveva imparato a comprendere, o difficil-
mente appena, T idioma nazionale; e che perciò poco
o nulla poteva sapere del maneggio delle armi, e di
tutte le altre cose necessarie a sapersi da un soldato
anche dei più mediocri. E se si aggiunga a tutto ciò
che, eccetto pochi buoni ed esperti ufiziali dei già esi-
stenti, gli altri erano tutti ufiziali di recente creazione,
che poco o nulla conoscevano dell' arte militare, si
comprenderà facilmente con quanta ragione dicevamo
innanzi che P esercito preparato e messo su da Pierola,
anziché tale, poteva appena chiamarsi una semplice
accozzaglia di gente armata.
Nondimeno, anche così com'era, i fatti provarono
dipoi che quest^ esercito sarebbe stato forse più che
capace, insieme a quello di riserva, a respingere il ne-
mico, se nuovi errori del Dittatore, provenienti sempre
dalle medesime cause, non fossero venuti e prima e du-
rante V azione a condannarlo stolidamente alla disfatta.
(i) Il quechua^ checciua, che era l'idioma dell' antico impero
peruviano degl' Inca^ quando avvenne la conquista spagnuola, è
og^ ancora la sola favella degl' indigeni che abitano le regioni
più interne della Repubblica.
446 BATTAGLIA DI SAN JUAN
Fra le tante scempiaggini che T ambizione e la va-
nità dettavano a Pierola, era quella di non permettere
che altri all' infuori di lui riportasse una qualunque
vittoria sopra i chileni. Dire che egli non lavorasse a
suo modo ad ottenere una completa vittoria sul nemico,
non sarebbe esatto. Questa vittoria egli la desiderava
e la voleva con tutte le sue forze: ma a patto però
che fosse tutta opera sua e merito suo, onde ergersi
gigante al disopra di tutti i suoi concittadini, ed im-
porsi irremovibilmente al paese con la sembianza del-
l' unico suo salvatore. Fidente all'eccesso nelle proprie
forze e nei proprii talenti militari e di ogni genere,
come è proprio dell'ignoranza ambiziosa, egli si cre-
deva di buona fede capace di strappare la vittoria ai
nemico: era pienamente certo di vincere, e di saper
fare tutto bene e meglio che chiunque altri. Era un
allucinato; e nacque da tutto ciò in lui la ferma ri-
soluzione di voler essere egli stesso - egli non mili-
tare - il supremo ed unico direttore della guerra, ed il
generale in capo degli eserciti.
Contro siffatta risoluzione sorgeva però una grande
difficoltà: per porsi alla testa dell'esercito e coman-
dare personalmente le battaglie contro i chileni, biso-
gnava abbandonare la capitale, e con essa quella su-
prema e dispotica direzione delle pubbliche faccende,
alla quale sacrificava ogni altro suo pensiero, e che lo
faceva tanto fiero e superbo di sé. Ma ciò non entrava
affatto nelle sue viste: lasciare, fosse anche per un
solo momento, di comandare a tutto ed a tutti, per-
mettere che altri dividessero con lui l' attesa e sicura
r
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 447
corona del trionfo, erano cose a cui non poteva nep-
pur pensare.
Era certo della vittoria ; e non voleva che una parte
del merino di essa, fosse anche la più piccola, rica-
desse in altri che in lui. Aveva sete di comando, e
sete forse anche più grande di far bella mostra di se
e del suo potere in quella capitale dove si trovavano
tutti i suoi veri o supposti nemici, girando e rigirando
a cavallo per le strade coi suoi grossi stivaloni e Telmo
alla prussiana, alla testa di gallonata e numerosa scorta
di aiutanti e di guardie; ed a nessuna di queste cose
intendeva di rinunziare.
Per conciliare insieme tutte queste esigenze della
sua ambizione e della sua vanità, non si offriva che
un solo mezzo: quello di aspettare il nemico alle porte
istesse della capitale, onde potersi trovare contempora-
neamente sì alla testa dell'esercito come in palazzo
di Governo; e fu questo appunto ciò che egli decise
di fare. Come primo provvedimento, in vista di ciò,
sprecò inutilmente tempo, danaro e cannoni nella for-
tificazione dei colli di San Cristobal e di San Sarto-
loméy che situati, il primo massimamente, in posti per
i quali non era affatto possibile l' aspettare che si avven-
turasse il nemico, a poco o nulla potevano giovare.
Questa manìa di Pierola, di voler cioè riserbare
tutta per sé la gloria di sconfiggere i chileni, non fu
tutta nuova, o degli ultimi momenti. L' aveva fin dal
primo giorno in cui assunse la dittatura, e ne diede
la più sicura prova, quando, contrariando la univer-
sale aspettazione, manifestò che non sentiva il bisogno
44» BATTAGUA DI SAN JUAT?
di fare acquisto di navi corazzate, e che avrebbe vinto
e debellato il nemico senza ricorrere a nuove lotte
sul mare.
Freschi ancora i ricordi delle gloriose gesta del Hua-
scar^ convinti tutti che il Perù avrebbe trovalo la sua
salvezza in due o tre navi corazzate, dall' un canto
air altro della Repubblica non si viveva che nella spe-
ranza di un prossimo acquisto di esse. Pronte già le
somme a ciò bisognevoli, numerosi emissari! correvano
per tutta l'Europa e per gli Stati-Uniti, in cerca di
navi da comperare o da far costruire: lo stesso ex-
presidente Prado era uscito da Lima a questo scopo,
com'egli scriveva da Guayaquil; e crediamo non an-
dar punto errati asserendo che uno dei principali mo-
tivi pei quali il pubblico di Lima e del Callao si ar-
rese ad accettare la dittatura di Pierola, fu appunto
la speranza che valendosi egli del concorso della
forte casa commerciale, a lui molto devota, colla
quale negoziò il guano quando fu ministro, sarebbe
riuscito con maggior prontezza e facilità ad acquistare
dette navi.
La universale aspettazione dei peruviani era adun-
que quella di veder arrivare da un momento all'altro
le desiderate corazzate; e s'immagini ognuno qual
fosse il generale stupore, o meglio, l' amarezza colla
quale si venne a sapere che il Dittatore rinunziava al-
l' acquisto di dette navi, e che era deciso a continuare
la guerra senza di esse. Molti si fecero allora intorno
a lui per scongiurarlo a mutar pensiero ; ed egli, at-
teggiando le sue labbra ad un leggiero sorriso di
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 449
sprezzo per T altrui affannarsi, rispondeva sibillina-
mente : io ho a mio piano.
Più tardi, per le pubblicazioni fatte dai chileni di
una gran parte della corrispondenza diPierola, s'ebbe
a conoscere che gli sarebbe stato assai facile l'acqui-
stare una o due buone corazzate, se avesse voluto; e
che anzi, se è vero tutto quanto si dice, rifiutò più
volte le offerte che gli si facevano di esse, disponendo
diversamente dei fondi già esistenti in Europa a questo
scopo (i). Ed oggi tutti sanno già che il fsunoso piano
dì Pierola non in altro consisteva che nella pretensione
di non permettere che altri all' infuori di lui ottenesse
un qualunque vantaggio sui chileni, ed acquistasse
così qualche diritto alla stima e alla considerazione
dei suoi concittadini.
Se Pierola avesse potuto comandare personalmente
una nave da guerra - non diciamo se avesse saputo,
poiché egli si credeva buono a tutto - e conservare
nello stesso tempo il supremo potere dello Stato, fa-
cendo della sua nave la capitale della Repubblica, è
fuori di dubbio che egli avrebbe &tto del suo meglio
per acquistare una o più corazzate. Ma ciò era im-
possibile ; ed egli, anziché esporsi a dover assistere un
(i^ Dal Manifesto alla Naziont dell' ex-mÌDÌstro delle finanze,
Quimper, si rikra che quando Pierola assunse la dittatura tro-
varansi depositate presso diverse case dì commercio in Europa,
allo scopo di comperare dette navi ed altri occorrenti oggetti
di guerra, 312,900 lire sterline; e si rileva del pari che tale
sommA fu spesa diversamente da Pierola con poco o nessun pro-
fìtto pel paese.
450 BATTAGLIA DI SAN JUAN
giorno ai trionfi di un altro, fece a meno delle navi,
e condannò il paese alla inazione, lasciando che le in-
difese sue spiaggie fossero incontrastata preda delUau-
dace e sempre progredente invasione nemica.
Tutto doveva piegare innanzi alle assurde esigenze
dell'ambizione e della vanità del Dittatore: e furono
questi i principali e veri fattori delle facili vittorie del
Chili, da Tarapacà in poi ; come altre non molto dis-
simili cause provenienti sempre da fatti estranei al
Chili, erano state quelle che sole lo avevano fin allora
favorito.
Eccetto il volgo, facile sempre a lasciarsi ingannare
dalle apparenze, e più che altro illuso dai fasci di carta
monetata che a larga mano disseminava il Dittatore,
il pubblico sensato di Lima e del Callao vedeva assai
chiaro disegnarsi nell'orizzonte, fino dai primi mesi
della dittatura, il profondo abisso nel quale gli errori
di Pierola andavano man mano precipitando il paese.
Ma che fare ? Per impedire che quegli completasse la
sua stolida opera di rovina e dissoluzione, non vi era
che una sola via: quella di rovesciarlo dal suo soglio
dittatoriale per mezzo di una rivoluzione; e nondimeno
la stessa gravità della situazione consigliava imperio-
samente di fuggire da essa.
La conseguente guerra civile non avrebbe fatto altro
che aprire ancor più sollecitamente al nemico le porte
della capitale. Meglio valeva il tentar la sorte sotto la
bandiera del Dittatore, prestandogli con completa ab-
negazione tutto il proprio appoggio, e cercando in
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 451
questo modo di riparare alla meglio, se era possibile,
tutti i suoi ripetuti e gravi errori.
Il geloso Dittatore unicamente permetteva ai suoi
supposti rivali e nemici, al fior fiore della cittadinanza
della capitale e del resto della repubblica, di lottare
contro i cbileni col fucile alla mano. Ed essi tutti -
magistrati, generali, marini, avvocati, studenti, grossi
proprietarii, grandi commercianti ecc. -si rassegnarono
patriotticamente ad esporre i loro petti alle palle ne-
miche da semplici ed oscuri soldati dell'esercito di
riserva.
Era quasi più che sicuro, per la speciale posizione
topografica di Lima, che Tesercito chileno tenterebbe
di avvicinarsi ad essa ed assaltarla dalla parte di Lurin;
e se un qualche dubbio poteva mai aversi a questo
riguardo, sparì esso completamente il 19 novembre collo
sbarco in Fisco della prima divisione dell' esercito in-
vasore. Questa prima divisione di 85oo uomini, e la
seconda di 34oo che le tenne dietro a pochi giorni,
certo non si sarebbero data la pena di sbarcare a Fìsco
con tutto il loro enorme materiale di guerra, per poi
rimbarcarsi di nuovo, ed andare nuovamente a sbar-
care altrove. Se esse erano sbarcate là e non in altra
parte, era perchè pensavano inoltrarsi di là sulla ca-
pitale peruviana: al che bisogna aggiungere che era
quello appunto il lato più favorevole, per non dire
unico, di operare su di questa.
A cominciare adunque dalla fine del novembre per
lo meno, era già pienamente fuori di dubbio che il
452 BATTAGLIA DI SAN JUAN
nemico si avanzerebbe per la via di Lurìn, vasta esten-
sione arida ed arenosa, specie di deserto che comin-
ciando a breve distanza dalla capitale, in prossimità
di Chorrillos, si dilunga per più leghe al sud, e che è
diviso in due parti disuguali da un fìumicello che
scendendo giù dalle Ande si scarica nell'oceano, dando
vita lungo il suo corso ad una stretta fascia di vege-
tazlone chiamata vaile di Lurin. E questa la sola cor-
rente d'acqua che esiste su tutta quella ampia zona
arenosa, la quale, come s' è detto, rimane da essa di-
visa in due parti : una di sole poche miglia verso Lima,
e che prende il nome speciale di tablada di Lurìn; e
V altra molto più grande al sud, verso Cafiete e Fisco,
di dove avrebbe dovuto e minacciava inoltrarsi l'eser-
cito chileno.
Tutto consigliava quindi che 1' esercito peruviano
avesse stabilita la sua prima linea di difesa sull'orlo
medesimo della tabiada che sovrasta al fiume e valle
di Lurin; posizione per se stessa assai forte, pressoché
inespugnabile, e che domina per soprappiù la sola cor-
rente d'acqua di tutta quella regione; sicché sembra
posta là quasi espressamente per tagliare la strada ad un
esercito invasore. Stava ciò nella coscienza di ogni pe-
ruviano, e non poteva non stare anche in quella del
Dittatore (i): nondimeno questi, lasciando completa-
mente abbandonate quelle forti e strategiche posizioni.
(i) Fino dal dicembre 1879 ^^ stampa di Lima indiava ìd
tutti i modi il Governo a stabilire in Lurin una linea di difesa.
Vedi: Il giornale El Comercio di Lima, del 12 dicembre 1S79.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 453
ove tutti i vantaggi sarebbero stati pel proprio eser-
cito, spese tutta la sua apparente attività a disporre
e fortificare due linee di difesa, una a meno di tre
leghe dalla capitale, tra Villa e Monterrico Chico, sopra
una estensione di oltre dodici chilometri, e l'altra tra
Miraflores e Vasque^ nella valle di Ate, quasi alle
porte stesse di Lima.
Ma ignorante di cose militari, e sordo sempre ai con-
sigli di coloro che sapevano, non fece, anche in que-
sto, che accavallare errori sopra errori. Oltre la enorme
lunghezza delle sue linee di difesa, relativamente allo
scarso numero delle forze che dovevano sostenerle, le
stesse fortificazioni ideate da lui, ed a mezzo appena
eseguite, erano la più miserabil cosa che immaginar
si possa. Queste famose fortificazioni, delle quali da lui
e dai suoi partigiani si menava tanto scalpore, come
lo menarono dipoi a loro volta i chileni, per rialzare
strepitosamente la propria vittoria, dovevano consistere
in lunghi fossati pomposamente chiamati ridotti^ pro-
tetti da spaldi in pietra e da muraglie di sacchi pieni
di terra. Ma neanche ciò fu saputo menare a termine;
e nei giorni delle battaglie eranvi solamente qua e là
alcuni grossi e staccati canali, con alcuni meschini
rialzi di terra, che non seguivan alcun buon sistema
dì collegamento fra loro. Noi che li vedemmo qual-
che mese dopo, durammo fatica a comprendere come
pK>tesse entrare in mente ad alcuno di dare a tali mi-
serie il nome di fortificazioni: e quando più tardi leg-
g^einmo nei giornali chileni e nella Storia della guerra
4Ìel Pacifico del chileno Barros Arana, le pompose de-
454 BATTAGLIA DI SAN JUAN
scrizioni che, per magnificare 1^ opera dei loro eserciti
vincitori, fecero e fanno di quelle supposte fortifica-
zioni, la nostra ammirazione per la potente forza in-
ventiva degli scrittori chileni, fu veramente colossale.
Ad ascoltare il Barros Arana (i), le nostre fortiGca-
zioni del Quadrilatero sarebbero più che meschinissima
cosa a fronte di quelle che il Dittatore peruviano pre-
parò in San Juan e Miraflores, e che in men di un
baleno gli eroici soldati chileni vinsero e conquista*
rono. Fortuna che sieno così distanti dalla nostra vec-
chia Europa!
Altro sistema di fortificazioni su cui Pierola faceva
grande assegnamento, e da cui forse principalmente si
riprometteva la vittoria, consisteva in una specie di
seminagione di cosi dette mine automatiche ; ossia di
bombe esplosive poste sotterra nei siti pei quali si sup-
poneva che dovesse passare Tesercito nemico, e che
dovevano scoppiare al semplice urto del piede del
soldato.
Con . ciò Pierola era sicuro della vittoria ; ed aspet-
tava sereno e tranquillo il giorno della battaglia, il
quale, com' era ben naturale, venne a provargli la fal-
lacia di tutti i suoi assurdi calcoli. Mentre non fecero
nessun danno, o appena insignificante, ai chileni, le fa-
mose mine automatiche servirono unicamente a spa*
ventare lo stesso esercitcyperuviano che, informato della
loro esistenza, non sapeva però con sicurezza dove
precisamente esse fossero.
(i) Vedi: 0/>, cit. 2* parte, p. 162 e seg.
1
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 455
Altro provvedimento del Dittatore per assicurarsi la
vittoria, fu quello di ammorbare l'esercito con una
sterminata falange di preti e frati, che sotto gli ordini
di un Vicario Castrense o Cappellano maggiore, in-
signito dei distintivi di generale (i), andavano predi-
cando ai soldati che per guadagnarsi il cielo bisognava
credere in Dio ed in Pierola, e che combattendo con
coraggio contro i cbileni avrebbero ottenuto in premio
di morire sul campo di battaglia da buoni e fedeli cri-
stiani. Questi forsennati, che solo così possono chia-
marsi, arrivarono, nel momento della battaglia, fino a
confessare ed assolvere i soldati per compagnie e per
battaglioni, a voce alta e stridente, onde la morte non
avesse a coglierli in peccato. Com'è natarale, ciò non
poteva far altro che avvilire e scoraggiare i soldati,
(i) « Lima, 21 agosto 1880. - Essendo conveniente che il Vi-
cario Generale degli eserciti della Repubblica si distingua pel suo
abito dai semplici cappellani, e sia riconosciuto a prima vista
ovunque si presenti, perchè non trovi difficoltà nell' esercizio delle
sue funzioni ecc.... si dispone che il riferito Vicario usi il se-
guente uniforme: Cappello rotondo, secondo modello, con fioc-
chi azzurri ; sottana nera chiusa, con occhielli e bottonatura dello
stesso colore dei fiocchi del cappello; collo e manopola di Ge-
nerale di Brigata; una croce di argento a maniera di pettorali^
pendente da un cordone di seta di colore celeste ; schiavina nera
coQ bottonatura ed occhielli celesti, ecc. ecc.... (Seguono la se*
gnatura del Dittatore e la 6rma del Ministro).
Ecco una prova della serietà del dittatore Pierola, e della mi-
serabile maniera colla quale egli sciupava il suo tempo, quando
invece sarebbevi stato tanto da fare per strappare il paese dalla
tristissima sua situazione.
39. — CaivanO, Guerra <P America,
l
456 BATTAGLIA DI SAN JUAN
massime i novizii, in un momento in cui aveano bi-
sogno di fare appello a tutto il loro coraggio ed a tutta
la energia dei loro animi.
Gli anzidetti piani strategici del Dittatore non pote-
vano non incontrare una generale disapprovazione; e
più voci si alzarono unanimemente per indicare che
la prima linea di difesa, detta di San Juan, fosse tra-
sportata nelle forti posizioni di Lurin. Ma egli che per
le esposte ragioni non intendeva in nessun modo di al-
lontanare il teatro della guerra dalla capitale, rimase
fermo nel suo proposito: come fermo vi rimase del
pari quando, saputosi che il grosso dell'esercito chi-
leno sbarcava difficilmente nel quasi impraticabile seno
di Curayaco, molti fra i più esperti generali e colon-
nelli peruviani, lo consigliavano a prendere PotTensiva,
ed attaccare risolutamente il nemico. Trovandosi que-
sto a poche miglia da San Juan, seriamente impic-
ciato nelle penose operazioni dello sbarco, che durò
più giorni consecutivi (i), l'esercito peruviano, che
avrebbe potuto cadérgli addosso in brev' ora con una
celerità che non dava tempo a prendere provvedimeato
(i) e Come si effettuò lo sbarco (a Curayaco) non posso dirlo.
perchè non lo vidi : ma i dati che ho ricevuto da molte persone
manifestano chiaramente che il disordine fa completo.... Io arn>
vai a Curayaco la sera del 28, ed ancora vi erano truppe a bordo. »
(Come si sa, lo sbarco cominciò il 22).
Lettera Politica di Manuel José Vìcuna a D. Adolfo Ibafier,
p. 87 - 30 aprile 1881.
Il Vienna era aggregato allo Stato Maggiore chileno e sopra*
intendeva alla provvista del pane per l' esercito. Egli quioifi
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 457
alcuno, lo avrebbe sicuramente disfatto : e ciò senza
dubbio sarebbe stato di un gran peso nelle sorti fu-
ture della guerra.
Grazie quindi alla insipienza ed ostinazione del Dit-
tatore peruviano, il grosso dell' esercito chileno sbarcò
tranquillamente, come in casa sua, a Curayaco, sulla
^pi^SS^^ ^^ Lurin, senza trovare neanche la più leg-
giera resistenza, mentre, attese le tante e tanto impo-
nenti difficoltà topografiche del sito, sarebbero bastate
appena poche compagnie dì soldati a respingerlo. E
grazie alle medesime cause, trovò anche mute, de-
serte, quelle importanti posizioni di Lurin che, insieme
air acqua, avrebbe dovuto conquistare a forza di molto
e molto sangue se voleva passare innanzi, e che forse
gli avrebbero tagliata per sempre la via della capitale
del Pacifico (i).
Nondimeno anche aLiora il Dittatore peruviano sa-
rebbe stato in tempo per rimediare, in parte almeno,
tera e domerà essere bene istruito delle cose dell'esercito chi-
leno; e come fonte non sospetta per quest'ultimo, ricorreremo
spesso, per alcuni dati di fatto, alla importantissima sua Lettera
Poliiica,
(1) Ciò che più temevano i chileni era appunto che l'esercito
peniriano cercasse di difendere e privarli dell' unica corrente di
acqua di Lurin.
« Indicibili furono le agitazioni che sperimentammo tutti noi
*Iie restammo in Fisco» aspettando da un momento all' altro la
ìotizia dello sbarco, con i suoi combattimenti e le posizioni che
>ccuperebbero le nostre truppe, a fronte forse di numeroso ne-
nico elle difenderebbe 1' acqua in Lurin, cercando di tagliarci
i^dì risorsa. » Letttra Politica cit. p. 86.
458 BATTAGLIA DI SAN JUAN
ai suoi tanti errori. L'esercito chileno che, prima di
dirigersi contro il nemico, sentiva il bisogno di rior-
dinarsi e prepararsi alla lotta, corse direttamente alla
valle di Lurin e si accampò, senza discernimento al-
cuno, sulle strette sponde verdeggianti del fiumicello;
ossia senza convenientemente occupare e difendere la
cresta della tablada che signoreggiava il suo accam-
pamento ; sicché, a sbaragliarlo e forse a distruggerlo
del tutto, sarebbe bastato che T esercito peruviano,
distante appena sette miglia, Io avesse sorpreso di là,
nel corso di una notte oscura, o protetto dalla nebbia
del mattino che giammai difetta in quei luoghi (i).
(i) « Pel lato nord il fiume (di Lnrin) forma una gran frana
sulla cui cima comincia la pianura, o tablada di Lurìn. La frani
è tagliata a picco solo in alcuni punti, in ano dei quali poggia
il ponte che sale come un piano inclinato dall' altro lato del
fiume. Air est del ponte sono varii siti pei quali si può scendere
con molta facilità dalla tablada al fiume, senza poter fare lo stesso
dal fiume alla tablada : ciò dipende da alcuni colli di arena pei
quali si può scivolare facilmente, scendendo) senza poter fare k
stesso per risalire.... Se qualche notte fosse occorso ai pera-
viani di spingersi per la pianura e trovarsi disposti al fiw del
giorno sul ciglio della frana, saremmo stati fucilati a mansalta.
Dal ciglio della frana erano dominati tutti gli accampamenti, di-
spersi in piccoli prati chiusi, potreros^ e senza uscita in un m^
mento dato, sia per formar linea di difesa che di attacco, ed t^
sendo questa quasi impossibile.... Come unica precauzione pa
porsi al coperto da sorprese, si erano avanzate due brigate al
r altro lato del ponte ; ma in tale distanza 1' nna dall' altra d
pel centro avrebbe potuto passare l' esercito di Strse senza
visto né inteso da nessuna delle due. »
Lettera Politica di Manuel J. Vienna, p. loo.
'^
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 459
Ma no; il capriccio del Dittatore, cui non mancò
chi dicesse il da farsi, doveva venire in soccorso an-
che degli errori strategici del nemico; il quale potè così
rimanersene tranquillo fino alla sera del 12 gennaio,
neir orlo stesso di quel precipizio al quale la propria
imperizia lo avea condotto.
Tutto doveva favorire e tutto favor) il Chili in que*
sta lunga e disastrosa guerra. *
Operando sempre di moto proprio, il Dittatore si li-
mitò invece a precipitare i lavori delle fortificazioni,
che, come si è detto, rimasero incompiuti, delle due
linee di difesa da lui escogitate ; ed a disporre su di
queste i suoi eserciti in quella maniera che a lui
parve più conveniente per attendere e respingere il ne-
mico, dopo aver fatto solennemente benedire dal suo
Vicario castrense, insieme all' inutile forte di San Cri-
stobaly la ancora più inutile spada ch'egli stesso do-
veva brandire nelle vicine battaglie (i).
Lasciato tutto V esercito di riserva - 6000 uomini -
a guardia della seconda linea di Miraflores, e rimasti
nei forti del Callao circa 3ooo uomini dell' esercito at-
tivo, distribuì tutto il resto di questo, ossia 16,000 uo*
mini in tutto, sulla prima linea di San Juan, nel modo
seguente : un corpo di 4ooo uomini formava l'ala si-
nistra in Montèrrìco-Chico; un secondo di 45oo oc-
cupava il centro sui piccoli colli di San Juan; altro
(i) Questa cerimoiiia della betiedizione della spada di iPierola
e del forte, che fu battezzato col nome òì /orienta PUrola^ ebbe
luogo colla più solenne pompa il 9 dicembre.
46o BATTAGLIA DI SAN JUAN
anche dì 43oo, sosteneva l' ala diritta in Villa ed alle
falde dei colli che fanno da sperone al Morrò Solar;
ed un ultimo corpo di 3ooo fanti infine, destinato a
far da riserva, fu collocato nel quartiere e adiacenze di
Chorrillos, a retroguardia dell'ala diritta.
Il Perù, paese pieno di risorse, poteva e voleva pre-
pararsi assai meglio : e certo, se si fosse trovato a capo
del suo Governo un uomo appena mezzanamente for-
nito di buon senso, se le sue sorti non fossero fatal-
mente cadute, come caddero, in mano di un allucinato,
avrebbelo fatto in modo da opporre un argine sotto ogni
rapporto insuperabile all'audace invasione di un ne-
mico per ogni verso inferiore, che si giovava delle di-
sgrazie di quello per andarlo a sfidare ed a vincere
fin sotto le mura della sua capitale.
Abbenchè non ascoltati mai, abbenchè tenuti com-
pletamente in disparte o relegati al secondario ed inu-
tile posto di aiutanti, non pochi fra generali e colon-
nelli generalmente molto stimati, si fecero anche questa
volta innanzi per far comprendere al Dittatore i gravi
e sostanziali errori del suo piano di difesa. Insieme a
tanto e tant' altro, facevangli principalmente notare U
relativamente sterminata lunghezza della linea di di-
fesa, di oltre dodici chilometri; e quindi la nessuna
convenienza di tenere così disseminati i piccoli quattro
corpi dell' esercito^ ed a tanta distanza l'uno dall'altro
da potersi male e difHcilmente sostenere a vicenda:
cosa tanto più grave, in quanto si sapeva che il ne-
mico disponeva di forze molto maggiori^ e che poteva
facilmente dirigersi con gran numero sopra uno o due
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 461
di essi, i quali sarebbero stati necessariamente schiac-
ciati prima che avesse potuto arrivar loro il necessario
soccorso. Facevangli notare del pari che, accantonato
nel quartiere di Cborrillos ad una estrema coda della
lunga linea di difesa, il piccolo corpo di riserva si
trovava pressoché condannato a far da semplice spet-
tatore della lotta, ossia nella impossibilità di dirigersi
in un momento dato su quel punto della linea dove
fosse maggior bisogno, attesa la grande distanza che
lo separava da essa; e che perciò a lasciarlo là, altro
non si faceva che diminuire senza alcun profitto le già
scarse forze di cui si disponeva; e così tante e tante
altre cose non meno gravi ed importanti.
Ma tutto era inutile. Il Dittatore non ascoltava con-
sigli: credeva saperne più che tutti gli altri insieme,
e si contentava di rispondere a tutti col suo cesareo
motto: io ho il mio piano; motto col quale voleva al-
ludere alla sua grande sapienza militare, ed ai suoi
famosi sistemi di fortificazioni, quello delle mine au-
tomatiche principalmente, ma che in realtà non altro ri-
velava fuorché la sua insipienza, e la fatua sua cre-
dulità in quella vittoria, che i suoi tanti errori avevano
reso e rendevano sempre più impossibile.
In vista di tutto ciò, ognuno, eccetto il Dittatore ed
i suoi più intimi partigiani, i quali non erano che sem**
plici allucinati come lui, prevedeva più o meno sicura
la facile disfatta dell'esercito peruviano. E, noti pur
troppo gli eccessi commessi dalle truppe chilene nei
paesi da esse occupati, ognuno pensava con terrore
alla non difficile e forse non lonuna eventualità in
402 BAT FAGLIA DI SAN JUAN
cui Lima avesse a cadere in loro mani. Tutti più o
meno cercavano di. prepararsi un rifugio per queli' ora
tremenda; e chi mandava la propria famiglia nelle
Provincie interne, chi sollecitava un posto, per quando
ne fosse il caso, nelle navi da guerra neutrali che
erano nelle acque del Callao, chi si dirigeva a qual-
cuno dei tanti stranieri residenti a Lima, per trovare
un ricovero nella sua casa. Ma il fatto si è che neanche
gli stranieri medesimi, e perciò neutrali alla guerra,
edotti quali erano dei lamentevoli fatti di Tacna ed
Arica, si credevano sicuri nelle loro case, comunque
fossero queste protette dalle bandiere e da apposite
placche coi colori nazionali, che ciascuno di essi aveva
ricevuto dalla Legazione del proprio paese.
Molti stranieri quindi si allontanarono colle loro ia«
miglie da Lima; e quelli che non poterono seguire sì
prudente esempio, formarono dei Comitati, i quali, di
concerto coi Rappresentanti delle loro nazioni, tolsero
in fitto grandi case, che misero sotto la speciale prote-
zione delle Legazioni, e le destinarono a luoghi di Asilo
per tutti gli individui della propria colonia.
Altro provvedimento preso dagli stranieri d' accordo
coli* autorità municipale di Lima, fu quello della crea*
zione fra loro di un corpo di Guardia Urbana^ onde
mantenere il buon ordine nella capitale, e tutelare le
vite e le proprietà così di essi medesimi come dei na-
zionali, dalle insidie dei ladruncoli e malviventi; misura
che fu resa necessaria . dall' assoluta mancanza nella
città di ogni forza pubblica armata, essendo uscita ad
accamparsi nelle linee di San Juan e di Miraflores,
E DISTRUZ[ONE DI CHORRILLOS 463
insieme agli eserciti, anche la forza di polizìa, o ce-
ladores. In Lima quasi tutte le Colonie estere avevano
organizzate da più anni, ciascuna separatamente, una
o più compagnie di Pompieri, che resero sempre grandi
servigi a tutta la cittadinanza, accorrendo sollecite a
spegnere gì' incendi ovunque si manifestassero; e ap-
punto tra queste diverse compagnie estere di Pom-
pieri fu organizzato sollecitamente e bene un discreto
corpo di Guardia Urbana, sotto la cui tutela, finché
esistè, la città visse sicura e tranquilla.
Nella già descritta disposizione adunque l'esercito pe*
ruviano ricevè nella mattina dei i3 gennaio 1881 l'urto
delle forze nemiche. Inferiore a queste di oltre un
terzo; composto di gente in gran parte non ancora
ammaestrata al maneggio delle armi ; sparpagliato per
soprappiù sopra una immensa linea, alla difesa della
quale sarebbe occorso un esercito assai volte più
numeroso, trovavasi anticipatamente condannato alla
disfatta : e fu questo il solo premio che doveva e po-
teva coronare la dissolvente opera del Dittatore peru-
viano.
L'esercito chileno s'avanzò in quattro divisioni. Una
di 8000 uomini era destinata ad attaccare l'ala diritta
dei peruviani, mentre due altre, di 7000 l'una e di
6000 l'altra, dovevano dirigersi contro il centro, as-
salendolo la prima di fironte e la seconda di fianco.
Un' ultima divisione di 3ooo uomini doveva fare uf-
ficio di riserva ; ed era nelle disposizioni del comando
in capo, che le tre divisioni destinate all' attacco si
trovassero ad una medesima ora ai loro posti, alle cìn-
464 BATTAGLIA DI SAN JUAN
que del mattino del 1 3 gennaio, e che rompessero con-
temporaneamente i loro fuochi sai nemico. Il perso-
nale delle ambulanze, i malati, e quelli specialmente
addeni al trasporto degli equipaggi, e dei viveri, ecc.
non sono compresi in queste cifre.
Partita ciascuna alla sua ora dal quartier generale
secondo le distanze, per trovarsi al proprio posto nel
momento stabilito, sola obbedì alla consegna la divi-
sione che doveva operare contro V ala diritta dei pe-
ruviani ; ed air ora determinata, alle cinque del mat-
tino, iniziò r attacco. Ma lasciamola fi, cbè avremo
tempo a ritornarvi.
Le altre due che dovevano operare di conserva contro
il centro, arrivarono un po' più tardi : quella di 7000
poco prima, e quella di 6000 poco dopo le sei. Nondi-
meno furono le prime a raggiungere il proprio scopo ;
e la ragione non è molto difficile a trovarsi: erano
i3ooo contro 43ool II bravo colonnello Càceres che
comandava le posizioni peruviane, lamentava anzitutto
che un buon terzo almeno della sua piccola divisione
era gente talmente novizia all'arte della guerra, che
neanche la voce del comando comprendeva bene; e
vedeva con dolore che se non gli arrivava un solle-
cito rinforzo, non saprebbe più come &re a manteneiia
nelle file, caduti che fossero sotto i nembi di palle
nemiche i pochi veri soldati che aveva ai suoi ordini.
Efifettivamente dopo un' ora e mezza di combattimento,
più non gli rimaneva che la sola inutile ciurma dei
novizi ; questa si pose presto in rotta, e incontrata per
via la divisione dell'ala sinistra che veniva troppo
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 465
tardi e per frazioni in suo soccorso - a causa dei lungo
e non eguale cammino che gli sparpagliati suoi bat-
taglioni doverono percorrere - la travolse irresistibil-
mente nella sua fuga, senza permetterle di sparare un
sol colpo.
Sono appena le otto del mattino, e la battaglia è
perduta. Nondimeno si ode ancora cupo e sinistro il
fragore della guerra : è V ala diritta che avendo comin-
ciato a battersi un'ora prima delle altre, alle cinque,
è ancora ferma al suo posto, perdendo e riconquistando
alternativamente le proprie posizioni, senza mai cedere
definitivamente. Lynch e Iglesias, il comandante chi-
leno e il comandante, peruviano, si battono con eguale
destrezza, con eguale ardore, quasi con egual valore:
ma la gloria non sarà eguale, la gloria sarà del vinto.
Egli non ha che appena 45oo uomini da opporre agli
8000 dell'avversario, già divenuti 11 000 pel soprag-
giunto rinforzo del corpo chileno di riserva ; e nondi-
meno è sereno e tranquillo, è sicuro di vincere : sono
quasi tutti vecchi soldati che ha sotto di sé, e sa che
con quelli difficilmente si perde. Ma eccolo sostare un
momento. Che succede ? Vede venir di lontano grosse
colonne di soldati, e per un momento sta in forse se
sieno amici o nemici : però la triste verità non tarda
ad appalesarsi ; sono nemici : sono le divisioni chilene
yincitrici del centro che si dirigono contro di lui in
soccorso ancora della divisione Lynch (i). Girando lo
(i) « Verso le undici ant. si ricevè un dispaccio di Lynch di-
cendo che non poteva avanzare, perchè la sua truppa era deci-
466 BATTAGUA DI SAN JUAN
Sguardo per ogai parte non vede forza alcuna accor-
rere in suo aiuto : solo scorge in lontananza il Ditta-
tore che cavalca verso il mare ; e presto lo fa raggiun-
gere da un suo aiutante per domandargli un pronto
soccorso. Inutile tentativo ! U aiutante ritorna^ e gli
comunica che il Dittatore, inebetito, gli fa sapere che
tutto è perduto, e che vai meglio ritirarsi. - Ebbene!
io non mi ritirerò, esclama il valoroso Iglesias, io lot-
terò fin che potrò. - E lotta da forte contro tutto l'eser-
cito chileno che ormai si è riunito alla divisione Lynch:
lotta indietreggiando coi suoi decimati soldati fino alla
sommità del Morrò Solar; ed una volta là, lotta sem-
pre senza tregua e senza riposo, fino alle due pom^
ora nella quale è preso in mezzo da tutto T esercito
nemico e fatto prigioniero, insieme a tutto il suo stato
maggiore ed a tutti i soldati che gli rimangono. Non
sono che 1 800 in tutto ; gli altri 2700 sono morti :
sono morti battendosi per nove ore contro tutto Teser*
cito chileno, contro 20,000 e più uomini. Iglesias vinto,
prigioniero, fu l'eroe della giornata.
Il corpo di riserva posto da Pierola nel quartiere e
nelle adiacenze di Chorrillos non entrò in battaglia.
Aveva la consegna di non muoversi senz'ordine del co-
matai abbattuta dalla stanchezza, e che gU mandassero rinforzi
per continuare I* attacco. •
LeUera poliiUa del chileno M. J. VicuFSa, pag. ili.
Ed è da avvertire che Lynch aveva gW ricevuto qualche ofà
prima il rinforzo della divisione di riserva, come è detto nella
stessa Uttera politica^ a pag. xo6, e come si rileva anche dal
rapporto ufficiale del Generale in capo dell' esercito chileno.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 467
mando in capo; e Punico ordine che ricevè dopo la di-
sfatta del centro, fu quello di ritirarsi sopra Miraflores.
Saputa la disfatta del centro, ed avuto l'ordine di ritirarsi,
il suo capo, colonnello Suarez, risponde che sarebbe
assai più opportuno di correre in soccorso dell'ala di-
ritta, e domanda la modificazione del comando in que-
sto senso. No; gli si comunica per una seconda volta
V ordine di farsi indietro - unica disposizione emanata
dal comando in capo del Dittatore durante tutta la
battaglia ; * e bisogna che ubbidisca. Solo un piccolo
battaglione di questo corpo si spinge di moto proprio,
a dispetto dell'ordine contrario, in soccorso dell'ala
diritta che valorosamente si batte ancora; ma uscito
appena da Chorrillos s' imbatte nella grossa divisione
chilena vincitrice in San Juan^ che fiancheggiando il
Morrò Solar alle spalle di Chorrillos, sì dirige contro
quella medesima ala diritta in soccorso della quale
esso andava, ed è tagliato a pezzi: solo sfuggirono alla
generale distruzione di detto battaglione alcuni pochi
soldati che, durante la disfatta o ritirata, pervennero
a rifugiarsi nella stazione della ferrovia, posta alle
porte di Chorrillos, di dove tentarono resistere al-
r onda del nemico, e dove, circondati da ogni parte,
in breve tempo furono fatti prigionieri.
Già abbiamo detto che l'altro corpo di 4ooo uomini
che formava V ala sinistra fra San Juan e Monterrico-
OiicOy neppur prese parte alla lotta. Quando potè ac-
corgersi che esso veniva lasciato in disparte, e che il
nemicò si agglomerava tutto contro alle altre posizioni
della linea di difesa, decise alla lesta e da sé, in man-
468 BATTAGLIA DI SAN JUAN
canza di ordini del comando in capo, di correre in
aiuto del centro. Ma disseminato come trovavasi so-
pra una lunga zona, e animato dal desiderio di arri-
var presto in soccorso di esso centro da cui lo divi-
deva una grande distanza, non si raccolse in un sol
corpo per marciare unito e compatto contro il nemico :
supponeva che la propria linea di difesa fosse tutta li-
bera ancora, che non sarebbe entrato in azione se non
quando fessesi già incorporato alla divisione del cen-
tro nelle posizioni di San Juan; e mosse a quella
volta per frazioni, nell'ordine in cui trovasi sulle estese
sue posizioni. Ma era già tardi; i colli di San Juan
erano già in potere del nemico, che, sloggiati di li i
resti della divisione peruviana che li difendeva, cor-
reva forte e numeroso nelF inseguimento di quelli. La
divisione dell' ala sinistra s' incontrò adunque a piccole
frazioni in questa gran massa di gente che fuggiva,
tra assaliti ed assalitori; e impotente ciascuna fra-
zione da sé sola, a resistere ad un urto sì fòrte, ri-
masero tutte necessariamente travolte a misura che
succedeva l'incontro, nella generale e confusa corsa
dei vinti e dei vincitori, senza che fosse possibile di
opporre resistenza alcuna, o di sparare un sol colpo
almeno.
Dei 16,000 uomini che formavano l'esercito peru-
viano, adunque, solo entrarono in azione i 9000 del
centro e dell'ala diritta, da cui certo non era possi-
bile lo sperare che sostenessero definitivamente l'im-
petuoso urto dei 24,ooo chileni, che marciavano con-
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 469
tro di essa in forti e compatte schiere (i). Ciò fu dovuto
principalmente alla cattiva collocazione data all'eser-
cito dal Dittatore peruviano, nonché alla completa in-
capacità manifestata da lui, come del resto era da
prevedersi, nel momento della lotta. Credeva che per
far da Generale in capo e unico direttore di una bat-
taglia, bastasse il semplice volerlo, e s'ingannò. Ve-
duta dall'effetto la insignificante nullità delle sue for-
tificazioni ; veduto che l'esercito nemico passava illeso
al disopra od a fianco delle sue famose mine automa-
fiche, sparirono tutte le illusioni, perde tutta la cieca
confidenza che aveva in sé stesso. Forse un momento
di lucido intervallo gli fece intravedere allora l'enor-
mità dei suoi errori, insieme alla sua grande respon-
sabilità di fronte a quella sua povera patria, da lui
stolidamente portata al sacrifizio; e provò forse un
lungo e terribile momento di rimorso che Io prostrò.
Incapace a prendere qualunque provvedimento, giron-
zava taciturno ed abbattuto dietro la rumorosa linea
di battaglia fra San Juan e Villaj senza neppur sov-
venirsi che era il Generale in capo del suo esercito,
senza mai pensare a dare un ordine qualsiasi. La
disfatta della divisione del centro, venne a riscuoterlo
(1) Da ambe le partì, Perù e Chili, si è cercato sempre nei
loro diversi racconti di aumentare enormemente le forze deirav-
versario: noi però, guidati dalle notizie più certe e sicure, pos-
siamo guarentire l' esattezza delle cifre da noi assegniate al rispet-
tivi eserciti.
470 BATTAGLIA DI SAN JUAN
repentinamente dalF inerte suo abbandono : pensò che
tutto fosse perduto» e prese sollecitamente là via della
spiaggia per rientrare a Lima. In questo momento
ed in questo stato del suo animo incontrò T aiutante
che gli domandava un rinforzo per la divisione di
Iglesias; e gli rispose ciò che egli pensava, gli ri-
spose che tutto era perduto, e continuò per la sua via.
Indi la vista del corpo di riserva che stava al di là di
Chorrillos, diede un altro giro alle sue idee ; gli fece
ricordare che rimanevagli ancora la seconda linea di
difesa di Miraflores; e ripresa la sua prima confidenza,
disse a sé stesso : se ho perduto oggi a San Juan, vin-
cerò domani a Miraflores, E pensò di riserbare per
la seconda battaglia la divisione di riserva che vedeva
innanzi a sé: da ciò l'ordine mandato a Suarez, e poi
rigorosamente ripetuto, di ripiegarsi sopra Miraflores.
Alle II a. m. tutto era finito nella pianura tra Monter-
rico-Chico e Chorrillos. I disfatti fuggitivi di San Juan
erano già dietro la seconda linea di Miraflores, insieme
a quelli dell'ala sinistra, ed insieme alla divisione
di riserva che il Dittatore faceva ritirare: solo ardeva
ancora la pugna localizzata sull' alta vetta del Morrò-
Solar. Chorrillos era deserto; più non vi era un solo
soldato peruviano ; più non vi era nessuno, quasi tutti
i suoi abitanti erano ftiggiti : soli alcuni stranieri, com-
pletamente neutrali alla lotta, e che avevano in Chor-
rillos i loro stabilimenti di commercio, rimanevano
paurosi nelle loro case o andavano più paurosi ancora
a rifugiarsi in riva del mare. Sapevano che i chileni
avrebbero da un momento all' altro occupato quel vii-
-"k
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 471
hgffOy terminata che fosse sul Morrò la insostenibile
resistenza di Iglesias; ricordavano i tristi avvenimenti
di Tacna ed Arica, ed avevano paura : però non vo-
levano, non potevano abbandonare completamente
quelle loro case di commercio, quelle loro proprietà
che rappresentavano il frutto di tanti e tanti anni di
lavoro, di economie e di privazioni; e rimanevano lì,
speranzosi che le truppe chilene saprebbero rispettare
la. loro qualità di stranieri neutrali.
Alle due p. m., s' è detto già, tutto era finito anche sul
Morra. Iglesias era caduto prigioniero insieme ai scarsi
resti della sua divisione ; e meno di mezz* ora dopo,
le prime colonne delle truppe chilene che a passo ac-
celerato scendevano per le aride falde del Morrò, in-
vadevano le deserte strade del sottoposto Chorrillos,
mentre altre ne occupavano il quartiere posto a breve
distanza, e già da più ore innanzi abbandonato dalla
divisione di riserva del disfatto esercitò peruviano. Alle
2 e mezza, il generale in capo Baquedano ed il Mi-
nistro della guerra, Vergara, che rappresentava il Go-
verao chileno, erano anch'essi in Chorrillos, ammi-
rando estasiati insieme ai loro aiutanti e seguaci i bei
palazzi, i ranchos^ dalle eleganti terrazze moresche,
che coi fioriti giardinetti chiusi da grosse cancellate
di ferro dorato, davano all'insieme quel certo che
di fkntastico, di vago, di grandioso, di cui tanto ave-
vano udito parlare nel Chili, e che si bene annunzia-
vano la decantata ricchezza delle ^ppellettili e di tutte
le eleganti ricercatezze degli appartamenti. La na-
tura e l'arte rivaleggiavano di bellezza e di magnifi-
co. — Cai VANO, Guerra eCAmirica,
472 BATTAGLIA DI SAN JUAN
cenza agli occhi attoniti della grossa comitiva, che
camminava signora di quella immensa aUtambra del-
l' aristocrazia peruviana ; che sentiva ribollire nel
cuore tutte le passioni della patria lontana contro gli
invisi possessori di tanta delizia ; che sentiva rigurgi-
tare nell'animo tutta la gioia del fortunato vincitore,
arrivato alfine a porre il ferreo piede sul tremulo collo
dell'odiato fratello e rivale. Ma il tempo stringeva:
r ora della collera vendicatrice era prossima : e prima
che quella suonasse, era mestieri rifarsi della stanchezza
e delle fatiche della giornata.
La grossa cavalcata dei conquistatori si separò verso
le tre ; e mentre il Generale in capo cercava un po'di
riposo, insieme al Ministro ed alPex-Plenipotenziarìo
Godoy nel rancho di un congiunto della distinta con-
sorte di costui (peruviana), altri invadevano quello del-
l'ex-comandante della Union, Garcia y Garcia.
Breve però fu il loro riposo: frastuono di schiop-
pettate, vortici di fiamme, e grossi nugoli di fumo li
fecero presto avvertici che la vendetta chilena comin-
ciava, e che era tempo di lasciar libero il campo ai
tremendi ministri di essa (i).
(l) « Più non vi erano nemici da combattere.... Era neces-
sario sollazzarsi, aver momenti di espansione e di riposo prima |
di tornar di nuovo a soffrire le rigide prescrizioni della disci- |
plina.... L'esercito del Chili si era coperto un'altra volta d'un.
peritura gloria (I); era molto giusto donqae di celebrar degna-
mente così grato avvenimento. Sembra che questo fosse anche lo
spirito che animò il Generale in capo; perchè invece di far bat-j
tere riunione agi' innumerevoli e disordinati gruppi di soldati di
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 473
Alle 5 il Ministro della guerra abbandonò Chorril-
los, mentre il Generale in capo passava ad occupare
il gran palazzo di Pezet, di dove lo sloggiarono nuo-
vamente le fiamme alle io di sera, sicché andò a pas-
sar la notte nel quartiere, convertito in ospedale.
A cominciare dalle 5 p. m. circa, Chorrillos era di-
venuto tutto d^un tratto orrendo teatro di rapina, di
orgia, di sangue e mine ; una vera bolgia d' inferno.
Grosse e piccole bande dì soldati in disordine ed
armati si disseminarono in un momento per tutta la
piccola città. Mentre alcune correvano alle pulpene,
alle botteghe, ai magazzini, altre forzavano a schiop-
pettate le serrature delle porte, ed entrando nelle case
le percorrevano rapidamente da cima a fondo; se in-
contravano qualcuno, lo uccidevano ; e se P aspetto
generale degli appartamenti era povero e meschino, vi
appiccavano il fuoco, e via (i). Se poi annunziava ric-
diversi corpi che andavano disseminati per la città» si diede fran-
chigia tanto a quelli che stavano nella città, quanto a qaelli che
seguitavano ad entrare in essa, e si portò la imprudenza fino
air estremo di non ordinar loro di lasciare le armi nei loro quar-
tieri od accampamenti. Le conseguenze, com' era naturale, furono
fatali. La maggior parte delle case di Chorrillos, vere dimore di
piacere, avevano abbondanti e ben fornite dispense. Le botteghe
di dove si era estratto il petrolio e V acquaragia contenevano
anche centinaia di bottiglie di ogni specie di liquore. Presto prin-
cipiò la ripartizione.... >
Dal giornale El Mercurio di Valparaiso, del 22 marzo 1881.
Relazione del suo corrispondente in campagna.
(i) Testimoni oculari ci riferirono che ad appiccare il fuoco
i soldati chileni adoprassero certe piccole bombe di materie in-
474 BATTAGLIA DI SAN JUAN
chezza ed opulenza, era tutf altra cosa: frugando in
tutti gli angoli, scassinando tutti i mobili, ponendo tutto
in orrendo soqquadro, s'imposs'essavano di tutti i pic-
coli oggetti preziosi, e di tutte le più ricche stoffe che
incontravano, di cui faceva ciascuno aUa lesta il pro-
prio fagotto. Indi alla dispensa ed alla cantina; e carichi
i soldati di commestibili, di vini, di liquori, correvano
tutti nei dorati saloni, dove cominciava immediata-
mente la più infernale baraonda che mai si possa im-
maginare. Chi sdraiato sulle poltrone o sui soffici divani
del più fino damasco, chi seduto o disteso sui morbidi
tappeti di Persia; si mangiava, si beveva, si cantava,
mentre altri si divertivano a battere pazzamente le ta-
stiere dei pianoforti, a rompere i quadri, a sconquas-
sare i mobili, ad appiccare il fuoco in una o più estre-
mità della casa, onde avesse il tempo di crescere e
prender forza mentre si stava nei saloni a far baldo-
ria. Frattanto gli scelti vini, i prelibati liquori di cui
le ricche cantine erano ben fornite, £Eicevano il loro
effetto; e cresceva il chiasso, cresceva l'orgia ed il
baccanale. Il soldato chileno, il roto, cui più non fre-
nava la disciplina militare, dava sempre più libero sfogo
alla stupida brutalità e alla ferocia del suo carattere;
fiammAbili di cui erano muniti, e che lanciate con fona scop-
piavano, prodncendo istantaneamente l'incendio. Se fosse vera-
mente così, ciò proverebbe una volte di più, come diremo ap-
presso, che r incendio di Chorrillos fii cosa lungamente studiata
e preparata; poiché solo in questo modo potrebbe spiegarsi come
i soldati chileni si trovassero provvisti di tali bombe, a nnU'al>
tro buone.
E DISTRUZIÓNE DI CHORRILLOS 475
e cominciavano le dispute, le querele, le lotte: indi
mano al corvo o al fucile; ed a scannarsi, ad ucci-
dersi fra loro, fino a che le prime vampe dell'incen-
dio, penetrando nei saloni, ne li scacciassero (i). I morti,
i feriti, quelli completamente vinti dalP ubriachezza,
erano preda delle fiamme, mentre gli altri uscivano a
continuar le loro dispute nelle strade, ove tuonavano
numerose le schioppettate come in una battaglia, od
a sfondare altre porte ed a ricominciar da capo in altre
case.
E ciò durò senza interruzione tutta la sera, tutta
la notte, mtta la prima metà del giorno appresso;
dalle S p. m. del 1 3, fino al mezzogiorno del i4, ora
nella quale lo sbandato esercito iii chiamato alle file;
ed a cominciare dalla quale, senza mai cessare del
tutto per più giorni successivi, la nefanda opera di
distruzione fu continuata solamente da semplici drap-
pelli più o meno numerosi di soldati sbandati, fino a
che in Chorrillos e' nei dintorni più non rimase pietra
sopra pietra.
E tutto ciò sotto gli occhi del Generale in capo, del
Ministro della guerra, e di tutti i capi ed ufiziali su-
periori ed inferiori dell' esercito chileno (2). Essi sta-
(i) Il comspondente in campagna del giornale £1 Mercurio
di Valparaiso fa ascendere dai trecento ai quattrocento^ il nnmero
dei soldati chileni che si uccisero fra loro in Chorrillos nella notte
del 13- gennaio, ira il furore dell'orgia e del saccheggio.
Vedi: El Mercurio del 22 marzo 1881.
(2) « Alle due e mezza p. m. eravamo nelle strade della ele-
gante e graziosa Chorrillos.... Aspettavamo il Ministro della guerra
476 BATTAGLIA DI SAN JUAN
vano lì, chi dentro e chi alle porte di Chorrìllos, ve-
dendo ed ascoltando tutto, e non facendo mai nulla
per richiamare all'ordine i proprii soldati; e se al mez-
zogiorno del i4 si occuparono di raccogliere e rior-
dinare i disciolti battaglioni, fu solamente pel timore
che non tardò ad arrivare. Era passata un'ora appena quando
cominciammo a sentire un gran disordine: rottura di porte, sac-
cheggio di botteghe, ed alcune case ardevano già.... Era il prin-
cipio di un gravissimo male, le cui conseguenze potevano finire
in una catastrofe nazionale. Facile, molto facile sarebbe stato con-
tenerlo nel principio. Nondimeno uh il Generale in capo, né i
Generali di divisione, né i Comandanti di brigata prendevano mi-
sura alcuna.... Il disordine di Chorrillos era arrivato al massimo
dell' eccesso e della demoralizzazione. Il saccheggio e Y ubria-
chezza, r incendio ed il sangue, formavano il quadro di queir or-
ribile dramma. »
Lettera politica del chileno Manuel J. Vicuxla, p. 117 e seg.
« Cadeva la notte, e le strade di Chorrillos illuminate dal ful-
gore di cento incendii, somigliavano ad un fantastico quadro di
scene d'inferno.... Presto si sentirono alcuni spari: erano i sol-
dati chileni che disputavano fra loro.... Il sinistro splendore de-
gl'incendii illuminava solamente scene di orgia e di esterminio...
Il giorno seguente continuarono i disordini.... Però il Generale
in capo non prendeva nessuna seria determinazione a fine di far
cessare quei ripugnanti disordini. Sembrava che pensasse di la-
nciar camminare le cose, e permettere che nella notte del 14 si
rinnovassero le scene di quella del 13. ti Ministro della guerra
gì' indicò allora che sarebbe conveniente di riorganizzare l'eser-
cito, onde marciare immediatamente sopra Lima, e che era ne-
cessario di raccogliere con qualunque mezzo quella gente sban-
data. >
Giornale El Mercurio di Valparaiso, del 22 marzo 1881. Re-
lazione del suo Corrispondente.
E DISTRUZIONE DI CHOftklLLOS 47?
di una sorpresa del nemico e per prepararsi alla nuova
battaglia dell'indomani, non per porre un freno ai
barbarici eccessi dell' esercito, non per far cessare
il saccheggio e la distruzione, che, come s'è detto,
continuarono a compiersi senza interruzione da piccoli
drappelli di soldati, cosidetti dispersi, senza che mai
fossero a ciò impediti, pur quando tal cosa succedeva
alla presenza di qualche ufìziale superiore, anche dei
più rinomati, che si trovava di lì a passare per caso,
e la cui protezione veniva invano invocata dalle po-
vere vittime di tanta nefandezza ; fatto di cui si ebbero
non pochi esempi nel piccolo borgo del Barranco.
Se altre prove mancassero, basterebbe ciò solo a di-
mostrare che la distruzione di Chorrillos e suoi din-
torni, il saccheggio ed il fuoco così ampiamente ap-
plicati, non furono per nulla l'effetto di semplici eccessi
di una soldatesca ubriaca ed indisciplinata.
Del resto, basta sapere che nulla giustificava nean-
che il più leggiero atto di violenza contro un villag-
gio che l'esercito chileno occupò senza resistenza, quando
già era terminata la battaglia combattuta nelle sue vi-
cinanze, e che trovò completamente deserto, se si ec-
cettuano solamente alcuni pochi stranieri, neutrali nella
guerra, ed appena qualche attardato abitante che non
fece troppo presto a fuggire; basta ricordare gli odii
e le rivalità chilene contro la aristocrazia peruviana,
e l'invidia che la dimora favorita di questa suscitò
seospre nel Chili; cose di cui ci occupammo nel ca-
pitolo terzo : e basta infine prestar orecchio, per poco
che sia, a quella voce pubblica da cui si vuole che il
478 BATTAGLIA DI SAN JUAN
saccheggio di Cborrillos e di Lima fosse offerto ai sol-
dato cliileno in premio dei suoi sforzi, fin da qaando
cominciava la guerra nel 1879,. perchè non si abbia
a durar fatica alcuna per sospettare che Chorrìllos
fosse saccheggiata e distrutta volontariamente e pre-
meditatamente, e solo perchè così e non altrimenti si
volle (i).
A provare poi quanto l'anzidetta voce pubblica me-
riti di essere ascoltata, basti avvertire che essa richiamò
seriamente l'attenzione del Corpo Diplomatico stra-
niero residente a Lima ; ed a segno tale da far sì che
il suo Decano, prima ancora della battaglia di San
Juan e dei fatti di Chorrìllos^ ne . focesse oggetto di
speciale comunicazione al Generale in capo dell^ eser-
cito chileno accampato in Lurin, come appare dalla
Nota di rispósta che in data del sei gennaio riceveva
egli dal detto Generale chileno, e che dice : « Sig. Mi-
nistro : Ho testé ricevuto la Nota di V. E. in dató
primo corrente, nella quale Ella mi domanda se, dato
il caso che la città di Lima non opponga resistenza
(i) « Mi dicono che a tutti coloro che andarano a raccoD-
targU (al Generale in capo chileno) la maniera come andava cre-
scendo il disordine (in Chorrillos) rispondeva con molta indiffe-
renza, stringendosi nelle spalle : Che posso fare io ? »
Lettera politica citata, pa^. 1 19.
La risposta del Generale in capo chileno, Baquedano, che sap-
piamo essere un gentiluomo e d'animo non cattivo, non vorrebbe
forse alludere a ordini superiori che lo collocavano nella impos-
sibilità di impedire i disordini, il saccheggio e l' incendio di Chor-
rillos ?
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 479
alle forze da me dipendenti, io sarei per occuparla sol-
tanto con le forze scelte, e aggiunge che, nel caso
contrario, ossia quello della resistenza, V. E. e i suoi
onorevoli colleghi del Corpo Diplomatico condannano
il saccheggio, e desiderano sieno loro affidate le mi-
sure di sicurezza, di cui le mie truppe non saranno
per prendere cura. In risposta a questa comunicazione
mi basta soltanto di dichiarare a V. E. che l'avviso
del mio Governo e il mio proprio furono chiaramente
determinati nella mia Nota del 3o dicembre ultimo.
V. E. comprenderà che le declamazioni appassionate
della stampa di ambo i paesi belligeranti non possono
essere materia di discussione ufficiale. In conseguenza
deve permettermi che non tenga conto delVallusione
che trovo nella Nota di V. E. quanto alP istigazione
al saccheggio^ che Ella crede aver rintracciato nella
stampa del mio paese. Per altro V. E. può esser si'
cura che il mio fermo proposito si è di umanizzare
la guerra, e risparmiare ai privati mali non necessari],
in accordo col progresso della civiltà del secolo. Ma
le mie promesse devono a ciò solo limitarsi, poiché le
misure ulteriori che sarò per adottare, dipendono da
circostante che non posso prevedere..,, (firmato) Ma-
nuel Baquedano. »
Noi conoscemmo Chorrillos in altri tempi, e vi pas*
sammo parecchie stagioni estive; la visitammo qual-
che mese dopo ì fotti che narriamo, e più non tro-
vammo che macerie, da non riconoscere neanche i siti
delle strade e della casa che in altra epoca abitammo.
Vedemmo però qua e là, in mezzo a tanta • rovina,
48o BATTAGLIA DI SAN JUAN
alcuni pochi ranchos o case, in pieno stato di con-
servazione, contro di cui non fu portato danno alcuno.
Sorpresi di ciò, cercammo di sapere come avvenbse;
e ci fu risposto che quei pochi ranchos appartenevano
a persone legate in parentela od amicizia con alcuni
alti personaggi chileni ; e che in grazia di ciò furono
rispettati. Ciò adunque vuol dire che il soldato non
procede alla cieca nella sua opera di distruzione ; che
vi fu una mente che diresse la sua mano; e ciò an-
cora sarebbe nuova e non lieve prova di quanto di-
cemmo innanzi.
Più su abbiamo accennato anche ai danni del Bar-
ranco ; ed è bene dirne qualche parola. Nel Barranco,
piccola ed anch'essa deliziosa borgata di villeggiatura^
posta fra Chorrillos e Mirailores, discosta dalle linee
di difesa stabilite dal Dittatore, ed abitata per oltre due
terzi da stranieri completamente neutrali nella lotta
fratricida delle tre Repubbliche, si era sicuri di tro-
varsi al coperto da ogni diretta contingenza di guerra.
Ma ecco che nel pomeriggio del i3 appaiono ivi
alcuni drappelli di soldati chileni, venuti espressamente
da Chorrillos in cerca di bottino e di case da incen-
diare. I suoi abitanti sono presi dal terrore; e i più
fuggono precipitosamente verso Lima. Altri invece si
rinchiudono paurosi e tremanti nelle loro case o bot-
teghe, che copre una bandiera straniera amica del Chili,
e che non vogliono, non possono abbandonare, poiché
là si rinserra ogni loro avere e sostanza; e, miseri'
assaporano in quelle, un lungo e straziante tormento
d'indicibili ansietà ed amarezze.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 481
In mezzo al firastuono di mille disordini, odono bus-
sare alle loro porte; sono ufiziali : aprono immediata-
mente, lì ricevono pieni di riguardo, li complimentano
di vino, di liquori, di quanto v' ha di meglio nelle loro
case ; ed invocando la loro protezione, li scongiurano
di salvarli insieme alle loro proprietà dal fìirore della
terribile soldatesca. Indi, partiti questi, ne vengono altri,
e poi altri, che accolgono tutti in egual modo ed a
tutti rivolgono sempre le istesse preghiere. Ma gli av-
vinazzati soldati infuriano sempre di più al di fuori,
e già qualcuno comincia ad avvicinarsi alle loro pro-
prietà, a scassinar qualche cancello o porta ; e sempre
più atterriti chiamano essi medesimi qualche altro ufi-
ziale che vedono passare per le strade, invocando da
lui aiuto e protezione.
Tutto è inutile : traquillizzati per un moniento dalla
voce di qualcuno di quegli ufiziali, da cui sono assi-
curati che nulla avranno a soffrire, rimangono atter-
riti un istante più tardi dalle parole di qualche altro
che fa loro intendere di non saper che fare per pro-
teggerli, perchè le tstru\icnì ricevute comandano dì
mettere tutto a ferro e fuoco^ Chorriilos, Barranco,
Miraflores e Lima (i). Altro invece crede dì confor-
tarli colle parole: Noi bruciamo^ ed il Perù pagherà (2).
E agitati così da una continua vicenda di terrore e di
(i) Parole prese dai reclami di alcuni cittadini italiani per
danni sofferti nel Barranco, e che abbiamo udito riferire anche
personalmente da alcuno di essi.
(2) Idem.
482 BATTAGLIA DI SAN JUAN
-— - ■ — mtm^^^^ ■ I ■ I !__■ I u I ■■ ^ I
speranza, passano essi la orribile notte del i3, e poi
tutta la giornata e la notte del i4, mirando il sac-
cheggio e l' incendio delle case circostanti ; finche noD
rimangono più che le loro, e forza è che fuggano dove
possono e come possono, onde non trovarsi involti fra
gli orrori del saccheggio e dell' incendio di esse, che
non tarda ad arrivare (i).
Come abbiamo detto, gli abitanti del Barranco erano
in maggior parte stranieri; e straniere erano pure la mag-
gior pane delle proprietà o ranchos, di quella una volta
ridente borgau, che i soldati chileni saccheggiarono
ed incendiarono. Molte proprietà straniere erano anche
in Chorrillos, e nessuna di esse sfuggì alla mano rapace
del saccheggio, ed all'ira distruggitrice del chileno.
Come si sa, fra le varie colonie europee che risie-
dono sulP ospitale terra del Perù, V italiana è una delle
più ricche e numerose; e quindi la maggior pane
forse delle tante proprietà straniere saccheggiate e di-
strutte dalla soldatesca chilena, appanenevano a nostri
connazionali, a pacifici ed inoffensivi italiani che, neu-
trali nella guerra, unicamente cercarono e cercano
sempre le fonti del proprio benessere, come tutta la
colonia italiana nel Perù e come tutti i figli d'Italia
all'estero, ovunque essi sieno, nel più onesto ed inde-
fesso lavoro.
(i) Dal nostro c;gregio amico e letterato Conte Carlo Carcozi-
Galesi, che trovavasi in villeggiatura al Barranco e fu non poco
danneggiato, adimmo di tutti questi fotti il più veridico ed inte-
ressante racconto.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 483
Le perdite sofferte dai nostri connazionali in Qior-
rillos e nel Barranco, ascendono a più e più milioni
di lire : molti di essi perderono tutto quanto avevano,
tutto il prodotto di lunghi e penosi anni di lavoro;
qualcuno di essi già divenuto, dopo quasi tutta una
vita spesa nella più costante e intelligente operosità,
nonché agiato, ricco, dovè ricorrere dipoi ai più mo-
desti uffici per ridomandare al lavoro di che sostentar
se stesso ed i suoi. E non si dica che ciò sia vana
rettorica, no: é pura e schietta verità; ed all'occor-
renza po^mmo e citar nomi e addurre prove.
Né questo è il peggio. Fra la tanta povera gente, a
sangue freddo o nel bollore dell'orgia trucidata in
Chorrillos e nel Barranco, si contano anche non pochi
stranieri, i più dei quali erano italiani : e qui, al con-
siderare la rea maniera come fu tolta la vita a quei
miseri, P uomo, lo storico, V italiano non sa soffocare
un grido d' indignazione, che spontaneo erompe contro
gr inqualificabili autori di tanta nequizia 1
L'inglese Mac Lean, vecchio medico ottuagenario,
fu barbaramente ucciso nel proprio letto, e nella stessa
residenza del Ministro inglese, ove sicuro riposava sotto
l'egida della bandiera britannica, che sventolava sul tetto
della casa, e che nondimeno fu impotente a proteggerlo.
Tre italiani, un francese ed un portoghese, presi in
riva al mare il i3 gennaio e tenuti prigionieri sènza
saper perchè, furono barbaramente fucilati la sera
del i4; mentre altro francese che era con essi, com-
prava a stento col denaro quella vita che il terrore
gli tolse qualche giorno appresso.
484 BATrAGLIA DI SAN JUAN
L'italiano Borgna, fatto prigioniero mentre fuggiva
verso Lima, e messo in una camera dell^ ospedale di
Chorrillos, era ucciso con una fucilata nel mattino
del 14, da quel medesimo soldato che facea da senti-
nella air improvvisato suo carcere.
Gritaliani Ogno, Cipollina e Nerini erano massacrati
nelle stesse loro pulperie, dipoi saccheggiate e distrutte.
Altri tre italiani trovavano la morte nelle strade,
mentre cercavano di porsi in salvo da tanta ira sel-
vaggia e feroce.
L'italiano Leonardi da Montecrestese infine, era fano
cadavere a fucilate nella propria sua abitazione, men-
tre era inteso a soccorrere la povera consorte, di firesco
puerpera (i).
E qui ci crediamo nel dovere di domandare al Go-
(i) Nel giornale El Mercurio di Valparaiso, del 18 mano 1S81,
troviamo : « Roma e Chorrillos - Per lettera ricevuta da Rom2
in data del 26 gennaio, si sa che nello stesso giorno 13 di quel
mese in cui ebbe luogo la battaglia di Chorrillos (di San Jmart.
in Chorillos non vi fu battaglia, solo vi fu saccheggio e inoendkv
molto dopo che fosse terminata la battaglia sul Morrò) i chileni
residenti in Roma avevano ottenuto udienza nel Vaticano dal
Papa Leone XIII.... Le signore chilene domandarono a S. S. che
benedicesse V esercito del Chili, e questi lo fece immediatamente
con molta devozione. É un fatto molto singolare che il Papa
stesse benedicendo in Roma quello stesso esercito che in quel
giorno ed in quelle ore combatteva alla base del Morrp Solar. >
£ noi diciamo: il Papa benediceva l'esercito chileno dal sue
seggio infaUibiU (I) del Vaticano, nel giorno e nel momento
istesso in cui quello compiva colla strage e coli' incendio di
Chorrillos, uno dei fatti piiì iniqui ed atroci che abbia da reg^
strare la storia.
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 485
verno italiano : che avete voi fatto a tutela delle tante
proprietà italiane cosi ingiustamente distrutte? per il
tanto sangue italiano così iniquamente versato ? Quelle
proprietà erano coperte dalla bandiera italiana, che per
soprappiù fu schernita e dileggiata dal soldato chileno
nei più villani modi; quel sangue fu versato mentre
le povere vittime, fiere di chiamarsi italiani, invoca-
vano appunto la protezione della patria lontana e vi-
lipesa. Ripetiamo: che avete voi fatto per tutto ciò?
che avete voi fatto per riparare le tante offese portate
a quel glorioso vessillo d' Italia, che avete il dovere e
la forza di far rispettare?
Durante la lunga e funesta guerra del Pacifico - fu-
nesta principalmente agl'interessi stranieri, che sono
molti e gravi - l' Italia, che ha le più forti corazzate
del mondo, non ebbe in quei paraggi che appena tre
meschini legni da guerra, gli ultimi forse della sua
marina, e del tutto incapaci a dare una mostra visi-
bile e patente del potere navale italiano: ed il roto
chileno, che si pregia di fare il gradasso innanzi al
debole, credè nella sua crassa ignoranza delle cose
del mondo, che quei tre legnucoli costituissero da sé
soli tutta o la miglior parte almeno dell'armata ita-
liana; credè l'Italia impotente a proteggere l'onore
della sua bandiera, insieme alla vita ed alla proprietà
dei suoi figli; e perciò, sicuro dell'impunità, disprezzò
r Italia e la sua bandiera, e fece strage sempre che
potè delle vite e delle proprietà italiane.
Dopo la battaglia di San Juan del i3 gennaio, i
corrispondenti dei giornali chileni, tanto per giustificare
486 BATTAGLIA DI SAN JUAN
a loro modo la uccisione degli anzidetti italiani, quanto
per dare le più gigantesctie proporzioni alla loro vit-
toria, inventarono e riferirono la bugiarda notizia che
insieme ai peruviani aveva combattuto un battaglione
di 700 e più italiani, e che tutti questi erano stati
massacrati e tagliati a pezzi, senza che se ne salvasse
neppur uno. Questa menzogna produsse nel ChiTi la
più feroce ed ignobile animosità contro V Italia e gP ita-
liani.
Per le strade e pei giornali in mtto il Chili non si
faceva che dilettarsi nel racconto del supposto alas-
sero del battaglione italiano, che compiacersi di un sì
fausto avvenimento, e dirigere contro V Italia e gV ita*
liani le più triviali e vigliacche ingiurie: e ciò durò
per un buon pezzo, anche quando la insulsa Savoia
dell'esistenza e del massacro del supposto battaglione
italiano fu in tutti i modi smentita, così uflBcialmente
come estraufficialmente (i).
Per chi conosce il carattere dei chileni, è iuori di
dubbio che essi non avrebbero affatto ardito <fi fare e
(i) In tutto l'esercito del Perù non si trovava che nn solo
italiano, che per giunta non prese parte a nessun combattimefito
perchè apparteneva alla guarnigione del forte del Callao. E s'egU
entrò neU' esercitò non fu già per spontanea determinaiione, ma
perchè fa quello 1' nnico modo di sftiggire alla ostinata perse-
cuzione che per una voluta offesa ai/a religione cattolica feccgli
per più mesi il Governo Dittatoriale. Per il contrailo l' esercito
chileno contava non pochi stranieri, massime fra gli orGgtìeri^
che furono sempre quanto ebbe di meglio queir esercito : questa
è un fatto assai noto nel Perù e nel Chili
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 487
dire tutto quello che fecero e dissero contro P Italia
e gr italiani, se fosse comparso nelle acque del Pa-
cifico un paio, non più, di buone corazzate italiane.
Oh come allora sarebbero stati docili e melliflui!
Come ultimo ragguaglio della battaglia di San Juariy
aggiungeremo che essa costò 3ooo e più uomini al
Chili, tra morti e feriti, senza contare i 3oo e più che
si ammazzarono tra loro nelle luride orgie della or*
renda notte della distruzione di Chorrillos.
Il Perù dal suo canto ne perde 4ooo e più : quasi
la metà di quelli che entrarono in battagliai
Riferiremo pure che, allo scopo di scusare innanzi
al mondo gli eccessi e V incendio di Chorrillos, i chi-
leni presero a sostenere e a spargere ai quattro venti
che in Chorrillos trovarono una forte resistenza, che
vi fu anzi una vera e sanguinosa battaglia; e non man-
cano neanche nei giornali e nelle Storie chilene le più
immaginarie e prolisse descrizioni di essa : distinsero
cioè le operazioni del i3 gennaio in due diverse bat-
taglie, che chiamano di San Juan e di Chorrillos, Ma,
non senza lasciare la sua parte alla naturale ampol-
losità del carattere chileno, ripetiamo, ciò è detto prin-
cipalmente col fine di cercare un pretesco, via non
nuova per gli uomini di quel paese, che valesse, se
non a legittimare, a scusare almeno la inqualificabile
condotta dell' esercito chileno. In Chorrillos non vi fu
resistenza, e molto meno battaglia (i).
(i) Abbiamo letto e riletto più volte la descrizione della bat-
taglia di San Juan e di tatte le operazioni del 13 gennaio che
31. — Caivano, Guerra «T America,
488 BATTAGLIA DI SAN JUAN
La battaglia, cominciata nelle posizioni di San Juan
e Fi7/a, si terminò sulla vetta del Morrò Solar; alla
base di uno dei cui lati è Chorrillos; e tranne il breve
scontro nelle vicinanze e nella stazione ferroviaria dì
Chorrillos, fra il battaglione peruviano di riserva che
andava in soccorso di Iglesias sul Morrò Solar, e le
forti divisioni chilene che andavano sul Morrò stesso
in aiuto di Lynch, com'è detto altrove, non si ebbe
altro fatto d'armi in quel giorno i3. Come ricorde-
ranno i nostri lettori, un piccol numero di soldati di
quel battaglione peruviano pervenne, nella sua ritirata,
a rifugiarsi nella stazione ferroviaria di Chorrillos.
dove fu fatto prigioniero; e certo la insignificante re*
sistenza di appena qualche minuto fatta dalle mura
* di detta stazione, che un'ampia strada separava dalle
prime e più prossime case di Chorrillos, non può in
nessun modo chiamarsi resistenza di Chorrillos, e molto
meno poi battaglia.
Nondimeno è appunto a questo meschino episodio
dell' unica battaglia del 1 3, cui essi danno il nome e
l'importanza di seconda e speciale battaglia: e non
contenti di ciò, ne trasportano 1' azione nelle mura
stesse di Chorrillos, che convertono in aspro e terrìbile
fa lo scrittore chileoo Barros Arana nel capitolo IX della 2^ pane
della sua Scoria della guerra del Pacifico; e dichiariamo franca-
mente che non vi abbiamo trovato quasi nulla che ci ricordi
fatti di cui parliamo; fatti che siamo convinti dì conoscer
appieno, e di riferire fedelmente. Curiosa Storia eh' è ras
(}uclla I
E DISTRUZIONE DI CHORRILLOS 489
campo di accanito combattimento, mentre le più ir-
refragabili prove di fatto e le assicurazioni di nume-
rosi testimoni oculari dicono che essa fu limitata uni-
camente alla stazione ferroviaria che, come s' è detto,
era tanto discosta dall' abitato, da potersi appena con-
siderare come la prima sua casa da quel lato.
Comunque sia, questo stesso insignificantissimo epi-
sodio della stazione ferroviaria, che al massimo potè
risolversi in qualche centinaio di fucilate, cominciò e
fìni assai prima del mezzogiorno: e quando l' esercito
cbileno occupò Chorrillos al termine della battaglia sul
Morrò Solar, dopo le 2 p. m., più non era neppur ve-
stigio di soldati peruviani, tranne i prigionieri, né in
Chorrillos né nei suoi dintorni. I soli soldati che tro-
vavansi in quei luoghi fin dal mezzogiorno, erano del
medesimo esercito chileno: quelli cioè che dopo Pepi-
sodio della stazione ferroviaria, preferirono scorrazzare
per Chorrillos e sue vicinanze, anziché andarsi a bat-
tere sul Morrò Solar; ed è infine pienamente provato
dalle medesime relazioni chilene, che alle 2 p. m. del i3
ogni combattimento era terminato, è che solamente
dalle 4 alle 5 p. m., ossia più di due ore dopo, co-
minciò il saccheggio e l' incendio di Chorrillos. Nulla
dicasi poi del Barranco, ove nulla giustificava la pre-
senza dell'esercito chileno, e dove si recarono sola-
mente a bella posta le bande dei saccheggiatori e degli
incendiarii.
Basta infine avvertire che la distruzione di Chorrillos
e del Barranco, cominciata ed in massima parte ese-
guita nella notte dal i3 al i4 gennaio, non rimase com-
490 BATTAGLIA DI SAN JUAN
piuta se non dopo molti e molti giorni, quando più
non v' era che appena il ricordo delle passate bat-
taglie. Testimoni oculari c^ informarono che il Maiecm
di ChorrilloS) elegante passeggio a guisa di terrazza sul
mare, fu distrutto nei primi giorni di febbraio, e che
pur durante quei giorni .furono arse le ultime case!
^'
XIV
BATTAGLIA DI MIRAFLORES E RESA DJ LIMA
SOMMARIO
Seconda lìnea di difesa. ~ Le trincee : distribuzione dell'esercito
pemviano. - Opportunità di rivincita non saputa cogliere dal
Dittatore. — Il generale chileno manda un araldo per trattare
di pace. — Il terrore in Lima : gli abitanti fuggono negli AiUi
o in Ancon. — Il Corpo Diplomatico di Lima chiede garanzie
pei neutrali. — Tregua e sua improvvisa rottura. - Di chi
fìi la colpa? — Considerazioni che inducono a conoscere la
verità. - Battaglia. - I Chileni sono respinti due volte. -
Disfatta dei Peruviani. - I Battaglioni di riserva. - Sbalor-
dimento . e incapacità del Dittatore. - Lascia la maggior
parte delle forze peruviane senza prender parte alla batta-
glia : ordina a queste di disperdersi. — Abbandona tutto e si
ritira fra i monti. — Nel campo chileno si pensava a nuove
battaglie. - Spavento degli abitanti di Lima. - Il Corpo Di-
plomatico si interpone nuovamente : Risposta del Generale
9a BATTAGLIA DI MIRAFLORES
chileno. - Voci di miDaccie falle dal Corpo Diplomatka. -
Il Corpo Diplomalico salva Lima. — Alto di resa. — Kur-
diai in Lima contro i chinui. — Ingreuo d«i chilcbi in Lima.
- CoDclasioDC.
k la disfatta di San Juan, il i3.
èva ancora, ad una lega dalla
le peruviana, La seconda linea
^riamente detu fbniiìcata, a di-
ella quale trovavasi il pìccola
esercito di riserva di 6000 uomini.
Era questa una lunga linea curva da un^ià a do-
dici chilometri che, cominciando in prossimità del mare
e passando poco at disopra di Miraiìores, andava a finire
al di là della fattoria di Vasquez, nella Valle di Ate,
e le sue fortificazioni, rimaste in massima parte in-
compiute, come s'è accennato altrove, consistevano
appena in pochi pezzi di artiglieria collocati su per le
colline senz' alcuna opera speciale di difesa, ed in cin-
que cosideltì ridotti, che in realtà erano solamente me-
schine trincee o fossati, con uno scarso riparo di terra
sul davanti.
Queste cinque trincee però, semplice parte di quelle
tante che dovevano essere secondo il progetto, e che
non si fece in tempo a costruire, erano tutte da ur.
solo lato, ossia dal centro della linea fino alla sua
estrema diritta, sul mare ; e per supplire alla loro raan-
canza dal centro alla estrema sinistra, il Dittatore
aveva disposto su questo lato della estesa linea, la mag-
gior parte delle fòrze ad essa tutta destinate ; sicché
E RESA DI LIMA 493
dei 18 scemi battaglioni dell'esercito di riserva, undici
furono distribuiti sullo spazio mancante di trincee del-
l'ala sinistra, e sette nelle trincee dell'ala diritta.
Disposto così, prim^ ancora della battaglia di San
Juan, l'esercito di riserva fu lasciato dipoi come si
trovava: unica innovazione fu quella di aggiungere
ad esso due battaglioni di linea della guarnigione del
Callao ed i resti dell'esercito attivo disfatto in San
Juan. Detti resti avrebbero potuto formare da se soli
un corpo di 9 o loooo uomini ; ma il Dittatore che,
mentre voleva far tutto da sé, finiva sempre col far
poco e male, lasciò che buona parte di quei soldati si
disperdesse a suo talento nella vicina capitale. Com-
preso il corpo che doveva far da riserva il i3 e che,
meno un solo battaglione, non entrò in azione, riunì
appena dai cinque ai seimila uomini, che, insieme
ai due battaglioni venuti dal Callao, collocò parte ne-
gli spazii liberi di 800 metri ognuno, che rimanevano
fra una trincea e l'altra, e parte nell'ala sinistra sfor-
nita di trincee.
Durante la funesta notte del 1 3 e la prima metà del
dì i4 si presentava però al Dittatore, senza ch'egli
sapesse approfittarne, la più opportuna occasione di
riparare, in gran parte almeno, i suoi tanti torti verso
il proprio paese.
A poco più di una lega da lui e dal suo quartier
generale ardeva Chorrillos, ardeva il Barranco; e là,
fra i vortici di fumo e di fiamme e nei dintorni di
quei due villaggi^ brulicavano in pieno disordine i sol-
dati chileni, alcuni intenti al saccheggio, altri all'in-
494 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
cendio, altri a disputare ed ammazzarsi fra loro, quasi
tutti, chi in principio, chi in fine di lurida e barbarica
orgia, vacillanti e cadenti per effetto dei liquori, della
stanchezza, del sonno e dell'esaltamento delle più scom-
poste passioni
Bastavano poche migliaia di uomini per aver ra-
gione di tutta queir orda ubriaca ed abbrutita : bastava
che Pierola l' avesse sorpresa in quei momenti colla
metà appena delle sue truppe, che erano là a due passi
da essa, e tutto l'esercito chileno sarebbe rimasto in
brev'ora sconfitto e disperso. Ciò appunto temevano
da momento a momento nel campo chileno i pochi
che avevano conservato colla propria dignità di uo-
mini tutta la lucidezza della propria ragione; e come
ne stessero impensieriti non è a dirlo (i).
Nondimeno Pierola, fermo sempre nel suo famoso
piano della più stretta difensiva, nulla fece. Forse non
sorse attorno a lui nessuna voce che accennasse ad
una tale impresa ? Tutto il contrario : se ne disse « se
ne parlò molto e moltissimo; e non mancarono Gene-
rali e Colonnelli che instassero caldamente perchè si
affidasse loro siffatta impresa, dichiarandosi sicuri e
(i) < Ricordo che col Ministro della guerra facevamo qaesta
riflessione: Come ci andsebbe questa notte (dal 13 al 14) se ì
peruviani venissero con un poco di audacia ad attaccarci in nii>
mero di quattromila uomini^ non più ! Tutto questo se lo porte-
rebbe il demonio, mi diceva il Ministro; e l'opera del Chil\
colla sua tremenda campagna e le sue innumerevoli vittorie^ si
perderebbe miserevolmente in un' ora. •
Carta Politica del chileno M, /. Vicuna^ p. 124.
E RESA DI LIMA 495
responsabili dell'esito. La prova di ciò la troviamo
nei medesimi giornali e scrìtti chileni.
Unica cura del Governo dittatoriale era invece quella
di far circolare in Lima le più assurde notizie sugli
avvenimenti della giornata, per far credere vittoria, e
splendida, la cruenta disfatta di San Juan.
La mattina del i4, il Generale in capo dell' esercito
chileno, sia per approfittare della vittoria del giorno
innanzi e porre vantaggiosamente termine alla guerra,
senza esporsi ai rìschi di nuove battaglie sotto le mura
di Lima, sia per trovar nuovi pretesti, in caso di ne-
gativa, agli eccessi della sua soldatesca, o sia infine
per procurarsi qualche notizia sulle vantate fortifica-
zioni nemiche della linea di Miraflores, spedì un araldo
al Dittatore peruviano, col fine d' invitarlo a trattative
di pace. Ma avendo quest' ultimo fatto rispondere con
alterigia, che avrebbe ascoltato volentieri gì' invelati
chileni che muniti di pieni poteri si fossero presentati
a lui nel proprio campo per negoziare la pace, quello
cominciò a raccogliere ed a riorganizzare il suo esercito
per impegnare la seconda battaglia detta di Miraflores.
In Lima però, vista l' insuflScienza mostrata dal Dit-
tatore il giorno innanzi, e saputisi i tanti eccessi com-
messi dalle soldatesche chilene in Chorrillos e nel Bar-
ranco, le cui fiamme erano visibili dall'alto delle
terrazze, crebbe smisuratamente il terrore. Le famiglie
degli stranieri corsero in folla nelle Legazioni e nei
Consolati delle loro rispettive Nazioni, nonché negli
Asili precedentediente preparati a ciò; ed insieme ad
esse vi corsero in maggior numero, tremanti e- sbi-
496 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
gottite, le donne peruviane, pur troppo consapevoli
della miseranda sorte che sarebbe loro toccata nel-
l'ora tremenda in cui cadesse la Capitale in potere
del nemico. Ma gli Asili, le Legazioni, i Consolati e le
case stesse dei Ministri e Consoli esteri, non potevano
contenere tanta gente; più non v'era posto per nessuno:
le camere, i cortili, le scale, tutto, tutto era pieno dì
gente, di donne principalmente ; e la calca che ingros-
sava sempre alle porte, prese una nuova via, quella
di Ancon, da più giorni collocato sotto la speciale pro-
tezione del Corpo diplomatico estero, dove già eransi
rifugiati nei giorni innanzi i più timidi ed i più facol-
tosi, ed alla cui volta partivano continuamente lunghi
treni, pieni zeppi di vecchi cadenti, di donne, di fan-
ciulli. E neppur nei treni v'era posto per tutti: la lo-
comotrice è per partire già, e nondimeno mille brac-
cia, mille voci si alzano insieme per dire che as[>etti
ancora un momento, per invocare un posticino, fosse
anche sulle staffe delle carrozze. Le belle donne, le
vezzose fanciulle sono le più timorose, le più interes-
sate a partire, ad allontanarsi dal futuro teatro delle
orgie araucane; e dirigendosi a qualche vecchio che
veggono qua e là agli sportelli delle carrozze, « eh !
gridano loro, voi siete uomini, voi non avete a temere
che della vita; ma noi siamo donne, siamo beile, e per
noi e' è il disonore, e' è la vergogna : per carità, cede-
teci i vostri posti.... » a Ah si, rispondono mestamente
gli apostrofati, avete ragione, voi avete più da perdere,
siete donne e siete belle, sventurate!... » E scendono
dalle carrozze, perchè quelle occupino i loro posti!
E RESA DI LIMA 497
La desolazione in Lima era somma, infinita; ed il
Corpo Diplomatico estero che era rimasto inoperoso in-
nanzi all'orrendo spettacolo di Chorrillos e del Bar-
rancoy fu tocco da tanta sventura, dall'angoscia di
cinquantamila donne che tremavano pel loro onore.
Comprese alla fine che una grande responsabilità pe-
sava su di esso, e che aveva il dovere di fronte alla
umanità ed alle proprie nazioni di salvar Lima dal
furore dell'esercito chileno; quella Lima ove erano
tanti interessi e tante vite di esteri neutrali alla guerra,
ed ove di peruviani più non si vedevano che donne,
vecchi e fenciuUi.
Raccoltosi il Corpo Diplomatico - sulla proposta del
Ministro d' Italia, come risulta da qualche documento
ufficiale- deliberò: i^ di offrire i suoi buoni ufficii al
Dittatore del Perù ed al Generale in capo dell'eser-
cito chileno, onde promuovere un armistizio durante
il quale si potesse addivenire ad un trattato di pace;
2^ nel caso in cui i suoi buoni uffici per la pace riu-
scissero infruttuosi, di adoprarsi in ogni modo per
salvar Lima, in garenzia delle vite e degli averi dei
numerosi neutrali. Indi senza perdita di tempo, ed ac-
compagnata dai comandanti delle squadre estere che
erano nelle acque del Callao e di Chorrillos, la inglese,
la francese e V italiana, una Deputazione di esso Corpo
Diplomatico si recava successivamente dal Dittatore
peruviano e dal Generale chileno, e poi da questo a
quello, nei rispettivi campi, spiegando energia ed at-
tività non poca.
Una volta alla presenza del Generale in capo del-
498 BATTAGLIA DI MlRAFLORES
r esercito chileno, Baquedano, detta Deputazione co-
minciò col domandargli le necessarie garenzie per i
molti stranieri stanziati in Lima, e quindi per Lima
stessa dove questi avevano le loro proprietà. Le te-
stuali parole colle quali il Ministro d'Italia in Lima
informava di ciò il proprio Governo, dicono: e Con-
vinti che quand'anco P esercito chileno fosse entrato in
Lima senza combattere, ma solo nell'immediata eb-
brezza della vittoria, questa Capitale sarebbe stata vit-
tima di gravissimi eccessi, i Ministri di Francia e di
Inghilterra dichiararono chiaro ed aperto che essi ed i
loro Colleghi avevano dai proprii Governi istruzione
di provvedere alla salvezza dei neutrali con tutti i
mezzi di che potessero disporre. Queste formali dichia-
razioni indussero il generale Baquedano a promettere
che, qualora i suoi soldati fossero riusciti pienamente
vittoriósi a Miraflores, l' ingresso a Lima sarebbe dif-
ferito (i). > Venuto dipoi a parlare dei buoni uffici of-
ferti dal Corpo diplomatico, la citata Deputazione ot-
tenne che Baquedano concedesse al nemico una tregua
che doveva finire alla mezzanotte del i5, durante la
quale si sarebbe trattato delle condizioni di un anni-
stizio, e, se possibile, della pace. Ascoltò le condizioni
che il Generale chileno dettava tanto per la conclu-
sione dell'armistizio come per quella della pace, e dopo
aver riferite queste al Dittatore peruviano, ed appreso
da lui che accettava la tregua concessa da Baque-
dano, si restituì a Lima, onde porsi d'accordo coi
(i) Nota del 28 gennaio i88r«
E RESA DI LIMA 499
colleghi. Tutte queste pratiche avvenivano nella notte
del i4 e nella prima metà del i5, alla cui mezza-
notte spirava la tregua.
Il tempo stringeva. Udito quindi il rapporto della
Deputazione, e saputo che Pierola si manifestava di-
sposto a trattare sulle condizioni dejl' armistizio pro-
poste dall'avversario, nonché a negoziar la pace, il
Corpo Diplomatico decise di portarsi nella sua inte-
grità presso il Dittatore, in Miraflores, per quindi tra«
sferirsi colla risposta di lui al campo chileno, onde
menare a termine' P opera cosi bene incominciata dei
suoi buoni ufficii.
Alle 2 e 1 5 p. m. il Còrpo Diplomatico giungeva al
quartier generale dell' esercito peruviano, e facevasi
annunziare al Dittatore, il quale, trovandosi a cola-
zione insieme a varii capi del suo esercito ed ai co-
man ianti delle squadre straniere da cui esso Corpo
Diplomatico erasi fatto precedere, uscì, immediata-
mente a riceverlo. Ma mentre i signori diplomatici ed
il Dittatore scambiavano fra loro i primi saluti di uso,
furono istantaneamente sorpresi da un assordante fuoco
dì moschetteria e di cannoni, che aveva tutto l'as-
petto ed era in realtà il principio di una battaglia;
di quella che poi fu chiamata battaglia di Mira-
flores.
Colti tutti air improvviso da questo insperato prin-
cipio della battaglia, mentre si viveva sicuri sotto la
fede della pattuita tregua^ che doveva durare fino alla
mezzanotte di quel giorno, nacque d' un subito un gran
parapiglia; e premurosamente chiamato dai suoi aiu-
500 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
tanti e dai capi delF esercito che avevano fatto coa-
zione con lui, il Dittatore fece appena un saluto gene^
rale al Corpo Diplomatico, corse al suo cavallo e sparì
con quelli.
Però il fragore della battaglia continuava sempre più
vivo ed intenso: i proiettili delle mitragliatrici e dei
cannoni descrivevano in tutti i sensi numerose e ter-
ribili parabole; ed i signori Diplomatici rimasti soli,
confusi e sbalorditi, nella casetta che dianzi occupava
il Dittatore, si videro in grave ed imminente perìcolo.
Bisognava fuggir di lì: e senza cavalli, senza nessun
mezzo di locomozione, ripresero a piedi il cammino
di Lima, sotto una grandine di palle che fischiavano
intorno a loro da tutti i lati. Certo fii quello un tristo
scioglimento della loro missione, ed a cui la Diploma-
zia è poco avvezzai
Difficile sarebbe precisare nettamente e con sicu-
rezza a chi dei due toccasse la colpa della improvvisa
rottura della tregua, se al Perù od al Chili. Mentre i
peruviani sostengono che primi a rompere i fuochi
fossero i chileni, questi dicono altrettanto dei l(»o av-
versari!. Riferiremo i fatti come stanno.
Nel suo rapporto ufficiale sulla battaglia di Mìra-
flores, il Generale in capo dell'esercito chileno, dopo
di aver parlato della tregua da lui concessa nelle prime
ore del mattino del i5, dice: e Comunque in virtù di
questo patto (la tregua) io potessi disporre dell' intera
giornata per collocare le mie truppe, volli fare questa
operazione com^ se la battaglia non fosse differita.
La terza divisione che accampò il i4 al sud del
E RKSA DI LIMA
501
Barranco con ordine di stendere la sua linea nella mat-
tina del i5 al nord di quel villaggio ed in molta vi-
cinanza delle posizioni nemiche, principiò a collocarsi
aUe 8 del mattino. Alle due p. m. si trovavano al loro
posto tutti i corpi che la componevano, eccetto il reg-
gimento Aconcagua che stava arrivando, ed il batta-
glione Bulnes che era di servizio in Chorrillos. Alle
undici principiai a percorrere il campo dopo di aver
dato alla prima divisione f ordine di collocarsi sulla
dritta della terifa. Mentre praticava questa recogni-
zione, potei vedere che regnava grande attività nel
campo nemico. I suoi battaglioni si movevano in tutti
i sensi, arrivavano treni da Lima con truppe fresche ;
tutto, in una parola, annunziava che là si preparavano
per un prossimo combattimento (i). I capi dei corpi che
(i) Eccetto i pochi soldati di custodia dell'arsenale di San^a
Catalina^ in Lima non rimaneva più neanche la più meschina
compagnia di truppa, fin da quando nel dicembre usci Pierola
con ì due cosidetti eserciti, quello attivo e quello di riserva, ad
occupar le due linee di difesa di San Juan e di Miraflons, In-
sieme alla truppa usci anche da Lima tutta la forza di polizia,
Ccladorts; tanto che per non lasciare la città in balia dei ladri
e malviventi, il servizio di polizia fu fatto dalla Guardia Urbana,
espressamente organizzatasi fra le compagnie di pompieri delle
colonie straniere. Era quindi assolutamente impossibile che il 15
arrivassero trmi da Urna con truppt fresche, come dice Baquedano.
« Il Sindaco di Lima, cui venne conferita una specie di det-
tatura, provvede al mantenimento dell' ordine pubblico per mezzo
delle compagnie di pompieri volontari! stranieri, unica forza esi-
stente in questa capitale. • Nota 2 gennaio 1881, del Ministro
d' Italia in Lima al Ministro degli Affari Esteri d' Italia.
502 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
avevano ricevuto ordine di non far fuoco, mi doman-
davano se non sarebbe conveniente dMmpedire quelle
manovre. 11 Comandante generale dell' artiglieria, che
aveva i suoi cannoni in direzione delle strade per le
quali arrivavano grosse colonne d'infonteria, mi pro-
metteva farle a pezzi in un istante se gli permetteva
di far fuoco. Il permesso, com'era naturale, gli fìi ne^
gato; e tutto ciò che mi permisi di iare, in previdenza
di qualunque eventualità, fu di ripetere i miei ordini
perchè le truppe che venivano da Chorrillos affrettas-
sero la loro marcia. Seguendo la mia recognizione,
accompagnato dal capo dello Stato Maggiore e dai
nostri rispettivi aiutanti, mi avanzai sul fronte della
nostra linea ejin molto vicino a quella nemica. Quando
ebbi studiato il campo come desiderava^ mi posi io
marcia per ritornare. Immediatamente si fece su di noi
ed a cortissima distan^a^ da truppe imboscate, una
scarica di fucileria. E come se questo fosse stato un
segno convenuto, tutta la linea ruppe i suoi fuochi.... i»
Fra le tante altre cose, risulta quindi da questo
brsxuo del rapporto del Generalissimo chileno: i<^che
dopo di aver conceduta la tregua dispose il suo eser-
cito in linea di battaglia, come se questa non fosse
stata dififerita, e fosse imminente ; 2^ che alle 2 p. m.
la terza divisione del suo esercito, meno una piccola
frazione, era già al proprio posto in linea di battaglia;
3^ che alle 11 a. m. aveva già impartito 1' ordine di
collocamento, anche alla prima divisione; la quale,
per la prossimità in cui era, non poteva non avere
eseguito quest' ordine prima delle 2 p. m., dopo 3 ore;
£ RESA DI UMA 503
4^ che neir eseguire una recognizione del suo campo
si appressò fin molto vicino alla linea nemica, e che
quando ebbe studiato il campo come desiderava^ im-
prese a retrocedere, avvenendo allora che gli si facesse
dal nemico una scarica di fucileria.
Nella Nota che in data del 20 gennaio dirigeva al
Decano del Corpo Diplomatico in Lima il Segretario
Generale del Dittatore, si legge: e Nonostante questo
solenne impegno {la tregua), la squadra chilena, in
numero di i4 legni, si dispose in linea di attacco di
fronte a Mirafiores fino daUe prime ore del i5^ e l'eser-
cito dal suo lato avanzò in linea di battaglia sul nostro
campo, raccorciando la distanza fino a 1800 metri (i),
situando convenientemente la sua artiglieria e prendendo
vantaggiosissime posizioni che non avrebbe potuto gua-
(i) Per notizie raccolte sopra luogo da distinti gentiluomini
peraviaoi che dicevano parte dell' esercito di rìsenra, sappiamo
inreoe che nna parte dell* esercito chileAO avanzò dorante la tregua
lino a 700 metri appena dalle trincee peravianef ove prese le
sue posizioni dietro i tanti muri divisionarii delle proprietà, di
cui latta quella zona era piena, mentre 500 metri più indietro,
ossia a 1200 dalle trincee, collocava tranquillamente la sua ar-
tiglieria ; sicché quando cominciò la battaglia si trovò già in posi-
zioni fiivorevoli, che sensa la tregua gli sarebbero state fortemente
contrastate, e che solamente avrebbe potuto conquistare come
primo risultato di una vittoria. Le surriferite notizie suUe distanze,
dipoi esattamente misurate dopo la battaglia, sono certamente
più sicure di quelle del Dittatore istesso che dopo la battaglia
non rivide più quei luoghi, e che mentre i chileni prendevano
le loro posizioni stavasene comodamente a far colazione nel prov-
visorio suo aUoggio in Miraflores.
3«. — > Cai VANO, Guerra tCAmerUiiy
504 BATTAGLIA DI MIRAFLOREb
dagnare senza grandi sacrifizi. Di questi preparativi e
movimenti, che erano in opposizione al convenuto, ri-
ceveva continui avvisi il Capò Supremo, in presenza
dei signori Ammiragli delle flotte di Inghilterra e di
Francia e del signor Comandante della stazione ita-
liana (chCy come si sa, avevano preceduto il Corpo Di-
plomatico presso il Dittattore): però coincidendo questi
avvisi colla riunione, nella residenza del Capo Supremo
in Miraflores, di tutti i membri del Corpo Diplomatico,
gli fu impossibile lo ammettere che in così eccezio-
nali circostanze si pretendesse consumare un atto di
perfidia, difficile a supporsi anche fra le tribù selvag-
gie dell'Africa e dell' Araucania. Nondimeno così fu,
ricevendo come primo annunzio le nutrite scariche che
lanciarono simultaneamente sulla nostra ala diritta
l'esercito e la squadra del Chili, dando principio alla
battaglia del i5, della cui origine traditrice sono stati
testimoni, con imminente pericolo della loro vita, V. E-, i
suoi onorevoli colleghi, gli Ammiragli e Comandanti
già nominati, e gli Uffiziali dì marina degli Stati-Uniti,
di Francia, d'Inghilterra e d'Italia, che erano aggre-
gati al nostro Stato Maggiore, (i) i»
Onde completare la relazione di questi £sitti, che a
bello studio abbiamo voluto ricavare dalle fonti uffì-
(i) Cosi nello Stato Maggiore dell'esercito peruviano come in
quello dell'esercito chileno, trova vansi riuniti fin da più gìonù
varii Ufficiali esteri appartenenti agli equipaggi delle navi stra-
niere che erano nel Pacifico, ossia della Gran Brettagna, della
Francia, dell'Italia e degli Stati-Uniti.
E RESA DI LIMA 505
cialì di ambo i belligeranti, ricorreremo infine ad una
terza Voce ufficiale, completamente estranea e neutrale
nella lotta del Pacifico, e per ogni verso certa ed inat-
taccabile; a quella cioè del Decano del Corpo Diploma-
tico, che dice : a Al nostro arrivo (di tutti i signori Di-
plomatici nella casa abitata dal Dittatore peruviano in
Miraflores) alle 2 e un quarto p. m. del i5, il signor
Pierola pranzava tranquillamente con varii capi del
suo esercito. Avvertito della presenza di tutto il G)rp)o
Diplomatico in sua casa, uscì dalla sala da pranzo a
riceverci, e nel momento stesso in cui scambiavamo
in piedi ancora il primo saluto, ruppe un fuoco ge-
nerale nella linea degli eserciti e nei legni della squa-
dra chilena, trovandoci noi tempestati dal diluvio
di palle, bombe e granate che venivano dall' esercito
e dalle navi del Chili nel luogo ove ci trovavamo,
a retroguardia della linea peruviana. Per questo grave
ed inatteso motivo il signor Pierola, che vide istanta-
neamente compromessa la battaglia, senza tempo nean-
che di finire il cominciato saluto al Corpo Diploma-
tico, si diresse rapidamente al suo esercito; e noi,
presi dalla meraviglia e dall' indignazione che è facile
immaginare, ritornammo a Lima a piedi sotto la stessa
pioggia di paUe del primo istante, che soffrimmo senza
interruzione per quasi due ore (i). >
Determinare con certezza chi veramente sparasse il
(i) Nota 26 gennaio 18S1, del Ministro di San Salvador,
residente a Lima, al Ministro degli Afbrì Esteri del proprio Go-
verno. •
5q6 battaglia di ìoraflores
primo colpo di fucile o di canoone, e come ciò avvenisse,
sarebbe cosa oltremodo dìfEcile, per non dire impos-
sibile, perchè, ripetiamo, il Ghiri ed il Perù si adde-
bitano reciprocamente l'uno all'altro la nefandezza di
tanta slealtà; e perchè, come semplice dato di fatto,
sviluppatosi dopo che 1' esercito chileno aveva preso
le sue posizioni di fronte al nemico^ e quando entrami»
gli eserciti potevano far fuoco V uno sull' altro dal posto
dove si trovavano senza muoversi^ solo i testimoni locali,
che sono essi medesimi^potrebbero dare una tale certezza.
Nondimeno, sottoponendo a minuzioso e particola-
reggiato esame i fatti pienamente comprovati, che ri-
sultano dagli anzi decritti brani di documenti officiali,
non riuscirà affatto difficile al lettore di portare su tutto
ciò un giudizio quasi certo e sicuro»
Dal nostro canto, e solamente per rendere più age-
vole un siffatto esame, domanderemo : il fotto confes-
sato dallo stesso generale chileno, dì aver mosso e di-
sposto il suo esercito in linea di battaglia durame k
tregua, non era già per sé stesso una infrazione alla
pattuita tregua, abusando del Savore di questa per
prendere (x>sizioni che fuor di essa non avrebbe po-
tuto occupare senza lotta? (i) È egli supponibile che
(i) Nell'ansi citato Rapporto del Generale cklleno m dice an-
che che ]a pattuita tregua non vietava agli eserciti belligeranti
di muoversi e prendere le loro posi^Oi^i di battaglia come voles-
sero: ma né ciò è provato, né sembra possibile; perchè in tsj
caso la tregua avrebbe servito unicamente a dare ali* esercito as-
salitore, ossia al chileno, l'opportunità di prendere bcoml con-
£ RESA DI liMA 507
l'esercito peruviano il quale sopportò che il nemico
si schierasse tranquillamente in battaglia alla sua pre-
senza, operando movimenti a suo danno, che poteva
impedire, aspettasse dipoi che questi movimenti fossero
compiuti per rompere la tregua, senza alcun prò per
esso, ossia quando già il danno era avvenuto e nulla
^nrrebbe avuto a guadagnare coli' accelerare la rottura
delle ostilità ì E supponibile che Pierola, l' uomo che
non volle mai prendere l'offensiva quando poteva e
doveva farlo, quando era quasi certo che gli avrebbe
portato la vittoria, andasse poi ad assumerla nel solo
momento in cui, oltreché era un delitto, non poteva
promettergli nessun vantarlo ? £ mai supponibile che
un generale qualunque, sia pure un Pierola, prepari
e consuim la violazione di una tregua standosene tran-
quillamente a pranzare insieme ai suoi aiutanti ed ai
Comandami dei corpi del suo esercito ? Come si spiega
che i primi proiettili, al romper della tregua, vadano
a ci»care alla retroguardia della linea peruviana, dove
trova vasi il Corpo Diplomatico? Come si spiega che
la squadra chilena cominciasse i suoi fuochi contempo-
raneamente all' esercito di terra, mentre pel fatto della
tregua non doveva trovarsi affatto preparata a ciò ?
Irasto le posùdoni oftensive di cai aveva bisogno ; giacché quello
<lel Peiù che se ne stava sulla difensiva io posizioni da piii tempo
scelte e pieparate, non aveva, come non ebbe nessuna nuova po-
sizione da prendere. In tal caso la concessione della tregua sa-
rebbe «tata manifestamente capziosa, e non altro che mi semplice
-fcTanelIo.
5o8 BATTAGLIA DI MIRAFLORES
*
Come si spiega che detta squadra si dispose in linea
di combattimento per l'appunto nelle prime ore del
i5, di un giorno in cui non doveva esservi battaglia?
Tutto il Corpo Diplomatico infine è lì ad attestare
che il Dittatore peruviano desiderava e voleva conchiu-
dere un vero armistizio, nonché la pace (i); ciò che
proverebbe quanto fosse nel suo interesse di mante-
nere quella piccola tregua di venti ore, durante la
quale esso Corpo Diplomatico doveva porre a profitto
a quest'uopo l'opera benefica dei suoi buoni uffici.
E mentre ciò escluderebbe finanche il sospetto che Pie-
rola potesse pensare a rompere la tregua, chi non sa
che il Chili, sempre assalitore durante tutta la guerra,
eccetto in San Francisco, agognava più che tutto di
arrivare a Lima, per il doppio scopo di annichilire il
Perù e d' imporgli colla forza uno spogliatore trattato
di pace che sapeva non avrebbe giammai firmato in altre
condizioni ?
Alle due e mezza pom. adunque, rotta la tregua,
cominciò la battaglia che, mantenutasi con sorte vana
e indecisa fino alle quattro, momento da cui si volse
manifestamente contro al Chili, fino alle 5 e minuti.
(i) e Trasferitasi a ^Hraflores la delegazione (dei Corpo Diplo-
ntatico) si presentò a S. E. il signor PieroU, il quale accettò la
tregua convenuta, e parve disposto a cedere il Callao {wka
conditiont imposta da Baquedano per conchiudere un vero armi'
stizio) e ad entrare in negoziati di pace. »
Nota del Ministro d'Italia in Lima, 28 gennaio 1881, al
Ministro degli AiEari Esteri d' Italia,
E RESA DI LIMA 509
termiaò in sair approssimarsi delle 6 colla repentina
e completa vittoria di quest'ultimo.
Come più volte s' è detto, la linea di difesa dei pe-
ruviani si estendeva per oltre 1 1 chilometri dal mare a
Vazquez. Ma certo non poteva ragionevolmente atten-
dersi che {Generali chileni, seguendo l'inconsulto piano
di Pierola, sparpagliassero come lui le proprie forze su
cosi lunga linea, per attaccarla contemporaneamente
su tutti i punti.
Da quel profondo conoscitore eh' egli era del carat-
tere del soldato chileno, che solamente sa farsi forte
ed ardito quando è in grandi e compatte moltitudini,
il general Baquedano concentrò tutte le sue forze in
un punto solo; e per approfittare della potente coo-
perazione della squadra, diresse il suo attacco unica-
mente contro l' ala diritta dei peruviani che, terminando
quasi sul mare, poteva essere e fu efficacemente ber-
sagliata dai grossi cannoni di quella.
Limitato l'attacco, e quindi la battaglia, ad un estremo
appena della lunga linea dei peruviani, assai facile sa-
rebbe stato per questi di concentrare i loro sparsi bat-
taglioni del centro e dell'ala sinistra, tanto per ope-
rare un movimento di conversione contro il nemico,
attaccandolo di fianco, quanto e sopratutto per rinfor-
zare i pochi battaglioni dell'ala destra, che soli tro-
va vansi alle prese contro tutte le forze riunite dell'av-
versario. Ma qui, come in San Juan^ oltre la cattiva
disposizione delle forze, doveva principalmente farsi
sentire la mancanza del comando, di una mente che
sapesse dirigere l'azione ed approfittare di ogni ri-
5 IO BATTAGLIA DI MIRAFLORES
sorsa. Qai, come in San Juan, il Dittatore peraviano
che pretendeva far da Generale in calpo, andava innanzi
ed indietro senza mai comprender nulla, e senza «ai
dare ordine alcuno, eccetto uno solo che non poteva
essere più stolido e fatale, di cui parleremo a suo tempo;
sicché i pochi battaglioni delT ala diritta doverono bat-
tersi soli da principio a fine, 'mentre tutti gli altri bat-
taglioni, 1 1 della riserva e la metà di quelH di liiiea^
rimanevano e rimasero fino air ultimo inoperosi nei
proprii posti, dove nessuno andò a cercarli e dove a
nulla servirono.
Circa 3ooo uòmini dell' esercito attivo, qaelK che si
trovavano negi' intervalli delle cinque trincee dell'ala
diritta, e circa 25oo uomini dell'esercito di riserva che
occupavano queste stesse trincee, furono i soli che si
batterono, e quindi i soli Che sostennero Furto di tutto
l'esercito cbileno, ossia di i6 a 17,000 uomini(i) tut-
tora baldanzosi della vittoria di due giorni inmum, e
che erano anche mirabilmente sostentiti e secondati
dalla forte e numerosa artiglieria della squadra.
Cionondimeno la grossa divisione chilena, comandata
dal valoroso colonnello Lagos, che prima si sp^e al-
l' attacco, era stata già respinta una prima volta alle 4,
con numerose perdite; e poi una seconda volta un
po' più tardi, insieme alla divisione Lynch corsa in
(i) Il resto dell' esercito chileno rimaneva parte a custodia
dei prigionieri del giorno 13 nel quartiere di Chorrìllos, e parte
tuttora disperso fra Chorrillos ed il Bamnco, in segidto ai bac-
canali del 13 e del r4, sicché non prese parte alla battaglia.
E RESA DI LIMA 511
SUO aìQto. E se in quei momenti, nella lunga ora de-
corsa dalle 4 alle 5, i freschi Inittaglioni peruviani
che stavano inoperosi nelle posizioni del centro e della
sinistra, avessero impreso un qualunque movimento
offensivo contro di esse, è indubitato che, compiuta la
disorganìfiszazione di quelle due divisioni, e travolta in
essa anche la divisione di riserva che ne custodiva i
fianchi, la disfatta dell'esercito chileno sarebbe stata
inevitabile, completa.
Se invece di Pierola, che mai fu militare, fossesi
trovato a capo dell' esercito peruviano quel contram-
miraglio Monterò, cui rodeva segreta la rabbia della
impotenza neiF inutile posto di aiutante, o qualunque
altro generale o colonnello condannato alP inerzia dal
Dittatore, o se almeno avesse questi ascohato uno solo
dei loro consigli, certo, il sole avrebbe illuminato nel
suo tramonto una splendida vittoria delle armi peru-
viane. Ma no; Pierola che per riserbarsi tutta intera
la gloria del trionfo, voleva attendere a tutto e coman-
dare da sé a tutto ed a tutti, fino a lasciare i batta-
glioni dell'esercito di riserva e quelli dell' esercito at-
tivo, che reciprocamente si tramezzavano fra loro, senza
assoggettarli a nessun' altra unità di comando all' in-
fuori della sua, girava sbalordito fra i nembi di palle
senza veder nulla, senza ascoltar«nulla e senza coman-
dar nulla.
Alle 5, le divisioni chilene, che protette e contenute
nella loro fuga dalla divisione di riserva poterono rian-
nodarsi alla meglio, ritornarono una terza volta all' as-
salto insieme a